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Autore: SilkyeAnders    22/11/2023    2 recensioni
[Bridgerton ]
Penelope decide di cambiare, di diventare più forte e di non lasciare che la sua felicità dipenda dagli altri.
Colin, nel mentre, si rende conto che dovrà fare ben più del possibile per rimediare al suo fatidico errore.
Una semplice fanfiction su come Penelope Featherington si trasformerà in Penelope Bridgerton.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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POLIN CAP 5 Capitolo 5: Il potere delle parole


Le parole sono un'arma.
Si può fare molto male con le parole, esse detengono un potere tale da far piegare gli uomini sotto la loro volontà. Capaci di instillare il dubbio anche nelle persone le cui più intime convinzioni sovrastano persino la razionalità, capaci di creare e distruggere.
Le parole sono l'arma di chi si rifugia dalla società, cercando di essere ascoltato in un mondo in cui essere ascoltati non è poi così scontato.
A volte le parole che gli altri ci rivolgono ci vengono cucite addosso e rimangono incise sulla nostra pelle come cicatrici. Penelope sentiva che le parole di Colin avevano sortito proprio quell'effetto su di lei, le sentiva addosso in ogni momento.
Ogni volta che si guardava allo specchio, ogni volta che prendeva in mano la sua penna per scrivere un articolo, ogni volta quelle parole le risuonavano in testa come se fossero una preghiera.
Chi era Penelope Featherington? Oh, nulla di più semplice, si diceva. Era la ragazza che Colin Bridgerton riteneva non adatta al matrimonio, era la ragazza che se ne stava ai margini della sala da ballo e a cui nessuno faceva veramente caso, era la ragazza triste che sentiva il bisogno di far del male agli altri per sentirsi libera. Ed era qui che entravano in gioco le parole di Eloise.
Penelope si sentiva ormai definita da ciò che le avevano sputato addosso. Si sentiva esattamente ciò che gli altri dicevano: una nullità, un' insipida tappezzeria.
Colin, Eloise, sua madre, sua sorella... Tutti loro sembravano credere che lei non meritasse un posto in quel mondo.
Quando entrava in quella spirale negativa era difficile ricordare le belle parole che invece le avevano rivolto nel corso della sua vita, perché ce n'erano state. Se avesse dovuto ricordarle ora avrebbe fatto scena muta, mentre avrebbe saputo ripetere anche al contrario le cose orribili che le erano state dette nell'ultimo periodo.
Non aveva idea del perché si sentisse così quel giorno, probabilmente per ciò che Colin le aveva detto al ballo la sera prima.
Ora voleva aiutarla. Dopo tutto ciò che le aveva fatto... Ma poteva davvero biasimarlo?
Come poteva sapere di averle arrecato danni indicibili? Non sapeva nemmeno quanto lei lo amasse.
Penelope non si sentiva in colpa per non averglielo mai detto, insomma se lo avesse fatto che cosa ne avrebbe ricavato? A parte una cocente umiliazione, ovviamente.
No, sua madre aveva ragione: Colin non era suo amico, non era nulla in rapporto a lei.
Eppure, anche se ragionava in quel modo, era ricaduta nella sua rete. E, quasi per caso, erano state proprio le sue parole a ricondurla ai soliti schemi di cui sentiva il bisogno di liberarsi.
Sapeva di non dover lasciare spazio a Colin di risendiarsi nel suo cuore e nella sua mente ma sapeva anche che non aveva accettato la sua proposta per caso, voleva stargli accanto anche dopo tutto il dolore che lui le aveva inflitto.
Anche solo respirare il suo profumo era stato per lei una catapulta verso vecchi sentimenti che credeva di poter mettere a tacere.
Che ironia! L'uomo che amava voleva aiutarla a trovare marito, un ulteriore sfregio alla sua autostima. A indice del fatto di quanto poco gli importasse di lei...
Come aveva anche solo potuto sperare che lui la notasse? Che lui potesse amarla quanto lei amava lui?
Si sentiva la triste e prevedibile protagonista di un romanzo d'amore, peccato che non fosse contemplato l'amore nel suo racconto.
Doveva rassegnarsi a un matrimonio sterile e sperare, quantomeno, in una stima reciproca e nella gentilezza dell'uomo che sarebbe divenuto suo marito.
