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Autore: Lady I H V E Byron    16/11/2023    0 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: Yooooo! Scusate l'attesa, ma tra una cosa e l'altra l'ispirazione e la scrittura decente vanno e vengono. Finalmente ci sono sviluppi sulla nuova missione della templare? O mio Dio! Riuscirà a salvarsi o morirà di una morte terribile! Leggete e lo scoprirete!
BYE!!!!


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April, come ogni pomeriggio alle 15:00, era entrata nel negozio, per ruotare il cartello di fronte alla porta da “Chiuso” ad “Aperto”. Era lì che aveva scovato Elisabetta all'esterno, con il mantello addosso e la spada visibile dal fianco.

Voleva uscire, invitarla ad entrare, magari offrirle di nuovo un tè, per scaldarla dal gelo invernale di New York. Ma la vera domanda sarebbe stata: “Cosa ci fai in giro armata di tutto punto?”

Ma aveva appena messo piede dentro il negozio, che notò un uomo che le aveva messo un sacco sulla testa.

-Ma cos...?!- si sconvolse la donna -Ehi! Fermo! NO!-

Purtroppo, la sua condizione le impediva di correre. Non aveva nemmeno raggiunto la porta che la templare era stata sistemata in macchina, senza avere la possibilità di reagire.

-ELI!- urlò, inutilmente. Era ancora dentro il negozio, osservando con terrore la macchina nera che si allontanava dal negozio.

Se avesse potuto, si sarebbe lanciata all'inseguimento.

E non solo lei.

Nello stesso tempo, sopra il tetto del suo appartamento, le Tartarughe Ninja stavano fissando in basso con i loro binocoli.

-È da troppo tempo che sta lì ferma.- borbottò Raffaello -Cosa vuole fare? Prendersi una polmonite?-

-Lei no. Ma io presto sì.- disse Michelangelo, rabbrividendo -ETCIÙ!-

Dalla fretta, non si erano nemmeno messi qualcosa di pesante. Erano solo nelle loro semplici tenute ninja.

-Zitto, idiota!- rimproverò il fratello dalla benda rossa, tappandogli la bocca -Vuoi che scopra che la stiamo spiando?!-

Forse, nel profondo, sperava che Elisabetta avesse sentito lo starnuto del fratello. Così, almeno, avrebbe rivelato la verità dietro la sua fuga improvvisa.

Cosa altro stava nascondendo Elisabetta alle Tartarughe? Prima l'anello, poi i suoi poteri, poi la verità dietro i massacri nel Nexus, il suo contatto con Federico... perché si ostinava a tenere tutti questi segreti?

E il fatto che stesse lì, al freddo, di fronte al negozio di April senza entrare era alquanto sospetto.

-Ragazzi! Quale buon vento vi porta qui?-

Casey aveva scelto il momento sbagliato per rimuovere un po' di neve dal terrazzo. Vedere i suoi amici gli aveva fatto togliere il senso di torpore. Quella notte aveva avuto un turno; di conseguenza, aveva dormito tutta la mattina.

Rapidi, Michelangelo, Leonardo e Raffaello scattarono verso di lui. Raffaello gli coprì la bocca, mentre Leonardo gli stava intimando di restare in silenzio.

-Siamo in missione extra-segreta!- sussurrò Michelangelo, muovendo le mani come se stesse descrivendo la trama di un film horror.

-Mmmmf!- bofonchiò Casey, da dietro la mano di Raffaello, confuso.

-E... possibilmente...- aggiunse Leonardo, prima che Michelangelo aprisse bocca per profetizzare chissà quali altre profezie da film dell'orrore -Ci terremo che tu non faccia rumore o urli al vento la nostra presenza, ok?-

L'uomo annuì.

-Ehm... ragazzi...- mormorò Donatello, che per tutto quel tempo era rimasto con gli occhi nel binocolo -Abbiamo un problema.-

I tre fratelli e l'amico si allarmarono.

-Che succede?- domandò Leonardo, tornando accanto a lui.

-Eli... qualcuno l'ha messa dentro in quella macchina.-

Percependo il pericolo, Michelangelo urlò, terrorizzato.

-AHHHH! LA MIA SIRENA! OH, ME MISERO! COSA MAI LE FARANNO? OH, COME VIVRÒ ADESSO, SAPENDOLA TRA LE BRACCIA DELLA MORTE?!-

-Calmati, Shakespeare!- esclamò Donatello -Ho preso il numero di targa della macchina. E poi, come ho già detto, posso rintracciarla ovunque finché avrà il Tarta-Cellulare con sé.-

Questo confortò non solo Michelangelo, ma anche Raffaello. Anche lui stava per impazzire dalla preoccupazione, ma fece il possibile per controllarsi. Per fortuna, il fratello minore stava facendo il tragico per due.

Dovette persino trattenersi dal non prendere il suo cranio e sbatterlo più volte sul pavimento di cemento.

Sentì una mano battere sul suo braccio.

-Raf! Non riefco a refpirare!- udì da Casey, da dietro la sua mano.

Ormai non c'era più motivo di restare in silenzio, quindi lo lasciò andare.

Casey riprese fiato, come fosse stato in apnea tutto quel tempo.

-C'era bisogno di tapparmi la bocca così?!- tuonò, quasi furioso.

-Sei tu che stavi urlando come al solito...-

La porta del tetto si aprì di nuovo: April, muovendosi con difficoltà a causa della pancia, avanzò.

-Casey! Ti ho cercato ovunque!- esclamò.

Era pallida e spaventata. E anche stremata, come se avesse appena corso una maratona, anziché salito delle scale. Nella sua condizione, l'effetto era il medesimo.

Vedendola, il marito si allarmò e corse da lei, lasciando che si abbandonasse alle sue braccia.

-April! Tutto bene?-

-No! Non va tutto bene! Si tratta di Eli! Qualcuno l'ha portata via!-

-Lo sappiamo di già!- avvertì Leonardo, serio.

Solo in quel momento la donna si accorse delle Tartarughe Ninja.

-Oh, ragazzi, che bello che siete qui! Mi dispiace, non ho potuto fare niente per fermarli! Non ho neppure visto i loro volti! Le hanno messo un sacco in testa e poi l'hanno portata via. Non so altro! Vi prego! Dovete aiutarla!-

-Tranquilla, era già nella nostra agenda.- rassicurò Donatello, tracciando qualcosa sul suo tablet. C'erano dei simboli sopra, ma solo uno si stava muovendo.

-Se prendiamo il Tarta-Corazzato, possiamo ancora raggiungerla.-

-Vengo anche io con voi!- si offrì Casey -Stanotte è stata fiacca e io ho bisogno di un po' di azione!-

-Io... non so se potrò gestire il negozio, in queste condizioni. Chiamerò Angel, sperando sia libera.-

-Vai a riposarti, April.- suggerì Leonardo -E non preoccuparti per Eli. È una guerriera formidabile, saprà resistere a qualunque cosa.-

Ma il suo cuore non concordava sulle sue parole. E anche i suoi fratelli lo sapevano.

Non impiegarono troppo tempo a tornare nel loro rifugio con il Tarta-Corazzato. Casey li seguiva con la moto. Aveva la maschera da hockey sul volto e la sacca con le mazze alle spalle.

Il navigatore stava indicando un rettilineo, lo stesso che il tablet di Donatello aveva tracciato collegandosi con il Tarta-Cellulare di Elisabetta.

Raffaello e Michelangelo erano seduti nella parte posteriore del veicolo. Raffaello stava sfregando i sai l'uno contro l'altro, mentre Michelangelo non faceva che camminare avanti ed indietro.

-Cosa le accadrà? Oh, cosa le accadrà?! AH! E se fosse già sotto tortura e noi non arrivassimo in tempo?!-

-Vuoi stare zitto, Mick?!- rimproverò Leonardo -Eli starà bene e noi arriveremo in tempo per salvarla!-

-Non siamo nemmeno troppo lontani dalla destinazione. La vecchia fabbrica metalmeccanica.- notò Donatello, insospettito -Non è nemmeno da tanto tempo che è chiusa. E già è arrivato qualcuno ad occuparla?-

Raffaello era stranamente silenzioso.

Era strano che non fosse esploso per il continuo mormorio di Michelangelo. Ma, invece, restava seduto, a fissare i suoi sai, mentre li sfregava l'uno contro l'altro.

Solo un occhio attento poteva scorgere uno strano tremolio sulle sue mani.

Le sue labbra tremavano, ma nella sua testa regnava il caos.

Elisabetta era stata rapita. E lui non aveva fatto nulla per prevenirlo. Come quella volta in cui non era con Leonardo, quando aveva subito l'assalto di Shredder.

Lì aveva provato solo tanta rabbia e una voglia smisurata di sterminare ogni ninja del clan del Piede.

Ora... non sapeva cosa provare. Preoccupazione, frustrazione, rabbia, terrore... questo caos lo aveva portato all'apatia. Anche al mutismo.

-Se... se posso dire la mia, ragazzi...-

Casey era al telefono con le Tartarughe Ninja in tempo reale.

-Non da molto tempo, è stata segnalata un'occupazione abusiva dell'edificio dove stiamo andando. Ma nessuno del dipartimento ci ha dato peso, visto che erano tutti senzatetto e l'edificio era ormai inagibile dalla sua chiusura. Credo per un incidente. Un'impalcatura non era stata saldata bene e quindi non aveva retto il peso di alcuni operai ed è precipitato, causando una decina di morti. Ecco perché è stato chiuso e considerato inagibile.-

-Un luogo perfetto per nascondersi, insomma.- realizzò Leonardo -Mi domando solo chi possa aver rapito Eli...-

Già il fatto che Elisabetta fosse stata rapita faceva ribollire il sangue di Raffaello. Ricordarlo, rafforzò la presa sui sai.

“Lo sapevo che dovevo andare con lei! Perché gli ho dato ascolto, maledizione?!”

Finalmente, raggiunsero un edificio ricoperto di neve. Sotto, si potevano vedere le pareti di cemento e lamiera ancora intatti. Dopotutto, non era nemmeno da sei mesi che quella struttura era stata chiusa.

-Il segnale si ferma qui.- annunciò Donatello, serio.

-Quindi è là che tengono Eli...- mormorò Leonardo, fissando l'edificio.

Non era molto grande, ma nemmeno molto piccolo. Una fabbrica come altre.

Raffaello scattò in piedi, facendo roteare i sai con aria furente.

-Allora cosa attendiamo?! Sfondiamo quel portone!- esclamò, pronto per l'attacco.

Chissà se Elisabetta era in pericolo. Voleva salvarla prima che fosse troppo tardi.

-Calmo, Raph.- invitò Leonardo -L'ingresso principale è sorvegliato. E poi, alla luce del sole non possiamo farci vedere.-

C'erano due uomini, infatti, all'entrata. Ma non era chiaro cosa avessero in mano, come arma. Potevano essere fucili come sbarre di metallo.

-COME FACCIAMO, ALLORA?!-

Michelangelo era tornato nella sua versione melodramma.

-OHHH, LA MIA PICCOLA SIRENA LÀ DENTRO TUTTA SOLA SOLETTA! OHHH, ME MISERO, ME MISERO!-

Leonardo cercò di ignorarlo, anche Donatello. Raffaello ci riuscì solo per miracolo, ma solo perché voleva sfogare la sua furia contro i rapitori di Elisabetta.

