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Autore: Cryblue    29/11/2023    1 recensioni
"Per te le amiche sono amiche, le colleghe sono colleghe e gli uomini sono tutti inutili"
Martina vive tutta la sua vita con questa filosofia, soprattutto ora che questo nuovo lavoro l'ha strappata dal dolore di una difficile rottura. Per lei è un vero disastro quando una RESPONSABILE cessa di essere "solamente" tale e diventa ai suoi occhi una Donna. Si, con la D maiuscola.
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Epilogo
 
È tuo primo turno di lavoro da quando sei tornata a Cagliari, o meglio, la fine del tuo primo turno da quando sei tornata a Cagliari, e sei stata premiata con un fantastico sciopero degli autobus. Non la cosa più simpatica ti potesse capitare dopo questa giornata infinita.
Sospiri, guardi ancora una volta il tabellone degli orari per sperare di aver letto male, ma no, lo sciopero è oggi; guardi viale Marconi per vedere se qualche buon autista si sia ribellato allo sciopero, ma no, nessun ribelle tra le fila della ctm; guardi verso la scatola blu, nella speranza qualcuno sia ancora al lavoro e tu possa elemosinare un passaggio, ma no, nessuna fortuna nemmeno su quel fronte.
Laura sta lavorando in ristorante, Anna aveva una serata romantica e non vuoi essere quel tipo di ex, ora amica, che invade la sua vita e la mette in difficoltà costringendola a scegliere tra te e la nuova ragazza, dunque supponi che affronterai l’ora di camminata che ti separa da casa, nonostante la mortale stanchezza che ti sta logorando anima e corpo.
Speri solo che passare sotto l’asse mediano non comporti la tua morte.
Fai partire red, perché anche se è primavera puoi fingere sia autunno, ti sistemi la giacca di pelle sulle spalle, infili le mani in tasca e inizi a camminare, ripassando mentalmente tutti quelli che sono i tuoi nuovi compiti al lavoro, facendo mente locale su ciò che ti è stato insegnato a Genova dalla pazientissima Giulia e ricordandoti le centinaia di cose che devi controllare domani appena arrivi al lavoro: chi ha fatto i corsi necessari per lavorare al bar; che corsi di aggiornamento occorrono per assecondare le nuove direttive; trovare qualcuno in grado di scrivere in un italiano corretto e comprensibile le procedure per la pulizia delle macchine; fare un breve inventario della stanzina retrobar e…supponi ci sia abbastanza lavoro per riempire le sei ore di lavoro del tuo turno.
Ti sforzi di non chiederti se domani sarai fortunata come oggi nell’evitare lei.
D’altronde non è troppo complicato, ti basta scegliere un computer in una zona non occupata da lei: se lei è nella sala grande tu vai nell’ufficetto, senza farti travolgere dai ricordi, possibilmente, se lei vai nell’ufficetto, beh, viceversa.
Avrai fatto una decina di passi, quando una macchina si ferma accanto a te. Hai un brivido di paura, perché Cagliari sarà anche una città tranquilla e viale Marconi non è mai vuota, ma sei comunque una ragazza sola che si aggira a piedi in una zona della città in cui a piedi non va mai nessuno, dunque sei una situazione di potenziale pericolo.
O forse molto, molto peggio.
La portiera si apre, ma hai riconosciuto la macchina e rimani pietrificata, senza avere il coraggio di incontrare i suoi occhi. Non puoi sopportare ti guardino in modo diverso da come ti hanno guardata il giorno del tuo compleanno e non puoi sopportare ti guardino ancora così. Ti costringi comunque a fermare la musica e sfilare gli auricolari.
“Sali, coraggio. Non vorrai fartela a piedi.” Ride. “Anche se ne saresti perfettamente capace.”
Il suo tono è gentile, quasi dolce, e ti attraversa il corpo come un tè caldo in pieno inverno.
