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Autore: quenya    07/11/2023    2 recensioni
Una bufera di neve fuori stagione sta per abbattersi su Nerima quando Ukyo trova, nel suo cortile, un maialino nero letteralmente piovuto dal cielo. Sarà l’inizio di una bizzarra convivenza tra due anime solitarie che piano piano usciranno dal torpore della rassegnazione in cui erano cadute…per scoprire, in modo inaspettato, di non essere più sole.
Una storia interamente dedicata alla coppia Ryoga e Ukyo, che ho amato per tutta la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

 

P-chan si svegliò di soprassalto verso le tre del mattino. Era una cosa piuttosto inusuale, perché di solito lui aveva un sonno piuttosto pesante e solo alcune cose erano in grado di svegliarlo: il rumore di un tuono, la fame oppure la sensazione di pericolo. Espandendo al massimo i suoi sensi suini - che nonostante odiasse con passione, doveva riconoscere fossero piuttosto utili in determinate occasioni - tese l’orecchio, ma non avvertì nessun rumore anomalo e una rapida occhiata alle finestre della camera non rivelò nulla di anormale. Ma allora cosa era stato a svegliarlo? Aveva improvvisamente avvertito che c’era qualcosa che non andava...

Un movimento attirò la sua attenzione sulla figura addormentata della ragazza accanto a lui. Ukyo stava dormendo quasi raggomitolata su se stessa e finalmente, quando un altro brivido la scosse, P-chan capì cosa fosse successo.

La temperatura della stanza era di nuovo precipitata a dei livelli minimi preoccupanti ed era chiaro che la malandata caldaia doveva aver definitivamente ceduto. Lui non se ne era accorto prima perché, essendo abituato a dormire al freddo con il solo calore prodotto da un ormai consunto sacco a pelo, dormire su una trapunta gli aveva fornito tutto il calore di cui aveva bisogno. Ma per lei era diverso.

Si avvicinò lentamente al viso della ragazza e scoprì con ansia che era coperto da un insano velo di sudore. Un rapido check con il suo sensibile naso gli confermò i suoi timori: Ukyo era in preda ad un violento attacco di febbre, probabilmente favorito dal brusco calo della temperatura della stanza.

Dannazione e ora che faccio? pensò in preda al panico. Non posso certo lasciarla così... non dopo tutto quello che ha fatto per me questa sera rifletté ripensando ai suoi sorrisi e alla sua gentilezza nell’averlo accolto nella sua casa, riscaldato e nutrito.

Era incredibile come a volte delle semplici coincidenze rivelassero degli aspetti della realtà mai considerati prima. Conosceva Ukyo ormai da cinque anni tuttavia il loro rapporto non era mai andato oltre quello di complici in qualche bislacco piano per separare Ranma e Akane. L’aveva sempre considerata una ragazza strana, manesca e troppo ossessionata da Ranma per poter pensare di stabilire un qualche rapporto di amicizia con lei. Inoltre, il fatto che fosse in aperta competizione con la sua adorata Akane non aveva migliorato certo la situazione, anche se doveva ammettere che – al contrario delle altre rivali – Ukyo non aveva mai deliberatamente cercato di farle male. Tuttavia non si era mai fidato troppo di lei, non riuscendo a superare la sensazione di venir continuamente usato in qualche modo per i suoi astuti e contorti piani.

Certo, c’erano stati anche momenti di vere e proprie alleanze, come nel Tunnel del Perduto Amore o di reciproco supporto, come quando l’aveva salvata da quell’uomo scimmia sull’isola di Toma o quando avevano vinto insieme quell’assurda gara ad ostacoli alle terme Zekkyo ma... mai una volta in tutto quel tempo, Ryoga aveva sospettato che nella vita, per così dire ‘privata’, Ukyo potesse essere così triste, sola e allo stesso tempo così… amorevole.