C'era una seconda entrata, sopra quella sorvegliata, vicino al tetto. Non aveva finestre e, a giudicare dalla sbarra di ferro che collegava l'esterno all'interno, doveva essere usato per il trasporto o scarico del materiale.

-Lassù potrebbe andare.- dedusse il leader.

-Però, potrebbero ancora vederci.- fece notare Donatello.

-Ragazzi, se vi serve un diversivo, ci sono qui io.-

Casey aveva sistemato la moto proprio accanto al Tarta-Corazzato. Da dietro la maschera stava sorridendo e le mani prudevano dalla voglia di impugnare nuovamente le sue mazze.

-Io distraggo quei tipi e voi entrate indisturbati.-

-Casey, è una pessima idea, non sappiamo...-

Ma la moto aveva iniziato a lasciare gas. Quando Casey si metteva in testa qualcosa, era impossibile dissuaderlo. Una parte di lui a cui non aveva rinunciato.

La moto impennò.

-GUNGALAAAAAAA!!!-

Le due guardie all'ingresso non poterono fare nulla. E le “armi” che avevano in mano erano sbarre di metallo, non fucili. Ma erano inutili contro la moto. Infatti, si gettarono di lato, urlando.

E il portone era mezzo aperto, quindi fu facile, per Casey, entrare nella fabbrica.

Donatello sospirò.

-Non cambierà mai...-

-Ma almeno ora possiamo entrare.- disse Leonardo, preparando le katana -Muoviamoci, non credo che Casey li distrarrà a lungo.-

Il Tarta-Corazzato era stato messo in un luogo sicuro. E le quattro Tartarughe erano riusciti ad entrare nello stesso momento in cui Casey aveva fatto irruzione nella fabbrica.

L'interno tutto in lamiera. Diverse impalcature in giro, tra cui una spezzata, molto probabilmente quella dove si era verificato l'incidente di cui Casey aveva parlato poco prima.

Le pareti stesse erano in lamiera, per questo le urla di Casey rimbombavano dappertutto.

-Sapevo che qui c'era solo feccia, ma qui sembra di essere in una discarica!-

Lo aveva notato anche lui che i senzatetto erano i più malridotti che avesse mai visto, con abiti larghi il triplo di loro. Facevano quasi tenerezza, che quasi dispiaceva urlare loro contro con la mazza da hockey in mano. Ma, come al solito, doveva fingersi pazzo furioso per dare il via libera alle tartarughe.

Loro, infatti, stavano camminando sulle impalcature superiori, sottostanti la sbarra di ferro. Non era stato tolto nulla. E da lassù si poteva notare persino un piano sottostante dove si trovava Casey, con attrezzature simili a fornaci sulla parete.

-Ora non resta da scoprire dove si trova Eli.- mormorò Leonardo, cercando di parlare tra le urla di Casey.

Donatello stava aprendo il gruppo, con il tablet in mano. Il simbolo del Tarta-Cellulare di Elisabetta era ancora sulla mappa.

-C'è una stanza, superato qui. Se Casey farà il suo dovere e tiene tutti a bada, ritorneremo a casa senza che nessuno si accorga della nostra presenza.-

Purtroppo, non stava alzando gli occhi, mentre parlava. Il suo tablet si scontrò contro qualcosa.

Si accorse essere una schiena avvolta in un giaccone verde militare sporco.

E quella schiena apparteneva ad un energumeno alto quasi due metri e con il giaccone sembrava molto più largo di quanto non fosse in realtà. La barba ispida e gli occhi giallognoli incutevano timore quanto preoccupazione.

-Per tutte le bottiglie di wisky! Quattro alieni!- esclamò l'omone.

Gli altri quattro insieme a lui urlarono e scapparono via.

-E... addio al restare nascosti...- borbottò Leonardo.

 

Un portale a forma di croce si era aperto in un altro punto della fabbrica.

-IO SONO PRONTO A PRENDERE A CALCI...!-

Ma Mirko aveva urlato troppo presto: non si trovavano all'interno della fabbrica. Erano all'esterno, di fronte all'ingresso inferiore, in mezzo alla neve.

-DEUS MI! QUI SI CONGELA!- esclamò, strofinandosi le mani sulle braccia -Omnes, sei sicuro che...?-

I suoi confratelli erano apparsi un istante dopo di lui. Ma non vide Omnes. Non ricordava nemmeno se fosse entrato o meno con loro.

-MALEDETTO OMNES! LO SAPEVO CHE ERA UNA TRAPPOLA!- tuonò, furioso; le iridi avevano già cambiato forma e una strana aura stava iniziando ad espandersi intorno a lui -UNA STUPIDA TRAPPOLA PER FARCI CONGELARE!-

-Calma, Furia.- cercò di calmarlo Edoardo -Il posto è questo.-

Con la sua abilità come Spettro, infatti, era riuscito a seguire i rapitori di Flagello fino alla vecchia fabbrica. Per questo era sicuro che il posto fosse quello.

-Ok, il posto sarà pure questo, ma cosa facciamo, adesso?- fece notare Marco -Non possiamo fare un'irruzione alla cieca.-

-Beh, perché no?- rispose Mirko -Mentre voi altri fate casino e combattete, io posso far saltare in aria questo posto, così tutto è risolto.-

-Ma così uccideresti anche Eli!- fece notare Federico, preoccupato per la consorella.

-Perfetto, siamo venuti qui senza un piano e con un pazzoide che vuole esplodere a tutti i costi...- borbottò Salterio, facendo spallucce.

-Se vuoi posso farti esplodere adesso!- ribatté Mirko, offeso e di nuovo con le iridi crociate.

Ma Tundra si mise di nuovo in mezzo a voi.

-Ok, adesso calmatevi. Ci serve un piano per irrompere qua dentro e cercare di portare via Elisabetta prima di distruggere questo posto.-

-Per non parlare degli sgherri del Rinnegato...- borbottò Andrea Celeritas.

Appariva quasi pallido in volto, immerso nei pensieri. O nei ricordi. Quelli di una villa in fiamme.

-Forse qualcosa possiamo fare...-

Tutti si voltarono verso Carmine, detto Punizione.

-Fabbriche simili dovrebbero avere una fonderia, giusto?- rifletté -E le fonderie hanno delle fornaci.-

-Dove vuoi arrivare?- domandò Niccolò, detto Sol.

Carmine sospirò.

-È un peccato che non ci sia Geena...-

 

Casey era quasi stupito dall'abbigliamento delle persone che stava affrontando. Ancora più sorprendente era scoprire che corrispondevano alle descrizioni dei senzatetto scomparsi. Chissà cosa li avrà convinti a vivere tutti insieme in una vecchia fabbrica che cadeva a pezzi. Forse erano stufi di vivere all'aperto, almeno d'inverno.

Avevano tutti delle sbarre di ferro come armi.

In confronto ai ninja del clan del Piede e dei Dragoni Purpurei erano manichini di allenamento. Facevano persino un po' di pietà nell'ex-giustiziere. Ma doveva solo distrarli per gli amici. Giammai avrebbe fatto loro del male, in situazioni normali.

Per fortuna, non li colpiva: sembravano già terrorizzati dalla maschera da hockey e da come roteava le mazze da baseball per attaccarlo.

-Dobbiamo proteggere il maestro!- aveva urlato uno di loro. Era da lì che avevano raccolto il loro coraggio e caricato contro Casey.

Alcuni erano già con le sbarre alzate per aria, pronti a combattere contro il misterioso assalitore.

Nulla a cui Casey non fosse già abituato: con le mazze da baseball parò due colpi, mentre con un calcio allontanò un terzo che voleva approfittare della sua guardia scoperta.

Poi si abbassò, facendo scontrare i primi due. Notò presto un quarto che voleva colpirlo alla testa con un colpo orizzontale, ma lo schivò con una capriola.

Solò lì notò l'instabilità dell'impalcatura su cui stavano. Al tempo dell'incidente era stato un presunto errore di saldatura. Ma, dopo la chiusura, era sorto il problema della ruggine.

Questo spiegava la poca stabilità.

Anche quella superiore sembrava avere il medesimo problema.

Quando avevano avvistati i nuovi intrusi, i senzatetto erano due. Presto, ne erano arrivati altri, tutti armati.

Le Tartarughe Ninja avevano iniziato una battaglia contro persone con cui non volevano combattere, ma dovevano.

Nessuno usò colpi letali, soprattutto Leonardo, in quanto unico a possedere due armi affilate. Si limitava ad usarle per difendersi e per attaccare usava i calci.

-Ehi, belli, li vedete questi?- giocò Michelangelo, esibendo i nunchaku come un vero esperto -Bene, ora non li vedete più!-

Li lanciò in aria, attaccando i quattro aggressori con pugni e calci in salto. E poi riprese le sue armi.

-Ragazzi, se sono forte...- si vantò, mettendosi persino in posa.

Il più aggressivo di tutti era Raffaello. Ad ogni senzatetto che affrontava esclamava: -LEI DOV'È?!-

Ma metteva tutti K.O. senza ottenere alcuna risposta.

Nemmeno Donatello ebbe grandi difficoltà contro i due avversari. Nessuno di loro, in realtà, dava impressione di essere un esperto in arti marziali.

Ma uno riuscì comunque a poggiare la sua sbarra di metallo sulla gola della tartaruga dalla benda viola.

La pressione non era forte. Bastò che fece una spaccata orizzontale, per liberarsi.

Questo confermò i sospetti di Donatello: non erano come il clan del Piede o i Dragoni Purpurei. Erano più deboli persino delle bande criminali che avevano affrontato nei quattro anni dalla sconfitta definitiva di Shredder, prima dell'arrivo dei templari.

Erano solo dei senzatetto disperati in cerca di un rifugio dal freddo. E loro li stavano attaccando.

Ma allora perché rapire Elisabetta? Quale era il collegamento?

 

Fu in quegli istanti che un altro gruppo di senzatetto, sistemati nel piano inferiore, quello delle fornaci, pronti a soccorrere i compagni aggrediti, notò qualcosa di strano, nel portone: si stava coprendo di ghiaccio. Fuori era freddo, ma non così da congelare un portone di metallo.

Si aprì così all'improvviso e con un rumore così forte che, rimbombando nelle pareti quasi vuote, pareva quasi un'esplosione.

Un gruppo di uomini con tuta mimetica nera e giubbotto antiproiettile bianco con una croce rossa in mezzo avanzò nello stabile. Uno di loro, tra i primi tre che aprivano il gruppo, aveva un braccio coperto di pietre.

-Quel simbolo!- disse uno dei senzatetto, notando le croci rosse -Sono i nemici del maestro! Addosso!-

Quel gruppo ridotto scattò verso di loro, ciascuno con le sue “armi”.

-Vai, Salterio!- urlò Marco.

Il templare solitamente di umore giocoso si fece avanti con la furia in volto.

Urlò con tutto il fiato che aveva. Le iridi avevano le croci templari. E il suo urlo scatenò un'onda d'urto che scaraventò via gli assalitori.

Anche Tundra si fece avanti. Allungò le mani in avanti, da cui uscirono due raggi gelanti che congelarono il pavimento di fronte.

Chiunque si fosse rialzato e ripartito all'attacco, sarebbe scivolato su quel pavimento congelato.

Nel frattempo, Golem e Punizione si erano avvicinati alle ex-fornaci. Golem aveva di nuovo evocato delle pietre intorno al suo braccio e Carmine vi stava sfregando la sua spada.

