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Autore: Ederaria    09/12/2023    2 recensioni
Aziraphale e Crowley si trovano a dover affrontare una volta per tutte le conseguenze della loro relazione.
La storia qui narrata è il compimento del mio precedente racconto "La scelta" ed è ambientata due anni dopo quegli avvenimenti
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se ci fossero stati degli esseri umani presenti, si sarebbero sicuramente chiesti che tipo di rituale motivasse una processione tanto solenne. Magari si sarebbero anche sentiti intimiditi dalla gravità che permeava ogni passo di quel lento incedere, dalle espressioni serie che i partecipanti della funzione avevano impresse sui volti; o magari avrebbero interrogato i loro smartphone di ultima generazione per sapere quale ricorrenza religiosa quel mucchio di persone di bianco vestite si apprestava a celebrare. Ma non c’erano umani quel tardo pomeriggio sul monte Tabor: solo angeli.
Ordinatamente disposti in fila indiana, i dodici Principati seguivano i quattro Arcangeli, i quali, a loro volta, scortavano il Metatron. A chiudere la coda: i due prigionieri, nudi, con i polsi e le caviglie strette in quelle che, almeno dal costante sferruzzare che si udiva, si poteva intuire fossero delle catene invisibili.
Percorrendo la salita in pietra, perimetrata da oleandri, cactus e varie tipologie d’albero e arbusto dalle foglie aghiformi, il tribunale raggiunse lo spiazzo dinanzi la basilica della Trasfigurazione, a un paio di metri dal sagrato e dalla facciata a due torri.
I Principati, avvolti da tonache candide con gorgiere dorate, si disposero a mezzaluna sul lato sinistro dello slargo. Davanti a loro, completamente centrati e vestiti con completi austeri e moderni dai toni chiari, presero posto Saraquael, Michele, il Metatron, Uriele e Sandalphon – in quest’ordine. Aziraphale e Gabriele vennero obbligati da una forza ignota a collocarsi a qualche metro di fronte a loro, sul lato destro, l’uno accanto all’altro.
Il Metatron alzò il braccio e le catene si sciolsero dalle estremità dei loro arti solo per andare ad attorcigliarsi lungo tutto il corpo dei traditori, elevandoli di una decina di centimetri dal suolo. Gabriele ed Aziraphale si ritrovarono perciò sospesi per aria, sotto lo sguardo attento degli esecutori, avvolti dalle loro stesse ali che li coprivano come fossero dei bozzoli, stretti all’interno di una morsa trasparente che quasi gli toglieva il fiato dai polmoni.
Il cielo si rabbuiò improvvisamente. Nubi cariche di pioggia si addensarono sulle teste di tutti gli astanti muovendosi in maniera innaturalmente veloce e, in quel cumulo di gas, un fascio di luce accecante illuminò il Metatron: Dio li aveva al fine raggiunti davvero.
Michele ridacchiò come una ragazzina eccitata; gli altri Arcangeli abbassarono il capo e i Principati si misero in ginocchio. Solo il Metatron, pronto ad ascoltare qualsiasi cosa l’Onnipotente gli avrebbe ordinato, non si mosse e non accennò alcun tipo di espressione.
Cominciò a soffiare un vento forte, le fronde delle piante risuonavano con dei fruscii che, in certi momenti, sembrava si tramutassero in ululati che chiedevano pietà e clemenza.
Gabriele era serio ma, tutto sommato, sembrava tranquillo. Aziraphale cercava di divincolarsi a mezz’aria per liberarsi dalla morsa invano, nei suoi occhi azzurri brillavano rabbia e paura.
“L’ora s’appresta”, proruppe il Metatron la cui voce altisonante andò a fondersi al sibilo del vento, “Oggi siamo riuniti per giustiziare i qui presenti traditori. Le accuse sono di aver cospirato contro il Cielo, di aver ceduto alle tentazioni infernali, di aver ostacolato la realizzazione del Grande Piano, financo di aver intessuto rapporti intimi con i demoni Belzebù e Crowley e di essersi macchiati della colpa di aver fornicato con essi”.
Un brusio di generale sbigottimento si levò tra i Principati; gli Arcangeli, invece, rimasero immobili e con gli occhi fissi sulle vittime.
Aziraphale avrebbe voluto obiettare ma, voltandosi verso Gabriele e notando con quanto decoro assorbiva quelle accuse, si trattenne e abbassò la testa rassegnato. Ora capiva perché era stato nominato lui, millenni prima, Arcangelo Supremo: era nobile, posato, sicuro e fiero.
