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Autore: Kikiletoway    30/11/2023    1 recensioni
Chiunque, dal Principe di Pentos al semplice contadino nell’Altopiano, sapeva che Re Viserys aveva fatto sposare il suo secondogenito maschio col suo secondo nipote in un ultimo tentativo di ricucire la vociferata frattura tra le due fazioni in conflitto della sua famiglia.
 
I pettegolezzi suggerirebbero che i due principi si odino a vicenda e che il matrimonio non avesse fatto nulla per cambiare tale circostanza.
 
È esattamente per quel motivo che uno dei misteri più inafferrabili nell’intero mondo conosciuto rimane il come abbia fatto un’unione così volubile a generare così tanti figli.
 

 
Costretti in un matrimonio che nessuno dei due voleva o si aspettava, Aemond e Lucerys dovranno esplorare i dolori del crescere, dell’innamorarsi, del matrimonio e del diventare genitori — anche se non necessariamente in quell’ordine.
 
Aemond/Lucerys.
Tags: Kid Fic, Molteplici POV, Matrimonio Combinato, mpreg, incesto zio/nipote, il canon è un misto: ha parti sia dello show HOTD sia del libro Fire and Blood, Nessuna Danza dei Draghi tra Aegon II e Rhaenyra!
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aemond Targaryen, Alicent Hightower, Jacaerys Velaryon, Lucerys Velaryon, Rhaenyra Targaryen
Note: Traduzione | Avvertimenti: Incest, Mpreg
Capitoli:
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Messaggio di Corviids per questo capitolo: “Buona festa della mamma, Luke. Mi dispiace, lol.”
 
Corviids aveva infatti pubblicato questo capitolo il giorno della festa della mamma, e una volta che l’avrete letto capirete perché la cosa sia ironica (e un po' perfida lol).
 
La prima parte del capitolo è un flashback che risale a quando Luke si stava riprendendo dall’essere stato avvelenato insieme a Naerys. Buona lettura!
 
 
 
 
 
 
 
 
 


C’erano voluti tre mesi, dopo l’attacco contro Luke e la loro figlia femmina più piccola, per far sì che il marito di Aemond mangiasse una qualsiasi quantità di cibo senza che le mani gli tremassero nel farlo.
 
 
Non importava se fossero delle bacche appena colte dai cespugli che lo stesso Luke aveva piantato mentre portava ancora in grembo Naerys, o del pane impastato dalle sue stesse mani, Luke guardava il cibo non come se fosse del sostentamento, ma come una sfida da superare. Nemmeno l’aver ingaggiato degli assaggiatori aveva fermato Luke dal guardare i propri pasti come se fossero lo stesso veleno che gli era scorso nelle vene. 
 
 
“Vuoi lasciarti deperire, marito?” Aemond gli chiede una sera, mentre Lucerys spiluccava il proprio pasto con dei polsi troppo sottili e degli occhi fin troppo arrabbiati per il suo viso morbido. “Non ti fai alcun favore negando al tuo corpo ciò di cui ha bisogno. Recupera la tua forza prima che i bambini si preoccupino ancora di più.” 
 
 
L’espressione di Luke diventa solo più tempestosa. “Perché non dovrei lasciarmi deperire? Non è quello che mi merito? Che… che razza di madre sono, Aemond? Una madre che ha lasciato che la sua stessa figlia fosse,” Prende un respiro tremolante, con le mani che tremano intorno alla forchetta. “Fosse avvelenata, e non posso nemmeno farle l’onore di darle giustizia. Potrò anche averli partoriti, ma non sono una madre, sono patetico.” Il suo respiro si fa più leggero, con dei polmoni disperati di avere aria, mentre il suo petto si muove rapidamente. 
 
 
Nonostante la sua personalità dal cuore fragile, Lucerys non piange facilmente. Aemond poteva contare il numero di volte in cui aveva visto quel ragazzo in lacrime con una sola mano: dei singhiozzi mentre consumavano un matrimonio che nessuno di loro due voleva, delle lacrime di gioia e di confusione mentre loro figlio gli veniva messo per la prima volta tra le braccia — delle grida disperate quando aveva scoperto che Naerys non avrebbe mai potuto vedere il mondo intorno a lei, crescendo. 
 
 
Senza dubbio, c’erano state delle altre occasioni in cui aveva pianto, senza che Aemond fosse presente a farne da testimone, ma Luke era sempre stato esitante a mostrare troppe emozioni intorno a lui. Per la prima volta, Aemond sente una specie di vergogna per quel fatto; spetta a lui la responsabilità di occuparsi di Luke — suo marito e l’uomo che aveva il compito di proteggere lui e la loro prole. Eppure Aemond non può fare altro se non starsene a guardare mentre il respiro irregolare di Luke muta in dei lamenti e poi in dei singhiozzi, senza avere nemmeno la minima idea di cosa fare. 
 
 
Le spalle di Luke tremano mentre si sporge in avanti, con la faccia tra le mani e dei singhiozzi che lo scuotono nel profondo. “Non riuscivo a sopportarlo, Aemond. Se dovesse succedere qualcosa ai bambini — ai nostri figli. Io,” Le mani gli si stringono a pugno contro il viso, le unghie affondano nella pelle morbida e nei ricci dei suoi capelli. “Preferirei morire.” 
 
 
Aemond può solo guardare mentre suo nipote si fa prendere da una crisi isterica. È doloroso vedere un ragazzo che da tanto tempo si era cementato nelle mente di Aemond come infuriante, ma splendidamente incrollabile, diventare così fragile — così spaventato e fuori di sé. In quello che gli sembra un attimo, gli anni passati a rafforzare la loro unione sono stati vanificati. È andato tutto a rotoli perché Aemond aveva fallito nel proteggere la sua famiglia. Aveva fallito nel proteggere Luke. 
 
 
Lui si sporge oltre il tavolo per prendere la mano di Luke nella sua, e qualcosa dentro di Aemond si scuote quando suo nipote sussulta a quel contatto. 
 
 
“Nessuno ti farà del male, Luke.” Lucerys finalmente lo guarda. Le promesse non sono niente senza delle azioni, ma Aemond prega che la sua espressione trasmetta la sua convinzione. “Finché avrò vita, verrò in tuo aiuto e in aiuto dei nostri figli. Giuro di proteggerti — sempre.” 
 
 
Luke lo osserva con degli occhi tristi. “Non promettermi cose che entrambi sappiamo essere impossibili in questa vita.” Suo nipote gli stringe la mano, gentile e ancorante. “Non ho bisogno che tu faccia qualcosa per me, Aemond. Ho solo bisogno che tu sia con me.”
 
 
 

 
 
 
Nonostante sia notte fonda, la Fortezza Rossa è in piena vita, ma tutto ciò che Aemond riesce a sentire è l’afflusso di sangue nelle proprie orecchie. Ai piedi hanno delle pantofole che sono silenziose paragonate ai pesanti stivali del cavaliere, mentre camminano con passo felpato sui lucidi pavimenti del castello. 
 
