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Autore: AncientDust    06/12/2023    5 recensioni
Un racconto di sole e un racconto di pioggia.
Forse esitazione. Forse dolore. Sicuramente amore.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A Breath of Sunshine

 

 

 

È così che compare, incorniciato nel vano della porta. Sottile. Stagliato e pendente contro il chiarore di un pomeriggio grigio, come un giunco solitario.

– Speravo ci fosse il sole. – dice, in un sussurro rauco. E sembra davvero rammaricato, dietro quel ciuffo vermiglio che gli ricade ribelle davanti al viso e il filo di barba incolta.

L'angelo si apre in un sorriso, traboccato appena dal bordo del suo contegno. Un lieve frullo d'ali agitato nel petto, sotto le mani chiuse.

– Sei tornato. – esala in un sospiro.

Non c'è mai saluto fra loro, e non c'è commiato. Come se anche solo una parola in più potesse rendere reale quel gioco proibito, quella danza di incontri e fughe e di passi nascosti; quel fragile spazio, ritagliato nelle pieghe del tempo, che non può essere nominato ad alta voce.

– Torno sempre, angelo.

Il tono è spavaldo, ma la voce logora. Aziraphale può sentirlo, perché ne conosce ogni sfumatura, ogni consonante scabra, ogni inflessione e sibilo, ogni schiocco di lingua e carezza di fiato.

E il sorriso un po' gli si spegne, lo stomaco stretto in una nuova apprensione.

– Vieni dentro, caro, vuoi?

Il demone asseconda; attraversa l’uscio, scivola piano, ondeggia e sbanda appena, sul supporto instabile delle sue gambe. Ciondola fra scaffali ricamati di polvere, fra piccoli quartieri di libri impilati, e indugia, prima di franare sul divano. Si abbandona sull'imbottitura, sciatto e liquido, tra i cuscini damascati, sotto il vetro opaco della finestra; nuova cornice di un quadro scomposto.

Recita la sua parte, come fa sempre; nasconde il dolore come lo sguardo, dietro lenti rotonde e un cipiglio sfrontato.

Ma l'angelo può vederlo. Il leggero tremito che lo scuote, sotto gli strati di abiti sgualciti; il respiro pesante, le mani dai tendini tesi, la stretta che chiude le labbra.

Eppure non dice nulla, Aziraphale. Scaccia lacrime e ingoia apprensione, perché l’altro non si accorga. Perché non vuole che gli sembri pietà.

Un lieve schiocco di dita e un raggio si infiltra fra le tende leggere, baciando pelle bianca e lentiggini. Tepore di luce su corpo stanco di demone, che si distende, al tocco del sollievo. Bello e disfatto come un dipinto incompiuto.

La testa si adagia all'indietro, sprofondata nei cuscini; il nodo di un ginocchio piegato di lato e una mano che pende dal bordo, mentre l'altra sfila piano le lenti scure, liberando palpebre dischiuse appena, fra ciglia di fili di rame.

Accenna un sorriso grato, e l'angelo ricambia, concedendosi di nuovo il suo.

– Hai detto che speravi nel sole. – giustifica, tormentando fra loro mani sempre nervose; lo sguardo distolto a tratti da quell'incertezza che annebbia il cuore.

– Sapevo di trovarlo qui. – si sente rispondere.

Voce di demone ruvida e calda; gentile. Senza inganno, né scherno. Sgorgata da labbra sottili ancora schiuse, sotto fessure di uno sguardo che a lui si rivolge, sospeso; che brilla nella luce.

Un calore avvampa le guance, e un timido silenzio si allarga fra loro, nell'aria polverosa; nello spazio che rimane fra gli sguardi, fra contorni sfocati di emozioni proibite e parole trattenute, che bruciano, custodite in gola.

È lì il suo demone, languido di sole, abbandonato in spire disciolte. E l'angelo si smarrisce; perde certezze e altre ne ritrova, a cui raramente si concede. Sensazioni addormentate e pazienti, cullate in segreto, nel letto della sua coscienza.

Gli si avvicina, senza quasi accorgersene. Piccoli passi di nuvola sul tessuto del tappeto, distanze annullate da un bisogno di vicinanza divenuto necessità. Stretto contro il petto quel frullo d'ali ora fattosi marea; tumulto di onde infrante contro le costole.

Si avvicina e siede, l’angelo, schiuma di mare trascinata da quelle onde, sul bordo libero del divano divenuto approdo; spiaggia candida di broccato in cui arenarsi.

Ricovero sicuro per anime fuggiasche, in quel pomeriggio ora dorato.

