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Autore: La Fra    22/11/2023    0 recensioni
E se Eva non avesse combattuto per cinquant'anni per Snake, un uomo che non l'ha mai amata? Se nella sua vita avesse incontrato qualcuno di così importante da farle intraprendere una strada senza ritorno?
"Saremo io e te, Adam ed Eva, soli contro il mondo interno." Nascita e disgregazione dei Patriots dal punto di vista di EVA.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naked Snake/Big Boss, Revolver Ocelot, The Boss
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1984,
Isola di Cipro



«Quanto fa due più due?»

«Ma che diavolo di domanda è?»

«Serve a verificare le tue capacità cognitive, quindi rispondi.»

Adam, seduto sul bordo del letto, si lasciò cadere nel materasso con le braccia aperte. «Fa quattro?»

Eva restò seria. «Le domande le faccio solo io. Ripetimi il piano di evacuazione, dall'inizio.»

«Ancora?»

«Ancora.»

Adam sospirò. «Quando sarà il momento, informerò Snake degli eventi di questi nove anni,» rispose veloce e obbediente.

«E poi?»

«Lo condurrò al sicuro fuori dall'ospedale.»

«Come?»

«A cavallo.»

Eva smise di camminare avanti e indietro per la stanza e distolse gli occhi dal foglio. «Un cavallo? Sei serio?»

Adam alzò la testa. «Mi serviva qualcosa di veloce che potesse attraversare la vallata fuori dalle strade principali. L'ho scelto perché è silenzioso.»

«Stronzate.» Eva non ne poteva più delle sue manie di protagonismo. «Tu vuoi fare un'entrata in scena spettacolare.»

Sul viso di Adam comparve un ghigno. «Non c'è dubbio, lo sarà.»

Eva gli calciò lo stinco, poi ricominciò a camminare intorno al letto. «Qui non siamo in un film western, basta un piccolo errore per mandare tutto all'aria. Va' avanti, dimmi cosa farai dopo.»

Adam nascose gli occhi nella piega del gomito. «Dopo aver raggiunto la costa, io e Snake ci imbarcheremo e insieme raggiungeremo la nuova base dei Diamond Dogs.»

«Molto bene.»

«Abbiamo finito adesso? Ho mal di testa.»

«No, non abbiamo finito.» Eva sfilò la fotografia dalla graffetta e gliela sventolò davanti alla faccia. L'uomo nell'immagine era sdraiato nel letto di ospedale, aveva l'occhio destro sfregiato e innumerevoli cicatrici. Il metallo che gli perforava la fronte non lasciava nessun dubbio sulla sua identità.

Adam la prese fra le dita e sbirciò per guardarla.

«Chi è?» gli chiese.

«Snake,» mormorò Adam. «Venom Snake.»

«Altro nome in codice?»

«Big Boss.»

«Dove si trova in questo momento?»

«Nel suo letto di ospedale, non che abbia scelta. Lui è... in coma.» Ecco la prima piccola, impercettibile esitazione. «Dicono si sveglierà presto.»

«Da quanto dorme?»

«Nove anni.»

«Parliamo di lui: dove e quando è nato?»

«Stati Uniti d'America, 1935.»

«La sua maestra?»

«Voyevoda. The Boss.»

«Come vi siete conosciuti?»

«Groznyj Grad, Unione sovietica. Ero affiancato a lui per la Missione Snake Eater, nel 1964, sotto copertura. Che tempi... appena l'ho visto, ho pensato che fosse un gran co...»

«Niente dettagli superflui,» lo ammonì Eva.

Adam tornò a coprirsi gli occhi con il braccio. «Sì, Signora.»

Sei bravo, ma ora arriva il tasto dolente. «Qual è il suo vero nome?»

«Il nome è...» Adam si passò la lingua sul labbro inferiore. «Jack.»

«Ti ho chiesto il suo nome completo,» ripeté Eva, glaciale.

«Stiamo solo perdendo tempo.»

«Dillo.»

«Io non, non ne sono sicuro. Mi sfugge, al momento.» Adam lanciò la fotografia fra le lenzuola.

Eva la recuperò. «Abbiamo finito per oggi,» disse. «Due più due non fa quattro, ma cinque. Idiota.» Si voltò verso la finestra, socchiuse gli occhi e ispirò, cercando di ritrovare un contegno. Odiava farlo, odiava vederlo così. Quel momento sospeso fra menzogna e verità era pieno di disperazione e dolore.

Eva attese che trascorresse qualche secondo prima di voltarsi di nuovo.

Adam era seduto, con le caviglie incrociate e la testa fra le mani. Era stanco, così stanco. «Come sono andato?»

«Promosso,» tagliò corto Eva. «Emicrania?»

Ocelot annuì e si lasciò cadere di nuovo sul materasso. «Non se ne va mai.»

Eva abbassò la tapparella, poi trafficò nel comodino e gli mise dei medicinali in mano. La confezione era ancora sigillata. «Non dimenticarti di prenderli,» lo rimproverò, sedendosi al suo fianco. «Senza questi finirà che ti brucerai davvero il cervello.»

Adam aveva la mandibola serrata, il sudore gli imperlava la fronte e i lunghi capelli, ormai completamente bianchi, erano adesi alla pelle. Erano mesi che si allenava con l'autoipnosi e, per quanto Eva avesse cercato di dissuaderlo, aveva voluto metterla in pratica ogni giorno. Non le era restato che impedire che si facesse troppo male da solo.