Il sole stava scendendo e, di lì a poco, si sarebbe aperto nel cielo un tramonto rosso e incandescente.
“Chiedo agli Arcangeli di confermare, in virtù di testimoni, tutte le accuse. E chiedo ai Principati di prestare molta attenzione, tutto ciò che sarà detto verrà trascritto e conservato nei nostri archivi” continuò il Metatron col solito tono inespressivo – era ovvio non traesse piacere da quella cerimonia e nemmeno che smaniasse per trovarsi altrove. Lui faceva solamente quello che doveva fare, senza se e senza ma.
“Confermo”, disse solennemente Michele, ringalluzzita che fosse arrivato il suo turno di parlare e che potesse mostrarsi operativa dinanzi allo sguardo di Dio – dopotutto, da quando Aziraphale se ne era tornato sulla Terra, non era stato eletto nessun altro Arcangelo Supremo e lei ancora sperava in quella promozione, “Io stessa ho raccolto gli atti in cui è documentata l’antica alleanza tra Aziraphale e il demone Crowley. Tale coalizione ha sventato l’Apocalisse”.
“Confermo”, intervenne Uriele quasi pigramente, “Io stessa ho assistito all’unione e alla fuga di Gabriele con Belzebù”.
“Confermo”, aggiunse Saraquael. Titubò un poco, lanciò uno sguardo verso Gabriele ed Aziraphale come a volergli chiedere scusa e continuò, “Io stessa ho visto Aziraphale nascondere Gabriele all’interno della sua base sulla Terra, contravvenendo così alle decisioni che il Consiglio aveva preso in relazione alla cancellazione della memoria di quest’ultimo”.
“Confermo”, fu il turno di Sandalphon, “Io stesso ho visto Aziraphale scambiarsi il corpo con il demone Crowley per non perire nelle fiamme Infernali. Da principio non ci è stato chiaro, ma poi abbiamo ricostruito fatti e spostamenti e, alla luce di quanto emerso, abbiamo compreso quanto ormai fosse corrotto” concluse col suo tono viscido.
Il fascio di luce divino traballò un poco e il Metatron alzò lo sguardo verso il cielo.
Aziraphale cominciò ad ansimare e chiuse gli occhi tanto forte che le palpebre cominciarono a fargli male; Gabriele continuava a guardare Saraquael con un sorriso benevolente e appena accennato: lui la perdonava.
“Bene”, tornò a parlare il Metatron riabbassando la testa, “Se non c’è altro…”
E attese. Cosa non lo sapeva, ma aveva avuto il chiaro ordine da Dio di attendere – nonostante nessuno dei presenti lo avesse sentito.
I Principati cominciarono a scambiarsi occhiate furtive e gli Arcangeli presero a fiutare l’aria: c’era improvvisamente odore di maligno.
“Crowley!” urlò Aziraphale e, istantaneamente, gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Dagli scalini sul fianco del lato destro della basilica che portavano al belvedere spuntarono Belzebù e Crowley. Nonostante il contatto col terreno sacro bruciasse, i due demoni sembravano non farci poi tanto caso.
“Angelo, ma quante volte ancora dovrò venire a salvarti il culo?” chiese il rosso raggiungendolo. Si avvicinò per toccarlo ma, non appena le sue dita sfiorarono le catene invisibili, venne scaraventato in terra a un metro da Aziraphale.
“Crowley!” urlò nuovamente l’angelo scoppiando a piangere. Si dimenò come un pazzo per poter soccorrere il demone ma, più si muoveva, più quei lacci si stringevano.
Gemendo, intontito dalla botta, Crowley si guardò la mano che era entrata in contatto col metallo invisibile: era diventata nera e fumante. Nonostante il dolore, comprese che riusciva ancora a muoverla. Alzandosi emise un lunghissimo ringhio ferino e guardò minaccioso il tribunale intero prima di scegliere di dare la sua attenzione solamente al Metatron, il quale lo osservava di rimando impassibile.
“LIBERALO!” gli intimò gridando.
La Voce di Dio chinò quasi impercettibilmente il capo da un lato e non disse nulla.
Belzebù che, nel frattempo, aveva raggiunto Gabriele e non era stata tanto avventata come l’alleato nel toccare il suo compagno, sfilò dalla bombetta Divinum Fractura e, con un gesto veloce e deciso, spezzò le catene che lo costringevano. L’ex Arcangelo Supremo cadde come corpo morto al suolo, le ali si sciolsero e tornò a respirare. Lei si chinò un attimo su di lui per accertarsi stesse bene.