Lembi di abiti si sfiorano; confini opposti di energia si toccano nel brivido di un istante, e il demone si scansa, serpentino, a quell’inattesa vicinanza. Si aggrappa allo schienale ed evade fluido il contatto, sollevandosi dai cuscini, ritirandosi, cercando di riavvolgersi in spire che non possiede più davvero.

E pupille da rettile si fanno affilate, strette in domande, in un timore senza voce; squarci oscuri in iridi sgomente.

Un tumulto che un po’ si placa, quando l’angelo posa la mano sulla sua.

Ed è pelle fredda di demone sotto le dita, segnata da cicatrici; nervosa di muscoli tesi, avvinghiati sulle ossa in tacita resilienza. Antica, come antico è il mondo.

Salda e bruciante materia di stella, che ancora rifiuta di concedersi al buio della notte.

Gli offre un piccolo sorriso, Aziraphale, quando avvolge quella mano fra le sue e, piano, la porta a sé. E il contatto si fa tremante e incerto; le sue labbra sfiorano le nocche, e segni di dolore svaniscono in morbido calore.

La sente ora, quella sofferenza, la prova come se gli appartenesse. Perché non esiste più argine fra loro, e vede con chiarezza.

Le essenze fluiscono, danzano insieme, si uniscono e si allontanano in destini intrecciati. E le angosce si sciolgono nel sentimento che tesse l’universo; che ricama l’esistenza da sempre, sulla trama dei millenni.

Si guardano, e gli occhi del demone si fanno grandi; pozze liquide dolci di miele, disciolte al calore della luce, umide di lacrime trattenute.

E l’angelo si chiede come sarebbe affondare in quella dolcezza, e bere quelle gocce lucenti di sole, per cancellarne ogni sapore amaro.

– Ti prego, permettimi. – chiede.

La voce è incrinata, ma colma di una sicurezza nuova, pura. Spinta dalla marea che inonda il petto, che annega nell’insensatezza le distanze di una diversità imposta, priva ormai di ogni importanza.

Si protende, e il demone si lascia avvicinare. Docile anima di serpe, che mai è stata belva. Che non morde, che non avvelena. Che si fida, come si fida sempre; solo di lui. Che si lascia andare a una fragilità nascosta, fatta di grida mute e unghie che graffiano i muri; di prigionia, di abbandono e solitudine, di torture roventi e respiri strozzati, persi nell’oscurità degli abissi.

Avvolge tutto questo e altro ancora, Aziraphale, nel suo abbraccio immenso d’amore. Affonda fra lingue di capelli di brace, fra spigoli e ossa sporgenti; fra resti e macerie di un corpo umano, e singhiozzi di un’anima dannata a cui il pianto non è concesso.

Le mani scivolano sotto la camicia, per ricucire ogni ferita, per lenire ogni ustione; per lavare via ogni cicatrice, ogni singolo segno, su quella pelle amata. I tormenti si spengono in carezze, i timori si sciolgono in baci, e un languore fatale risale in ansiti, in un desiderio di vicinanza ancora non pago.

Ed è miele dolce di demone, nettare sulla lingua, oro negli occhi; brivido siderale di stelle che si scalda fra le sue braccia, che beve dalle sue labbra, che piange dalle sue lacrime e sfugge all’oscurità nella sua luce.

Ali di piume bianche si allargano dalle scapole e circondano quell’unione in morbidezza candida. Si chiudono a proteggere quel nucleo prezioso, quel cuore pulsante che è diviso, ma batte come uno.

Angelo e demone stretti insieme, congiunti in un respiro di sole.

 

 

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NOTE DELL’AUTRICE:

Allora, sto covando questa cosa da un mesetto ormai. Ogni tanto tornavo a scrivere mezza riga nei momenti di stanca dal resto, finché non è venuto fuori un qualcosa di più lungo che non so bene cosa dovrebbe essere, so solo che è la prima parte di due one-shot indipendenti.

Probabilmente è solo uno sfogo libero di scrittura, senza troppo senso da dover trovare (sempre comunque pregno della malinconia che mi compete), tuttavia gli spunti sono stati principalmente due: primo, volevo basare il tutto su elementi naturali contrastanti (il sole e la pioggia), secondo, avevo il desiderio di parlare di un paio di situazioni particolari poco trattate, che però ho deciso di lasciare volutamente fumose durante la scrittura.

In questo caso il pretesto parte dalla sparizione di Crowley dopo l’episodio di Edimburgo e un suo successivo ritorno. Ma potrebbe benissimo essere un qualcosa di posizionabile cronologicamente anche altrove. Inoltre, avevo la mezza idea di farla andare sul rating rosso, ma la mia natura grigia di fondo mi ha impedito di tirare fuori una cosa del genere.

Forse andrà meglio nella prossima parte, chissà.

Per ora ringrazio chi ha letto e saluto, come sempre. Bye

   
 
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