Il palese sollievo che aveva provato a chiacchierare con lui per vincere la solitudine lo aveva colpito nel profondo, perché conosceva anche troppo bene quella sensazione, ma una cosa che lo aveva sorpreso e confuso ancora di più erano state le affettuose carezze che gli aveva così generosamente elargito e quei suoi sorrisi... così luminosi, genuini e pieni di una gentile preoccupazione da fargli chiedere se quella fosse davvero la stessa ragazza che lo chiamava continuamente idiota.

Un altro brivido della ragazza lo convinse a rimandare i suoi diverbi mentali ad un altro momento e senza indugiare oltre, P-chan si diresse con aria decisa verso il bagno. Lo trovò soltanto dopo parecchi minuti e svariati giri a vuoto in misteriosi armadi, ma almeno riuscì a trovarlo.

Quando subito dopo riemerse dalla doccia bollente in forma umana, Ryoga sospirò di soddisfazione.

“Ahh finalmente...” mormorò flettendo i muscoli delle braccia e ruotando le spalle “non ce la facevo davvero più a restare in forma suina!” esclamò stiracchiandosi.

Ma quando il comprensibile momento di felicità che provava ogni volta che riusciva a liberarsi della sua odiata forma maledetta passò, Ryoga si rese improvvisamente conto di tre cose: primo, che al momento si trovava nudo nel bagno di una ragazza; secondo, che non aveva nemmeno i suoi vestiti per potersi rivestire perché erano rimasti, insieme al suo zaino, alla palestra dei Tendo, dietro la quale Ranma l’aveva scoperto a campeggiare; terzo, che la suddetta ragazza era inconscia e febbricitante nella stanza accanto e che aveva disperatamente bisogno del suo aiuto. Ora, se le prime due considerazioni avevano avuto come effetto quello di farlo precipitare in un abissale imbarazzo - tanto che aveva afferrato un asciugamano e ci si era coperto con una velocità di riflessi tale da fare invidia allo stesso Ranma - la preoccupazione per le condizioni di Ukyo glielo fecero allo stesso modo superare.

Non aveva scelta, era troppo tardi per chiamare un medico e con quella tempesta di neve sarebbe stato comunque difficilissimo trovare qualcuno disposto a venire, quindi restava soltanto lui. Poi, in fondo, si trattava soltanto di farle mandare giù una pasticca, no? Con un po’ di fortuna probabilmente Ukyo non si sarebbe nemmeno svegliata.

Afferrò un bicchiere da una mensola, lo riempì con dell’acqua e si incamminò verso la stanza di lei, sospirando. Sperava davvero che fosse andato tutto bene. Sarebbe stato praticamente impossibile giustificare la sua presenza se mai Ukyo si fosse svegliata e lo avesse trovato proprio là, mezzo nudo e in camera sua. Rabbrividì al pensiero delle palettate che ne sarebbero seguite.

Dopo lunghi e affannosi tentativi di ritrovare la strada per la camera da letto di Ukyo malgrado le ridotte dimensioni dell’appartamento - che contava solamente un corridoio, una camera da letto, un bagno, un ripostiglio e vari armadi a muro, tutti luoghi che lui visitò ripetutamente – alla fine Ryoga riuscì ad azzeccare la porta giusta.

Individuò subito la confezione di aspirina sul tavolino e la prese in mano tuttavia, quando si avvicinò ad Ukyo, si accorse che naturalmente la situazione non era affatto così semplice come aveva sperato.

La ragazza era strettamente raggomitolata e stava tremando dal freddo ancora più violentemente di prima, inoltre il suo respiro era affannato e irregolare ed ogni tanto era scossa da colpi di tosse... cercare di farle bere qualcosa di liquido in quelle condizioni non solo sarebbe stato impossibile, ma anche pericoloso.

“Dannazione” mormorò inginocchiandosi accanto a lei. Allungò una mano per toccarla, ma poi si fermò, esitante. Se si fosse svegliata... se l’avesse visto... cosa avrebbe potuto dirle? Non ci avrebbe messo molto a capire che lui e P-chan erano la stessa persona e che dando asilo ad un maialino si era sobbarcata anche la compagnia di un patetico peso morto, irritabile e depresso come lui.

