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Autore: Slane999new    11/11/2023    0 recensioni
(Ho perso il mio account quindi devo pubblicare Spid su un nuovo profilo, perfetto) Genitori e figli, conflitti che nascono sempre, a volte sanno cosa fare e ti capisco, ma non sempre si ascoltano. Neanche il nostro protagonista, è il fatto che si un mezzo ragno gigante non cambia il fatto che se sta in famiglia avrà sempre problemi come tutti, però le cose cambiano, un villaggio di umani mostra il suo interesse verso di lui, è perfetto. Peccato che la madre non sia contenta, questo preoccupa Spid ma è troppo impegnato a far vedere il suo talento a questi umani.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 “Spazio dell’autore” Cosa dovrei a parte ho perso l’account e adesso deve ricaricare tutta la storia di Spid… Piccolo momento dove una pensa di mandare al diavolo l’universo ma poi si calma e fa: Meglio pubblicare di nuovo, quindi questa è la storia di Spid, se siete venuti da un mio vecchio account questo non è un aggiustamento, ma la stessa storia che però è sul mio vecchio account… Detto questo, ecco il capitolo. E poi uscirà il capitolo bonus. Quindi quella che è su Slane999 non riceverete risposta e vi invito a leggerla qui sul mio nuovo account, proprio per questo motivo.