“Ioautobus.” Sicuramente non pensavi di trasformarti in Oriana Fallaci rivolgendole la parola per la prima volta, ma nemmeno di diventare Tarzan. Non credi di esserti mai mangiata così tante parole in una volta prima d’ora, sei quasi ammirata.
“Martina, ho un figlio che va alle superiori, so perfettamente quando c’è sciopero degli autobus. Sali in macchina, per favore.” Le ultime due parole sono pronunciate con una dolcezza tale da non lasciarti altra scelta che sospirare e obbedirle. Dopo tutto, scappare non avrebbe davvero alcun senso ora come ora: hai scelto di salire di livello e di iniziare ad occuparti della parte burocratica del reparto food, significa dover stare negli uffici, dunque condividere con lei lo spazio lavorativo.
Solo quello, se sei abbastanza fortunata, o abile.
Ti siedi, allacci la cintura e cerchi disperatamente di respirare solo con la bocca, per non sentire nessun profumo familiare, non dissoci abbastanza la tua mente da non notare che lei ha qualche attimo di ritardo, prima di inserire la marcia e partire, attimo di ritardo in cui hai sentito i suoi occhi castani su di te.
La cosa ti riempie di rabbia, paura e stanchezza.
“Allora, come è andata a Genova? Caterina ha fatto la stronza?”
Mugugni una risposta affermativa, anche se no, Catarina con te non è mai stata troppo stronza, con gli altri si, con te no. Non sai come mai.
“Penso tu abbia fatto bene a chiedere ad Alex di affidarti completamente il food, la tua mente era sprecata facendo un lavoro puramente manuale, per quanto bene tu lo facessi, ho sempre pensato tu fossi sprecata.”
Stringi il sedile tra le mani, perché non vuoi ti parli con tanta confidenza, non vuoi sentire l’orgoglio nella sua voce, come se tu le appartenessi, come se lei avesse qualche merito a riguardo.
Il suo ruolo è stato quello di distruggerti, di nuovo, e di permettere alla tua mente di credere quando le tue amiche affermavano che meritavi di meglio, e di meglio ti sei presa, almeno lavorativamente parlando.
Eppure devi stringere le labbra per non raccontarle tutto, per non dirle come è andata a Genova o condividere con lei la perenne paura di non essere in grado, di non essere all’altezza, perché la voce di tuo padre è sempre lì nella parte più profonda e antica del tuo cervello che te lo urla in continuazione.
Lei capirebbe.
Ti costringi a guardare fuori dal finestrino e ti accorgi solo ora che non ha preso l’asse mediano ma si sta dirigendo verso il centro.
“Ora ti manca solo prendere la patente e…”
“Non so cosa perché tu creda di avere il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare.” O darti consigli in generale.
Leila sorride, nonostante tu l’abbia aggredita.
“Subito sulla difensiva.”
“Perché non dovrei difendermi da qualcuno che so giudicare male chiunque non sia in grado di cavarsela da solo? Da quel che so, per te comprende anche avere o meno la patente.” E come se non fosse passato un solo istante, ti senti di nuovo una ragazzina immatura al suo fianco.
Pastorellinellini.
Di nuovo, Leila sorride. “Trovo solo ingiusto tuo padre possa toglierti anche questo, Martina. Niente altro.”
Trattieni il respiro, perché no, non te lo aspettavi.
“È una bellissima serata.”
Riesci a sentire una sorta di nervoso celato dietro la falsa nonchalance
“Hai impegni? Devi tornare a casa?”
La guardi, sperando il tuo cervello riesca a capire così cosa ti stia dicendo, o cosa stia succedendo, ma ottenendo l’effetto opposto perché ti sembra più bella di sempre con i capelli sciolti che le incorniciano disordinatamente il volto e la tua sciarpa mollemente avvolta contro il collo.
Vorresti poterla cancellare dalla tua mente, da ogni cellula del tuo corpo.
“No, ma non vorrei nemmeno allungare questo viaggio più del necessario.” Cosa che lei ha già fatto, ma non credi ci sia bisogno di sottolinearlo, ne siete entrambe perfettamente consapevoli.