Era davvero pronto a rischiare di esporre il suo segreto in quel modo? Per una persona che conosceva a malapena?

Fuori la neve continuava a cadere, silenziosa e morbida, avvolgendo tutto nella sua atmosfera ovattata. Il vento aveva smesso di far tremare i vetri delle finestre, anche se ormai uno spesso strato di ghiaccio e cristalli ne avrebbe comunque impedito il rumore.

Ryoga guardò fuori e per un momento si immaginò oltre quella finestra, per strada, coperto dalla neve, mentre cercava un posto al riparo dove potersi buttare alle spalle una nottataccia del genere. Non sarebbe stata né la prima volta, né l’ultima: in tutta la sua vita passata a vagabondare suo malgrado sotto ogni tempo atmosferico, ne aveva passate molte di notti come quella. Ma per una volta, gli era stata concessa una tregua. Un’opportunità. Un riparo, dettato semplicemente dalla generosità di un’anima gentile.

Non poteva farlo... non poteva ignorare quel gesto cortese e disinteressato nei suoi confronti. D'accordo, era stato ovviamente più nei confronti di P-chan che dei suoi, ma la sua coscienza non lo avrebbe mai lasciato tranquillo se non avesse contraccambiato come poteva. Avrebbe rischiato di rivelare il suo segreto peggiore, ma diavolo, almeno lo avrebbe fatto cercando di fare del bene.

Si mordicchiò un labbro con un canino appuntito, pensieroso. Non era un medico e non aveva una grande esperienza con febbroni come quella, nemmeno quella personale perché raramente si ammalava ma una cosa era certa: doveva cercare in qualche modo di ristabilire la temperatura corporea di Ukyo. Questa volta si fece coraggio e la toccò. La fronte e le guance scottavano ma le mani erano gelate.

Fatti coraggio Hibiki si disse. Hai la possibilità di rendere il favore a chi ti ha generosamente aiutato. Ora sii uomo, prega perché non si svegli e fai quello che devi fare.

Con un sospiro Ryoga strinse il nodo dell’asciugamano sui fianchi, piazzò il bicchiere d’acqua e l'aspirina a portata di mano, scostò le coperte e prese Ukyo tra le braccia per riscaldarla.

O almeno, cercò di farlo. Un pugno chiuso scattò all'improvviso verso l'alto e fu solo grazie ai riflessi forgiati da anni e anni di combattimenti con Ranma che lui riuscì ad evitare l'impatto. Temendo che si fosse svegliata si ritrasse subito in una zona d'ombra ma la ragazza, nonostante quel brusco movimento, sembrava essere ancora addormentata e un'espressione stupita gli si dipinse sul viso. Probabilmente era stato l'istinto da combattente di arti marziali a farla reagire in quel modo alla sua vicinanza: era come se avesse cercato inconsciamente di difendersi da una presenza che non le era familiare. Nonostante la situazione Ryoga fece un mezzo sorriso: chissà perché non lo stupiva affatto scoprire che Ukyo era violenta pure nel sonno... e in ogni caso la presenza di un impulso così forte di autodifesa non poteva che essere un bene, soprattutto per una ragazza.

Questo però gli complicava leggermente la vita in quel momento così, con un sospiro, le si avvicinò con più lentezza sdraiandosi semplicemente accanto a lei. Quando vide che non ci furono altre reazioni avverse, si girò su un fianco e le si avvicinò ancora fino a sfiorarla ma ben presto si rese conto che quel lieve contatto non era abbastanza per riscaldarla, anche se lui era così nervoso da star letteralmente sudando. In modo esitante e con molta cautela le circondò la vita con un braccio, attirandola ancora di più a sé e facendole appoggiare la schiena sul proprio petto, curvandosi per seguire i contorni del suo corpo. Quel primo contatto era cruciale e lui rimase così, rigido come una statua, fino a che Ukyo smise di tremare e i muscoli le si rilassarono; solo a quel punto fu abbastanza sicuro di aver superato la condanna a morte via spatola che sentiva quasi aleggiare sinistramente sopra di lui.