Edoardo era rimasto indietro, con il suo potere attivo, sia per cercare la consorella, sia per prevenire attacchi a sorpresa dai loro nemici. Niccolò era con lui, per proteggerlo da eventuali attacchi.

-Io vado in avanscoperta.- annunciò Andrea Celeritas -Cercherò di mettere fuori gioco quanti più sgherri. Magari troverò anche Flagello.-

-Va bene.- disse Carmine -Ma non uccidere nessuno.-

Celeritas attivò il suo potere e partì di corsa. I suoi coltelli erano sguainati, con le lame rivolte in avanti.

Si avvicinò alla prima coppia di senzatetto, in procinto di caricare di nuovo contro gli invasori. Ma non furono le lame a scalfirli. Furono le impugnature a colpirli dietro il collo. Un colpo non letale, ma che li fece comunque svenire.

Così fece con il resto che trovò. Doveva spianare la strada per i confratelli, in modo che non avessero complicazioni nel compimento del loro piano.

Una scala di metallo collegava il piano inferiore al piano centrale. E lì c'era la maggior concentrazione dei seguaci del Rinnegato.

Nessuno si accorse cosa li stava colpendo alle spalle, dietro al collo. E Andrea Celeritas sembrava danzare in mezzo a loro; era una farfalla in mezzo ad una discarica.

Stava per atterrarne un altro, quando notò che aveva il volto coperto da una maschera da hockey. Fermò il pugnale a mezz'aria, come l'altro fermò la mazza da hockey.

-Casey?!-

Sentire il suo nome, nonostante portasse la maschera, spinse Casey a rimuoverla, per vedere meglio il volto dell'uomo di fronte a lui: volto magro, capelli corvini legati in un cordino basso.

-Andrea?!-

Il templare che lo aveva aiutato e poi salvato da Longino tempo prima.

-Che ci fai qui?!- dissero, all'unisono, entrambi stupiti.

Nessuno dei due avrebbe immaginato che le loro strade si sarebbero nuovamente incrociate. E, anche se fosse avvenuto, speravano in una circostanza migliore. Magari di fronte ad un caffè ed una ciambella.

Ombre sospette circondarono i due uomini, facendosi sempre più grandi. Quattro figure massicce che stavano cadendo dall'alto.

-POTERE TARTARUGA!-

Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo si misero di fronte all'amico umano, facendogli da scudo, con le armi bene in vista. Andrea, per fortuna, si era spostato in tempo.

In quell'istante, anche il resto dei templari si unì al confratello, senza abbassare la guardia.

-E voi cosa fate qui?!- domandò Helmut, detto Tundra.

-Voi chi siete?- domandò Leonardo, sulla difensiva.

Entrambi stavano per attaccare le persone sbagliate. Ma Casey ed Andrea Celeritas si misero di fronte ai propri alleati, con aria rassicurante.

-Ragazzi, calma...- iniziò l'ex-giustiziere.

-Non dovete temere niente...- proseguì il templare.

-È il templare che mi ha aiutato con Longino.-

-È il poliziotto che mi ha aiutato con Longino.-

Entrambi gli uomini si stupirono, notando di aver parlato nello stesso momento. Uno, però, aveva parlato in americano, mentre l'altro in italiano, ma riconobbero la parola “Longino”, nelle loro frasi e ciò fece intuire ad entrambi di aver detto praticamente la stessa cosa. Si voltarono, notando, inoltre, che si stavano indicando a vicenda.

Situazione in cui, in effetti, poteva scappare una lieve risata.

E fu quello che fecero i due uomini.

-Sì, davvero affascinante, ma... abbiamo un problemino...-

Il dito di Donatello stava indicando dietro i templari, che si voltarono indietro.

I colpi inferti da Celeritas non erano stati così dolorosi da farli svenire a lungo. Si erano risvegliati tutti e tutti erano sull'impalcatura, contro i nemici in comune.

-Dov'è Elisabetta?- domandò Leonardo, voltandosi verso il primo templare che trovò.

Carmine, accanto a lui, lo osservò quasi confuso.

-Credevamo fosse con voi.-

Raffaello sperò di nascondere la sua sempre più crescente preoccupazione.

Anche se l'avesse vista con i confratelli che l'avevano rinnegata sarebbe bastato, per lui, tirare un sospiro di sollievo. Almeno avrebbe saputo che era ancora viva. Ma era ancora dispersa, a quanto pare.

-Bene, siamo punto e a capo e come se non bastasse c'è una puzza da star male!- lamentò Mirko.

-Stavolta non sono stato io!- protestò Michelangelo.

Ma non era odore stantio. Era di bruciato. Carmine e Marco avevano riacceso le fornaci, con i loro poteri e con il poco che avevano trovato per far ravvivare i fuochi.

Ma c'era fumo ovunque. E le fiamme erano vive.

-Un piano per far scappare tutti e poi far saltare in aria questo posto.- rivelò Carmine.

-Ma Elisabetta è ancora qui, teste vuote!- tuonò Raffaello, furioso -Prima la scomunicate e poi volete ucciderla?!-

Elisabetta, però, non era stata scomunicata. Ma tutti dovevano far finta che lo fosse.

-Noi non facciamo così.- rivelò Edoardo -La morte è una condanna troppo clemente per gli scomunicati. Fatemi dare un'occhiata in giro.-

Le sue iridi divennero di nuovo a forma di croce.

Non era un fenomeno nuovo per Casey e le Tartarughe.

-Il suo nome da templare è Spettro.- sussurrò Andrea Celeritas a Casey -Può separare il suo spirito dal suo corpo, per poter viaggiare senza essere visto.-

-Oh...-

-Lei è ancora viva.- annunciò il ragazzo, dopo poco tempo e tanto girare tra le impalcature -Ed è qui. Ma è stata ferita.-

Non aveva detto dove, però.

Tuttavia, Raffaello non poté più nascondersi dietro la falsa indifferenza. Meno che mai Michelangelo.

-La mia sirena!-

-Eli...- mormorò Federico, pallido e preoccupato, ma impotente.

-Vado a cercarla io!- esclamò la tartaruga dalla benda rossa, già saltando sull'impalcatura superiore, sperando di trovarla guardando da un punto più in alto.

Inutile il tentativo di Leonardo di fermarlo.

-RAPH!-

Ma gli avversari erano ormai intorno a loro.

Templari e tartarughe erano nello stesso lato. I loro avversari dall'altro.

Tutti pronti a combattere.

Ma c'erano ancora scetticismi in entrambi i lati. Nessuno aveva ancora dimenticato la scomunica di Elisabetta e le torture a Raffaello da parte del templare di nome Galvano. Nemmeno il gesto di Celeritas per salvare Casey era bastato per perdonarli.

-Ascoltate.- disse Carmine, serio -Lo so che non ci sopportate e ci odiate. Ma se vogliamo sopravvivere e salvare Flagello, dobbiamo collaborare.-

Era una situazione d'emergenza. Non c'era spazio per l'orgoglio ed i rancori. O un'alleanza o sconfitta certa.

Non c'era altra scelta. Era una questione di istanti, dopotutto.

-Va bene. Accettiamo la tregua.- decise Leonardo, in vece dei fratelli e dell'ex-giustiziere.

Nessuno era d'accordo, ma era l'unico modo per sopravvivere. Almeno in quel luogo e in quella circostanza.

Le loro armi erano pronte. Spade, bastoni, asce, coltelli, contro sbarre di ferro e qualche catena arrugginita.

Ma questo non voleva fermare i senzatetto che avevano deciso di seguire una persona come il Rinnegato.

Avanzarono, quasi urlando e con le loro “armi” alzate in cielo.

Le Tartarughe ed i templari erano nettamente più abili dei loro avversari.

Leonardo stava combattendo contro due, parando le loro sbarre di ferro, Donatello, usando il bastone come leva, si spinse in avanti, per calciare via il terzo che voleva colpirlo alle spalle.

Altri due stavano avanzando verso Carmine. A lui bastò attivare il suo potere che le sbarre di ferro rimasero sospesi per aria, lasciando i loro portatori letteralmente a mani vuote. Se ne accorsero quando, nel tentativo di sferrare un colpo dall'alto sul templare, nulla aveva toccato la sua testa.

-Buh!- fece il ragazzo, senza disattivare il suo potere. Magari erano proprio le iridi a croce ad aver spaventato i senzatetto, più che il fatto di essere rimasti disarmati.

-Allora, belli, volete giocare?-

Michelangelo non perdeva mai occasione di mettersi in mostra. Roteava i suoi nunchaku, restando in mezzo ai quattro senzatetto che lo avevano accerchiato.

Alzò una gamba in alto, trasferendo lì il nunchaku rotante. La catena che univa i due pezzi di legno stava girando intorno al suo piede.

I suoi avversari erano paralizzati, forse per l'esibizione, forse perché temevano un attacco a sorpresa.

-Vi piace? Ora sempre più difficile!-

La mano libera toccò per terra. E con l'altra fece al piede libero quello che aveva fatto poco prima al precedente.

Aveva cambiato posizione: le mani erano a terra, mentre i nunchaku roteavano intorno ai suoi piedi.

-E ora... GIRAGIRA!-

Come un praticante di Capoeira, mosse le mani in più punti del pavimento, mentre con le gambe eseguiva movimenti circolari, colpendo i suoi quattro avversari con i nunchaku.

-Ehi, niente male, bello!- complimentò Andrea Salterio, affascinato dai movimenti della tartaruga.

Michelangelo si alzò in piedi, in posa trionfante.

-Hai visto che stile, eh?!-

Mai quanto vedere i poteri dei templari, ammise, nei suoi pensieri, ma mai a voce alta.

Casey e l'altro Andrea finirono casualmente schiena contro schiena, uno con la sua mazza da hockey e l'altro ancora con i coltelli.

-Mi raccomando, Casey, non devi uccidere nessuno.- raccomandò il templare.

-Tranquillo, sono passati i tempi in cui uccidevo.- si riferiva ai tempi in cui era solo il giustiziere mascherato, prima di incontrare le Tartarughe Ninja -E poi senti da che pulpito.-

-Ehi, punto primo, ti ho salvato la vita!-

E lo avrebbe fatto per altre mille volte.

-Punto secondo, mi hai visto forse uccidere qualcuno, adesso?-

I manici erano ancora in bella mostra, rispetto alle lame.

Casey non avrebbe dimenticato il massacro in casa di Longino: non aveva mai visto tanti cadaveri in vita sua, nemmeno da poliziotto.

Insieme, le Tartarughe ed i templari erano una forza incontenibile per un “esercito” come quello che avevano di fronte. I templari non avevano nemmeno fatto così tanto ricorso ai loro poteri. Riconoscevano lo stile “pigro” e basilare del Rinnegato. Magari, ai suoi occhi, erano i guerrieri più potenti del mondo, visto che erano stati addestrati da, come gli piaceva definirsi, “il migliore”. Era risaputo, tra i templari, del suo complesso di superiorità.

-Non possiamo farcela contro di loro. Sono nettamente più forti di noi...!- mormorò un senzatetto ad un altro, mentre indietreggiavano tutti.

Templari e ninja erano quasi in posizione di testuggine, armi puntate in avanti.

Dalla loro avevano ninjutsu e arte della scherma medievale. I senzatetto realizzarono di non aver imparato nulla dal loro “Maestro”.

Ma non erano ancora sconfitti.