“D’ora in poi saremo costrette a presenziare alle stesse riunioni e a condividere gli uffici, Martina. Mi sembrerebbe saggio riiniziare in un ambiente neutrale e…senza testimoni indiscreti. Credo sia meglio farlo ai nostri tempi e alle nostre condizioni, se per te non è troppo.”
Non vi è ombra di aggressività nelle sue parole, non sembra volerti forzare a fare qualcosa che non vuoi fare o nella quale non sei a tuo agio, è semplicemente lì, che ti chiede qualcosa che pensa sia il bene di entrambe, e te lo sta chiedendo sinceramente, come se avesse il cuore io mano.
Sei solo una ragazza innamorata, non puoi fare altro che sospirare e sussurrare: “Cosa avevi in mente?”
“Due passi.”
Non sai perché, ma se avesse detto “portarti in albergo ad ore” sarebbe suonato molto, molto, molto meno pericoloso.
Passate il resto del viaggio in silenzio , la radio in sottofondo passa canzoni che non conosci e vorresti con metà di te stessa non fosse così, l’altra metà sta cercando disperatamente qualcosa da dire che non renda questa serata una carneficina, ma non vuoi nemmeno parlare del tempo, non con lei.
Non puoi fare discorsi da sconosciuta con lei.
Continui a far sbattere i tuoi canini fra loro mentre Leila guida per la città con più calma del solito e sembra perfettamente a suo agio nel silenzio che la circonda, ogni tanto picchietta con le dita sul volante, ma solo quando è costretta a fermare la macchina a causa di un semaforo rosso o per far passare un pedone.
Arrivate fino a viale Buoncammino e solo lì parcheggia la macchina, praticamente di fronte all’ex carcere, non sai cosa pensare della scelta della location, ma tutto sommato ti pare un luogo più che consono per la vostra resa dei conti.
Leila aspetta pazientemente tu scenda per prima dalla macchina, poi ti imita, si aggiusta la sciarpa e per un attimo hai l’impressione la stia annusando, non hai il tempo di accertartene (e non sapresti nemmeno come farlo) perché ti indica la strada verso Castello con un sorriso.
“Andiamo?”
Ok non sarà una passeggiata breve, quindi devi assolutamente trovare qualcosa da dirle o diventerai completamente pazza e ti spezzerai i canini.
Stai per infilare le mani in tasca, ma Leila si è avvicinata a te, un pochino troppo per essere una cosa platonica, quindi lasci penzolare le braccia ai lati del tuo corpo in modo a dir poco goffo, ma ogni tanto i dorsi delle vostre mani si sfiorano e sembra voluto e merda, vorresti scappare, ma il tuo corpo sta bramando un qualsiasi contatto con lei dal momento in cui la sua macchina si è fermata accanto a te, e non solo il tuo corpo, se devi essere sincera: lo stanno bramando anche il tuo cuore e la tua anima.
Non esiste modo in cui tu possa smettere di desiderare tutto di questa donna, tutto e ancora di più.
Una stanchezza mortale ti cade addosso e vorresti solo piangere.
Dovrai lavorare con lei, devi farti forza, devi essere forte e smantellare te stessa per eliminare ogni frammento di lei che si è insinuato in te.
Prendi tutto il coraggio di cui sei capace tra le mani e cerchi di chiederle: “Come stai?”
Leila sembra avere un attimo di esitazione, ma poi ti risponde.
“Sto vedendo qualcuno.”
Senti che le ginocchia stanno per cederti ma non puoi permetterti lei lo veda, devi essere una persona adulta e reagire come tale a questa orribile, terrificante informazione. Al sentirle dire che non è stato nulla di tutto quello che credevi ed è già passata al capitolo successivo.
Non che tu non sapessi che prima o poi sarebbe successo, speravi solo fosse molto, molto, molto poi. Stupidamente cerchi consolazione nella possibilità che sia un uomo. Non che questo ti consoli realmente.