 
Nessuno di loro due parla — non c’è niente da dire. 
 
 
Aemond non ha bisogno di ascoltare Luke per conoscere la sua preoccupazione. 
 
 
Nei corridoi scende il silenzio mentre ci camminano, i servitori e i membri della corte destati si zittiscono alla vista di Aemond che si muove come se sia sul piede di guerra. L’aria gli sembra gelida contro la pelle, non aiutata per niente dal fatto che Aemond ha avuto a malapena il tempo di mettersi addosso una leggera vestaglia sui suoi pantaloni del pigiama, e di afferrare la propria spada, prima di essere tirato via dal letto. Luke non se l’è cavata tanto meglio, la sua figura già snella è inghiottita dalla camicia da notte e dalla vestaglia che si è messo addosso. Scendono giù per una rampa di scale e un senso di familiarità inizia a farsi sentire nelle viscere di Aemond. Lui era stato cresciuto tra queste mura — conosceva la disposizione della Fortezza Rossa meglio di quanto potrebbe mai conoscerla qualsiasi spia o cacciatore di topi. Il cavaliere li guida verso delle stanze non in uso, ed entrambi si fermano. 
 
 
Aemond sente sua figlia prima di vederla. Dalla porta di un salottino fuoriesce del rumore che arriva fino al corridoio, ma lui riesce a distinguere i quieti lamenti della piccola anche sotto un mare di sibili e grida. 
 
 
Luke si precipita in quella direzione prima che Aemond abbia la possibilità di fermarlo. 
 
 
La scena che lo accoglie quando entrano nella stanza è di totale caos. Sembra che ogni membro della loro famiglia sia presente, tutti ancora vestiti nei loro abiti da notte, ma in vari gradi di disordine. One-Eye tintinna contro il fianco di Aemond mentre lui entra nella stanza, e improvvisamente tutti gli occhi sono su di lui. 
 
 
Può vedere Naerys e Saera tenute strette dal suo nipote più grande, i loro piccoli visini pallidi sono afflitti e pieni di lacrime quando gli occhi di Saera alla fine lo trovano. 
 
 
C’è del sangue che le macchia la guancia — un taglio abbastanza profondo da farle colare del rosso fino alla mascella e, tutto d’un colpo, Aemond è fuori di sé. È come se lui sia di nuovo un bambino appena accecato che guardava gli adulti intorno a lui gridare e litigare mentre il suo viso pulsava dal dolore e il suo cuore tuonava dalla rabbia. L’afflusso di sangue nelle sue orecchie ruggisce ancora di più quando Saera rilascia un singhiozzo nel vederlo e Naerys si dibatte confusa. 
 
 
“Giù le mani da mia figlia,” Aemond ribolle di rabbia, la mano gli vola subito ad afferrare l’impugnatura della sua spada. “Adesso.”
 
 
Jacaerys si fa da parte immediatamente, alzando subito le mani per far vedere di non avere cattive intenzioni, ma ad Aemond non importa, è troppo concentrato sul marciare in avanti e prendere a sé le bambine in pena che gli si buttano tra le braccia. Saera gli si aggrappa addosso con un singhiozzo, affondando la testolina nel collo di Aemond quando lui si inginocchia per stringerle al proprio petto. Entrambe tremano tra le sue braccia, i loro capelli arruffati sono un totale disastro. Con suo sommo sollievo, dopo averle osservate bene, vede che è solo Saera ad essere sporca di sangue. Naerys si sta solo dondolando avanti e indietro, chiaramente altrettanto spaventata e confusa mentre stringe il materiale della vestaglia di Aemond. 
 
 
“Che è successo, tala (figlia)?” Aemond prova a guardare sua figlia, ma Saera si limita a scuotere la testa, le lacrime della piccola gli bagnano il collo. Lui si guarda intorno per la stanza e si blocca quando vede il figlio maschio più piccolo di suo zio e della sua sorellastra, Viserys, seduto appoggiato al muro col resto della sua famiglia, mentre un maestro si prende cura di una ferita piuttosto cruenta sulla spalla del ragazzino. Daemon sembra infuriato, ma Rhaenyra ha un’espressione terrorizzata, con gli occhi focalizzati non sul proprio figlio, ma verso l’altra parte della stanza. 
 
 
Saera gli piagnucola tra le braccia ed è come se dell’acqua gelata sia stata versata sulla testa di Aemond. “Saera, dov’è tuo fratello?” 
 
 
La risposta arriva sotto forma di un urlo. Un suono così gutturale, le uniche volte che Aemond l’aveva mai sentito era stato quando Valerion era venuto al mondo e quando la vista di Naerys era stata rubata al mondo. Luke è ricurvo sul piccolo corpicino raggrinzito di loro figlio — il materiale della sua camicia da notte si sta sporcando col sangue che si sta allargando intorno alla testa di Aenys. La Regina è inginocchiata accanto ai due e quando lei lancia un’occhiata dalle proprie spalle, gli sguardi di Aemond e di sua madre si incrociano. Lei ha sul volto un’espressione familiare — la stessa che aveva in volto tanti anni fa quando aveva impugnato una daga contro quello che adesso è il marito di Aemond. 
 
 
“Aenys.” Luke singhiozza, con le mani che stringono il viso fiacco di loro figlio. “Che c’è che non va col mio bambino? Perché sta sanguinando — che è successo?” Aemond incespica, le sue figlie gli sono ancora aggrappate addosso. “Aemond, perché lui non si sveglia?” Luke non alza lo sguardo su di lui, ma Aemond può vedere quanto il corpo di suo marito stia pesantemente tremando. Aenys è completamente immobile, steso sul pavimento. È quasi come se stia dormendo. 
 
 
“Principe Lucerys,” Maestro Orwyle è in ginocchio accanto al nipote di Aemond e a sua madre. “Se per favore tu riuscissi a calmarti —“
 
 
Non dirmi di calmarmi!” Luke grida, infuriato. “Esigo sapere perché mio figlio sta sanguinando e non si sveglia!” 
 
 
Alicent allunga velocemente un braccio, poggiando una mano sulla spalla di Luke. Luke sobbalza per via di quel contatto improvviso, alzando lo sguardo con un aspetto quasi selvaggio. “Aenys respira ancora, Principe Lucerys — ti prego, lascia che il maestro si prenda cura di lui.” 
 
 
Luke guarda Alicent e poi Aemond. Il suo viso è striato di lacrime, terrorizzato e confuso quanto le loro figlie che gli stanno ancora aggrappate addosso. “Aemond, lui non si sveglia. Nostro figlio — Aenys, lui è —“ Il respiro gli diventa rapido, le sue mani sporche di sangue stanno ancora stringendo il pallido viso di Aenys. “Aemond,” La voce di Luke si rompe in un singhiozzo. 
 
 
Maestro Orwyle posiziona la testa di Aenys sopra un cuscino preso dal divano, iniziando a spingere via i capelli insanguinati del bambino. 
 