Uno di loro, infatti, estrasse un oggetto affilato dalla tasca del giaccone, fissandolo con paura e determinazione insieme. Quello accanto a lui quasi impallidì.

-Non vorrai...?-

La risposta non esitò ad arrivare.

-Non abbiamo altra scelta.-

Bastò un cenno a quelli dietro, affinché seguissero il suo esempio. Uomini e donne che avevano perduto tutto, presero qualcosa dalle loro tasche.

Ma non lo puntarono contro i loro avversari, confusi da quanto stava accadendo.

Bensì, contro loro stessi.

-Per il Gran Maestro!- urlarono all'unisono.

Carmine si allarmò subito.

-NO!-

Aveva attivato il suo potere, ma era troppo tardi.

-AHHHHH!!!- urlò Michelangelo, arretrando, pallido.

Tante lame, in realtà schegge di vetro o lamiera, lacerarono le carni di chi li brandiva.

Un suicidio di massa.

-Incredibile... hanno preferito togliersi la vita, piuttosto che disonorare il loro Maestro...- notò Leonardo, curioso.

-No! Non è così!- chiarì Carmine, indicando in avanti -GUARDA!-

Le lame avevano puntato zone vitali del corpo, ma nessuno era caduto per terra.

Dei tremiti strani scossero i corpi dei senza tetto. La pelle stava diventando violacea.

I loro volti scattarono in avanti, rivelando gli occhi bianchi senza iride e pupilla.

Michelangelo urlò di nuovo, stavolta saltando su Donatello, come un koala su un eucalipto.

-AHHHH!- indicò in avanti -De-de-de-de-degli ZOMBIE!-

Anche Casey era pallido. Non era la prima volta che aveva visto esseri simili.

-Esattamente come...-

-...con Longino...- concluse Celeritas.

E questo confermò i dubbi che aveva condiviso sere prima con il Magister ed i confratelli: il Rinnegato aveva un affare con Longino.

Come i senzatetto di fronte a loro.

Uno zombie balzò in alto, con la bocca spalancata.

Leonardo cercò di parare con le katana. Le lame furono a contatto con il corpo.

Con sua sorpresa, sentì un suono metallico.

La pelle era rimasta intatta.

Altri seguirono l'esempio di quello che poco prima era un senzatetto.

Ninja e templari dovettero di nuovo collaborare contro un nemico in comune.

-Che è accaduto a questa gente?!- domandò Donatello, respingendone uno con il bastone.

-È quello che accade, se qualcuno si avvicina al Rinnegato!- esclamò Carmine, evitando un altro zombie.

Questa era la condanna per chiunque osasse instaurare un qualsiasi tipo di legame con lui. Una semplice stretta di mano, per stillare un accordo, un bacio, per stemperare bollori insopportabili, erano sufficienti, per essere maledetti.

Chiunque osasse avvicinarsi a lui, stipulare un accordo, divenire suo alleato, era condannato a non morire mai. Una morte violenta, avrebbe reso quella persona uno zombie, un mostro, un essere immortale, ma completamente privo di ogni razionalità. La mente era occlusa da semplice istinto distruttivo. Più bestie, che uomini. Praticamente, erano già morti.

David ed il resto dei Grandi Maestri speravano che quella maledizione sarebbe stata un incentivo, per l'ex Gran Maestro dell'America Latina, di non circondarsi più di persone. Una condanna all'eterna solitudine era una condanna peggiore della morte.

Tuttavia, Roberto aveva trovato, come sempre, un vantaggio, un profitto, nella sua condizione. Una scusa per circondarsi nuovamente di persone: l'immortalità, in cambio della fedeltà a lui.

Così, ovunque andasse, riusciva a raccogliere seguaci che lo proteggessero dai templari che volevano comunque imprigionarlo.

Ma gli zombie del Rinnegato non erano perfettamente immortali. La loro pelle diveniva coriacea, ma l'unico modo di ucciderli definitivamente era il fuoco.

Era stata, infatti, l'esplosione ad aver ucciso definitivamente l'imprenditore Paul Longino.

Combattere e basta non serviva contro quegli zombie.

Il fumo stava già iniziando a propagarsi per tutta la fabbrica. Marco aveva fatto in modo di tappare le uscite delle fornaci, in modo che il fumo del fuoco si estendesse dentro la fabbrica, piuttosto che fuori.

Ma era una strategia per i senzatetto umani, non zombie. E gli unici umani rimasti iniziarono a tossire.

 

Ed Elisabetta non ne era immune.

Quando era riuscita ad uscire dalla sala, il fumo aveva iniziato ad espandersi.

Era stata un'impresa, rimettersi in piedi. Aveva strisciato fino al “trono”, per trovare un appiglio con il quale aiutarsi a tornare in piedi.

La ferita era vicina al cuore. Il Rinnegato aveva deciso di lasciarla morire lentamente, piuttosto che darle il colpo di grazia.

Lentamente, infatti, la templare stava perdendo le sue forze.

Doveva trovare le Tartarughe. Sapeva che erano lì per lei. Nel suo cuore, sperava sarebbero accorsi per salvarla.

Aveva fallito la missione secondaria. Il Rinnegato era sparito. Ma presto, avrebbe fallito anche la missione principale.

Le sue forze iniziarono a mancare.

Appena uscita, iniziò a tossire. Il fumo era entrato nelle sue narici.

Sarebbe morta nel modo più disonorevole. La ferita ancora sanguinava. Non importava se con la mano la copriva: il dardo scagliato dal Rinnegato le aveva trapassato anche la schiena.

Doveva, però, farsi forza e continuare a camminare.

“Devo farcela... Non voglio morire, non così!”

Ma non ce la faceva, con il fumo che continuava ad intossicarla.

Non poteva andare dritto: il fumo era più denso.

Forse aveva qualche speranza, se fosse salita sulle impalcature superiori. Almeno lì era vicina alle finestre. Erano rotte, quindi poteva passare almeno un minimo d'aria. Il problema, però, era che le scale erano a pioli.

Di norma, avrebbe dovuto usare entrambe le mani.

Fu una tortura, infatti, salire le scale, con il braccio sinistro che risvegliava il dolore.

Era impossibile non urlare, o lamentarsi.

Saliva lentamente, proprio per la poca resistenza alle braccia. E anche il peso delle armi influiva.

Non voleva lasciare Hesperia ed Hellas in quell'antro orribile. Erano parte di sé.

La scala cigolava. Anche al tatto si poteva notare una notevole dose di ruggine. E non era fissata bene all'impalcatura superiore.

Già la prima scala distanziava mezzo metro dal piano inferiore.

Non era stato facile salire usando solo un braccio.

Già lì aveva notato la poca stabilità della scala. Ma non aveva scelta.

Le mancavano solo due scalini, quando l'unica vite che teneva la scala saldata al piano superiore cedette, facendola cadere.

Elisabetta urlò, mentre con il braccio sano si aggrappò all'impalcatura.

Non poteva cedere. Se avesse mollato la presa, sarebbe caduta.

E non avrebbe resistito a lungo, con un solo braccio.

Doveva usare anche il sinistro. Il dolore era insopportabile. Fu una fatica immane raggiungere l'impalcatura.

Poi tirò. Non riuscì a sopprimere un altro urlo.

Le dita della mano destra stavano già mollando la presa.

“No! NO! NON POSSO!”

La ferita non le dava tregua, soprattutto il dolore.

Per fortuna, il pavimento dell'impalcatura superiore era una graticola. Più saliva, più trovava appigli.

Le mancavano poche spinte, e finalmente avrebbe raggiunto il suo obiettivo.

Si sdraiò supina, dolente, ma quasi sollevata.

Un po' d'aria, finalmente, pensò.

Ma la situazione non era diversa dal piano inferiore.

E quella salita le aveva davvero diminuito le forze.

Il fumo le aveva otturato le narici, costringendola a tossire quasi senza sosta.

Le immagini erano sfocate, e non per via del fumo.

Ma doveva andare avanti.

Cercò di strisciare, spingendosi sul graticolo. Poteva farcela solo col destro. Usare il sinistro era una tortura: più lo usava, più sentiva il dolore spezzarla in due.

Non vedeva più nulla, ormai.

Qualunque cosa ci fosse, era coperta dal fumo. Chi diceva, inoltre, che non si stesse dirigendo verso un vicolo cieco?

Non aveva più forze per andare avanti.

Si fermò, tossendo di nuovo.

Con l'ultimo fiato rimastole in gola, soffocò un nome.

Il nome della persona che sapeva si trovava lì. Che fosse proprio lì per salvarla, non importava che ci fosse un incendio o un terremoto.

Alla fine, svenne. Il fumo intorno a lei diventava sempre più fitto. Forse nessuno l'avrebbe trovata e lei sarebbe morta soffocata.

Una morte non onorevole, per un guerriero.

Per tutta la fabbrica risuonavano gli echi degli zombie, delle Tartarughe Ninja e dei templari.

Solo una figura non si era unita a quella battaglia.

Qualcosa stava avanzando dal fumo. Ed era sempre più vicino ad Elisabetta.

-Oh... no!-

Omnes si allarmò da dietro la maschera. Corse immediatamente verso di lei, inginocchiandosi.

La girò, per prima cosa.

Notò subito la ferita.

-Oddio, oddio! Ti prego, resisti!-

Premette due dita sulla gola, poi cercò di aprirle un occhio.

Era ancora viva. Ma per poco.

Le tolse immediatamente il cappotto pesante.

Ma qualcosa distolse la sua attenzione da lei.

Un oggetto volante stava sfrecciando verso la sua direzione. Gli bastò alzare la mano per fermarlo a mezz'aria e farlo cadere per terra.

Raffaello avanzò in passi pesanti, e con i sai sguainati.

-Stai… lontano… da lei!- ringhiò, minaccioso.

Omnes alzò le mani, come gesto di resa.

-No, fermo! Sono qui per aiutarla!- cercò di spiegare.

Ma la ragione di Raffaello, alla vista della templare ferita e senza sensi, e del ragazzo che si era preso gioco di lui e dei fratelli dopo aver quasi sterminato la Justice Force, si era occlusa, lasciando spazio alla rabbia.

-No, non ti credo!-

Alzò un sai in alto, con la punta rivolta verso Omnes, e poi lo abbassò velocemente.

Il ragazzo mascherato prese in tempo il suo polso, stringendo forte.

Raffaello sentì qualcosa fluire nel suo polso, percorrendo il braccio fino ad arrivare alla sua testa, come una strana forza comprimergli il cervello. No, che stava entrando nel suo cervello.

E non era una sensazione piacevole. Dei pensieri dominarono la sua mente, per pochi istanti. Tutti con lo stesso soggetto.

-Lasciami! Lasciami!- esclamò, divincolandosi da quella presa.

Si sentiva a disagio.

Finalmente, gli occhi crociati di Omnes, da dietro la maschera, fissarono la tartaruga gigante, quasi con sorpresa.

-Tu… tu la ami…!-

Lo aveva detto con sorpresa.

Raffaello non replicò.

Pallido in volto, vide Omnes voltarsi verso Elisabetta, ancora ferita e svenuta.

-Questa è davvero bella…- mormorò il ragazzo.

Si liberò della presa del ragazzo, facendo qualche passo indietro, pallido in volto.

Cosa gli aveva fatto?

Aveva forse letto la sua mente? Si era impossessato di lui? No, impossibile, i pensieri erano ancora suoi. Lo aveva maledetto?