A sua madre era toccato quel fato e fino a quel momento l'unica Featherington che si era sposata per amore era sua sorella Phillipa. Il pensiero di vivere la stessa vita che Portia aveva condotto l'atterriva.
Sua madre non amava suo padre ed era più che evidente che neppure lui amasse Portia, avevano avuto tre figlie perché era ciò che era loro richiesto in quanto coppia sposata ma niente di ciò che era in quella triste casa dai colori frastornanti era frutto dell'amore vero.
Improvvisamente, ricordando il padre, Penelope venne invasa da un profondo senso di solitudine.
Se avesse dovuto rappresentarsi in un dipinto avrebbe disegnato un'ombra nera al centro di una stanza vuota. Un' ombra che nessuno vedeva e cui tutti passavano attraverso senza nemmeno chiedere scusa.
Era come se tutti potessero calpestarla, entrarle nell'anima e forzare la loro via d'uscita, come se Penelope non fosse nemmeno un essere umano. Come se non fosse meritevole di attenzione.
Chi mai avrebbe potuto scusarsi con un'entità incorporea? Con una semplice ombra?
Le parole di Lady Danbury la sera del suo ballo ora le apparivano distanti, irragiungibili. Persino il moto di orgoglio che aveva sentito in seguito le parve una sciocchezza, il sentimento di un attimo fugace in cui si era dimenticata ciò che era sempre stata: una insipida tappezzeria.
Rimase immobile al centro della sua stanza per istanti che le sembrarono eterni, il suo pensiero era fisso sulla proposta di Colin e il suo cuore stava già provando un dolore immenso per ciò che la sua mente era riuscita a produrre. Voleva chiamarsene fuori, in qualche modo avrebbe dovuto farlo ma percepiva che non sarebbe stato così semplice.
Forse, se avesse trovato in fretta un buon marito sarebbe finito tutto presto. Avrebbe passato con Colin il minor tempo possibile e avrebbe appreso tutto ciò che poteva pur di uscire da quella situazione incresciosa in cui aveva scelto consapevolmente di infilarsi.
Ma poteva veramente farsene una colpa? Ovviamente no, sapeva che avrebbe avuto bisogno di tutto l'aiuto necessario e non solo per la sua brutta fama.
Colin avrebbe potuto rendersi utile anche aiutandola ad estirparlo definitivamente dal proprio cuore.
Si era resa conto di essersene innamorata perché lo aveva idealizzato, nella sua mente nessuno era perfetto quanto Colin Bridgerton. Eppure lui era un semplice essere umano e, di conseguenza, sfuggiva alla perfezione come tutti gli esseri umani.
Magari trascorrendo del tempo con lui avrebbe notato lati del suo carattere che le sarebbero apparsi insostenibili e ciò avrebbe reso più facile il processo di eliminazione.
Lo credeva poco probabile ma a qualcosa doveva pur aggrapparsi.
Il silenzio di quella stanza stava diventando assordante ormai, i suoi pensieri non le lasciavano scampo e non sapeva come metterli a tacere. Decise che uscire le avrebbe fatto bene e, poiché nessuno faceva davvero caso a lei, magari avrebbe potuto evitare di portare con sé una chaperone.
Era saggio che una fanciulla in età da marito uscisse senza? Ovviamente no, ma sperava che tutti sarebbero stati troppo presi dalle loro faccende per badare a lei.
Magari una breve gita dalla modista l'avrebbe aiutata a distrarsi.
Non era certa che spendere soldi in abiti le avrebbe sollevato l'umore ma meritava quantomeno un tentativo come opzione.
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Come aveva sospettato, nessuno si era reso conto che fosse sola durante il suo tragitto. Nessuno l'aveva fermata per conversare né per domandarle dove fosse la sua chaperone.
Come sempre Penelope era invisibile agli occhi dell'Alta Società e, seppure alle volte aveva imparato a considerarlo un grande vantaggio, ora sentiva che sarebbe diventato un ostacolo ai fini della sua ricerca sul mercato matrimoniale.
Entrò nel negozio tirando un sospiro affaticato, non perché fosse stanca ma perché sentiva la mente ancora affollata di pensieri invadenti.
-Penelope- esclamò Madame Delacroix non appena la vide entrare :-Non vi aspettavo-.