 
“Chi è stato?” La voce di Aemond non è nulla più di un sussurro. La prole di Rhaenyra è riunita in un atteggiamento quasi protettivo intorno al giovane Viserys, ed Helaena sta tenendo i propri figli stretti a sé. Lui non aveva notato la loro presenza fino ad ora, ma Jaehaerys se ne sta aggrappato alla propria madre con l’espressione di chi sta per sentirsi male. 
 
 
E c’è del sangue che gli macchia gli stivali. 
 
 
“Chi cazzo si è azzardato a mettere le mani addosso ai miei bambini?” Jaehaerys e Viserys sobbalzano entrambi quando sentono il boato della sua voce, e Aemond perde la testa. È solo il braccio di suo nonno che scatta per trattenerlo che ferma Aemond dall’attaccare i due ragazzini, incurante di Daemon e Sorella Oscura. 
 
 
Rhaenyra, che non è mai stata capace di starsene zitta, si azzarda a parlare. “Anche mio figlio è ferito. Perché mi sono svegliata trovando il mio figlio maschio più piccolo con una daga nella spalla?” 
 
 
Aemond non riesce ad evitare di deriderla. “Mio figlio è privo di sensi e sta sanguinando, e le mie figlie sono terrorizzate — tuo figlio può rispondere di questo?” 
 
 
Daemon si fa avanti, trucidandolo con lo sguardo, eppure Aemond non prova alcuna paura nel ricambiare quell’occhiataccia. Daemon è un uomo inquietante paragonato al re, ma Aemond aveva combattuto in battaglia tanto quanto suo zio aveva fatto un tempo. Tralasciando gli onori di guerra, Daemon non è diverso da un cane al guinzaglio; senza terre o un titolo, l’unico scopo di quell’uomo è scodinzolare ai piedi di quelli che invece ce li hanno e che erano tutto ciò che lui bramava essere.
 
 
Solamente i piccoli lamenti di Saera risvegliano Aemond dalla sua sete di sangue, la sua attenzione torna in modo riluttante alla sua figlia scossa. 
 
 
“Raccontaci cos’è successo, Saera.” Saera scuote la testa, chiudendo gli occhi con forza. Aemond serra la mascella e prende un profondo respiro. 
 
 
Si rifiuta di indirizzare la propria rabbia verso la sua figlia già spaventata. 
 
 
“Devi farlo. Ho bisogno di sapere cos’è successo a tuo fratello per poter risolvere la situazione.” Aemond cerca di addolcire il più possibile la propria voce, ma lui non è mai stato bravo coi bambini quanto Luke. L’essere un genitore sembra una cosa goffa su di lui — come indossare un paio di stivali della misura sbagliata, ma rifiutando di toglierseli nella speranza che un giorno calzino bene. Lui non è gentile e tenero come suo nipote. Lui non aveva portato i loro bambini in grembo per nove mesi per poi allattarli al proprio seno. 
 
 
Fare un figlio non rendeva automaticamente un uomo un padre, lo stesso padre di Aemond è abbastanza prova di ciò. Essere un padre significa proteggere i bambini che si è fatto venire al mondo, e anche in quello Aemond ha fallito. 
 
 
Saera alza lo sguardo su di lui con degli occhi dello stesso colore del suo, ma fin troppo simili a quelli di Luke. 
 
 
“Mi dispiace, Kēpa (papà).” Saera piagnucola, indicando qualcosa dall’altra parte della stanza, verso la principale fonte di luce. Il camino è ancora acceso e, nelle fiamme, Aemond riesce a distinguere due oggetti: uno scuro come il carbone e l’altro di un oro scintillante. 
 
 
Uova di drago. 
 
 
“Volevo solo aiutarli ad avere i loro draghi.” 
 
 
 

 
 
 
Aenys si sveglia in un modo non insolito: Saera gli strattona i corti capelli dallo scalpo, tirando fino a quando lui non si sveglia sbattendo le palpebre, costretto a colpirle la mano con un sibilo per farla smettere. È qualcosa che lei ha sempre fatto — pizzicargli la guancia o tirargli un orecchio quando voleva dell’attenzione, rifiutando di fermarsi fino a quando non aveva ottenuto ciò che voleva. Muña (mamma) diceva che era semplicemente la natura di Saera; quando erano nati, sua sorella si era spinta in avanti così da poter venire al mondo per prima. A Saera piace ottenere ciò che vuole, costringendosi a fare di tutto per riuscirci, invece di rinunciarci. 
 
 
Il Conquistatore in persona avrebbe probabilmente finito per prostrarsi a lei, dopo solo qualche momento passato in presenza di Saera.
 
 
Idana (gemello),” Saera sussurra a voce un po' troppo alta. Aenys riesce a distinguere solo leggermente la sagoma della sua gemella nella debole luce di candela, ed è abbastanza buio da fargli sapere che è troppo presto e che loro non dovrebbero essere svegli. La sua gemella gli tira di nuovo i capelli e Aenys sibila, allungando una mano per spingerla fino a quando lei non ricade sul letto con un tonfo. Saera si dimena per un breve istante prima di raddrizzarsi. “Avanti, Nene — Muña e Kēpa stanno dormendo, ma non abbiamo molto tempo.” 
 
 
La sua gemella gattona oltre lui per scuotere Naerys, e la loro sorellina si sveglia, confusa. Saera torna velocemente in piedi, lanciando degli abiti verso le loro teste. Ugualmente confusa quanto lo è lui, Naerys lo afferra, ed Aenys, senza pensarci, mette addosso alla sua sorellina l’accappatoio blu colomba della bambina, sopra la sua vestaglia frivola. 
 
 
“Tempo per cosa?” Aenys chiede, aiutando Naerys a scendere dal letto e a mettere i piedi per terra. Saera rovista dentro uno dei bauli portati da Summerhall, alla ricerca di qualcosa, scoppiando in una risata vittoriosa quando lo trova. Gli oggetti in questione sono grossi e abbastanza pesanti da fare in modo che Saera faccia fatica a tenerli in mano. Qualcosa di dorato le luccica tra le braccia, e del timore e dell’irritazione sfrecciano immediatamente dentro Aenys. “Che hai portato, Saera?” 
 
 
Sua sorella si volta per fronteggiarlo con un ampio sorrisetto felino. “Quale posto migliore per far schiudere il tuo uovo se non nella casa dei nostri antenati.” 
 
 
L’uovo di Aenys brilla di un blu scuro tra le braccia di Saera. Il suo uovo non è molto diverso da quello da cui il drago di Saera, Rainweaver, era nato — entrambe le uova erano state selezionate da una nidiata che Dreamfyre aveva covato dopo che i loro genitori si erano sposati. Ma a differenza di Saera, che aveva fatto schiudere il suo uovo quando aveva solo qualche mese di vita, Aenys non ha mai visto il proprio drago emergere dal suo guscio color zaffiro. Lui non era il primo Targaryen a non far schiudere un drago, e non sarebbe stato l’ultimo. Il suo stesso padre non aveva mai fatto schiudere un uovo. 
 