Vedendo che le sue condizioni stavano lentamente migliorando, anche Ryoga si rilassò... e quello fu il primo errore, perché in quel modo ebbe il tempo di capire in che situazione si trovasse. La prima cosa che registrò fu che per sua immensa e grandissima fortuna Ukyo non si era svegliata, né aveva dato indizio di aver ripreso conoscenza. Ma quella buona notizia fu anche l’ultima, perché subito dopo il sospiro di sollievo, il suo cervello continuò a registrare tutto il resto. Nel giro di un secondo una valanga di informazioni sensoriali rischiò seriamente di sovraccaricargli il cervello: lei era calda e morbida, solida ma allo stesso tempo piccola contro di lui, i suoi capelli profumavano di pesca e vaniglia e gli solleticavano leggermente il naso, la sua vita era così sottile e i suoi....

Okay, frena Hibiki si ammonì severamente stringendosi il naso con due dita prima che inizi a riscaldarti troppo, pensaci bene. Questa è Ukyo, ricordi? Quella manesca, violenta e che ti chiama costantemente idiota?

L'immagine della sua espressione feroce e della ferrea stretta sul manico di una gigantesca paletta da okonomiyaki gli apparve davanti agli occhi in tutta la sua spaventosa familiarità e stranamente, questo lo fece rilassare e gli permise di superare l'attacco di panico.

Si, quella era l'Ukyo che conosceva. Quella che l'avrebbe preso a palettate senza pietà se solo avesse pensato a stringerla un po' più a lungo di quanto non fosse stato necessario. Era quella ragazza che stava tenendo tra le bra... um, riscaldand... ehm, soccorrendo, si ricordò ancora una volta. Non la fanciulla dagli occhi malinconici e dal dolce sorriso che lo aveva ammaliato con il suo timido ed incantevole fascino.

Incantevole? Ukyo? Il freddo deve avermi ingrippato il cervello, pensò aggrottando le sopracciglia.

Però... come poteva negare la stretta al cuore che aveva provato quando l'aveva vista combattere contro le lacrime mentre gli stava preparando da mangiare? Va bene, poteva essere stata solo compassione... dopotutto lui non era stato in condizioni migliori soltanto qualche mese prima; la ferita per il fidanzamento di Akane era ancora viva e bruciante nel suo cuore e ci sarebbe voluto ancora del tempo perché si rimarginasse del tutto.

Tuttavia c'era stato qualcos'altro che lo aveva colpito profondamente in quella scena: il fatto che per la prima volta da quando la conosceva, la consueta maschera da 'dura' che Ukyo normalmente esibiva si era frantumata, lasciando trapelare una fragilità emotiva che rivaleggiava con la sua.

Erano molto più simili di quanto avesse mai potuto immaginare, realizzò con stupore. Certo, Ukyo era sempre stata molto più brava a nascondere la sua sensibilità rispetto a lui, il cui viso mostrava al mondo intero il tumulto dei suoi sentimenti come un libro aperto. Ma la solitudine… il non sentirsi accettati da nessuna parte... quel disperato e tenace amore verso le prime persone che avevano dimostrato loro un semplice gesto di affetto... e per finire la completa, totale distruzione di ogni loro speranza con l'annuncio del fidanzamento... diavolo, era come se qualcuno si fosse divertito a disporre le loro vite nello stesso identico modo.