-Lo so, perdonatemi l'intrusione Genevieve... E' solo che sentivo il bisogno di svuotare la mente per un po'-.
-Troppi pensieri dopo essere stata dichiarata lo Smeraldo della Stagione?- chiese maliziosamente la donna.
-Oh, non ci stavo nemmeno pensando in effetti- ammise Penelope.
Genevieve sollevò un sopracciglio, aveva qualche idea su cosa potesse turbare la mente della giovane donna ma sapeva che ciò che Penelope apprezzava di più di lei era la sua rinomata discrezione,così non disse nulla.
-Volete vedere qualche nuova stoffa? Mi sono appena arrivate da Parigi-.
-Mi piacerebbe molto... Vorrei alcuni nuovi abiti in uno stile che mi si addica, dimentichiamo quell'orrendo giallo-.
-Mi sembra un'ottima idea- disse la donna rivolgendole un sorriso caloroso.
Le due donne si avvicinarono alle stoffe, Penelope ne percepì l'eleganza semplicemente guardandole ma non appena Genevieve la incitò a toccarle si rese conto di quanto fossero pregiate.
-Sono splendide!- esordì in un sospiro.
-Non è vero? Sono le migliori stoffe che ho, che ne dite se vi confezionassi degli abiti con queste?-
-Oh, non so se posso permettermelo... E' vero che le condizioni economiche della mia famiglia sono migliorate ma...-
-Suvvia Penelope, non siate sciocca! Sarebbe un regalo!-
-No, mi spiace ma non potrei mai accettare un regalo tanto costoso! Ne rimettereste troppo, non sono disposta a farvi perdere denaro-.
-Il denaro, mia cara, è solo denaro. Freddo e senza un reale valore... Ciò che voglio per questa Stagione è vedervi brillare-.
Penelope si sentì quasi commossa da tanta generosità nei suoi confronti; Genevieve le stava dimostrando che forse, e solo forse, non era solamente un'ombra al centro di una stanza.
-Che colore vi piace?- chiese Genevieve.
Penelope osservò il tripudio di colori delle meravigliose stoffe. In quel turbinio di lilla, rosa antico, verdi e arancioni, Penelope notò un meraviglioso verde salvia e lo indicò con il dito.
-Ottima scelta, questo colore è perfetto per il vostro incarnato-.
-Mi piacerebbe anche qualcosa di rosa, magari un abito da giorno- mormorò Penelope.
-Potrei cucire per voi una delle mie nuove creazioni, ricordate? I disegni che avete visto appesi alla parete durante la scorsa Stagione-.
Lo sguardo di Penelope si illuminò immediatamente, ricordava vividamente quei bellissimi disegni e lo stupore che avevano suscitato in lei la prima volta che li aveva visti.
-Aspettavo da tempo qualcuno che avesse la presenza necessaria per indossarli- ammise la modista.
-Dovreste rivolgervi a Francesca Bridgerton allora... Se anche indossassi l'abito più bello del mondo, nessuno vi farebbe caso-.
Genevieve serrò le labbra in una linea stretta, il suo sguardo si indurì :-Penelope, trovo davvero triste che sentiate di non valere nulla. Avete costruito un impero, mia cara. Siete una donna bella, intelligente e meritevole di attenzioni oltre che di amore-.
Penelope aveva voglia di ridere. L'amore, che sciocchezza. Lei era destinata a una vita senza amore e senza le meravigliose sensazioni che esso era in grado di risvegliare.
-Non credete di meritare amore?- chiese la donna, quasi potesse leggerle nel pensiero.
Penelope sorrise in modo mesto :-Credo che per me l'amore sia solo una fantasia infantile, non sogno un matrimonio d'amore Genevieve... Ormai non più. Sogno un matrimonio che mi porti via da quella casa che inizia a starmi stretta-.
Genevieve sorrise :-Non smettete di sognare Penelope, quando meno ve lo aspettate sono certa che l'amore busserà alla vostra porta-.
Penelope avrebbe tanto voluto credere a quelle parole, eppure le risultava difficile.
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Per un attimo la sua mente era stata messa a tacere anche se non abbastanza a lungo.
Le vie di Mayfair erano semi-deserte e Penelope decise che avrebbe camminato lentamente, rimandò indietro la carrozza e iniziò la sua passeggiata di ritorno a casa.