 
Ma ciò non rendeva quel diniego meno amaro da digerire. 
 
 
Di solito, il suo uovo era tenuto al sicuro nella sua camera da letto, più come una luccicante decorazione che come casa di un drago non nato, proprio come per l’uovo dorato di Naerys. Aenys non ha la minima idea di come Saera sia riuscita a trasportare di nascosto dei tesori così preziosi da Summerhall senza essere scoperta, ma non è del tutto sorpreso che ci sia riuscita. 
 
 
“Roccia del Drago è la casa ancestrale dei nostri antenati, stupida testa vuota.” Aenys afferra la mano di Naerys e la guida verso Saera. “A meno che tu non stia pianificando di usare il vino di Zio Aegon per farle schiudere, non capisco cosa dovrebbe cambiare il fatto che siamo qui.” 
 
 
Saera alza gli occhi al cielo, incamminandosi verso un grosso arazzo accanto al camino. Si tratta di un arazzo molto avvincente che mostra il Conquistatore che lotta al fianco di Visenya e il drago di suo padre, Vhagar. Saera strattona il tessuto dell’arazzo di lato, rivelando quello che sembra uno stretto passaggio. Una qualche specie di corridoio segreto.
 
 
“Come… come l’hai trovato? Siamo qui da così poco tempo.” Saera ha un aspetto compiaciuto quando gli lancia un’occhiata da sopra la spalla.
 
 
“Quelle domestiche irritanti mi stavano sistemando i capelli prima, e ho notato l’arazzo muoversi verso l’interno. Non è stato molto difficile fare due più due.” Detto quello, Saera scompare nel passaggio ed Aenys si affretta a seguirla, tenendo Naerys per mano. Il corridoio è umido e stretto, ma le loro piccole stature non rendono troppo complicato il passarci dentro. Saera naviga quell’oscurità con della sicurezza impareggiabile, ed Aenys non riesce a spiegarsi come lei sia, all’apparenza, così familiare coi passaggi segreti di un castello in cui avevano vissuto solo da neonati.
 
 
Naerys tira su col naso dietro di lui, lo starnuto della piccola riecheggia intorno a loro. “Ho paura.” Lei si lamenta. “Voglio tornare a casa.” Aenys dà una piccola stretta gentile alla mano della sua sorellina. 
 
 
“Stiamo per farti avere un drago, Nae. Non vuoi avere un drago come il resto di noi?” Saera grida da dove si trova avanti a loro.
 
 
“Non voglio un drago, voglio Kēpa.” La bambina strilla. “Fa freddo e ho paura.” Sembra che Naerys sia sull’orlo delle lacrime. La loro sorellina cieca diventa sempre irrequieta quand’è lontana da casa. Anche andare in piccole gite nei boschi è abbastanza da farla diventare irritabile. Si aggrappava sempre a loro padre, presa dall’angoscia, fino a quando loro padre inevitabilmente cedeva e la riportava nella fortezza. A differenza di Saera, però, Aenys non riesce proprio a farsi prendere troppo dalla frustrazione con Naerys — lei è una bambina dolce, ma delicata, ed è un libro aperto quando si tratta delle proprie emozioni. 
 
 
“Non piangere, Nae. Siamo già qui.” Con quello, Saera incespica nell’uscita. Aenys fa attenzione nel guidare Naerys fuori dallo spazio scavato nel muro e dentro quella che pare essere una stanza vuota. Sembra identica ad ogni altra stanza, anche se tutta la mobilia è coperta da delle leggere lenzuola di lino. Aenys ne pizzica una e fa una smorfia quando la polvere riempie l’aria. Naerys gli si avvicina ancora di più, mentre Saera si affretta ad avvicinarsi al camino acceso, iniziando a sistemare le uova. 
 
 
Il blu dell’uovo di Aenys splende nella luce del fuoco, e lui si ferma, camminando verso la sua gemella.
 
 
“Saera,” Sua sorella fa un verso come risposta, senza guardarlo. “Quando hai acceso il fuoco in questo camino?”
 
 
Saera si ferma di colpo. “Oh… io… io non-“ 
 
 
“Non l’ha fatto lei.” Dice una voce alle loro spalle, e Naerys si stringe immediatamente ancora di più ad Aenys. 
 
 
Jaehaerys se ne sta seduto accanto alla porta chiusa della camera, silenzioso e con un libro tra le mani. Aenys riesce a vedere il dito in eccesso di suo cugino disteso sulla copertina del libro, e rabbrividisce alla vista di quell’estremità in più. Jaehaerys osserva le sue sorelle, ma qualcosa in quello sguardo fa avere ad Aenys un’orribile sensazione alla bocca dello stomaco. Senza pensarci, Aenys si spinge la sua sorellina così vicino che praticamente la piccola viene nascosta dentro la vestaglia sopra il suo pigiama. 
 
 
“Perchè sei qui, Cugino?” Aenys chiede, cercando di fare del suo meglio per non far vacillare la voce. La loro muña li incoraggiava sempre ad essere gentili con gli altri membri della loro famiglia, ma Aenys aveva passato abbastanza tempo nei salottini dei suoi genitori da sapere che le parole che predicavano a lui e ai suoi fratelli non erano ciò che loro credevano per davvero. Sa che suo padre prova una forte avversione per il nonno di Aenys, mentre la sua muña non prova molto affetto per lo Zio Aegon. 
 
 
Jaehaerys richiude il proprio libro, posandolo di lato per alzarsi e appoggiarsi contro il muro a braccia conserte. “Sono io quello che vive dentro questo castello, Cugino. Posso stare dove mi pare.” Suo cugino sbuffa, i suoi spettinati capelli biondi, di una sfumatura così simile a quelli di Aenys, gli vanno negli occhi. “E Jaehaera è una stupida che si agita nel sonno, ma la nonna insiste col dire che devo condividere le mie stanze con lei come se fossimo ancora dei neonati.” 
 
 
Quell’insulto così casuale verso sua cugina fa accigliare Aenys. Jaehaera è strana, quello lo può ammettere anche lui — lei parla soltanto con la propria madre o col loro nonno, e aveva evitato anche solo di guardare Aenys quando l’aveva invitata a ballare a cena, ma lei sembrava semplicemente timida. Non gli piace il modo in cui Jaehaerys ha parlato della sua stessa gemella. Aenys prendeva in giro la propria sorella, ma non riesce proprio ad immaginarsi di parlare mai in modo così… indifferente riguardo Saera. 
 
 
“Ti lamenti troppo, Cugino.” Aenys sobbalza dalla sorpresa, voltandosi per vedere Viserys entrare da uno spiraglio della porta un tempo chiusa. “Forse è per questo che vieni ancora battuto da dei ragazzini nel cortile d’addestramento.” Jaehaerys sbuffa dal naso, ma Saera ridacchia dietro la propria mano, con gli occhi fissi su loro zio, mentre lui entra a grandi passi nella stanza. Anche Viserys sta cullando un uovo di drago tra le braccia, un uovo di un colore rosso scuro. 
 