No, aveva semplicemente dato voce ai suoi sentimenti. Aveva rivelato ciò che lui stava nascondendo da tempo. Compreso a se stesso.

Ma il suo sguardo, i suoi occhi verdi stavano fissando proprio lei.

Il suo pensiero fisso.

Nemmeno lui era sicuro cosa avesse scatenato quel sentimento, o quando fosse fiorito. Fatto stava, che, quando si allenava, rivolgeva piccoli e brevi sguardi verso di lei, e si voltava imbarazzato, se ricambiava. Era lui ad osservarla di nascosto ogni mattina, quando si sistemava la fascia intorno al petto. Persino la notte, quando non riusciva a dormire, la guardava, con tenerezza, combattendo contro la tentazione di prenderla tra le sue braccia e portarla nella sua stanza.

E le sue provocazioni contro di lei, i momenti in cui la prendeva in giro? Semplice mascheratura dei veri sentimenti che provava per lei. In realtà, voleva abbracciarla, stringerla a sé, farle capire che non era sola, non era una persona debole e che lui la ammirava tantissimo, più di ogni altra donna che aveva incontrato.

E dal giorno in cui avevano avuto quello scontro un istante dopo il suo risveglio dal coma, non aveva smesso di pensare a lei.

Erano due anime simili, due anime orgogliose che mascheravano le loro paure e la loro insicurezza dietro all'aggressività.

In momenti simili, il suo desiderio era quello di essere un umano.

E Omnes lo aveva capito semplicemente toccandolo.

Nello stesso modo, aveva scoperto che anche lei ricambiava i sentimenti della tartaruga.

Aveva dovuto amplificare i suoi sensi, soprattutto la vista e l'udito, per trovarla. Aveva udito la sua voce, tra le grida di battaglia, soprattutto quelle di Salterio.

L'aveva udita urlare un nome, poco prima di trovarla.

-Ra...ph...-

La persona, o meglio, la creatura a cui teneva di più. La creatura apparsa nel viaggio mistico in cui l'aveva condotta l'Antico. La sagoma che aveva visto prima di svegliarsi era proprio quella di Raffaello. Il nome che le era uscito dalle labbra, era proprio il suo. Lui, la chiave per stabilizzare il suo potere.

Lei sapeva, sentiva, che lui sarebbe corso da lei. Nel profondo, lo sapeva, lo sperava, lo sentiva.

E quella speranza era divenuta realtà.

Raffaello, però, non ne era ancora a conoscenza, di quei sentimenti per lui. Omnes non aveva fatto da tramite. Si era limitato a “leggere” entrambi.

Distolse l'attenzione per la tartaruga, per tornare alla ragazza. Gli bastò solo scostare il giaccone, mettendo entrambe le mani sopra il punto della ferita.

Raffaello notò un'aura verde circondare quel punto. La stava davvero guarendo, allora.

Forse non era così cattivo. Dopotutto, non aveva nemmeno ucciso la Justice Force, e non aveva nemmeno finito loro.

Appena le mani furono tolte, la felpa era tornata come prima. E non c'era più sangue.

Inoltre, l'incarnato della ragazza era meno pallido di prima.

Il cuore di Raffaello stava per esplodere di gioia e di sollievo che, se non fosse stato ancora sotto shock per la “lettura” di Omnes avrebbe gridato così forte da far crollare la fabbrica.

Era in una specie di stato di apatia temporaneo, esteriormente.

-Portala fuori di qui, e alla svelta.- raccomandò Omnes, alzandosi.

Non c'era nemmeno bisogno che lo dicesse, pensò la tartaruga.

Rapido, si chinò per terra, prendendo la ragazza tra le sue braccia. Era da tempo che voleva prenderla come una principessa. Con suo sollievo, stava cominciando a muovere i muscoli del volto. Era viva. Respirava.

-Un'altra cosa, Raffaello...-

Omnes lo toccò di nuovo, sul braccio. Stavolta non accadde nulla.

-Promettimi che la terrai al sicuro.- la sua voce stava tremando -Proteggila con la tua stessa vita. Lei... è tutto ciò che mi rimane.-

Raffaello aveva tentato di fare un passo indietro, appena aveva notato la mano farsi sempre più vicina.

Però, aveva visto dietro la maschera, negli occhi crociati. Non sapeva come, o perché, ma notò un'espressione di supplica.

Non stava mentendo. O era quello che sperava.

Rispose con un cenno della testa.

-Lo farò.- disse, con un filo di voce -Puoi contare su di me.-

Omnes si sentì consolato. Sapeva di potersi fidare.

Diede le spalle alla tartaruga. Dopo tre passi, sparì dentro un portale a forma di croce che lo “inghiottì”.

Forse non era necessaria la promessa a Omnes, per tenere Elisabetta al sicuro: Raffaello lo avrebbe comunque fatto. Per sempre, se necessario. Che lei fosse volente o nolente.

La sentì muoversi tra le sue braccia.

-Ra... ph...- mormorò. Stava ancora tenendo gli occhi chiusi. Aveva una voce flautata, più femminile del solito. Quello stato stava quasi risvegliando un lato che lei si ostinava a tenere nascosto, soprattutto a se stessa.

-Sono qui.- rispose lui, tenendosela più stretta.

Si guardò in giro, alla ricerca di una via d'uscita. Il fumo era ormai ovunque. Raffaello tentò di sopprimere un colpo di tosse.

-Ti porterò via da qui, non devi temere.-

Lo aveva promesso a Omnes. E lo aveva promesso a se stesso.

 

Nei piani inferiori sembrava che l'inferno fosse asceso alla terra dei vivi.

L'atmosfera era sempre più infuocata, a causa delle fornaci. Golem aveva evocato delle pietre per bloccare gli impianti di areazione, per questo il fumo si stava espandendo. Ma così anche le fiamme.

Il piano era far scappare i senzatetto, per poi uccidere il Rinnegato.

Ma i piani erano cambiati, con gli zombie. Il fumo non faceva loro effetto, ma ai vivi sì.

La scarsa visibilità non era un problema per i ninja, visto che combattere senza l'uso della vista era parte del loro addestramento, ma il fumo li stava soffocando.

Quelli più in difficoltà erano Casey ed i templari.

-Coff! Coff!- la maschera non lo stava proteggendo dal fumo -Questi cosi sono più resistenti di quanto pensassi!-

Stava agitando alla cieca le sue mazze da baseball, sperando di colpire qualcosa, ma anche sperando di non colpire un alleato.

Michelangelo, con una furia mai vista prima, colpì con potenza il suo aggressore, con un fendente deciso di nunchaku.

Lo zombie si ritrovò con la testa penzolante all'indietro, come se quel colpo gli avesse rotto il collo.

Lì per lì, Michelangelo impallidì, quasi pentito. Ma rabbrividì ancora di più quando sentì un sospetto rumore di ossa: la testa dello zombie tornò come prima, ma si poteva intuire che fosse furibondo, nonostante lo sguardo vitreo.

-Ops, scusa...- mormorò la tartaruga, con un filo di voce.

Non sapeva nemmeno perché si fosse scusato. Gli fu istintivo.

Stava per ricevere un pugno (che temeva lo avrebbe trasformato di conseguenza in zombie), ma qualcosa lo spinse lontano, un'onda d'urto che aveva seguito un urlo.

L'altro templare di nome Andrea, più robusto di Celeritas, ma con meno capelli, sorrideva soddisfatto del suo potere.

-Come può una persona accettare una simile condizione?!-

Donatello se lo stava chiedendo dal primo istante in cui aveva visto i sottotetto.

Erano così disperati da vivere ancor più nella miseria? In una fabbrica dismessa? Avevano sì un tetto sulla testa, ma nient'altro. Chissà come si procuravano il cibo, quei poveretti.

Ma ciò che lo aveva sconvolto era proprio come erano divenuti zombie.

E il loro urlo.

-Per il Maestro!-

Un sacrificio.

Solo i samurai erano capaci di un atto simile, o persone veramente disperate.

Ma nessuno si trasformava in mostri simili.

Nemmeno le scariche elettriche del suo bastone li scalfivano. La loro pelle era coriacea.

-È il Rinnegato.-

Uno dei templari si era avvicinato a lui, quello che sapeva evocare le rocce, Marco, detto Golem.

Un omone che aveva l'aspetto di un vichingo, a causa dei capelli e la barba rossa, ma dal volto tutt'altro che minaccioso, escludendo le iridi crociate.

-Va in giro fingendosi Gesù, raccogliendo intorno a sé persone dalla mente semplice e stupida, con la promessa di una vita migliore e, soprattutto, l'immortalità. Ma lui non rivela mai cosa consiste quella che lui chiama “immortalità”. Ecco perché ovunque vada è sempre circondato di seguaci, ladri, prostitute, senzatetto... la peggior feccia, ma facilmente manovrabile. Sono anni che gli diamo la caccia, ma lui riesce sempre a scappare.-

Da come lo diceva, ne era disgustato. E i suoi confratelli dovevano essere d'accordo.

D'altronde, come biasimarlo? Essere tramutati in quegli esseri era una condizione peggiore della morte. E, a quanto pare, era irreversibile.

Una crudeltà simile lui ed i suoi fratelli l'avevano vista solo su Shredder e su Bishop, soprattutto nei confronti di Stockman.

Se i templari non erano favorevoli, forse non erano così cattivi come pensavano.

Federico si stava guardando intorno terrorizzato. Di tanto in tanto, riusciva a colpire i suoi aggressori con l'azza, ma non era affatto come quando aveva combattuto nella Dimensione Mistica.

Perché non c'era Elisabetta.

-Con lei mi sento più forte.- aveva detto.

Sapendola in pericolo, si stava distraendo. Ma non si lasciava comunque colpire.

Tuttavia, uno zombie lo stava per attaccare alle spalle, se non fosse intervenuto Leonardo, che lo allontanò con un calcio roteante.

-Stai bene?- gli domandò, premuroso.

Federico gli rispose con un cenno. Era terrorizzato e pallido.

Usando solo il dorso della mano, visto che nel palmo stringeva la katana, Leonardo cercò di tranquillizzarlo, toccando la sua, di mano.

-Stai tranquillo, andrà tutto bene.-

Avvertì qualcosa di strano. Ogni persona possedeva un “chi”, chi più forte, chi più debole. Ma in Federico... non stava avvertendo niente.

Era impossibile che Federico non avesse un “chi”. Allora pensò che forse i suoi poteri si stavano indebolendo o, peggio, svanendo del tutto.

-ATTENTI!-

Leonardo non si era accorto dell'impalcatura che stava cadendo sopra di lui e Federico, probabilmente a causa del calore che si stava propagando intorno.

Se Carmine non avesse urlato, non avrebbe guardato sopra.

Era pronto a fare da scudo a Federico, ma l'impalcatura si fermò.

Carmine la stava osservando, con i suoi occhi crociati. Elisabetta aveva loro rivelato che Carmine, detto Punizione, aveva il potere di spostare gli oggetti.

Ma lui era più abituato a muovere le armi. Forse era la prima volta che agiva su un oggetto più pesante.

Si vedeva, infatti, dal suo sguardo, che stava facendo uno sforzo immane.

Dovette muovere persino la testa, per far cadere l'impalcatura sugli zombie, scaraventandoli via, lontani.

Un'ottima mossa per allontanarli, ma estremamente faticoso.

Carmine, infatti, cadde, tenendosi gli occhi. Si stava lamentando a voce alta.

