Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Shailene_bird    24/11/2023    1 recensioni
Chi narra la storia non rende mai esplicito il suo genere.
Mentre il/la protagonista viaggia in treno per andare a lavoro, verso la stazione di Parigi, accade che comincia a nevicare. Sces* alla stazione vede per caso una ragazza che la/lo colpisce inaspettatamente ma con la quale non riuscirà ad avere un confronto.
La perderà di vista ma certi desideri espressi hanno solo bisogno di tempo per essere esauditi.
Il racconto si ispira alla leggenda giapponsse del filo rosso del destino.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La ragazza del destino

Quel giorno la vidi per la prima volta.  
Era bellissima.  

Ogni mattina prendevo sempre lo stesso treno. Direzione: Stazione di Paris Lyon.
Non mi dispiaceva, dopotutto in treno si viaggiava comodi. Era sufficiente godersi il viaggio, guardando da quello specchio di vetro un po’ appannato dall’umidità delle sette di mattina.  
Quando guardavo i paesaggi di campagna che quel treno rumoroso attraversava, punteggiati di un verde così tenue e delicato, mi chiedevo se ci fossero altre persone che si ritrovavano a fantasticare come me, che pensavano a quanto si è davvero fortunati a viaggiare in treno.  
La signora davanti a me leggeva il giornale, sembrava così assorta che pensai si fosse addormentata con gli occhi aperti. Avrei voluto accertarmi che non fosse così chiamandola per nome o solleticandole il ginocchio, ma c’è differenza tra quello che si può e non si può fare. 
Comunque leggere piaceva molto anche a me, ma quando viaggiavo in treno, non lo facevo mai.  
Tenere gli occhi incollati sulle pagine scritte voleva dire perdersi tutto il resto.  
«Oh, mi scusi».  
Quella voce roca usata per giustificarsi, quel movimento brusco per riprendersi dal sonno inaspettato, mi fecero quasi tenerezza. 
«Oh, non si preoccupi, può tranquillamente riposare, se mi dice la sua fermata, posso svegliarla io».  
«La ringrazio, lei è molto gentile, allora mi riposo un altro pochino».  
Sorrisi alle sue parole, perché pensai a quanto gli anziani siano molto simili ai bambini, desiderosi di attenzioni, di cure e talvolta capricciosi, ma dolci e teneri come lo sono loro. Paradossalmente invecchiando si torna giovani e forse è vero che la vita è un cerchio che poi si chiude.  
In Giappone questa figura geometrica è un simbolo che rappresenta qualcosa di positivo, lo lessi in un libro preso in prestito in biblioteca. Forse in Oriente avevano già capito da tempo che la vita stessa lo è. Un cerchio, intendo. Tutto ha un inizio, ma tutto ritorna alle sue origini in una sorta di equilibrio. In forma diversa, ma pur sempre simile a com’era prima. E questa, evidentemente, è cosa positiva.  
Tornai a guardare il finestrino, non mancava molto alla stazione di Paris Lyon, così decisi di godermi il resto del viaggio in santa pace, ammirando gli immensi campi di grano che scorrevano davanti ai miei occhi come il riflesso di un ricordo.  
“Il treno è arrivato a destinazione: Paris Gare de Lyon”.
La voce ferma e decisa del capotreno che annunciava l’arrivo a destinazione, mi destava ogni volta una sensazione strana, quasi d’emozione, come se fossimo appena giunti in chissà quale posto speciale.  
«Signora, siamo arrivati. Non si dimentichi di prendere la borsa. Buona giornata».
Dopo aver fatto il mio dovere da persona gentile, afferrai il mio borsone ricolmo delle scartoffie di lavoro e mi diressi verso l’uscita, seguendo la fila di persone che affollava il vagone.  
Quando mi ritrovai di fronte allo sportello d’uscita sbirciai attraverso il finestrino per scrutare il cielo all’esterno, ma l’acconciatura voluminosa della signora davanti a me mi impedì di vederlo.  