 
Aenys apre la bocca per chiedere cosa stia succedendo, ma Viserys gli risponde prima che possa farlo. “Ho portato l’uovo come mi hai detto tu, Saera. Mio padre continuava a domandarmi perché lo stessi portando ad Approdo del Re e ho dovuto mentire, quindi spero che tu sappia cosa stai facendo.” Viserys passa l’uovo a Saera, che annuisce con la testa in modo certo. Quell’orribile sensazione alla bocca dello stomaco di Aenys torna quando Naerys emette un suono confuso che diventa uno sbadiglio. 
 
 
“Saera, che stai combinando?” Sua sorella prende in mano una delle uova e si allunga come per mettere le proprie mani nel fuoco, ma Aenys la allontana velocemente dalle fiamme. 
 
 
Saera grugnisce, spingendolo via. “Smettila, Aenys! Ho letto in uno dei libri di nostro padre di questo — bisogna scaldare parecchio le uova per fare in modo che si schiudano dopo tutto questo tempo.” 
 
 
Jaehaerys sbuffa dal naso alle loro spalle. “Quelle storie non sono altro se non vecchie credenze sciocche provenienti da Valyria. Tutti sanno che le uova di drago non diventano altro che delle rocce luccicanti dopo un paio di anni.” Suo cugino si volta per guardare Viserys. “Non sei un po’ troppo grande per startene ad implorare la tua nipotina di farti avere un drago? Arrenditi e basta — forse, semplicemente, non sei degno di averne uno.” 
 
 
I due ragazzini più grandi si trucidano con lo sguardo, e Naerys piagnucola contro il fianco di Aenys.
 
 
“Sono più Targaryen di quanto tu non sarai mai, brutto mostro deforme con sei dita. Forse mi limiterò a rivendicare Vermithor e gli darò in pasto quella piccola lucertola che chiami drago.” 
 
 
Saera annuisce con la testa, folgorata dalla tensione crescente. “Mio padre aveva rivendicato Vhagar quando era un bambino!” Lei aggiunge. Viserys sorride in modo ampio, ma Jaehaerys abbassa lo sguardo su Saera con un’espressione cattiva. 
 
 
“Sì, al costo di un occhio e della sua libertà dati via a un bastardo.” 
 
 
La confusione sommerge Aenys. I loro genitori non parlano mai dell’occhio mancante di suo padre, e loro non hanno mai sentito il bisogno di chiedere. Muña spesso passava le dita sul viso sfregiato del padre di Aenys quando parlavano, gentile nello stesso modo confortante con cui accarezzava Aenys quando lui si sbucciava un ginocchio nel cortile d’addestramento, o quando Saera si pungeva un dito con un ago. Qualsiasi incidente abbia portato via l’occhio a suo padre dev’essere stato doloroso, perché Aenys spesso vedeva suo padre massaggiarsi la cicatrice come se fosse irritata. 
 
 
Alcuni dei domestici chiamavano suo padre “One-Eye” quando pensavano che Aenys non potesse sentire; è lo stesso nome della spada d’acciaio di Valyria di Summerhall, quindi lui può solo dare per scontato che a suo padre non dia fastidio quel nomignolo. Anche se non lo direbbe mai ad alta voce, Aenys lo trovava piuttosto entusiasmante — faceva sembrare suo padre come uno dei coraggiosi cavalieri del drago o uno dei pirati astuti di cui leggeva nei libri antichi. 
 
 
“Libertà?” Saera chiede, con una voce insolitamente mite. “Dati via a un bastardo? Di che state parlando?” 
 
 
“Mio fratello non è un bastardo!” Viserys urla, col viso pieno di rabbia. “Anche se sono sicuro che tu sia un vero esperto sull’avere dei fratelli bastardi.” 
 
 
Improvvisamente, Jaehaerys spinge Viserys, facendo in modo che il ragazzo più grande barcolli all’indietro, e Saera strilla dalla sorpresa, allontanandosi di tutta fretta. 
 
 
Il peso delle loro parole impiega un lungo momento per farsi strada in Aenys, ma quando accade, il sangue gli si gela nelle vene — ma non sa se sia per paura o per rabbia.
 
 
“State chiamando la mia muña un bastardo?” Lui accusa, guardando in modo fisso suo cugino e suo zio. Aenys flette le dita della mano prima di stringerla a pugno, mentre suo cugino gli rivolge un’occhiata. 
 
 
Jaehaerys alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa. “Lo sanno tutti. Le persone fanno finta di non saperlo solo perché se qualcuno si azzardasse a dire la verità, perderebbe la testa.” A quello, suo cugino si volta e guarda direttamente lui. “O un occhio.” 
 
 
Ad Aenys manca il fiato, la sua mente è in subbuglio. 
 
 
Toron era stata la prima persona che Aenys aveva sentito chiamare la sua muña un bastardo. Un paio di mesi dopo il suo sesto compleanno, a Toron era stato dato il permesso di scambiare delle lettere col proprio padre, che stava vivendo in esilio vicino alle Isole di Ferro. Un giorno, si stavano esercitando nella lettura senza il maestro, quando quella frase era apparsa in una grafia disordinata. 
 
 
Il bastardo della Principessa.
 
 
Nessuno dei due bambini a quel tempo sapeva cosa significasse, ma quando Aenys aveva raccontato alla sua muña quello che il padre di Toron aveva scritto, lui aveva fatto cadere il bicchiere che stava tenendo in mano. Aenys riesce a ricordare il modo in cui il vetro rotto si era sparso sul pavimento e quanto la sua muña fosse diventato pallido. 
 
 
Un paio di settimane più tardi, quella parola era saltata fuori durante una delle sue lezioni di storia. Solo allora lui aveva imparato cosa significasse.
 
 
Poco tempo dopo, suo padre gli aveva imposto di dire qualcosa se avesse sentito di nuovo quella parola venire usata verso la loro famiglia.
 
 
Un paio di mesi fa, suo padre gli aveva detto di non dare corda ai commenti sui capelli scuri di Valerion, così diversi da quelli della maggior parte dei Targaryen. 
 
 
“La verità? E che mi dici della verità sul fatto che tuo zio aveva cercato di uccidere i miei fratelli! Luke si stava soltanto proteggendo da quel matto!” Viserys abbaia. 
 
 
“La tua famiglia non è altro se non un covo di codardi bugiardi come tuo padre.” Jaehaerys sputa fuori, con la bocca piegata in una smorfia cattiva. “Tuo fratello aveva cavato via l’occhio di mio zio ed era stato ricompensato con delle terre e un matrimonio ben al di sopra di lui.” 
 
 
Viserys scatta in avanti e afferra Jaehaerys dal colletto della sua camicia. “Ricompensato? La tua famiglia continua a punire mio fratello costringendolo a condividere il letto con quell’uomo spregevole. Aemond ha perso un occhio, ma ha ottenuto un drago, delle terre e una famiglia, e tutto al costo della libertà di Luke!” 
 