 
Raccogli la frutta, potrai tessere più tardi. Certo come se potessi tessere o fare altro rispetto a quello che mi dice lei, non importa quanto sono bravo per lei i complimenti non sono cosa comune. Non ricordo neanche un singolo complimento da parte sua, e invece di farmi fare ciò in cui sono bravo, devo per forza, raccogliere la frutta. Ma noi mangiamo mucche a cena… I miei peli si rizzano, rivolgo la testa in avanti, un essere niente coda o ali… Sarà un umano? Meglio non farmi vedere così, un ragno gigante non farà una buona impressione. Rientro il ventre, le zampe rientrano. Mi avvicino, si è decisamente un umano, peloso anche.
<< Che guardi? >> l’uomo ha una barba grigia che gli copre meta della faccia, peli sulle braccia e sul petto, senza di quelli non saranno tanto diversi da dei bambini. Tiene le braccia incrociate.
<< Niente di importante, mi chiedevo perché guardasse l’albero, anche lei cerca frutti? >> incrocia le braccia.
<< Non proprio. >> indica su nell’altro dei rami. C’è una sciarpa rossa impigliata in mezzo ai rami. Il vento non la smuove. Ma potrebbe essere un’occasione per dare una mano, sorriderà e mi ringrazierà una volta recuperata.
<< Posso dargli una mano, mi sono arrampicare. >>
<< No grazie, non ho bisogno di una mano. >> non può rifiutare il mio aiuto.  Non sono robusto come lui, oppure o suoi peli, per cui sarò un bambino per lui. Ma posso aiutarlo e arrampicarmi, so rendermi utile in queste cose, non può dubitare del mio aiuto. Gli metto una mano sulla spalla.
<< Invece posso aiutarla non ne dubiti. >> inarca le sopracciglia e si toglie la mano della spalla.
<< Ragazzo, senti sei gentile. Ma non voglio accettare, so come risolvere il problema, penso avrai altro da fare. >> mi dà le spalle e se ne va. Do un pugno all’albero, la sciarpa rimane la sopra, mi guarda come per provocarmi di non essere venuta a prenderla e ad aiutare l’uomo. Salto sull’albero, i miei palmi mi danno presa nella corteccia, salgo raggiungendo la sciarpa. Preso salto giù. L’uomo non è più nelle vicinanze, lo aspetto qui per dargli la sciarpa. La sua faccia sarà piena di stupore e felicità una volta che riavrà la sciarpa, mi ringrazierà. Mi dirà che sono stato utile. Cammino avanti e indietro davanti l’albero, il sole cambia posizione arrivando all’orizzonte e l’uomo arriva, portando nella mani una lunga scala. Metto la sciarpa dietro la schiena e sfoggio un sorriso.
<< Ragazzo sei ancora qui? >> sorrido. Gli mostro la sciarpa.
<< Visto che l’ho recuperata? >> l’uomo l’afferra delle mie mani, stringendola a lui. Metto le mani dietro la schiena e chiudo gli occhi, aspettando il mio grazie.
<< Ti avevo detto di non farlo. >> apro gli occhi. Ha la fronte corrugata, gli angoli della bocca verso il basso.
<< Ma io volevo solo aiutare. >>
<< E io ti avevo detto di no. Solo fatica sprecata. >> riprende la scala in mano e mi dà le spalle. Non mi vuole neanche dire grazie, nonostante l’ho aiutato. Gli afferro la spalla.
<< Ma io sono stato utile, l’ho aiutata perché non le piace? >> molla la scala, si gira verso di me.
<< Non tutti vogliono essere aiutati, soprattutto quando l’aiuto non è richiesto. >> sparisce insieme all’orizzonte. Non solo l’ho aiutato ma non voleva neanche dirlo, non sono stato abbastanza utile, dovevo cercarlo invece di rimanere ad aspettare che tornasse. Sospiro, sapendo di aver fallito ad aiutare. Il sole mi colpisce il volto. Mi ricordo della frutta, scatto verso gli alberi intorno cercando qualche frutto, ne trovo due attaccati a un albero, lo scalo e li prendo, faccio così con gli altri tornando a casa. All’entrata ci sono i ragni rossi, mamma sta aspettando il mio ritorno, mi faccio strada tra le rocce al buio. Mamma è di fronte a me, ha tutti gli occhi schiusi, il dorso esteso e le zampe che lo reggono, incrocia le braccia.
<< Dov’è il tuo addome? >> schiudo tutti i miei occhi, le gambe si separano diventando zampe. Da dietro di me l’addome fa la sua comparsa, il busto si alza da lì. Le mostro la frutta dalle mani, non è altro che qualche mela. Il suo sguardo sta sopra di me, lei resta immobile e braccia conserte.  Rimango in silenzio, preferendo una sua reazione. Si gira, facendomi vedere il suo dorso a strisce gialle e nere.
<< Andiamo a mangiare. >> tengo la testa china. Muovo le zampe tenendo la distanza da lei. Arriviamo nella parte più interna. Il banchetto è in tavola, una mucca è sdraiata sul tavolo con la pancia aperta, papà è seduto al lato destro con una delle cosce sulla sua parte di tavolo, mamma prende il posto accanto a lui. Poso la frutta al centro del tavolo e mi metto al posto di fronte a loro. Lo sguardo di mamma continua a essere su di me. Cerco la faccia di papà, aspettandomi il suo sorriso.
<< Hai avuto problemi a trovare la frutta? >> mi sorride. Prendo un respiro, le zampe smettono scendono fino a toccare terra, l’addome poggiato sopra di loro.
<< Io… Ci ho provato. >> papà si alza e mi mette una mano sulla spalla. Con l’altra mano prende una delle mani e la posa in mezzo alle fauci, facendola sparire.
<< Buona, mi piace, a volte è meglio la qualità che quantità. >> mamma rimane impassibile. Stringo la mano di papà a me. Sento il suo calore avvolgermi come un calda coperta che mi ripara nella notti di inverno, mamma continua a guardarmi, il freddo mi assale. La calda stretta di papà combatte al mio interno, contro gli sguardi ghiaccio di mamma. Non riesco ad alzare lo sguardo, le gambe rifiutano di alzarsi.
<< Ho aiutato un umano ecco perché sono in ritardo. >>
Papà stringe la mia spalla, mamma rimane a braccia conserte. Non risponde.
<< Aveva perso la sciarpa, io l’ho avvicinato e… >>
<< Ti ho detto di non farlo, più e più volte. Non sai che pericoli possono nascondere. >>
<< Ma ero in forma umana e… >>
<< Non importa in quale forma eri, devi smetterla. >>
<< Ma aveva bisogno d’aiuto. >>
<< No, gli umani possono cavarsela da soli. Non devi aiutarli o avvicinarti a loro in nessun modo. >>
<< Non è successo niente pero. >>
<< La prossima volta potresti non esserci. Ti aiuti sempre chiunque, ma pensi davvero che è la cosa migliore da fare? >> mi giro verso papà. Mi tiene le mani sulle spalle, la sua testa accanto la mia.
<< Ma questa c’è stato, ha solamente aiutato qualcuno. >> indietreggio stando più vicino che posso nella stretta di mio padre. Lo sguardo di ghiaccio di mia madre penetra attraverso quella difesa.
<< Lo sai benissimo che non dovrebbe fare così, sbaglierà e in quel momento chi lo aiuterà? >> mio padre mi guarda dritto negli occhi. Poi verso mamma.
<< Io ho fiducia in nostro figlio, se la caverà. >> il sangue mi si gela scambiando lo sguardo con mamma. Le zampe la sollevano più in alto. Troneggia su me e papà. Papà si alza pure lui, non raggiunge l’altezza di mamma, ma è comune per quelli come noi.
<< Non capisce il pericolo in cui si mette. Domani starà in casa. >> gira l’addome verso di noi. Lascia la stanza, il tutto intorno a me gela, neanche l’abbraccia di mio padre scalda, torno nella mia parte di casa, lo stomaco brontola ma non riuscirei a mettere nulla nelle fauci.
 
