Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |       
Autore: Ederaria    30/11/2023    4 recensioni
Aziraphale e Crowley si trovano a dover affrontare una volta per tutte le conseguenze della loro relazione.
La storia qui narrata è il compimento del mio precedente racconto "La scelta" ed è ambientata due anni dopo quegli avvenimenti
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
N.d.A. Salve a tutt*. Come ho scritto nella descrizione, questo è il degno (almeno: per me) seguito de "La scelta".
Avevo annunciato in apertura de "L'interruttore" che, prima della long conclusiva di questo arco narrativo, avrei pubblicato un'altra slice. Bene: pare io abbia mentito. Ma non volutamente: le intenzioni erano originariamente altre e, in corso d'opera, mi sono ritrovata a dovermi piegare ai dettami della scrittura e dell'ispirazione.
Non escludo affatto di scrivere l'altra slice e pubblicarla in un secondo momento.
Unica avvertenza: i pronomi che userò per i personaggi sono volutamente ambigui e mutevoli (si scivola dal femminile al maschile e viceversa, a un certo punto, che è una bellezza).
Undici capitoli, un capitolo pubblicato ogni notte - as usual.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura.
Ci vediamo alla fine.

______________________________________________________
 
I.
 
Settembre era al fine giunto e l’autunno che, di lì a qualche giorno, avrebbe lasciato indietro un’estate eccessivamente secca, già era in grado di manifestarsi nella temperatura rinfrescata e in qualche saltuaria pioggia torrenziale. Londra si apprestava a rivestirsi dei suoi colori caldi e suadenti; i lunghi viali di Hyde Park sarebbero stati coperti da tappeti di foglie morte che avrebbero spaziato dai toni dell’ocra a diversi tipi di marrone e di rosso; le meravigliose strade interne alla City, come Kynance Mews, avrebbero richiamato orde di coppiette per una passeggiata romantica dal sapore nostalgico verso un’epoca in cui i motori ancora non inquinavano l’atmosfera e il paesaggio sonoro; sarebbero arrivati il BFI London Film Festival e la London Cocktail Week. Insomma: tutta una serie di esperienze sensoriali che sembrava gettassero ombre di attesa nell’aria che già vibrava frizzante e riverberava negli sguardi complici delle persone per strada.
Crowley non poteva esserne più entusiasta. Aveva lasciato Aziraphale nel suo appartamento ed era uscito per qualche commissione veloce, ma si era ben presto riscoperto a perdersi nei suoni e negli odori che la stagione incombente già emanava. La città era un incanto, gli esseri umani particolarmente sorridenti, il traffico meno selvaggio e la vita intera sembrava essere più bella di quanto non fosse mai stata. Forse era lui che proiettava il suo tracotante buon umore nei suoi intorni e, infatti, mentre sbrigava le sue faccende si era persino riscoperto a sorridere da solo come un idiota in risposta allo sguardo curioso di un passante, all’odore del caffè che proveniva dal locale di Nina o alla musica che giungeva dal negozio di Maggie. Certo, non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva, ma era stupidamente felice.
Erano passati un paio d’anni da quando Aziraphale era tornato da lui, per lui, e avevano costruito una vita insieme fatta di dolcissime abitudini e rivendicata indipendenza. Erano quasi sempre insieme, il giorno a Soho e la notte a Mayfair, ma capitava che, alle volte, l’angelo volesse restare in libreria a leggere o a fare il suo inventario, come altre volte capitava che Crowley volesse scappare in campagna o nei pressi di una scogliera per ammirare la vastità incontrollata della natura in solitudine. E allora si separavano per qualche giorno, quasi nemmeno si sentivano, giusto il tempo per far sì che il piacere provato al momento del ricongiungimento esplodesse in ardori maniacali. Erano liberi, profondamente, ed erano in due.
Dopo essere passato in libreria per prendere i testi che Aziraphale gli aveva raccomandato di portargli – che già aveva dichiarato avrebbe sfogliato mentre Crowley dormiva, essendo quest’ultimo affezionato al sonno notturno tanto quanto il compagno perseverava nel reputarlo una perdita di tempo –, aveva fatto un salto all’enoteca lì vicino, ad Archer Street, per ritirare un paio di bottiglie di vino francese che aveva ordinato una settimana prima e, alla fine e non senza qualche dubbio, si era fermato dal suo vivaio di fiducia per acquistare dei fiori. Non li aveva mai comperati in vita sua, prediligeva le piante verdi; ma aveva creduto che ad Aziraphale avrebbe fatto piacere riceverli, così aveva messo da parte ogni tipo di perplessità e si era fatto comporre un mazzo di gigli – e li aveva scelti lui stesso uno ad uno.