“Torno subito da te, splendore” gli diede un veloce bacio sulle labbra e raggiunse Aziraphale.
Liberò anche il biondo. L’angelo crollò in terra e Crowley, con un balzo e spingendo via senza cerimonie Belzebù, gli saltò al collo per abbracciarlo più forte che poteva, dimentico delle tragiche condizioni in cui versava la sua mano.
“Stai bene, stai bene, stiamo bene” cominciò a ripetere il rosso inginocchiato di fronte a lui, tenendo tra le mani il viso sconvolto dai singhiozzi di Aziraphale. Ad ogni parola gli baciava una guancia, o la fronte, o le labbra. Se lo strinse poi sul petto e cominciò a guardarsi attorno spaesato.
Belzebù, dal canto suo, non si era sentita per niente offesa nel momento in cui Crowley l’aveva scacciata; era invece tornata da Gabriele e lo aveva aiutato ad alzarsi. Una volta appurato si reggesse in piedi e fosse libero di muoversi, si voltò verso la tribuna di angeli che, in tutto quel tempo, era rimasta cristallizzata ad osservare la scena senza sapere bene cosa dire o fare. I Principati avevano serrato i ranghi, ma i più scossi erano gli Arcangeli; il Metatron restava insondabile.
Belzebù alzò la spada e direzionò la lama verso Michele.
“Tu!”, urlò all’Arcangelo, “Vieni a giocare con me” disse con un sorriso sadico facendo volteggiare l’arma attorno al suo corpo minuto.
Michele contrasse le labbra e arricciò il naso. Aprì il palmo della mano sul quale cominciò ad apparire l’elsa di una specie di fioretto ma, prima che fosse totalmente evocato, il Metatron le afferrò il polso bloccando sul nascere ogni sua iniziativa belligerante.
Belzebù si vide sottrarre sotto il naso la possibilità golosa di adempiere il suo proponimento, provò una rabbia feroce così levò la lama al cielo e fece per scaraventarsi contro gli Arcangeli.
“Belzebù, no!” urlò Gabriele.
In un attimo le fu addosso e caddero entrambi l’uno sull’altra.
“Lasciami! Io devo tagliargli la testa! L’ho giurato!” disse l’ex Granduca Infernale scalciando e contorcendosi come fosse posseduta tra le braccia dell’ex Arcangelo Supremo. I suoi occhi si tinsero di rosso e cominciarono a frammentarsi nelle tessere esagonali.
“Che senso avrebbe?” le disse Gabriele stranamente calmo stringendole le braccia e costringendola a terra.
“Vendetta! Ti ha portato via da me!” esclamò lei. Anche le cicatrici nere sotto le sue palpebre iniziarono ad emergere, segno che si stava trasformando nella sua forma più bestiale.
“Ma non è stato Michele”, sussurrò sul suo viso l’ex Arcangelo Supremo, i nasi si toccavano, “Fanno solo quello che gli si comanda di fare, Belzebù. È il disegno di Dio” concluse dolcemente con un sorriso.
Le diede un bacio. Nei secondi che le loro labbra si trovarono intrecciate i segni sotto gli occhi di lei sbiadirono fino a sparire totalmente e le sue iridi tornarono ad essere di un docile castano.
Belzebù gettò allora lontano la spada, si alzò a sedere e si strinse nel corpo di Gabriele. Lui prese a massaggiarle la nuca poggiando il mento sulla sua testa. Era arrivato il momento di smettere di fare la guerra: tra le sue braccia forti lei comprendeva il vero senso della pace.
 
Aziraphale e Crowley avevano osservato quella scena stretti l’uno all’altro, anzi: più l’ex Granduca Infernale era sembrata approssimarsi allo scontro con Michele, più l’angelo e il demone si erano avvinghiati – Aziraphale perché aveva paura Crowley potesse unirsi a Belzebù, quest’ultimo in segno di protezione perché temeva quell’attacco si sarebbe allargato a macchia d’olio su tutti loro.
Il tribunale, in tutto quel marasma, era rimasto in posizione: se l’Onnipotente, per mezzo del Metatron, non lo ordinava, nessun angelo aveva il permesso di muoversi.
“Cosa siete venuti a fare qui, voi due?” domandò d’un tratto la Voce di Dio.
“Non parlo con te!” disse Crowley tra i denti ancora risentito col vecchio per aver convinto Aziraphale ad accettare quell’incarico più di due anni prima – come sapeva portare rancore lui, nessun altro mai.