«Allora, erano tutte giuste?»

«No, ne hai sbagliata una.» Eva cercò di farla sembrare un'inezia.

Adam si sollevò di scatto. Era un perfezionista e un sadico. Quanto poteva essere duro con le sue vittime durante gli interrogatori, se riusciva ad essere così spiegato persino con sé stesso?
«Quale?»

Eva alzò gli occhi al cielo e si sdraiò a fianco a lui. Sempre la stessa.
Avevano convissuto in quell'appartamento per tanto tempo e, ora che Snake si era svegliato e Adam trascorreva, oltre alle notti, anche le giornate in ospedale, Eva sentiva la sua mancanza. Lo aveva cercato nel suo lato del letto a ogni risveglio e si era sentita patetica. Non glielo avrebbe mai detto, comunque.

«Riproviamo.»

Eva non avrebbe ceduto. «Abbiamo già intensificato le sedute. Cerca di non esagerare: Snake non se ne fa niente di un agente con il cervello fritto.»

Adam si voltò verso l'orologio. «È meglio che vada,» disse. «Se non gli porto quello che mi ha chiesto, John me la farà pagare.» Si alzò e iniziò a prepararsi.

«Adesso te lo ricordi il suo nome,» mormorò Eva fra sé e sé.

«Mm?»
«Niente, lascia stare.»

Erano pochi giorni che Snake si era risvegliato e il suo nome era passato molte volte dalle labbra di Adam. Il suo sorriso, prima così raro, era divenuto normalità. Nella sua vita, ora non c'era più spazio per il fumo, l'alcool, le fughe per lavoro in Afghanistan... né per Eva. Tutto si era ridotto a quell'unica stanza di ospedale.

Adam aveva già un braccio infilato nel cappotto, quando si bloccò. «Senti, pensavo,» disse, «perché non vieni anche tu, solo per un saluto?»

«No, oggi no.»

«Gli farebbe piacere.» In realtà, lo diceva solo per cortesia. A Snake non importava nulla di lei.

«Ci sarà un'altra occasione,» tagliò corto Eva. «Ah, Adam.» Gli indicò il tavolo. «Non te lo dimenticare.»

Adam prese il sigaro e le fece un cenno, poi se lo infilò nella giacca e si avvolse nella sciarpa rossa.


Quella notte, la svegliò un'esplosione. Il cielo si era tinto di arancione e il calore delle fiamme sembrava riuscire a raggiungerla in cima alla collina e attraverso la finestra aperta. Era rimasta lì a guardare il fumo crescere, gli elicotteri bombardare civili e militari.

La guerra le stava ricordando che l'avrebbe seguita sempre, qualsiasi strada avrebbe deciso di percorrere. Che fosse tutta colpa di Snake? Fino a quando aveva dormito, Eva aveva potuto vivere il suo sogno, ma quando aveva aperto gli occhi Eva aveva dovuto tornare alla realtà con lui. Snake si era portato le fiamme della guerra direttamente dall'inferno.

La porta si aprì con un colpo sonoro. «Non è Cipher,» disse Adam, con il fiatone, «cercano John.»

Eva lo raggiunse nel buio. «Stai bene?»

«Difficile dirlo.» Si portò una mano alla fronte. Ho visto delle cose che... non so cosa stia succedendo, ma è come se ci fosse l'inferno in terra.»

«Snake?»
«Ho lasciato John e il medico a pochi passi da qui insieme al cavallo. Come da piani. Prendo le mie cose e poi...»

Eva gli afferrò la mano. Il piano lo conosceva a memoria anche lei; passare di lì non era previsto. «Sei venuto qui per dirmi addio, vero?»

Illuminato dalla luce del fuoco lontano, Adam rimase in silenzio.

«Sembra che io abbia perso la mia occasione per dire ciao a Snake,» scherzò Eva, stringendogli la mano. «Non fa niente, mi basta questo.» Gli strinse la mano.

Quanto assomigliava a sua madre, ora che era un uomo, ora che aveva qualcosa che amava per il quale combattere.

«Cerca di non esagerare con i tuoi giochetti psicologici,» si raccomandò Eva.

«Starò bene.»

«Come fuggirà Snake?»

«Non lo so, troveremo un...»

Eva abbassò lo sguardo sul cortile della casa. «Portagli quella, digli che è un regalo d'addio.»

«La tua... ma sei pazza? No!»

Eva sorrise malinconica. «È arrivato il momento di scendere dalla mia moto,» sussurrò dopo averlo lasciato andare. «Me la caverò anche senza, d'ora in poi.»

Adam rise. «Non ho dubbi su questo.» Qualcosa però lo fece diventare serio. «Senti, per quanto riguarda il ragazzino...»

«Lo so. Troverai Eli e ne avrai cura.»

Dopo nove anni passati al fianco di una persona, dopo averlo visto alzarsi nel cuore della notte in preda al panico, dopo aver visto il peggio di lui, le sue lacrime e i suoi sorrisi, dopo aver letteralmente letto dentro alla sua mente... che cosa restava? Persino uno come Ocelot non aveva più niente da nascondere.
«Io mi fido di te, Adam.»

Dovette comprendere la sua sincerità, perché la abbraccio forte come non aveva mai fatto.

   
 
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