Sperai nevicasse. A Parigi accadeva spesso, ma io non mi abituavo mai.  

La neve ha qualcosa di magico, qualcosa di dolce. Se la osservi attentamente scopri che quei cerchietti bianchi che cadono dall’alto e che non riesci mai ad afferrare, sono in realtà fiocchi cristallini di ghiaccio all’apparenza delicati, ma nel profondo forti come pochi. Dopotutto, devono impegnarsi tanto per arrivare a terra integri ed evitare di frantumarsi in volo.
Mi avevano sempre affascinato le cose che cadono dall’alto. Come le stelle cadenti in una notte d’estate, le foglie secche degli alberi in una mattina autunnale, i petali dei fiori di ciliegio in primavera e le gocce d’acqua di un temporale in un gelido pomeriggio invernale. In quei momenti, il tempo è come se si fermasse improvvisamente, avvolto da uno strano silenzio, tutti osservano la caducità delle cose, la fragilità della vita, l’istante di un momento che puoi solo ammirare, ma non arrestare.  
Quel giorno il mio desiderio venne esaudito.  

Yuki ga furu
Nevica  

A Parigi nevicò.  
E non so se fosse a causa della neve, ma quella mattina mi pareva diversa dalle altre, eppure presi lo stesso treno, alla stessa ora e con le stesse persone che ogni mattina incontravo nel vagone e che, per educazione, salutavo con un sorriso. Cosa poteva esserci di così diverso da farmi percepire quella mattina come se fosse la prima di una lunga serie? 
Mentre ragionavo su questa strana tensione che sentivo alla bocca dello stomaco come un piccolo nodo attorcigliato, il mio sguardo si fermò in un punto in lontananza, all’improvviso, come un pezzetto di ferro quando viene attratto da una calamita.  
E in quel momento capii perché quella mattina mi apparse tanto diversa.  
Mi bloccai, inevitabilmente, come quando ti ritrovi per la prima volta davanti ad un’opera d’arte del tuo artista preferito, ammirata per anni su un libro della biblioteca un po’ ingiallito, e pensi a quanto sia bella la bellezza, il che è assurdo perché la bellezza non può essere bella, ma quella mattina mi pareva che lo fosse, così feci un’eccezione e restai immobile a guardare quella ragazza dai lineamenti così delicati, ma al tempo stesso così pungenti, che non seppi più come distogliere lo sguardo da quell’immagine.  

Non avevo mai capito cosa ci fosse al principio dell’amore, cosa facesse scattare qualcosa in noi di diverso dal solito. Perché finiamo inevitabilmente attratti da certe persone piuttosto che da altre, perché non possiamo evitare di guardare attentamente, di voler conoscere, di amare una persona? Cos’è che ci lega a qualcuno?
Gli scienziati spiegano l’amore con la matematica, certi che alla base dell’attrazione ci sia una interpretazione chimica e di fatto quando stiamo bene con qualcuno, anche noi lo confermiamo.  
“C’è chimica fra noi”.
La verità è che nessuno può dirlo, perché non si sceglie di chi innamorarsi, accade e basta, forse perché c’è un filo rosso che dalla nascita è legato al nostro mignolo e che ci lega indissolubilmente alla persona a noi destinata.  
Lo chiamano il filo rosso del destino, Unmei no akai ito, un filo talmente stretto, talmente forte che qualsiasi cosa avvenga nelle nostre vite, in qualsiasi tempo o luogo, la persona del nostro destino prima o poi verrà a noi e noi a quella persona. Perché così ha stabilito il destino.  
Lo lessi nello stesso libro in cui trovai il significato del cerchio secondo la cultura giapponese.    