-AHHHH!-

Leonardo e Federico corsero immediatamente da lui, soccorrendolo.

-Carmine!- esclamò il templare.

-Che succede?- disse Leonardo, aiutando il ragazzo dal volto pieno di acne ad alzarsi, o, perlomeno, non farlo cadere per terra.

-I miei... I miei occhi!-

Si tolse, infatti, le mani dagli occhi. Le croci erano sparite, e le iridi erano tornate marroni. Ma il bianco era quasi rosso, e stava lacrimando sangue.

Una vista che fece preoccupare la tartaruga.

-Oddio...-

-È sempre stato molto fragile.- spiegò Federico, anche lui preoccupato -Quando è in questo stato non può usare il suo potere fino ad un massimo di due giorni.-

Infatti, al Duello dei Duelli, Carmine era stato ferito, nonostante l'armatura.

Il suo potere era utile per tenere lontani gli zombie. Ma si era sforzato troppo per impedire che l'impalcatura schiacciasse il confratello e la tartaruga, quindi non poteva più usufruirne.

Gli zombie, nel frattempo, avevano scavalcato la loro “trappola” temporanea, pronti ad attaccare di nuovo.

Una parete di ghiaccio venne eretta da Helmut, detto Tundra, nella speranza di una piccola tregua dall'attacco zombie. Tuttavia, a causa del calore delle fornaci, non durò a molto.

Dovette, dunque, continuare ad usare il suo potere, per mantenere alta la parete.

-È inutile.- disse, con disgusto -Se non troviamo un modo di distruggerli tutti insieme, qui ci stiamo tutta la vita e la prossima.-

-Oh, no. Non possiamo stare qui tutta la vita!- drammatizzò Michelangelo -Ho ancora tanti videogiochi da giocare e tanti film da vedere!-

Quella reazione fece ridacchiare Golem e anche Salterio.

-Allora voi scappate.- si fece avanti Mirko, detto Cataclisma -Io posso far esplodere questo posto, e quei mostri annessi.-

La soluzione migliore. Dopotutto, aveva già funzionato con Longino, ricordarono Celeritas e Casey.

-Ma sei impazzito?!- esclamò Donatello -Nostro fratello è ancora qui nei paraggi, così anche Eli!-

-Con questo fumo non riesco a vedere niente!-

Spettro aveva approfittato della soluzione di Helmut per usare di nuovo il suo potere per cercare la tartaruga e la consorella. Ma anche da spettro, il fumo gli impediva la visuale. E anche l'odore lo stava distraendo.

Tossendo, infatti, i suoi occhi tornarono come prima.

-Allora ci serve un diversivo.- realizzò Leonardo, serio.

-Fate in fretta, allora!- esclamò Tundra, ancora intento ad erigere la sua parete di ghiaccio -Io non resisterò a lungo!-

-Tu hai detto che puoi far esplodere questo posto, giusto?- domandò la tartaruga dalla benda blu, rivolto a Mirko.

-Affermativo.-

-E confermate che è l'unico modo per eliminare quei mostri?-

-Le esplosioni o il fuoco.- rispose Niccolò, detto Sol, un ragazzo alto e più grasso di Golem -Ma il confratello che detiene il potere del fuoco non è qui.-

-Quanto è il raggio delle tue esplosioni, all'incirca?- si intromise Donatello.

-Non so. Dipende dalle dimensioni di cosa voglio distruggere.-

-Dobbiamo tener conto anche dell'onda d'urto. E, a giudicare da questo edificio e dalla potenza dell'eventuale esplosione, dovremo essere tutti lontani almeno di un paio di miglia, per non essere travolti dall'onda d'urto.-

-E come facciamo ad allontanarci in tempo?- domandò Andrea Celeritas -Io posso allontanarmi in fretta, ma voi no.-

-Potete farli salire sul Tarta-Corazzato.- ideò Casey, facendo spallucce -Ci state tutti, no? In quell'affare tra un po' ci starà tutta New York.-

Il mezzo, infatti, sarebbe stato abbastanza veloce per allontanarsi in tempo dall'edificio. Quindi, una parte del piano era risolta.

-Aspettate, ma come la mettiamo con gli zombie?- ricordò Golem -Cataclisma può prendere tutto il tempo che vuole per esplodere, ma quei mostri potrebbero comunque seguirci.-

-E non pensate a Eli e Raffaello?!- ricordò Federico -Non si sono ancora visti!-

Non avevano pensato a quel particolare. Non sapevano nemmeno in quanti il confratello sarebbe riuscito a tenere a bada quei mostri. Ma erano più di una trentina e lui era armato solo di spada e scudo.

E della templare e della tartaruga dalla benda rossa ancora nessuna notizia.

-Quindi, ricapitolando... servirebbe qualcosa che tenga a bada quelle creature fino a quando voi e Flagello e la quarta tartaruga non siete in salvo?- riassunse Andrea Salterio.

-In parole povere... sì.- annuì Leonardo.

Erano tutti abbattuti e preoccupati. Ma non il templare.

Infatti, sorrise.

-Posso fare qualcosa io.-

I templari erano più preoccupati di prima, ma le Tartarughe e Casey erano incuriositi.

-Oh, no, non di nuovo...- borbottò Mirko, scuotendo la testa e tenendola in mano.

Ma il confratello stava già cercando qualcosa in tasca.

-Ah, sì! Si è ricordato del mio piccolo assistente!-

Aveva tirato fuori il suo telefono. Era sempre nella sua tenuta mimetica. E Omnes sembrava saperlo.

-Non dirmi che hai intenzione di...?-

-Sì...- disse Andrea Salterio, sorridendo sempre in modo più strano -It's Salterio Time!-

Dei lamenti di diniego si scatenarono tra i templari.

-Salterio Time?- domandò Michelangelo, grattandosi la testa, confuso -E cosa sarebbe?-

-Perché glielo hai chiesto...?- ringhiò Mirko, a denti stretti.

Il templare di nome Salterio stava continuando a sorridere. Premette qualcosa sul telefono, e iniziò a fare un po' di stretching alle braccia.

Dal telefono uscì una melodia. Una melodia ritmata, una specie di misto tra techno e classica.

Helmut si voltò indietro quanto poteva, mentre ancora stava tenendo in piedi il suo muro di ghiaccio.

Intuì che doveva lasciare il posto al confratello, sempre più vicino.

-I miei volevano che studiassi per divenire cantante lirico.- raccontò Salterio, mentre nei suoi occhi stavano per comparire le croci rosse -Non posso negare che non mi piacesse o non mi piaccia tutt'ora, è molto bella ed emozionante, ma alla lunga diventa noiosa. Per questo sono diventato DJ e ho deciso di creare mie canzoni o remix di quelle già esistenti. E poi ho scoperto qualcosa di divertente: chi ha detto che la lirica non possa essere usata anche in altri generi?-

Doveva essere tutto calcolato nei secondi.

Nell'istante in cui Tundra avrebbe smesso di usare i poteri, Salterio doveva tenersi pronto ad usare i suoi.

Il muro avrebbe retto abbastanza da permettere la fuga del confratello, prima di sciogliersi completamente.

Gli zombie avevano via libera, pronti per accanirsi contro il primo che incontravano. Ma lui, in quel preciso istante, aprì la bocca: non uscì un urlo, ma una nota, che ebbe, però, il medesimo effetto degli urli.

Ne seguì, un'altra, e poi un'altra ed un'altra ancora. Tante note una dietro l'altra, ciascuna con lunghezza e tonalità differente.

Salterio stava cantando.

La sua lirica si sposava alla perfezione con i ritmi techno, con contaminazione orchestrale.

Gli zombie erano lontani. E lo sarebbero stati fino alla fine della canzone.

L'anello aveva letto dentro il cantante lirico che voleva rendere i suoi “urli” una vera arma, o aveva deciso di fare buon uso dei suoi “urli”, tornando alla lirica? Qualunque fosse stato il motivo per cui aveva ottenuto quel potere, Salterio lo usava solo a fin di bene, per proteggere gli innocenti e distruggere gli empi, non per esibizionismo. Un comportamento degno di un templare, dopotutto.

Michelangelo sorrise.

-Ehi! Ma è fortissimo!- complimentò, muovendo la testa a tempo -Forse non siete così male!-

Donatello lo agguantò per un braccio.

-E muoviti!-

Erano tutti diretti verso l'uscita, tranne Mirko.

-E tu...?- domandò Leonardo, l'ultimo ad uscire.

-Andate, correte! Io resto qui fino al termine della canzone e poi faccio saltare tutto in aria! Muoviti!-

Il pensiero di Leonardo fu, in realtà, non solo per il fratello e l'amica, ma anche per Salterio.

-Ma, lui...-

-Non temere.-

Edoardo, detto Spettro, era tornato indietro.

-Se uno resta a contatto con Cataclisma, l'esplosione non ha alcun effetto. A meno che non decida di uccidere anche lui, visto che non fanno altro che litigare.-

Quella frase fece ridere Leonardo. Ma era sollevato, nel sapere che nessuno, a parte gli zombie, sarebbe rimasto morto.

Uscire dalla fabbrica era come se da un forno fossero stati messi direttamente in un freezer.

-YAARGH! SI GELA!- esclamò Michelangelo, strofinandosi le braccia.

Anche con le loro tute mimetiche, anche i templari sentivano la stessa sensazione. Compreso Casey, che indossava un cappotto.

Aveva anche ripreso a nevicare.

-Ehi! Ora ricordo!- esclamò, voltandosi un'altra volta verso la fabbrica -Il tipo che mi ha urlato contro e mi ha scaraventato via, quando vi ho chiamato per quella rissa clandestina mesi fa, era LUI!-

Parlava della sera in cui avevano condotto Elisabetta nelle fogne. In cui l'avevano vista combattere da sola contro tre uomini.

D'altronde, anche la templare aveva confermato che si trattava di un confratello di nome Salterio.

E finalmente le Tartarughe lo avevano scoperto con i loro occhi.

-Ok, adesso ti crediamo.- disse Donatello -Ma ora è meglio scappare via da qui, prima che salti tutto per aria! Meno male non abbiamo parcheggiato lontano.-

Dovevano solo attraversare il ponte e raggiungere un punto nascosto, coperto dalla neve. Il Tarta Corazzato era quasi sotterrato da mezzo metro di neve.

-Se solo sapessimo dove si trova Eli...- mormorò Federico.

-O Raph...- aggiunse Leonardo.

Sperarono solo che fossero riusciti a scappare in tempo ora che gli zombie erano concentrati su Salterio.

Proprio in quel momento, una figura gigante apparve dall'alto, con in braccio qualcosa.

-RAPH!- esclamarono i fratelli e Casey.

A giudicare dal punto in cui era atterrato, aveva usato il vecchio passaggio dei trasportatori, per non avvicinarsi né al fumo, né ai senzatetto, ignaro della loro trasformazione in zombie.

Lui fece subito un passo indietro, alla vista dei templari.

-Loro che ci fanno ancora qui?!- ringhiò, sguainando un sai -Non la porterete via!-

-Fermo, Raph!- avvertì Leonardo -Ci hanno aiutati!-

-E uno di loro ci sta coprendo la fuga!- aggiunse Donatello.

Lo sguardo di Federico fu subito sulla consorella.

-Oddio! Lei sta bene?!- disse, facendo un passo avanti.

-Sì, è ancora viva.-

-Ah, quindi lo sapete...- mormorò Golem.