Il filo dei suoi pensieri si interruppe bruscamente quando Ukyo, probabilmente confortata dal suo calore, si girò di scatto verso di lui e gli si rannicchiò contro con un sospiro. Non avrebbe potuto giurarlo, ma dalla sua espressione rilassata e quasi sorridente nel sonno, Ryoga era sicuro che stesse sognando di essere abbracciata a Ranma. Arrossì dalla testa ai piedi quando sentì delle morbide curve pressate contro di sé ma, deglutendo con molta difficoltà, riuscì a tenere sotto controllo i suoi ormoni e decise di spostare la sua attenzione sull'ambiente in cui si trovava, per cercare di distrarsi.

Era una stanza molto diversa da quella di Akane: non c'erano peluches, cuscini o poster di cantanti e nemmeno specchiere con prodotti cosmetici assortiti annessi. Lui non si considerava un esperto in camere da letto femminili ovviamente, ma perfino Akane – che veniva universalmente considerata come un maschiaccio – aveva qualcuna di quelle cose elencate. Là invece era tutto molto pratico: il pavimento era in parte costituito dal tradizionale tatami intrecciato ma, al contrario del consueto arredamento minimalista, c'erano anche dei mobili dalla foggia moderna tra cui due ampie librerie di legno chiaro una davanti all'altra, un divanetto basso dall'aria vissuta, un televisore, un tavolino da caffè e un mobiletto alto e stretto che sembrava uno di quei vecchi archivi degli anni '50.

Era chiaro che quell'ambiente era molto di più di una semplice camera da letto: era un salotto per rilassarsi dopo una lunga giornata e un ufficio dove fare i conti e tenere la contabilità. Non era la stanza frivola di un'adolescente, ma quella di una giovane donna che si manteneva con il proprio lavoro.

Ancora una volta Ryoga si meravigliò di quante cose su di lei avesse sempre dato per scontato e di quanto fosse simile la loro vita: entrambi avevano dovuto crescere prima del tempo, isolati dal resto dei loro coetanei da troppi viaggi – ironicamente in cerca della stessa persona e per lo stesso identico scopo di vendetta – ed entrambi adesso si ritrovavano nella stessa situazione, troppo giovani per vivere da soli ma troppo maturi per poter comportarsi come dei ragazzi normali.

Con un sospiro mise da parte quei pensieri tetri e decise di concentrarsi sul problema attualmente più spinoso, ovvero come farle ingoiare quella dannata medicina. Sorprendentemente ci aveva visto giusto: averla riscaldata aveva in qualche modo giovato alle sue condizioni e al momento brividi e tosse sembravano spariti. Anche il respiro sembrava tornato regolare e Ryoga decise che quello poteva essere l'unico momento adatto per effettuare l'operazione, così cercando di muoversi il meno possibile, allungò una mano dietro di sé e riuscì a tentoni a trovare la confezione di aspirina. Riuscì anche ad aprirla ed a prenderne una con una sola mano, ma quando la strinse tra il pollice e l'indice un pensiero lo bloccò: per fargliela ingoiare avrebbe dovuto metterla nella sua bocca, il che significava… toccare quelle labbra. Il suo sguardo automaticamente si posò sulle labbra in questione, umide, vellutate e sensuali e il cervello gli partì per la tangente. Con acuta chiarezza vide se stesso mettersi la pasticca in bocca e poi chinarsi su di lei, pronto a spingerla tra le sue labbra con la propria ling...

Dannazione, piantala con questi pensieri! si ammonì severamente, stringendosi ancora una volta il naso fino quasi a farsi male. Ora, dai una calmata ai tuoi ribollenti ormoni e fa quello che devi fare! Si disse ancora, poi chiuse gli occhi e iniziò a contare fino a duecento per calmarsi. Quando li riaprì era fermamente deciso a finire quella faccenda il più rapidamente possibile, così le sollevò la testa, le fece schiudere leggermente di più le labbra, le piazzò la pasticca in bocca con un movimento così rapido che avrebbe fatto invidia allo stesso Ranma e si girò a prendere l'acqua. Il tutto cercando di guardarla il meno possibile.