“Bene, sono contenta per te. Mi fa piacere. Spero tu sia felice.” Devi stringere i pugni per non girarti e andare via, perché ora sei ad uno sputo da casa e puoi tornare a piedi.
“Martina ma cosa…” la ignori e continui a camminare, fermamente decisa a non mostrarle il tuo volto, non ora, tra venti anni forse, quando sarai riuscita a tornare ad un’espressione normale, ma non ora.
Leila blocca la tua fuga afferrandoti per una mano, cerchi comunque di sfuggirle ma le ti poggia le entrambe mani sulle spalle e sei costretta ad affrontarla e quando vedi la confusione sul suo viso perdi le ultime forze rimaste.
E l’ennesima battaglia contro lei.
“Si può sapere cosa ho detto di così terribile?”
Se vuole che ti umili traducendo a parole quello che è successo, la accontenterai, ormai non ha più importanza. Magari sarà la volta buona che smetterai di essere una perfetta idiota e sarai finalmente così ferita da imparare la lezione e allontanarti da questa donna.
“Stai vendendo qualcuno. Sei andata oltre.” Piccole frasi per mantenere il controllo, sei fiera di te. “Non c’è motivo di parlare mai più di quello che è successo tra noi. D’altronde non ha avuto nessun valore…”
Ti accarezza il viso. “Perché pensi sempre la cosa peggiore di te stessa, Pastorellinettini?”
Senti il tuo volto corrucciarsi, ma lei sorride teneramente.
“Sono sempre più convinta che anche tu dovresti iniziare a vedere qualcuno.”
Apri bocca, pronta per dar fuoco alle polveri, ma lei è più veloce di te.
“Sto andando da uno psicologo, Martina.” Riprende a camminare e tu le corri praticamente dietro perché non stai capendo assolutamente nulla e hai bisogno di capire perché il tuo cuore ha smesso improvvisamente di sanguinare e puoi quasi respirare.
Rimani in silenzio e lasci sia lei a decidere se e come continuare il discorso, anche se stai morendo dal bisogno di sapere cosa sia cambiato in questi mesi, non puoi forzarla ad aprirsi, sai perfettamente che scapperebbe alla velocità della luce.
Leila si passa le mani sul volto più volte e sospira mezza risata.
“Figa perché devi rendere le cose sempre così complicate e semplici per me, Pastorellinellini?”
“Iononstononsocosanonstofacendonulla.”
Sospira. “Certo, non stai facendo nient’altro che essere te stessa e penso il problema sia esattamente quello.”
Non smettete di camminare ma è come se tutto attorno a voi fosse perfettamente immobile.
“Quando ho sentito parlare della tua richiesta di incrementare le tue mansioni e di andare a Genova per me è…è stato un sollievo Martina. È stato un sollievo.” Sospira. “Mi hai nuovamente reso le cose molto semplici: ora era semplice riprendere la mia vita come se nulla fosse, buttarti fuori e fingere tu non ci fossi mai stata.”
Riprendi a sbattere i canini tra loro, infili le mani in tasca, temi di aver anche affossato la testa tra le spalle. Dopo tutte le belle parole dette a casa tua, quando ti ha portato i regali, hai quasi pensato, creduto, di aver fatto una qualsiasi differenza nella sua vita, come se TU potessi fare la differenza nella vita di chicchessia.
Sei una perfetta idiota.
“Ma allo stesso tempo, non è stato semplice per nulla. Smetti di essere sulla difensiva, Martina, te ne prego. Lo so che io lo merito, ma tu no. Smetti di essere sulla difensiva, smetti di pensare di essere una stupida.”
Avete appena passato l’anfiteatro romano, anche se tutto quello che potete vedere è buio, attraversate la strada e la piccola edicola che ti trovi davanti ti riporta a quando eri bambina con una forza tale che ti sembra di esserlo davvero, e rivedi tuo padre che si compra i ceci tostati per sé stesso e ride alla vostra richiesta di avere delle caramelle, un lecca-lecca o una cosa qualunque possano mangiare due bambine. Hai un brivido e non sai nemmeno tu perché, ma i due sentimenti si mescolano e forse sì, forse dovresti vedere qualcuno anche tu.