Il rosso si voltò verso Gabriele e Belzebù aspettando un cenno d’assenso di lei, ma era completamente assente, quasi beata tra le braccia del suo amato, e seppe allora che doveva continuare come avevano stabilito precedentemente. Si sfilò gli occhiali e li buttò lontano; alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi gialli, con le pupille verticali che quasi scomparvero, direttamente nella sorgente di luce divina tra le nubi.
“Mi senti adesso? O anche queste sono domande che non ascolterai e che non potrei fare?” chiese Crowley direttamente a Dio.
Il raggio si intensificò per un istante e poi tornò ad ammorbidirsi.
Aziraphale era completamente ammutolito e gli stringeva la stoffa della camicia sulle braccia, seduto sulle ginocchia di fronte a lui.
“Io…”, continuò il demone cercando di trovare le parole giuste, improvvisamente vinto da un’emozione immensa: l’Onnipotente lo stava ascoltando davvero, stavolta, “Forse in passato ho azzardato troppo con i miei dubbi e le mie richieste. E sono stato punito per questo! Mi hai abbandonato e, nonostante il dolore, col tempo me ne sono fatto una ragione. Ma non posso accettare che Aziraphale paghi per un peccato che abbiamo commesso entrambi!”, esclamò alzando il tono, “Lo so che non c’è possibilità di avere il Tuo perdono. Ma… Ti prego, Ti prego…”, la voce si ruppe in un singulto e gli occhi si inumidirono, e poi con rinnovato vigore, “Io Ti prego: cancella dal Libro della Vita anche me e Belzebù!”
Crowley, no!” Aziraphale gli afferrò il colletto della camicia e, scoppiando di nuovo a piangere, disperatamente cominciò a scuoterlo per convincerlo a rimangiarsi quello che aveva appena osato domandare.
Crowley si lasciò sballottare e tenne lo sguardo fermo sulle nuvole.
Il fascio di luce nuovamente si intensificò e avvolse il Metatron per impartirgli nuovi ordini. Il vecchio alzò la testa, chiuse gli occhi per sentire meglio e, dopo qualche secondo, tornò a rivolgersi alle due coppie.
“Demone Crowley sei stato ascoltato e verrai esaudito. La sentenza è stata emessa” disse la Voce di Dio con solennità.
“Cosa hai fatto? Crowley, cosa hai fatto?!” gemette Aziraphale tra le lacrime.
Il demone lo guardò e gli sorrise.
“Quello che andava fatto, angelo; senza di te che schifo di esistenza sarebbe?” disse cercando di asciugargli le guance con il pollice della mano buona.
Il Metatron si voltò verso Michele, la quale, con un movimento circolare del braccio, fece comparire il Libro della Vita. Levitando delicatamente, l’oggetto si andò a posizionare di fronte alla Voce di Dio, all’altezza del suo stomaco.
Aziraphale cominciò ad ansimare terrorizzato e Crowley, dato che dava le spalle agli altri angeli, vide quel momento riflesso nelle iridi del compagno.
Gli prese il viso e lo costrinse a distogliere lo sguardo dagli ultimi movimenti del tribunale.
“Angelo guarda me, guarda me, guarda me”, cominciò a dire con urgenza Crowley, “Concentrati su di me. Mi vedi? Sono qui, con te. Per sempre. Ti ricordi quando…”, ci pensò un momento e tirò fuori dalla testa un ricordo a caso, “ho messo sotto Anathema con la macchina? Quella stronzetta mi aveva pure rotto un fanalino!”
Aziraphale scoppiò a ridere.
“S-sì e tu le avevi rotto un polso e la b-bicicletta” balbettò tra i singhiozzi che non accennavano a diminuire.
“Ma poi tu l’hai guarita prima che se ne accorgesse, prima che sentisse dolore, no? E poi ti sei entusiasmato troppo e hai guarito pure la bicicletta e le hai messo le marce. Ti ricordi com’era confusa la strega?”
Aziraphale distolse lo sguardo dal volto di Crowley, tornò a dare attenzione al tribunale e si impietrì.
Metatron si era voltato verso Uriele, la quale, dopo un altro cenno del vecchio, aveva fatto comparire una piuma d’oca bianca che era andata a posarsi sulla copertina in pelle del Libro.
Un gemito di paura uscì dalle labbra dell’angelo biondo e nuove lacrime presero a rigargli il volto. Crowley, allora, strinse la sua presa sul suo viso obbligandolo nuovamente a considerare esclusivamente lui, a dimenticarsi del resto.