Una mano mi muove avanti e indietro, schiudo i primi due occhi vedendo papà davanti a me, le zampe mi sollevano l’addome. Schiudo tutti gli occhi. Papà mi porge una coscia bruna a macchie, potrebbe essere mucca. Il mio stomaco brontola, reclamando cibo. Metto nelle fauci la coscia, il grasso si scoglie all’interno scivolando dritto nello stomaco. Faceva così ogni volta che c’era un litigio con mamma, ma ogni volta lei era con lui. Esco e vado nella parte centrale, il tavolo di roccia ha la mucca di ieri sera con le mosche che gli ronzano. Crea una tela usando le mie dita come sostegno per i due capi, ha la forma di un quadrato, apro le mani, Richiudo la tela Dall’alto della roccia arrivano i miei ragni di colore giallo. Gli offro la tela. Mamma arriva al tavolo, ha tutti gli occhi aperti, si siede di fronte a me. Papà la segue sedendosi a capo tavola.
<< Sveglio vedo. Oggi rimani in casa e occupati dei ragnetti. >>
<< Allora chi si occupa del cibo? >>
<< Questa non è una tua preoccupazione. >>
<< Invece sì, io sono capace di rendermi utile. >>
<< Eppure ieri non ci sono sei riuscito. >> papà le mette una mano sulla spalla, si deve alzare in punta in di piedi. Mamma scuote la testa e lascia la tavola, i ragnetti vengono da me. Iniziano a tessere una piccola tela sul tavolo di roccia. Altri si mettono accanto a me salendomi addosso, le loro zampette si muovano facendomi il solletico. Gli altri finiscono la tela, hanno intrecciato un sorriso. Ricambio il sorriso, ma penso ancora alle parole di mamma, mi crede un bambino, ma lei può contare su di me.  Vedo la mamma passare per il corridoio, diretta verso la parte più profonda della grotta.  Andando lì ci passa mezza giornata.
<< Se volete aiutarmi, copritemi ho un idea, se mamma chiede dove sono ditele che sto dando da mangiare ad altri ragnetti. >> scatto verso l’uscita della grotta, le prime luci dell’alba vengono vicine ai miei occhi, li chiudo e nascondo l’addome. La foresta è sempre la stessa. Giro e giro, dando un occhiata negli alberi. Niente frutta, continuo a camminare. Davanti a me c’è l’uomo di ieri sta portando diversi tronchi di legno, tiene bassa la schiena e si muove un passo alla volta. Sembrava aver bisogno d’aiuto, prenderò la frutta dopo, ho tempo. Gli vado accanto.
<< Ehi, buongiorno signore. >> si ferma.
<< Buongiorno ragazzo, che ci fai qui? >>
<< Niente, stavo cercando della frutta e ho trovato lei. La aiuto? >> non mi risponde. Non mi avrà sentito.
<< LE SERVE UNA MANO? >> continua a non rispondermi e ad avanzare. Avrà qualche problema all’udito, ma non posso lasciarlo così. Afferro i tronchi davanti a lui, i miei piedi si muovono indietro, come le mie zampe. La mia gamba colpisce un ramo per terra, cado sbattendo la schiena. I tronchi volano di fronte a me, schiacciandomi la faccia. Vedo solo marrone davanti ai miei occhi. Le mie braccia strano sdraiate per lungo ai miei lati, la schiena poggio contro il tronco. Il chiocchi si muovono a destra e sinistra venendo tolti da me, l’uomo mi offre la mano, l’afferro stringendola per non perdere l’equilibrio.
<< Tutto apposto? >> chino la testa e comincio ad afferrare i tronchi.
<< Ragazzo, perché stai cercando ancora di aiutarmi? >>
<< Voglio rendermi utile per qualcuno, quindi mi lasci aiutarla. >> torno a raccogliere i tronchi. Presi tutti mi alzo, l’uomo sta seduto con un sacco di tronchi accanto a lui.
<< Vuoi essere utile quindi? >> sorrido.
<< Faremmo a metà ragazzo, non posso di certo lasciarti fare tutto. >> poggia una mano sopra un albero. Si dà la spinta per alzarsi. Mette la mano dietra la schiena la raddrizza. Afferra i tronchi dal basso, alzandoli. Un passo alla volta mi viene accanto.
<< Come ti chiami ragazzo? >>
<< Il nome completo? >> annuisce. Rimango in silenzio, rivelare il nome completo lo si fa solo con persone intime, per gli umani non sarà così.
<< Mi chiami Spid. >> ride nascosto da i tronchi. Evito di guardalo. Non è più accanto a me, mi giro. Sta fermo. E riparte verso di me.
<< Io mi chiamo Bald. >> arriviamo davanti a un altro uomo. Dietro di loro ci sono diverse strutture di legno. Poggio i tronchi ai loro piedi lo stesso fa Bald. Ha dei peli neri in faccia e sulle braccia, il petto è coperto da una camicia chiusa completamente.
<< Chi è il tuo amico Bald? >> Bald si gira.
<< Questo è il mio villaggio Spid. >>
 


“Spazio dell’autore” Così di conclude il primo capitolo, spero sia stata una piacevole lettura e vi invito di nuovo a lasciare un commento su qualsiasi aspetto della storia. Ci vediamo al prossimo capitolo. E vi dico solamente questo, i capitoli cerco di non editarli e cambiarli per quel che posso, proprio perché ha già scritto tutto e a parte qualche cosa che voglio limare non farò altro nei capitoli, detto ciò alla prossima. E scusate se ci sono errori di grammatica, sto veramente cercando di aggiustare tutto.
 
 
   
 
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