“Penso che l’unica cosa che possa definire il primo mese della tua assenza sia freddo e molto probabilmente non sarebbe cambiato nulla se qualcuno non mi avesse messo davanti alla realtà, mettendomi davanti a quello che stavo facendo.”
“Qualcuno?”
Sorride innamorata e sai già chi sia quel qualcuno. “Il mio fantastico bambino. È molto intelligente quella piccola merdina, sicuramente più di me.”
“Cosa ti ha….”
In un gesto che non ti aspettavi ti afferra la mano e non pronunci più mezza parola perché è quello che ti sta chiedendo. Non sai come hai fatto a capirlo, ma con quel gesto ti sta chiedendo aiuto, e l’unico modo che hai per aiutarla ora è stare in silenzio, dunque ti limiti a stringerle e scaldarle la gelida mano, sperando lei senta di avere tutto il tuo supporto, e amore, ma quello speri non lo senta ora.
“Ho dovuto ammettere a me stessa di non essere tanto forte quanto credevo, perché la mia forza consisteva solo nell’evitare le situazioni potenzialmente pericolose.” Sospira leggermente più a lungo del normale. “Scappavo.”
Ti salgono le lacrime agli occhi per il semplice motivo che mentre pronuncia quella difficile parola, non ti lascia la mano, rimane lì come se volesse sopporsi al tuo giudizio senza scappare, appunto.
Vorresti farle mille domande, ma sei certa sarebbero tutte inutili.
“Grazie per aver condiviso questa cosa con me.” Credi sia l’unica frase che abbia senso pronunciare ora.
“Figa, come se tu mi avessi lasciato scelta.”
Ti fermi perché sei tanto confusa che ti esplode la testa. Guardi porta di Cristina alle sue spalle nella speranza che Cagliari ti dia la forza o dia un senso a tutto con la sua solida presenza di città medioevale che ha visto sofferenze molto peggiori e complicate di quella che stai vivendo tu ora.
“Continuerò a scappare, probabilmente, ma almeno ora sono consapevole del perché e posso provare a combatterlo e tu, se vuoi, puoi aiutarmi a farlo. Ci sono cose che non credo cambieranno: non imparerò mai a cucinare, capiterà che avrò giornate tanto sgradevoli che tu e Fabry dovrete cercare di non mollarmi a me stessa, ancora non sopporto le coccoe a letto e figa, non riesco a parlare dei miei sentimenti nemmeno ora che da questo dipende il poterti avere di nuovo accanto o no. Ma Martina, ti posso promettere che non smetterò mai di tentare di migliorarmi, che farò tutto il possibile per proteggerti, che ti insegnerò tutto quello che posso, in primis a vedere che donna meravigliosa sei e ad amarti un pochino come…” stringe le labbra e chiude gli occhi, ti attira a sé e poggia la fronte sulla tua. “Forse posso imparare ad esprimere quello che provo, se avrai la pazienza di insegnarmelo.”
Ora sei tu a sbuffare una risata e vorresti dirle si, a tutto, ma sei marchiata a fuoco dalle parole che lei ha pronunciato nella settimana del tuo compleanno quindi stai ferma dove sei, respiri il suo respiro misto al suo profumo e godi del calore del suo corpo così vicino a suo, ma non dici si.
“Quando hai detto che siamo in momenti diversi della nostra vista, non avevi torto.”
“Lo so.”
“Come la…” Si stacca da te e ti poggia un dito sulle labbra, impedendoti di finire la frase. Cerchi di parlare ancora ma lei ti fa segno di stare silenzio, come se stesse cercando di sentire qualcosa, pochi secondi e anche tu senti una sorta di squittio stonato.
“Cosa pensi…”
Non ti lascia la mano e ti trascina con sé alla vostra destra, costeggiando il muro, finché non scorgete uno scatolone ed è subito chiaro il verso provenga da lì.