-Pen!-
La ragazza si voltò, suo malgrado, malcelando un'espressione di puro fastidio.
-Che cosa fai qui da sola?-
-Mr. Bridgerton- disse lei in tono asciutto :-Non vedo come la cosa debba interessarvi-.
Colin sospirò, non si aspettava certo che lo avrebbe accolto con il sorriso ma non credeva nemmeno di meritare tanta freddezza.
-Non è saggio per una giovane donna della tua levatura andarsene in giro senza chaperone- disse lui con severità.
Penelope scrollò le spalle :-Nessuno bada a me-.
-Non ha importanza! Non è per gli altri che ti sto dicendo questo... Lo dico per te! E' pericoloso...-
-Credete sinceramente che possa accadermi qualcosa? Io ne dubito-.
-Sei impossibile, lascia che ti accompagni a casa-.
-Non credo che sia una buona idea, Mr. Bridgerton. Come avete detto, è già abbastanza grave che io stia passeggiando da sola. Se fossi in compagnia di un uomo non sposato non credete che sarebbe peggio?-
Qualcosa nel tono di sfida e nello sguardo austero di Penelope aveva fatto sì che la mente di Colin si offuscasse, era riuscita a spiazzarlo totalmente.
-Non ti lascerò camminare da sola, anche se significasse seguirti a qualche metro di distanza-.
Penelope alzò gli occhi al cielo :-Fate pure ciò che preferite, Mr. Bridgerton. Non posso imporvi nulla, la strada è di tutti-.
Durante la sua passeggiata Penelope non si voltò mai indietro, non ne aveva avuto bisogno. Sapeva che Colin era lì, dietro di lei e per qualche motivo la cosa la faceva sentire al sicuro.
Quel gesto non aveva certo rimediato al dolore che le sue parole le avevano arrecato ma Penelope provava un po' meno risentimento nei suoi confronti, si era preoccupato per lei e questo doveva avere anche solo un minimo valore.
Non era un uomo tanto crudele da fingere anche un gesto tanto nobile, anche se Penelope sapeva che Colin amava sentirsi utile. Probabilmente non gli importava di lei ma aveva scorto l'opportunità di eseguire un'azione eroica o quantomeno gentile e che potesse servire effettivamente a qualcosa.
Penelope era solo un'altra damigella nei guai e Colin era il salvatore, Benedict le aveva confessato che da quando Edmund era mancato Colin sentiva di dover ricoprire quel ruolo. Non si era mai chiesta perché glielo avesse detto ma aveva custodito quelle parole gelosamente nel proprio cuore e ora, finalmente, ne comprendeva il senso.
Una volta giunta in camera sua Penelope si stese nel suo letto e vi rimase fino all'ora di cena.
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Parole su carta.
Eloise rimaneva sempre meravigliata da quanto potere detenessero le parole e in quei giorni quelle orrende che aveva riservato a Penelope non facevano che tornarle alla mente, così come quelle altrettanto rabbiose che lei aveva rivolto a Eloise.
Non erano altro che un turbinio sfocato nella sua mente ma erano presenti.
Eloise chiuse il suo libro sul femminismo, l'ennesimo acquisto nell'affannosa ricerca di qualcosa che potesse distrarla e riportarle alla memoria i bei momenti passati con Theo.
Pensare a lui la faceva soffrire, specialmente quando ricordava a causa di chi quell'amicizia era stata rilegata in un angolo oscuro del suo cuore.
Le parole che Penelope aveva scritto su quel dannato articolo avevano un peso che lei stessa non riusciva a spiegarsi, quelle stesse parole erano state in grado di farle interrompere la sua frequentazione e le avevano sottratto qualcuno a cui teneva molto.
Doveva ammettere che forse si era arrabbiata più per quel motivo che per l'effettivo risultato degli articoli di Lady Whistledown. Fintanto che si trattava di altre persone, Eloise riusciva a trovare quegli articoli persino divertenti e d'intrattenimento ma, non appena era toccato a lei essere al centro di quei pettegolezzi, si era sentita attaccata. Punta nel vivo.
Immaginò come avessero dovuto sentirsi tutti gli altri, le altre vittime della penna implacabile della sua dolce Pen. Non riusciva più a ricordare quel lato di lei, ormai vedeva solo Lady Whistledown e, anche se non lo avrebbe ammesso facilmente, provava un fondo di ammirazione per ciò che Penelope era riuscita a costruire semplicemente utilizzando le parole.