Parcheggiò nella via del palazzo in cui risiedeva che già imbruniva. Sceso dalla macchina si stiracchiò emettendo un verso di sollievo; poi aprì il portabagagli ed estrasse la busta di carta con il vino, i due volumi delle Recherche proustiane e il bouquet di fiori. Prima di lasciare la Bentley le diede una sorta di buffetto sul cofano come per dire che, anche quel giorno, era stata una brava macchina e, a grandi passi, varcò il portone.
“Sono tornato!” urlò entrando nell’appartamento.
Il corridoio era buio e né dal salone, né dalla cucina – i due ambienti più prossimi all’ingresso –, giungeva un suono o della luce. Si richiuse la porta alle spalle, premette l’interruttore che accese i faretti sul soffitto; andò a poggiare gli occhiali da sole e le chiavi dell’auto sul tavolinetto in vetro di fianco al divano e, su di esso, lanciò i due libri per Aziraphale.
“Angelo? Ci sei?” chiamò ancora.
“Sono qui!” rispose il compagno in lontananza.
“Qui dove?” chiese Crowley mentre, recatosi in cucina, riponeva le bottiglie di vino nello scaffale vicino al frigorifero. Con uno schiocco di dita fece poi comparire un grosso vaso di cristallo già pieno d’acqua a metà e ci infilò i lunghi gambi dei gigli.
“In bagno!”
“Che ci fai in bagno? Stai facendo una doccia?”, domandò il demone incamminandosi verso di lui.
“Più o meno…”
“Che accidenti significa più o meno? Sto entrando. Ti ho port-” e, aprendo la porta, il demone si bloccò per lo stupore.
Aziraphale lo guardò con un’adorabile espressione da discolo e le sopracciglia di Crowley si arcuarono sensibilmente.
“Sono piuttosto sicuro che quando sono uscito qualche ora fa lì ci fosse una doccia”.
“Lo so, ma avevo troppa voglia di farmi un bagno caldo! Non adirarti con me…” supplicò l’angelo sbattendo le sue lunghe ciglia castane.
Crowley sentì le labbra aprirsi in un sorriso ironico e si andò a inginocchiare accanto alla neonata vasca da bagno. Mise le mani sui bordi e si allungò per baciare le labbra di Aziraphale.
“Non eravamo d’accordo che non avresti apportato nessun cambiamento radicale al mio mobilio?”
“Sì, lo so. La farò sparire non appena avrò finito” rispose malinconicamente l’angelo.
“Ti sei proprio messo comodo…” aggiunse Crowley riferendosi alla mezza dozzina di candele profumate che stendevano ombre traballanti lungo le superfici di un ambiente che era miracolosamente divenuto caldo e accogliente. Dopotutto, era quello che Aziraphale faceva meglio: col suo passaggio era in grado di compromettere l’atmosfera precipua dei luoghi. Da quando abitavano insieme, infatti, l’appartamento aveva perso la sua glacialità chirurgica e non solo a causa di piccole leziosità diffuse per la casa (quelle candele aromatiche, tanto per cominciare, ma pure il telo colorato e dai bordi sfrangiati che giaceva sul fu austero divano in pelle nera o le boccette vintage in vetro bombato e intarsiato di prodotti per la toeletta che sormontavano il ripiano sotto lo specchio del bagno), ma anche e soprattutto per la sua semplice presenza: l’impronta della sua pelle emanava un profumo zuccherino, tra la vaniglia e il miele, che ormai aveva impregnato ogni superficie; il suo corpo sembrava irradiare una luce morbida che andava a contrastare quella fredda e asettica delle lampadine al led; il suono dei suoi passi o della sua voce riempiva le stanze di una musica antica.
“Beh, potresti raggiungermi”, suggerì in modo falsamente innocente Aziraphale roteando un poco le mani nell’acqua favorendo minuscole increspature che andarono a frangersi sul suo corpo soffice, “consentimi di perorare la causa di questa vasca, offre delle possibilità che non sono sicuro tu ancora riesca a vedere. Lascia che io te le mostri…”
Crowley farfugliò qualcosa di incomprensibile. Aziraphale gli si avvicinò col busto e poggiò le labbra sul serpente che il demone aveva tatuato in viso.
“Non vorrai mica che io ti preghi…” gli sussurrò all’orecchio con voce suadente.
Crowley strizzò gli occhi e arricciò le labbra; poi si alzò e cominciò a sbottonarsi la camicia.
Un tonfo sordo alla porta fece trasalire entrambi.
“Aspetti qualcuno, angelo?” chiese confuso il demone.
“Assolutamente no. Chi dovrei aspettare, scusa?”
Altri colpi furenti provennero dall’ingresso.
“Se io sono qui e tu anche, lo sai che cosa significa?” domandò Crowley riallacciando quei quattro bottoni che aveva liberato un secondo prima dalle asole.
“Guai” rispose in un sospiro affranto Aziraphale.
“Guai” rimarcò il demone.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Ederaria