Alludeva alla vera identità di Flagello. Lo avevano notato alle prime domande su di lei, ma erano impegnati con altro, per discuterne.

-Sì, sappiamo che è una ragazza.- rivelò Leonardo.

-Una BELLA ragazza...- mormorò Michelangelo, prima di notarla ancora priva di sensi tra le braccia del fratello -AHHH! CHE LE È SUCCESSO?! STA BENE?! HA FATTO IL MIO NOME?!-

Un colpo di bastone da parte di Donatello lo fece tacere.

-Vi ringraziamo per il vostro aiuto.- iniziò Leonardo, con un inchino -A nome dei miei fratelli, abbiamo apprezzato che abbiate combattuto contro di noi per salvare una persona che un tempo era dei vostri.-

-No.- si fece avanti Carmine, ancora sorretto da Niccolò, con gli occhi ancora sanguinanti -Siamo noi che dobbiamo ringraziare voi per prendervi cura di nostra sorella. Lei era uno dei membri più forti e più rispettati dell'Ordine.-

E non stava mentendo. Tutti ammiravano Elisabetta, per la sua forza. Ammirazione che avevano anche le Tartarughe.

-Però l'avete comunque scomunicata.- fece ricordare la tartaruga, accusando i templari di ipocrisia, con il tono severo.

-Non sempre siamo d'accordo con le decisioni del Magister.- chiarì Marco, detto Golem -Nessuno di noi era favorevole alla sua scomunica. Come non eravamo favorevoli alla condanna di fratello Francesco.-

Federico abbassò lo sguardo, triste. Quel giorno aveva colpito Elisabetta tanto quanto aveva colpito lui. No, tutti loro erano rimasti scioccati, alla notizia della condanna a morte del confratello, a seguito dell'accusa di tradimento contro l'Ordine.

Era tra i più fedeli dell'Ordine. Era stato persino impensabile che avesse avuto contatti con il Rinnegato, visto che non era “risorto” come uno dei suoi seguaci. E Omnes non era certo uno zombie.

Proprio lui, apparve dal nulla, da un portale apparso sulla neve.

-Lieto che lo pensiate.-

La sua improvvisa comparsa fece sussultare tutti.

-Ah, finalmente ti degni di mostrarti!- sbottò Helmut, furibondo -Ci hai mandato qui SENZA UN PIANO! E ci hai lasciato in pasto a quegli zombie! Hai tutti i poteri dei templari! Potevi pensarci da solo a questo casino!-

-Hai ragione, avrei potuto...-

Il suo tono era calmo, rispetto agli animi che aveva intorno.

Squadrò uno per uno, ninja e templari, nei suoi occhi crociati. Nessuno aveva portato ferite, nessuno era saltato alla gola dell'altro.

Tutto bene.

-È meglio se ve ne andate da qui. Salterio sta per finire la sua canzone.-

E Cataclisma avrebbe scatenato il suo potere distruttivo, per uccidere gli zombie.

Alzò una mano, evocando un altro portale a forma di croce grande quanto un portone.

-Come promesso, dopotutto.- disse, ai templari.

Una volta conclusa la loro missione alla fabbrica, li avrebbe condotti di nuovo alla Sede Templare, come se nulla fosse accaduto. Erano questi gli accordi.

-Arrivederci, allora.- salutò Carmine -Quod Deus semper vos benedicat.-

Anche il resto dei templari si inchinò alle quattro Tartarughe, come segno di rispetto e ringraziamento per aver combattuto al loro fianco.

Uno per uno, attraversarono il portale.

-Spero di rivederti presto, in circostanze migliori.- salutò Andrea Celeritas, stringendo la mano a Casey.

-Anche io.-

Fu strano, agli occhi delle Tartarughe. O forse no, considerando che quel templare aveva salvato il loro amico per ben due volte.

Poi toccò a Federico entrare nel portale. Salutò gli alleati con un saluto timido con la mano.

-E, vi prego, prendetevi cura di Eli.- supplicò Federico -Lei...-

Ma poi tacque, mordendosi le labbra ed abbassando lo sguardo.

Leonardo continuava a fissarlo, con un sorriso lieve. Decise di non dare troppo peso alla sensazione di poco prima. Era troppo impegnato a combattere, per rendersi conto del “chi”.

Sperò solo di non incrociare nuovamente le strade con i templari. Quel giorno erano stati alleati. Cosa sarebbero divenuti, successivamente? Nuovamente alleati o nemici? Non erano da sottovalutare, sia per le loro abilità con le armi che per i loro poteri.

-Ehi, aspetta.-

Carmine era il prossimo. Omnes aveva subito notato i suoi occhi. Bastò solo che li toccasse e il bruciore passò.

-Grazie.- disse il ragazzo, sorpreso.

Forse non doveva ringraziarlo. Era pur sempre un nemico dell'Ordine. E non poteva averlo fatto per altruismo, ma per non destare sospetti al Gran Maestro.

-Ehi, ma Salterio e Cataclisma?- ricordò Spettro, l'ultimo ad attraversare il portale -Sono ancora...-

-Ci penso io. Tu vai.-

Il Tara-Corazzato era già lontano, quando i templari stavano tornando alla Base. Casey e la sua moto erano all'interno, per maggior sicurezza.

-Spero solo che ce l'abbiano fatta.- mormorò Leonardo, guardando indietro.

-T'importa davvero, Leo?- domandò Donatello.

-Perché no? Sembravano sinceri, quando hanno parlato di Eli e della sua scomunica. Forse non sono quello che pensiamo.-

Pensò a Carmine. La corazza di Leonardo poteva resistere abbastanza all'impatto con l'impalcatura. Lui e Federico sarebbero sopravvissuti, ma Carmine aveva comunque deciso di ricorrere al suo potere, danneggiandosi gli occhi, pur di salvare entrambi. E il templare chiamato Salterio si era fatto avanti per coprire la fuga dei confratelli e degli alleati.

-Sono d'accordo con Leo.- si intromise Casey -Andrea poteva lasciarmi morire nella villa di Longino, come anche nel vicolo dove ci siamo conosciuti, tra le batoste di quei teppisti, ma non lo ha fatto. Mi ha salvato, più di una volta. Anche da Longino stesso. Ha preferito sacrificare la sua missione che me. Io... gli sono debitore.-

-Mi stai dicendo che dovevo lasciarti nelle mani di quei teppisti?- ricordò, quando aveva scoperto che era un templare.

Lì si era reso conto che Andrea non era come il templare che aveva torturato Raffaello, Giacomo, detto Galvano.

-E poi avete visto che roba, quel, come si chiamava...? Ah, ecco, Salterio? Un'autentica bomba!- ricordò Michelangelo -Se tutti i templari hanno poteri così fighi, allora voglio esserlo anche io! Ehi, Raph, sei tornato muto?-

Si era voltato indietro, anche per assicurarsi delle condizioni della templare.

Era strano, infatti, che proprio lui non avesse detto nulla, per controbattere la tesi dei fratelli e dell'amico.

All'andata, era per preoccupazione. Ora, al ritorno, era per uno shock.

Elisabetta era ancora svenuta, tra le sue braccia, avvolta in una coperta.

Non smetteva di pensare a quello che aveva detto Omnes.

Lui sapeva. Lo aveva scoperto.

Aveva dato voce ai suoi sentimenti.

Non smetteva di fissare la ragazza.

Il cuore gli batteva forte e le labbra rimanevano chiuse, per paura di ammettere la verità.

Lui la amava. La amava.

Ma lei ricambiava il suo sentimento? C'erano due forze contrastanti, in Raffaello. Una parte lo sperava, l'altra sperava invece il contrario.

Alle loro spalle, un'esplosione. Non erano abbastanza lontani da evitare l'onda d'urto.

Il Tarta-Corazzato, infatti, sussultò.

Donatello decise di frenare, con aria stupita. Così lo erano anche Casey ed i fratelli.

Scesero dal mezzo, tornando in mezzo al gelo. Anche Raffaello aveva lasciato la ragazza sui sedili, svegliato dall'improvvisa frenata.

Un'esplosione simile ad un fungo si ergeva dove prima si poteva scorgere una vecchia fabbrica.

-Spero ce l'abbiano fatta...- mormorò Leonardo, preoccupato.

Edoardo gli aveva assicurato che le esplosioni di Cataclisma non erano distruttive, se si rimaneva vicini a lui. Ma non riuscì a non preoccuparsi.

Forse più per il futuro. La prossima volta in cui avrebbero incrociato di nuovo la strada con i templari, sarebbe stato come alleati o come nemici? Era questo che lo preoccupava.

Ma ciò che lo rincuorava era il fatto che non fossero un'unica mente con il Gran Maestro David. Da come parlavano di Elisabetta, avevano ancora rispetto ed ammirazione nei suoi confronti, non con disprezzo, a differenza di come avevano parlato del Rinnegato.

E non erano solo Federico o Elisabetta ad essere rimasti scioccati dalla morte di fratello Benedizione...

La portiera del Tarta-Corazzato si aprì di nuovo.

-Ragazzi, cosa...?-

Elisabetta inciampò sulla neve. Rapido, Raffaello cercò di sorreggerla.

-ELI! LA MIA SIRENA!- esultò Michelangelo, correndo subito da lei, abbracciandola -TI CREDEVO PERDUTA PER SEMPRE! BUHUUUUU!!!-

L'aveva quasi strappata dalle braccia del fratello, che sentì subito una morsa al cuore.

“Se non le togli le tue manacce, io...!”

-Cosa è successo? Dove siamo?-

Poi notò l'esplosione, separandosi da Michelangelo e camminando pochi passi sulla neve.

-Cosa...?-

La mano di Leonardo la tranquillizzò.

-Tranquilla, è tutto a posto. È opera dei tuoi ex-confratelli.-

Elisabetta era sempre più confusa.

-Torniamo dentro, ti spieghiamo mentre torniamo a casa...-

 

La canzone di Salterio stava per concludersi. Le orecchie di Cataclisma stavano implorando pietà.

Magari era quello che gli serviva per alimentare il suo potere.

Più frustrazione provava, più devastante era l'esplosione.

Ma, dal nulla, era apparso Omnes, che subito annullò il potere del templare più fumantino.

-Ci penso io, qui. Voi tornate indietro.-

-Ma...!- protestò Mirko.

Proprio nella nota finale, più lunga e più alta, i due templari vennero inghiottiti da un portale.

Lo stabile era sgombro. Erano rimasti solo gli zombie ed il ragazzo mascherato.

La maschera svanì, mostrando il volto che nascondeva.

Un'aura infuocata cominciò ad espandersi intorno a lui, composto, nonostante gli zombie stessero caricando contro di lui.

-Questo è per lei, maledetti!-

Esattamente come sarebbe successo con Cataclisma, l'esplosione distrusse tutto lo stabile, zombie compresi.

Ora erano definitivamente morti.

Ma l'obiettivo principale no.

L'ex Gran Maestro Roberto, detto Ubiquitas, ma adesso conosciuto come “Il Rinnegato”, aveva fissato l'esplosione da lontano, grugnendo sotto la barba: -Maledetti templari! Ora devo ricominciare tutto daccapo! Ma non finisce qui...-

E scomparve nello stesso modo in cui era scomparso tutte le volte che un templare lo aveva avvistato.

 

April, come prima cosa, si era gettata tra le braccia di Elisabetta, vedendola sana e salva.