Aveva irretito una quantità impressionante di lettori e lo aveva fatto semplicemente dicendo la verità, per quanto cruda e indelicata potesse essere.
-Sembri in difficoltà, sorella- disse Benedict.
Eloise balzò in piedi dal suo posto sul sofà e rimase per qualche minuto a fissarlo prima di rispondere :-Sto solo pensando-.
-A Miss Featherington suppongo-.
-Non sono affari che ti riguardano-.
-Quindi sì- rispose lui maliziosamente :-Eloise, non sarebbe più facile...-
-Abbiamo già affrontato questo discorso o sbaglio?- sbottò lei :-Perdonami fratello ma vorrei andare in camera mia, se non ti spiace-.
-Non posso trattenerti-.
-Molto bene-.
Eloise si dileguò. Non voleva parlare, non voleva pensare, non voleva fare nulla.
Anche leggere aveva perso di attrattiva in quella uggiosa giornata primaverile.
Il giorno prima Colin aveva palesato la sua preoccupazione, le aveva riferito che aveva sorpreso Penelope a gironzolare da sola in città e che la cosa lo aveva impensierito. Eloise aveva subito pensato che stesse lavorando al seguente articolo ma non disse nulla, gli rispose semplicemente che aveva fatto bene a seguirla fino a casa.
Anche Violet aveva tentato di tirare fuori l'argomento con lei a cena ma, come sempre, Eloise aveva evitato la domanda e si era concentrata sul suo cibo senza proferire parola.
Sua madre l'aveva paragonata a una nuvola di temporale a causa del suo recente malumore e, onestamente, la stessa Eloise si sentiva come un nuvolone nero pronto a far piovere tutto il suo disappunto su chiunque le capitasse a tiro.
La verità era che, senza Penelope, si sentiva molto sola.
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Colin era intento a leggere uno dei suoi diari di viaggio con assoluta discrezione e cercando di nascondere il contenuto a occhi indiscreti, tipo quelli di suo fratello Benedict che ora era intento a ritrarre le mani del ragazzo su un blocco da disegno.
-E' necessario che tu lo faccia ora?-
-Perdonami fratello, le mani sono la cosa più complicata da disegnare- rispose Benedict, il tono concentrato.
-Vorrei leggere in pace-.
-Fa' come se non ci fossi, ad ogni modo prima che tu mi rivolgessi la parola ero in perfetto silenzio. O forse temi che da qui io possa leggere il contenuto di quel diario che tieni così stretto al petto?-
Effettivamente, Benedict era un po'troppo distante per poter leggere ciò che le pagine del diario che Colin reggeva in mano celassero.
-Continua pure- si limitò a rispondere.
Non era più rilassato ma almeno sapeva che il contenuto del suo diario di viaggio era al sicuro.
C'era silenzio nella stanza, ad eccezione dello scorrere della matita sul foglio.
Era un rumore stranamente calmante.
-Non ti manca l'Accademia?- chiese Colin.
Benedict serrò la mandibola :-Sì, naturalmente-.
-Perché non ci torni?-
-Perché voglio entrarvi per i miei meriti, non perché mio fratello maggiore ha pagato la commissione-.
-Che importanza ha il motivo per cui sei entrato? Sei rimasto perché i tuoi lavori erano ben criticati, no?-
-Non insistere ti prego, ho i miei motivi-.
-Io credo che tu stia cercando di autosabotarti, fratello. Hai talento, non abbandonare un sogno solamente perché Anthony ha pensato di farti un favore-.
Benedict gli rivolse un sorriso mesto che Colin non seppe interpretare, decise di non punzecchiarlo oltre. Il silenzio invase di nuovo la stanza ma stavolta nessuno dei due fratelli sentì la necessità di riempirlo.
La sera Colin rimase nella sua stanza a pensare, aveva offerto il suo aiuto a Penelope ma per ora non avevano avuto modo di parlarne. Gli sembrava quasi un sogno quando ricordava quella sera, eppure lei aveva accettato.
Avrebbe scritto una lettera l'indomani, le avrebbe dato appuntamento ad Hyde Park. Cosa poteva andare storto?




   
 
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