 
“Ma di cosa state parlando?” La voce sommessa e confusa di Saera spezza la tensione tra i due ragazzi. “Perché ci state chiamando delle punizioni? I miei genitori, loro… loro si amano.” 
 
 
“Tuo padre non è diverso dal resto della sua famiglia. Sono tutti delle sanguisughe che succhiano via la bontà dalle persone per il loro tornaconto personale.” Viserys si volta per guardare Saera. Aenys può già vedere quanto gli occhi della sua gemella siano diventati lucidi. Suo zio esita quando la vede, ma è troppo tardi. Il viso di Saera sta già mutando da uno pieno di tristezza a uno pieno della sua inconfondibile rabbia. Loro padre lo aveva chiamato il sangue di drago che viveva in lei — Saera non è brava nel domare la propria rabbia quando emerge in superficie. 
 
 
Loro padre aveva detto di essere stato simile a lei quando lui aveva la loro età. 
 
 
“Mio padre è un grande lord ed è un uomo migliore di quanto voi e i vostri padri non sarete mai!” Saera spinge Viserys all’indietro e il ragazzino più grande barcolla. 
 
 
Naerys sussulta accanto a lui, la sua piccola manina gli strattona la vestaglia. “Lēkia (fratellone), che sta succedendo? Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato?” Gli occhi ciechi della sua sorellina svolazzano da un lato all’altro, confusi, e ad Aenys gli si stringe il cuore. 
 
 
“No, Naerys. Non… non credo.” Non riesce a dire più di così. 
 
 
“Forse dovresti lasciarle cavarti un occhio proprio come ha fatto quello stupido di sua madre, Cugino. Un indegno ultimo figlio maschio come te e la figlia di un bastardo — siete fatti l’uno per l’altra.” 
 
 
Il rumore di un pugno che colpisce della pelle fa sobbalzare sia Aenys e sia le sue sorelle. 
 
 
Viserys placca Jaehaerys facendolo finire per terra, e iniziano a lottare, afferrandosi e graffiandosi a vicenda con le mani mentre gridano. Naerys piange accanto a lui, tremando dalla paura, mentre Saera gli lancia un’occhiata. 
 
 
Una semplice occhiata dice ad Aenys tutto quello che ha bisogno di sapere. 
 
 
Aenys si stacca Naerys dal fianco e scatta in avanti. Afferrando il retro della camicia di suo zio, tenta di allontanarlo dal loro cugino, mentre Saera si infila tra quei due. Saera sta gridando ai due ragazzini di smettere di picchiarsi, quando qualcosa si stacca dal fianco di Viserys e ricade rumorosamente sul pavimento, il colore argenteo di quell’oggetto brilla sotto la luce del fuoco. Aenys prova a strattonare suo zio all’indietro, ma Viserys è molto più grosso di lui e i deboli strattoni di Aenys non fanno niente per fermarlo dal rifilare dei dolorosi pugni a Jaehaerys. Suo cugino abbaia un altro commento pieno d’odio verso Viserys, facendo in modo che il ragazzino più grande oscilli il braccio all’indietro, pronto ad assestargli un altro pugno. 
 
 
All’improvviso, sua sorella cade all’indietro, e tutto si ferma per un momento. Saera sembra confusa mentre si tocca la guancia, un profondo taglio sta sbocciando sulla sua pelle, facendole ricadere del sangue lungo la mandibola. Aenys non può dire se sia stato l’impatto di uno schiaffo o il metallo delle maniche risvoltate di Viserys a causarlo, ma tutto ciò che riesce a vedere è il modo in cui il labbro inferiore di Saera inizia a tremare. 
 
 
Viserys ha la decenza di apparire dispiaciuto quando Aenys lo attacca, placcandolo e facendolo ricadere per terra. Aenys è il figlio maschio maggiore della sua famiglia, e suo padre gli ha insegnato che è un suo dovere proteggere i suoi fratelli più piccoli. Fino a quando non avrà un drago, Aenys farà tutto il possibile per proteggere al meglio i suoi fratelli da solo; lui è stato uno scudiero fin da quando è stato in grado di tenere in mano una spada d’addestramento, e lui prende il suo addestramento molto seriamente. La sua muña aveva detto che lui ha il temperamento di un drago, ma che non è una cosa brutta — tutto ciò che importa è che lui usi le sue mani per proteggere le persone a cui vuole bene, non per far loro del male. 
 
 
Non riesce a capire perché dei membri di una famiglia dovrebbero mai alzare le mani gli uni contro gli altri. 
 
 
“Non toccare mia sorella!” La voce che risuona nelle orecchie di Aenys sembra così diversa dalla propria. Con la coda dell’occhio, vede l’oggetto sul pavimento luccicare, mentre sia Viserys che Jaehaerys lottano contro di lui, ed Aenys allunga una mano per afferrarlo. 
 
 
È tutto confuso a quel punto. 
 
 
Qualsiasi cosa sia che ha afferrato, sembra un qualcosa di freddo e familiare sul palmo della sua mano. 
 
 
Dietro di lui, i singhiozzi di Naerys diventano più forti. Aenys alza il braccio e lo oscilla verso il basso. Viserys grida sotto di lui. Sente Jaehaerys urlare prima che suo zio gli dia un calcio, facendolo barcollare all’indietro. 
 
 
Il suo piede inciampa nell’orlo della sua vestaglia.
 
 
Saera urla.
 
 
Tutto diventa nero. 
 
 
 

 
 
 
La pelle di Aenys è ancora calda contro i palmi delle mani di Luke, mentre culla la testa del suo bambino. Il suo viso addormentato fa ricordare a Luke il giorno in cui suo figlio era nato. Mentre Saera aveva pianto rumorosamente — gli strilli della piccola avevano fatto sapere ad ogni uomo o donna di Approdo del Re che lei era venuta al mondo — Aenys era stato molto più silenzioso. Luke non aveva avuto molto tempo per tenere suo figlio in braccio, prima che gli fosse strappato dalle braccia per presentarlo alla Regina e a sua madre, ma si ricorda quel giorno con affetto. Il modo in cui la piccola testolina di Aenys profumava di fresco e di nuovo, e quanto Aemond avesse avuto un aspetto confuso in modo adorabile mentre teneva in braccio loro figlio per la prima volta. 
 
 
La sensazione del viso caldo di suo figlio contro le sue mani fredde è forse l’unica cosa che sta tenendo ancorata l’anima di Luke al suo corpo. C’è del caos tutto intorno a lui: Aemond che grida, le loro figlie che piangono, sua madre, Daemon e una dozzina di altre voci che strillano tutte l’una contro l’altra, ma quei rumori sembrano zittirsi mentre culla il suo bambino sofferente. 
 
 
Maestro Orwyle separa i capelli di Aenys rivelando un grosso taglio lungo il suo scalpo, e Luke rabbrividisce quando l’anziano uomo inizia a ripulire quell’area. 
 