-Oh, tesoro, ero così preoccupata! Non sapevo cosa fare, quando ti ho visto che ti hanno rapita...! Ero disperata!-

La templare sorrise, consolandola.

-Tranquilla, sto bene. Come vedi, sono tornata tutta intera.-

-Già... a questo proposito...-

Splinter era apparso dalla penombra del negozio. Era rimasto con April tutto il tempo.

In realtà, era stata lei ad averlo chiamato, un istante dopo che Casey e le Tartarughe erano partiti all'inseguimento dei rapitori di Elisabetta.

Splinter aveva ritenuto più saggio salire in superficie per tenerle compagnia.

Insieme, per calmarsi, avevano praticato un po' di meditazione. Dopotutto, April non poteva permettersi di agitarsi, con un bambino in grembo, sempre più vicino alla nascita.

Quei minuti di meditazione furono un vero toccasana per la donna. Per fortuna, quando avevano finito, Angel era tornata dall'asilo nido, da dove aveva prelevato il piccolo Arnie.

Non aveva avuto più tempo di preoccuparsi per l'amica.

Si era distratta osservando il figlio giocare con nonno Splinter e svolgendo la sua quotidiana mansione di madre, ben più appagante di quella di commessa.

-... credo tu ci debba delle spiegazioni, figliola.-

Lo sguardo era severo. La templare rabbrividì, inquieta.

April aveva preparato tè per tutti, principalmente per scaldarsi dall'inverno gelido. Arnie stava già dormendo nella sua cameretta.

Ancora una volta, le Tartarughe, Splinter ed Elisabetta erano ospiti a cena dai Jones.

Tutti gli sguardi erano sulla templare, che guardava la sua tazza ancora piena di tè.

-Hai idea di quanto ci hai fatto preoccupare?- iniziò Donatello -Per poco a Mick non è venuto un esaurimento nervoso.-

-Non basterebbero quattro pizze per la fame nervosa!- chiarì, alzando la voce.

-Shhh!- fece April, facendogli notare che Arnie stava dormendo.

-Mi dispiace, ragazzi...- fece Elisabetta, con un filo di voce, senza alzare lo sguardo.

-Non ti stiamo giudicando, figliola.- rassicurò Splinter, con voce ferma -Ma non puoi negare di esserti messa in pericolo.-

E nessuno di loro aveva idea di quanto. Tranne, forse, Raffaello, che era tornato nel mutismo. E anche Leonardo.

-Figliola, cosa è successo? Perché sei scappata così di corsa, oggi? E con una bugia?-

Lo sapeva che la scusa di Leatherhead non avrebbe retto. Era stata la prima cosa che le era venuta in mente.

Cosa doveva dire, altrimenti? Che un gruppo di disperati capeggiati da un ex-Gran Maestro, scomunicato, maledetto e con complesso di superiorità l'aveva rapita con lo scopo di portarla dalla loro parte contro i suoi confratelli?

No, non doveva farli preoccupare.

-Quegli uomini... Volevano fare del male ad April e rapinare il negozio.- uscì dalla sua bocca -Li ho sentiti dire che volevano farla pagare a Casey per un motivo che non ho capito e che si sarebbero vendicati su April e Arnie. Io li ho scovati e per questo devono avermi narcotizzata e rapita. Volevo solo proteggere April e Arnie. E speravo di farcela da sola. Mi dispiace, ragazzi.-

La prima a stupirsi di quella spiegazione fu Elisabetta stessa. Aveva rivelato una storia plausibile, con poco preavviso.

“Aspetta, perché l'ho detto?!” pensò “Una storia simile non è da me!”

Infatti, non era “sua”. Mentre veniva curata, Omnes si era chinato su di lei, sussurrandole qualcosa.

Le stesse parole che lei aveva appena pronunciato. Come fossero istruzioni.

Nessuno avrebbe scoperto il vero motivo.

Quella storia aveva convinto i presenti, tranquillizzandoli di conseguenza. Si era sì cacciata nei guai, ma per una buona causa.

Rincuorato, Splinter si era alzato per prenderle affettuosamente una mano.

-Un sentimento nobile da parte tua, figliola. Ma non andare mai più in missioni suicide da sola.-

Casey si sentiva confuso: la maggior parte delle persone presenti nella fabbrica erano senzatetto. Cosa mai aveva fatto a dei senzatetto? Poi, però, ricordò che, nei suoi assalti con la tenuta della SWAT, aveva sgominato diverse bande criminali minori. Magari, tra quei senzatetto c'era qualche “vendicatore”. Allora era stato un bene che avesse avuto indosso la maschera da hockey, o, magari, si sarebbero trasformati subito in zombie.

Facendo spallucce, pensò che questo fosse il movente.

-Già, e qui abbiamo un evidente esempio di tipico frequentatore di missione suicide, vero, Leo? Leo!-

Leonardo non rispose. Dalla sua partenza, aveva un pensiero fisso.

Aveva ripreso a pensare a Federico. Al momento in cui l'aveva sfiorato per consolarlo. E non aveva sentito niente.

Realizzò che era esattamente la stessa sensazione che aveva avuto dopo che aveva toccato il diario di Etienne dalla seconda volta. Ma ancora non capiva cosa potesse significare.

I suoi poteri stavano forse svanendo?

 

-Quindi questo è tutto quello che hai da dire?-

-Sì, Magister.-

Elisabetta aveva approfittato della prima occasione per tornare nella Dimensione Mistica a fare rapporto a David.

Aveva raccontato del “rapimento”, del suo incontro con il Rinnegato, persino della mancata occasione di eliminarlo. Ma non disse nulla sulle Tartarughe. O della sua ferita.

Disse solo che si era data al suo inseguimento e che lo aveva perduto dopo che era scomparso dopo essere apparso in due portali.

Lui appariva serio, come al solito. Lei temeva fosse deluso dal fallimento.

-Hai avuto fretta...- disse, scuotendo la testa -E questa fretta poteva costarti la vita.-

Da un certo punto era accaduto così. Ma non lo rivelò. Principalmente perché nemmeno lei sapeva come fosse successo. Un istante prima era vicina alla morte, e poi si era ritrovata nel Tarta-Corazzato, viva.

David sospirò.

-Beh, almeno sei ancora viva.- concluse -Puoi tornare alla missione principale. Ma questo fallimento ti costerà caro, Flagello, quando ti degnerai di tornare con il Graal.-

-Sì, Magister. Ne sono cosciente.-

Entrambi uscirono dalla Dimensione Mistica, senza saluti.

David era da solo, di fronte al crocifisso della Sala Grande.

Stava per ritirarsi nelle sue preghiere, quando aveva ricevuto la chiamata dell'adepta.

Il suo sguardo era cupo e la mente occlusa.

Come previsto da Omnes, nessuno, nemmeno l'acuto Lazzaro avevano notato qualcosa di strano nelle copie degli adepti, mentre quelli veri stavano combattendo contro gli uomini del Rinnegato.

La notizia dell'esplosione di una vecchia fabbrica non tangé nessuno di loro. Elisabetta non aveva rivelato il luogo dove era stata condotta, principalmente perché non lo sapeva nemmeno lei. E nessuno degli adepti doveva lasciare il minimo sospetto.

Ma tutti loro stavano ancora domandandosi la stessa cosa: perché mandare Flagello contro il Rinnegato? Lei aveva già una missione, e la più importante di tutte.

E quel dubbio non era stato instillato da Omnes: era il loro. Uno dei tanti, dalla morte di fratello Benedizione.

Ma non potevano ancora agire senza prove o senza un motivo valido. Intanto, avrebbero continuato a seguire gli ordini, fintanto che non andassero contro il dogma dell'Ordine.

Il portone della Sala Grande si aprì.

-Gran Maestro David...-

Era un Dragone Purpureo. Era in compagnia di un ragazzo con il volto coperto da una sciarpa e i capelli da un cappello di lana.

-Il confratello Noctis è tornato.-

Il ragazzo si era tolto sciarpa e cappello, mostrando i capelli e la barba dello stesso colore, marroni con sfumature ramate.

-Bene, lasciaci soli.-

Non si era degnato di imparare tutti i nomi dei Dragoni Purpurei. Giusto quello di Hun, solo perché ne era il capo.

Il Dragone lasciò la stanza, come richiesto, e salutò il templare di nome Noctis con un cenno della testa.

David si era voltato con un lieve sorriso di pregustata vittoria.

-Fratello Noctis, è bello rivederti.- disse, scendendo le scale che portavano ai quattro troni -I tuoi rapporti sui Dragoni Purpurei sono stati soddisfacenti. Senza non notare l'ottimo lavoro che hanno fatto qui, ovviamente. È facile convincere le persone, trovando i giusti mezzi. Ma non credo tu sia tornato per vantarti del tuo successo, vero, fratello Noctis?-

-Mi duole ammetterlo, ma è così, Magister.- disse il ragazzo, senza guardare in faccia l'uomo.

Aveva un modo di parlare strano; ricordava quasi l'accento di Luigi. Anche lui era dell'Italia del Sud.

-La situazione sta diventando quasi critica.- iniziò, serio, e, finalmente, degnandosi di guardare il Magister negli occhi -I Dragoni Purpurei stanno sfuggendo al nostro controllo. A quanto pare hanno frainteso le nostre condizioni. Credono di aver ripreso il potere che avevano perduto con la caduta di Shredder, visto che noi li abbiamo accolti nella nostra ala, e hanno ripreso a trattare New York come fosse casa loro. Non so per quanto li terrò a bada. Per questo ho chiesto di tornare e parlarvene di persona.-

Il sorriso era svanito dalle labbra di David. Non si aspettava cieca fedeltà da criminali come i Dragoni Purpurei, nonostante le minacce di fratello Faust contro il loro capo. La brama di potere aveva accecato tutto il resto.

Si erano illusi di poter tornare come prima, che i templari fossero come Shredder: in cambio della loro fedeltà, potevano avere la città e riunire le bande criminali sotto il loro giogo.

Ma i templari non condividevano la filosofia di Shredder. Loro non calpestavano gli innocenti o prendevano mezzi e luoghi con la forza.

E il gesto dei Dragoni Purpurei era imperdonabile, per loro.

-La Base è ormai completa da tempo e le bande criminali sono praticamente nostre.- rifletté il Gran Maestro, tornando a fissare il crocifisso sopra i quattro troni -In pratica, i Dragoni non ci servono più. E poi, abbiamo bisogno di un esempio per far capire a quella feccia chi è che comanda.-

David sorrise in modo strano, quasi malefico: sapeva già in cosa sarebbe consistito il prezzo esatto dal capo dei Dragoni Purpurei, per il suo “tradimento”.

-Quindi posso finirla con questa messinscena?-

David tornò nuovamente a voltarsi verso l'adepto, come se stesse vedendo il vuoto.

-Ma certamente...- sibilò, annuendo con la testa.

Anche Noctis sorrise malignamente. Ma non per lo stesso motivo del Gran Maestro. I suoi unici pensieri sui Dragoni Purpurei erano prevalentemente di disprezzo per quello che erano, non come utensili da gettare via una volta terminata la loro utilità.

-Era ora che lo diceste...-

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Cosa attenderà Hun?
I templari e le Tartarughe diventeranno alleati o rimarranno rivali?
I templari sono davvero malvagi come pensano le Tartarughe?
Raffaello ed Elisabetta riusciranno a superare il loro orgoglio e rivelare quello che provano l'un per l'altra?
E perché Omnes ha così a cuore la templare?

 

   
 
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