Quando le accostò il bicchiere alle labbra però, avvenne quello che più temeva: le palpebre di Ukyo fremettero, lei sospirò e con un basso gemito - che non fece altro che peggiorare lo stato della sua già iperattiva immaginazione - socchiuse gli occhi.

“R...ran...chan?” chiese con un filo di voce e Ryoga semplicemente, si pietrificò.

Che doveva fare? Era ad un passo dall'essere palettato fino alla morte… lanciò nervosamente uno sguardo al bicchiere che era così invitante nella sua mano e, preso dal panico, per un attimo considerò l'opzione di trasformarsi e fuggire a gambe levate da là. Ma subito dopo si rimproverò per quel pensiero e quella poco dignitosa mancanza di coraggio e trasalendo mentalmente per il suo pessimo talento nel gestire quelle situazioni, si preparò a giocare il tutto per tutto. Ripensò a cosa avrebbe detto Ranma, si schiarì la gola e cercando di imitarlo il più possibile mormorò semplicemente “Bevi Ucchan”.

Era assolutamente convinto che a quel punto Ukyo avrebbe spalancato gli occhi e si sarebbe messa a urlare colpendolo in testa e facendo accorrere tutto il vicinato… ma stranamente non avvenne nulla di tutto questo. Lei richiuse gli occhi e sorseggiò l'acqua senza dire una parola, per poi buttargli le braccia al collo e rannicchiarsi contro di lui con un sospiro di beatitudine, strusciando con evidente soddisfazione una guancia contro il suo petto nudo.

Ancora una volta Ryoga rimase spiazzato da quella strana reazione. Non era decisamente abituato a vederla fare quanto richiesto senza dire una parola o smuovere una discussione e la totale fiducia con la quale Ukyo si era abbandonata alle sue cure stava incontrando molta difficoltà a venire accettata dal suo cervello. Ma poi capì che evidentemente lei doveva aver interpretato tutto quello che stava accadendo come un sogno, il cui protagonista era ovviamente Ranma.

Nonostante quello le orecchie gli diventarono di brace. Era estremamente raro per lui ricevere un contatto così intimo e appassionato da una ragazza e anche se sapeva di non esserne realmente il destinatario, c'era comunque una bella differenza tra lo stringere una persona inconscia e invece ritrovarsi tra le braccia un'entusiasta giovane donna che gli si era avvinghiata al collo come un boa constrictor.

Quella inconsapevole ricerca di contatto era triste e tenera allo stesso tempo: era un lato di lei che non aveva mai conosciuto e nemmeno sospettato… un lato vulnerabile, bisognoso di affetto e molto, molto femminile che gli stava facendo venire istinti ai quali non avrebbe nemmeno dovuto pensare.

Specialmente visto che siamo soli, in una notte di bufera, lei mi sta incollata addosso mentre sono seminudo nel suo letto...

Si dice che ogni guerriero abbia un punto debole nella sua armatura - dopotutto anche Achille aveva il suo tallone - e lui non sfuggiva certo a questa legge fondamentale dell’universo. Ma più che un punto debole per lui si trattava quasi di una specie di fobia: il suo valore guerriero era infatti inversamente proporzionale alla sua disinvoltura con le donne. Il suo corpo allenato da anni di viaggi e pratica di arti marziali era ormai in grado di resistere a condizioni estreme di qualunque tipo, fino ad arrivare a superare prove al limite dell’umano: non c’era niente che la sua prodigiosa resistenza fisica non fosse in grado di sopportare.

Niente, tranne una cosa: il contatto fisico con l’altro sesso.

Sovraccaricato dal massiccio attacco di stimolazioni fisiche – a mala pena sostenute - per via della presenza di quel morbido corpo femminile pressato contro il proprio, il fisico di Ryoga non riuscì ad affrontare le esplicite immagini che la sua mente evocò a tradimento.

Così, di fronte a quel duplice attacco di sollecitazioni sia fisiche che mentali, il suo cervello preso dal panico reagì nell’unica maniera possibile: un completo black-out.

 

  
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