Improvvisamente pensai al mio dovere, al mio lavoro, stavo facendo tardi, ma non c’era niente da fare, i miei occhi erano come immobilizzati. E poi iniziai ad avere paura. Paura di non rivederla mai più, perché la probabilità di incontrarla di nuovo in una stazione di Parigi era uguale alla probabilità di trovare un ago in un pagliaio.  
Così decisi. Volevo sapere il suo nome, mi sarebbe bastato.  
Quella mattina mi ritrovai ad esprimere due desideri, ma erano un po’ troppi da esaudire per una sola persona in così poco tempo.  
Mossi i primi passi verso di lei che, in quel momento, era impegnata a timbrare il suo biglietto.  
«Oh, scusi, le ho fatto male? Non l’avevo vista».
La voce di una ragazzina che mi aveva appena spintonato, mi distrasse dal mio viaggio introspettivo, riportandomi alla realtà.  
«Non preoccuparti, sto bene», le dissi con un tono di voce gentile.  
Mi affrettai a rigirami verso ciò che mi aveva destato stupore fino a qualche secondo prima, ma era troppo tardi. Il mio treno delle occasioni era già partito.
Perché in fondo basta solo un minuto, un istante e tutto può cambiare. Mi sembrò di aver perso qualcosa di importante, qualcosa di prezioso. Quella bella sensazione che avevo provato poco prima nel vederla, svanì improvvisamente e al suo posto si formò un piccolo vuoto colmo di delusione ed amarezza.  
Avrei tanto desiderato avere a portata di mano un orologio che mi riportasse indietro nel tempo, solo per evitare di scontrarmi con quella ragazzina e perdere di vista lei.  
Ma tre desideri erano decisamente troppi.  
Mi diressi verso la biglietteria, guardandomi attorno, ma di quella ragazza non c’era alcuna traccia.  
E così il dovere vinse. Raccolsi la mia borsa e andai a lavoro, come d’altronde facevo tutte le mattine, ma da quel giorno il mio pensiero ogni volta che guardavo il finestrino del treno, era sempre rivolto a lei, alla ragazza del destino.  

Era passato un anno esatto da quella mattina così diversa dalle altre, quando a Parigi nevicò ancora una volta. Quando mi accorsi del primo fiocco di neve caduto dal cielo, improvvisamente mi sentii felice. Alzai lo sguardo in alto e chiusi gli occhi, per assaporarmi quel silenzio che solo la neve sapeva regalare.  
Dovevo timbrare il mio biglietto per tornare a casa dal lavoro, così mi diressi allo sportello della biglietteria, dove poco più in là c’era la macchinetta del ticket.  
Un minuscolo fiocco di neve mi cadde sopra il palmo della mia mano, proprio mentre stavo inserendo nella bocchetta del dispositivo il biglietto di ritorno. 
Guardai quel fiocchetto di ghiaccio trasparente accennando un sorriso, perché la neve mi ricordava lei.  

«Non credi sia meravigliosa la neve?».

Mi voltai al suono di quella voce delicata e calda come la neve e quando guardai negli occhi la persona che mi fece quella domanda intrisa di retorica, realizzai che le probabilità non esistono, che la casualità, in fondo, non è poi così casuale.  
E che cercare un ago in un pagliaio non è impossibile, ci vuole solo un po’ di tempo.  
«È bellissima», risposi.  
La ragazza sorrise alla mia risposta, poi esaudì un mio desiderio di tanto tempo prima.  
Perché forse non era possibile esaudire più di un desiderio al giorno, ma io avevo atteso un anno e questo era più che sufficiente.  
«Miyuki».  
Era quello il suo nome. Miyuki.  

Quando mi spiegò il significato del suo nome mi venne da sorridere perché Miyuki voleva dire “neve bellissima” in giapponese.  
Quella ragazza era caduta nella mia vita proprio come fa un fiocco di neve dall’alto delle nuvole e mi fece notare che al mio mignolo era legato un filo rosso che conduceva al suo.  
Ecco perché mi era sempre piaciuta così tanto.  
La neve, intendo.  
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Shailene_bird