 
“Si sveglierà?” Luke chiede, con voce sommessa. Maestro Orwyle sembra sorpreso di sentirlo parlare. Luke non è familiare col Gran Maestro, ma non lo sorprenderebbe se l’anziano uomo non avesse una buona opinione di Luke, proprio come chiunque altro, a quanto pare. Gli occhi gli fanno male per l’aver pianto — tutto ciò che vuole fare è mettere il suo bambino a letto e stringerlo tra le proprie braccia. 
 
 
È stato di nuovo fatto del male a un suo figlio, ma adesso non è la paura a vorticare nelle viscere di Luke. 
 
 
Luke è intimamente familiare con la paura. Ma la rabbia — la rabbia è un qualcosa di estraneo. 
 
 
“Rispondimi.” Luke sussurra con un tono di voce insolitamente freddo. 
 
 
“Lo sapremo solo col tempo, Principe Lucerys. La ferita in sé non è insolita, ma temo che con l’impatto della caduta non potremo sapere se il principe sta bene fino a quando — o se, si sveglierà.”
 
 
Se.
 
 
“Luke,” La voce di sua madre è gentile e disperata. “Ti prego, devi perdonare tuo fratello — è stato un incidente. Non voleva fare del male ad Aenys.” Alla fine, Luke distoglie lo sguardo da suo figlio. Dietro di lui, tutti lo stanno fissando. Alicent non si è ancora mossa, restando accanto a lui ed Aenys, ed Aemond se ne sta in piedi insieme alle loro figlie davanti a lui, il suo imponente marito agisce come barriera tra Luke e il resto della stanza. 
 
 
“Incidente? Quel bambino ha attaccato nostro figlio.” Daemon scatta dall’altra parte della stanza. Viserys si rifiuta di incontrare lo sguardo di Luke quando lo guarda, e Luke non sa come interpretare quella reazione. Senso di colpa? Rabbia? Un’irritazione infantile per l’essere a rischio di venire rimproverato? 
 
 
Aemond si irrigidisce. “Mio figlio stava difendendo sua sorella da tuo figlio. È stato tuo figlio ad azzardarsi a mettere le mani addosso a mia figlia.”
 
 
Otto anni.” 
 
 
Luke non si accorge che era stata la sua voce a parlare fino a quando tutti gli occhi non tornano su di lui. Deglutisce, flettendo le mani sopra il corpo inerme di Aenys. 
 
 
“Sono passati quasi otto anni da quando tutti voi mi avete fatto sposare con Aemond.” Aemond si volta per guardarlo, con un’espressione confusa sul suo viso bellissimo. “Non ho mai resistito, né mi sono lamentato, nemmeno una volta. Non ho mai affermato di subire maltrattamenti, né sono mai fuggito da casa mia per scappare via da lui.” 
 
 
Sua madre balza in avanti verso di lui, ma Aemond la blocca velocemente. Il viso di sua madre è preoccupato, e vederlo fa soffrire Luke. 
 
 
“Ero un ragazzino quando ci siamo sposati — giovane e ingenuo, ma credevo che fosse la cosa migliore per la nostra famiglia. Che ci avrebbe uniti e avrebbe sanato il danno che avevo causato.” Luke scuote la testa con una risata incredula. “Ma ora vedo che a nessuno di voi importava dell’unione di questa famiglia. Anche dopo tutto questo tempo, questa famiglia non riesce nemmeno ad immaginare che il mio matrimonio possa essere un matrimonio felice.” Guarda prima sua suocera e poi sua madre. “E’ questo ciò che volevate per me? Sofferenza? È per questo che avete insistito col dire a chiunque fosse in ascolto che il mio matrimonio è un peso? Che i miei figli sono una punizione?” 
 
 
“No, Luke, certo che no.” Sua madre sussurra.
 
 
“Non ti credo.” La voce di Luke vacilla. “Qualcuno deve aver riempito la testa di quei bambini con tutti quei pensieri ignobili. Non so chi, ma non mi interessa. Mio figlio potrebbe non svegliarsi mai più, e io non do la colpa a Viserys o a Jaehaerys.” 
 
 
Lancia uno sguardo per la stanza. È triste vedere quanto tutti quelli che un tempo erano cari per lui siano cambiati. Daemon ha delle profonde rughe intorno agli occhi, e Joffrey sembra più un uomo invece del suo fratellino, ormai. Anche Aegon, che Luke non ha mai apprezzato particolarmente, porta con sé dei segni di invecchiamento che riempiono Luke di nostalgia verso le giornate in cui era stato un bambino piccolo impaziente di giocare con suo zio e col suo fratellone. 
 
 
Così tanto tempo è passato e così tante cose sono cambiate, eppure, allo stesso tempo, non è cambiato niente. 
 
 
“Io do la colpa a tutti voi.” 
 
 
La stretta che sente nel petto finalmente scompare. Cambia. La sente ribollire. 
 
 
“Bada a come parli ragazzo —“
 
 
“Luke, ti prego —“ 
 
 
Alla sua famiglia era stato fatto del male troppe volte. Ma ora basta. Non ne può più. 
 
 
“Andate via.” Luke sussurra.
 
 
Nessuno si muove; sua madre lo guarda con un’espressione addolorata, mentre il Lord Primo Cavaliere lo fissa dall’alto in basso con quel solito sguardo giudicante. Quello sguardo condiviso da un grosso numero di persone col passare degli anni, e che lo aveva seguito dappertutto dal giorno in cui era nato — uno sguardo che gli diceva che lui non era abbastanza. Le mani di Luke tremano, e scatta in piedi prima di sapere che sta facendo. 
 
 
One-Eye viene sfoderata dal fianco di Aemond ed è pesante tra le mani di Luke. 
 
 
È passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva tenuto in mano una spada. Con la nascita dei loro figli, le giornate passate nei cortili d’addestramento erano diventate un ricordo lontano per lui. Mentre le mani di Aemond erano diventate ruvide e callose col tempo, quelle di Luke erano morbide per via degli oli con cui le massaggiava, ma disseminate da piccole cicatrici per l’aver maneggiato maldestramente degli aghi da cucito. Qualsiasi voglia di combattere può avere avuto in passato, aveva abbandonato le mani di Luke tantissimo tempo fa.
 
 
Andate via!” Lui grida, brandendo la spada d’acciaio di Valyria. Sua madre indietreggia sorpresa, e Luke riesce a vedere sia Daemon che Ser Criston sfoderare le proprie armi. Le loro figure sembrano sfocate nella sua visuale; ma Luke non sa se sia per la rabbia o per le lacrime. “State lontani da me e dalla mia famiglia o neppure i Sette potrebbero fermarmi!” 
 
 
La lama trema nella sua presa, ma Luke non riesce ad abbassarla. La loro casata è piena zeppa di veleno. Ti corrompe e ti inganna, e a Luke c’erano voluti anni per lasciarsi alle spalle tutto quello che gli era stato detto e insegnato, per avere la possibilità di una vita migliore e più felice. 
 
