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Autore: Chri    16/09/2009    1 recensioni
Ciao a tutti!! Questa storia è basata sul racconto di Dumas, solo che gli avvenimenti non seguiranno quelli del libro..leggete la storia, e vedrete che le cose andranno diversamente da quanto vi aspettate...lasciate i vostri commenti, mi aiuteranno a migliorare!!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4
Si era da poco chiusa la porta dinanzi a sé ed Edmond versava ancora a terra con le spalle al muro. Non aveva la forza per fare nulla, nemmeno per urlare, prendere a pugni quel portone che lo stava emarginando dal mondo e che rappresentava il limite invalicabile della libertà. Oh, la libertà. Dantès fissava nel buio il portone e si rese conto che fino a quel giorno non si era mai chiesto cosa fosse la libertà, poiché egli ne era immerso. Edmond ripensava, infatti, a tutti i suoi viaggi sul Faraon, a tutte le meraviglie che aveva visto. Egli aveva messo piede in Africa, in India, in Italia; aveva assistito a tramondi stupendi su un’altura in Sud Africa, da dove aveva osservato il sole morire nell’oceano che si colorava di arancione; in oriente, aveva risalito a cavallo tutta l’India sino ad arrivare all’immensa catena Himalayana; aveva conosciuto migliaia di persone, si era confrontato con esse, aveva conosciuto le loro svariate usanze e ora si trovava seppellito nel buio delle profondità del castello d’If.Era arrivato li con l’intenzione di togliersi la vita, perché un’esistenza in quello stato il suo animo non riusciva a tollerarlo. Egli era sempre stato di spirito forte, qualità che aveva avuto il suo peso nell’indurre l’armatore Morrel ad assegnargli il Faraon, ma quel tradimento da parte della giustizia lo aveva distrutto nel profondo del cuore. Voleva morire Edmond, perché una vita condotta nel buio non era vita; perché una vita senza Mercedes non aveva senso. Tuttavia, quel buio gli impediva allo stesso tempo anche di morire, almeno finchè non gli veniva consegnata la candela il mese successivo. Aveva, dunque, il privilegio di conoscer la data della sua morte: 14 ottobre 1815. Durante quei 30 giorni, Edmond non fece altro che starsene seduto sempre nel medesimo angolo, tranne in quell’unica volta al giorno in cui una guardia si ricordava della sua esistenza e veniva a portargli una schifosa brodaglia, fatta con acqua e pane tritato che il giovane consumava nel lieve bagliore che arrivava nella stanza attraverso la finestrella della porta. Venne finalmente il trentesimo giorno e, come da regolamento, insieme al pasto gli venne consegnata una candela. Edmond non si curò minimamente del pasto, ma prese subito la candela e si mise ad osservare per la prima volta la sua cella. Essa era una piccola stanza, costituita interamente da blocchetti di pietra squadrati, incastrati uno accanto all’altro. Non gli restava ora che scegliere il modo in cui uccidersi, adesso che i suoi occhi erano tornati ad osservare. Osservando meglio la cella, si accorse che in un angolo era posta una piccola sedia e che due pareti erano unite da un asse di ferro, forse un tempo utilizzato dal macellaio del signore d’If per tenervi appese le varie parti del corpo di animali appena uccisi; esso era abbastanza alto per appendervi una corda per impiccarsi. Edmond non aveva con sé una corda, ma possedeva ancora la sua divisa da capitano che aveva indossato la sera del suo fidanzamento ufficiale con Mercedes e, dunque, al momento dl suo arresto.
“Dio mio, mi hai fatto diventare capitano per farmi impiccare con la divisa!!” esclamò Edmond. Poi,  fece un cappio con la camicia e sistemò il resto del vestito in modo tale da formare una corda che legò all’asse di ferro; dunque sistemò il cappio ad un’ altezza tale che, entrandovi col collo, non avrebbe toccato terra. Infine, pose la sedia sotto l’asse, vi salì sopra e mise la tsta nel cappio. Tutto era pronto. Con la mente che invocava l’immagine di Mercedes e le lacrime che gli scendevano il viso, il capitano Dantès diede un calcio alla sedia e di colpo sentì il cappio stringergli la gola mente era sospeso in aria: era entrato in agonia.
  
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