“Codardi, vili e infami.” È il suo commento appena scorge il piccolo contenuto peloso che cerca disperatamente di uscire da quella trappola di cartone.
Fai per inchinarti per prendere uno dei due gattini tra le mani, ma sei certa che farlo significherebbe non essere più in grado di lasciarlo andare, e non credi di poter sopravvivere ad un’altra separazione.
Leila si inchina sulle gambe e accarezza una testolina bianca con la punta delle dita.
“Forse non ho la forza di prendere un cucciolo di cane, ma magari dei gatti.” Il tuo cuore si ferma e lei si alza in piedi e ti guarda e nei suoi occhi c’è tutto il sollievo del mondo, come se avesse appena trovato la soluzione a tutti i problemi dell’intero universo.
“Mi è impensabile iniziare una convivenza e una relazione con un uomo, ma forse, una donna...” ti prende le mani e poggia ancora la fronte contro la tua. “Fabrizio è una meraviglia, ma spesso mi è impossibile capirlo, e certe volte, mi sembra che parli la tua lingua e magari, se vuoi, potresti magari…non so, aiutarmi?…e poi un giorno…” Avvicina le labbra alle tue. “…forse.”
La baci e mai nessuna parola al mondo ti è sembrata più bella della parola forse.
I gattini piangono con molta più veemenza come se voi stesse perdendo tempo.
“Figa, siete nostri da due minuti e siete già gli animali più cagacazzo che io abbia mai avuto.”
Scoppi a ridere mentre il tuo cuore esplode di gioia per quel nostri, Leila si inchina e prende le due palle di pelo, una per mano, incurante del fatto stiano cercando di morderla e graffiarla, te ne porge una che credi sia grigia, ma non ne sei sicura.
“Hai voglia di tenere questo scatolone in mano fino a Quartu, fermarci alle Vele, prendere due cose per poterli sfamare e ospitare, poi magari il mc per sfamare quella merdina di mio figlio, così poi andiamo a casa, vi presento, ceniamo e…decidiamo cosa fare.”
Non sai se si riferisca ai gatti o ad altro, ma chi sei tu per chiedere o lamentartene?
Annuisci e senti che la tua faccia si sta per aprire in due da quanto stai sorridendo, ma non hai alcuna intenzione di smettere.
Leila ti bacia sulle labbra, sempre tra le lamentele dei cuccioli, sistema nuovamente il suo nella scatola e poi fa lo stesso con il tuo.
“Se tu e Fabry fate i bravi e mangiate tutta la cena, potrei anche lasciarvi scegliere dei nomi assurdi per loro, tipo di quelle cose nerd che piacciono a voi.”
“Ti ricordo che hai chiamato il tuo cane Mayalina!” Ridi e lei ride con te.
“Ed è stato il cane perfetto. Quindi magari scelgo il nome anche per loro così smettono di essere due rompicazzo da competizione.”
Le prendi lo scatolone dalle mani e ti dispiace non poterle tenere più la mano, ma la promessa di quello che questo peso porta tra voi è decisamente più importante.
Mentre percorrete il tragitto di ritorno lei chiama suo figlio per chiedergli cosa voglia per cena e dirgli che ha due sorprese per lui e non sai decifrare se una di suddette sorprese sia tu, ma hai il terrore di scoprire se sia così.
“Leila?”
“Pastorellini?”
“Mi insegni a guidare?”
“Sarà un vero piacere farlo, Martina.”
Esattamente come hai sempre saputo, Leila sa senza bisogno tu le spieghi a parole, e sarà difficile, sarà un casino totale perché lei dovrà imparare a non scappare, ma tu dovrai imparare a non lasciarglielo fare, a non lasciare ti faccia molte altre cose, ma forse, insieme, sarete in grado di affrontare qualunque cosa.
“Se scegli dei bei nomi, potrei anche pensare di concederti le coccole a letto, dopo che abbiamo fatto altro ovviamente, Pastorellini.”
   
 
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