 
“Non vi lascerò continuare a diffondere il pensiero disgustoso che io veda i miei bambini come qualcosa di meno delle cose migliori che ci siano mai capitate, solo perché tutti voi non riuscite a razionalizzare con voi stessi il fatto che sono in grado di amare il padre dei miei figli.” Luke dice a fatica. “Non sono più un bambino — quello mi è stato portato via tanto tempo fa. Sono un genitore, e non permetterò a nessuno di mettere in testa ai miei bambini dei pensieri così vili.” 
 
 
“Luke, sei arrabbiato e ti stai comportando in maniera irrazionale.” Jace gli si avvicina con la loro madre al fianco, i suoi movimenti sono simili a quelli di una persona che approccia un animale ferito. 
 
 
Lo fa solo arrabbiare ancora di più. 
 
 
“Mio figlio potrebbe non svegliarsi mai più!” Lui urla. Tutti sobbalzano, e ciò alimenta ancora di più l’ira di Luke. “Che succederà se il mio Aenys non dovesse riprendersi? Se non sarà mai più lo stesso per colpa delle bugie che hanno infettato le menti di quei bambini, col permesso di tutti voi! A quel punto, Viserys e Jaehaerys la pagheranno per dare giustizia al mio bambino?” 
 
 
“Basta, Lucerys.” L’attenzione di Luke scatta su Aemond. Suo marito ha un’espressione pensierosa sul volto, e la sua mano si avvolge attorno al polso di Luke. “Basta così.” 
 
 
Le mani di Luke tremano. “Perché dovrei calmarmi? Quanta collera e quante dicerie devo ancora sopportare a bocca chiusa, mordendomi il labbro? Quanto ancora dovrò concedere di me stesso per fare in modo che finalmente sia abbastanza?” 
 
 
Aemond gli stringe il polso, costringendo lentamente Luke ad abbassare la spada. “Stai spaventando le nostre figlie.” Se ne sta così vicino a Luke che non è sicuro se gli altri possano sentirlo parlare. “e io ti conosco, Luke. Non ti perdoneresti mai se facessi qualcosa davanti a loro.” 
 
 
Solo allora Luke nota le sue figlie ancora accoccolate contro suo marito. Naerys, la sua dolce e gentile bambina, sta tremando come un uccellino — i suoi enormi occhioni sono pieni di lacrime di paura, mentre dondola avanti e indietro sul posto. Anche Saera, la sua bellissima piccola dragonessa, non è altro se non un casino di muco e lacrime, il tutto mescolato al sangue che le cola dalla guancia.
 
 
“Va’ a stare con nostro figlio.” Aemond preme le labbra contro la tempia di Luke mentre parla. 
 
 
La lama che tiene tra le mani inizia a scivolare. 
 
 
“E io?” 
 
 
Luke vorrebbe urlare.
 
 
“Tu hai già sopportato abbastanza. Me ne occuperò io di questo.”
 
 
Lo sguardo di Aemond è pesante su di lui. A differenza di com’era stato fino a poco prima, la sensazione che affiora nel petto di Luke non è dolorosa. Non è stretta e opprimente. È calda. Lo fa sentire al sicuro.  
 
 
Muña?” La spada ricade rumorosamente per terra. 
 
 
La voce di Aenys è debole, ma risuona con forza nella stanza silenziosa. Il corpo di Luke si muove senza che abbia bisogno di pensare. Non appena il rumore di One-Eye che colpisce il pavimento svanisce, Luke è accanto a suo figlio, cadendo in ginocchio. 
 
 
Aenys sbatte le palpebre lentamente. “Muña?” 
 
 
“Sono qui,” Luke sussurra, con le mani che cullano il viso del suo bambino. “Sono qui, mio dolce ragazzo — la tua muña è qui.” 
 
 
‘Tutti fuori,’ Le voci in sottofondo sembrano così distanti quando si focalizza su suo figlio. ‘Ci occuperemo di questa questione domattina. Fino ad allora, portatemi i miei altri figli e lasciateci soli.’
 
 
Aenys lo fissa per un lungo istante, i suoi occhi sono sfocati e confusi. Accarezzandogli gentilmente il viso col pollice, Luke preme la fronte contro quella di suo figlio. 
 
 
“Mi ‘spiace, Muña.” Aenys piagnucola, le lacrime gli scendono lungo le sue piccole guance pallide. “Loro stavano facendo i cattivi, e hanno detto —“ La voce del piccolo si interrompe con un singhiozzo. 
 
 
Luke si limita a scuotere la testa. “Non hai fatto niente di sbagliato. Sei stato così coraggioso — il mio coraggioso, coraggioso bambino.” 
 
 
Aenys tira su col naso. “Voglio andare a casa.” 
 
 
Sente Aemond parlare con la loro figlia e col maestro, ordinando all’anziano uomo di occuparsi della ferita di Saera. Suo marito sta camminando avanti e indietro senza sosta, lo scalpiccio dei suoi passi si muove a tempo col suo respiro pesante. Lui è arrabbiato. Furioso, ad essere esatti. Aemond si zittisce sempre quand’è davvero adirato — niente parole taglienti o gesti aggressivi, soltanto del silenzio freddo e soffocante. 
 
 
Una mano si posa sulla spalla di Luke, e non è del tutto sorpreso di vedere Alicent ancora inginocchiata accanto a lui. La donna ha un’espressione cupa e seria. Prima d’ora, Luke non ha mai notato quanto Aemond le somigli. 
 
 
Gli occhi di Alicent sono concentrati su Aenys, ma lei sta tenendo una mano delicata su Luke. Non è un gesto di conforto. Le mani di Alicent non sono calde e piene d’affetto come quelle della madre di Luke. Ma sono stranamente ancoranti. Lei flette le dita, la sua mano sta arricciando il tessuto della vestaglia di Luke. 
 
 
Lei si sta mordendo il labbro inferiore.
 
 
Alla fine, serrando la mascella, Alicent distoglie lo sguardo. 
 
 
“Sopravviverai a tutto questo,” Lei dice, alzandosi, con del sangue che le macchia l’orlo del vestito. “Proprio come ho fatto io.” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- Se ve lo steste chiedendo, sì…quella è stata la primissima volta che Aemond ha sentito dire da Luke che lo ama. E sì, internamente gli è venuto un coccolone, lol.
 
Inoltre, anche se era passato inosservato quasi a tutti il fatto che Luke e Aemond avessero bombato poco prima del delirio, c’era una persona che invece lo ha notato eccome: Aegon, lol. Quel pervertito ha notato subito lo stato svestito e incasinato dei due, facendo 2+2.
 
 
 
 
Altre fanart di Corviids:
 
 
Luke e il suo pargoletto preferito, Aenys.
 
 


 
 
 
Ritratto di famiglia.
 

 
“Ritratto” di famiglia più…particolare lol. Qui abbiamo Luke e Val pecorelle gemelle (?), lol. Da sinistra a destra: Saera disgustata, lol, Aenys con dietro Val che fa il dispettoso, Gaemon accanto a Naerys (le sta leggendo un libro).
 

 





 
   
 
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