“Angelo, amore mio, concentrati su di me. Vedi cosa mi fai dire? Avresti mai creduto che ti avrei chiamato ‘amore mio’? Beh io no, ma chi se ne frega. È quello che sei, il mio amore, il mio eterno amore…” si sentì pronunciare quelle parole e seppe che avrebbe potuto cedere da un momento all’altro. Roteò gli occhi per aria, avevano preso a bruciare in maniera insostenibile; avrebbe voluto scoppiare in un pianto dirotto assieme ad Aziraphale ma, invece, tornò a guardarlo più intensamente di prima e, comprendendo quanto avesse paura e che aveva bisogno di lui come forse mai prima, si fece forza e continuò.
“E ti ricordi di quando quattro ragazzini hanno preso a calci in culo i Cavalieri dell’Apocalisse? Cose che non si vedono tutti i giorni, angelo!”
Aziraphale rise nuovamente e riuscì a mettere a fuoco il viso del demone sbattendo le palpebre, liberandosi così dalle ultime lacrime.
“E tu ricordi quando Shakespeare ti ha rubato un verso? Lo inserì alla fine in Antonio e Cleopatra”.
“Certo che me lo ricordo! E quando a Roma mi hai fatto assaggiare le ostriche? Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo: ma mi hanno sempre fatto super schifo”.
Risero forte entrambi. Sempre più forte.
“E il nostro ballo à la Austen? Che dici, sarebbe stata fiera di noi?” domandò Crowley accarezzandogli le guance mentre Aziraphale gli teneva le mani sul petto.
“Sì, credo di sì. E la notte ad Edimburgo...?”
“Il laudano! Non capivo un cazzo ma sentivo come mi tenevi tra le braccia cercando di non farmi cadere. L’ho adorato.”
“E poi ti hanno portato via...” aggiunse Aziraphale rabbuiandosi un poco.
“E sono tornato!”, esclamò Crowley avvicinandosi col viso a quello dell’angelo, per non lasciarlo risprofondare nel dolore e nel terrore, “Fanculo tutti loro! Troverò sempre il modo di tornare da te…”
La voce si ruppe e cercò di dissimulare quel cedimento momentaneo stampandogli un bacio sulle labbra. Non voleva chiedersi quanto tempo gli rimaneva così riprese il suo questionario della rimembranza.
“E gli infiniti pomeriggi nella libreria?”
“E le sere sul divano di casa tua...”
“Nostra, angelo: casa nostra. E quella notte all’opera?”
“E la tua gelosia”.
“E la tua passione”.
“E il tuo amore… Oh Crowley, quanto ti ho amato anche io...!”
“Lo so, lo so, vieni qui adesso”, si portò il viso dell’angelo sul petto e gli coprì la visuale stringendolo con le braccia. Assicurandosi che Aziraphale fosse protetto e al sicuro dai suoi stessi turbamenti, si voltò e prese a fissare con uno sguardo carico d’ira tutti i Principati, poi gli Arcangeli e, infine, il Metatron. Due lacrime di fuoco gli caddero dagli occhi lasciando dei solchi neri sulle sue gote.
“Per sempre, angelo. Io e te, solo noi. Non c’è nient’altro, cazzo. L’universo intero non vale un tuo capello” gli disse sottovoce. Aziraphale si abbarbicò al corpo esile del demone con più tenacia e Crowley gli diede un bacio sulla testa. Sostando con le sue labbra tra i riccioli candidi del compagno, lasciò che lo sguardo gli cadesse su Gabriele e Belzebù. Anche loro erano stretti nell’ultimo abbraccio, ma non sembravano affatto preoccupati. Anzi, riuscivano a portare il dolore in modo composto e sembravano affrontare l’imminente distruzione con indicibile dignità. Non fece in tempo a provare invidia che tornò a guardare il Metatron. Il vecchio aveva di fronte a sé il Libro della Vita aperto e fluttuante, nella mano destra teneva salda la piuma ed era pronto.
Una nuova variazione di intensità nella luminosità del raggio divino decretò l’ultimo comando.
Crowley strinse Aziraphale con più forza: lui non doveva sapere che erano prossimi alla cancellazione, che era questione di secondi e sarebbero scomparsi come se mai fossero esistiti.
“Angelo, anche io rifarei tutto da capo esattamente come lo abbiamo fatto...”, altre due lacrime gli scivolarono via dagli occhi e altri due solchi neri e fumanti si aprirono sul volto di Crowley, “Devi sapere che ne è valsa la pena. Di tutto”.
Metatron lasciò scivolare la piuma sulla carta con un movimento veloce e deciso.
“Ti amo, angelo. Ti amo”.
 
Nero.
Ora è tutto nero.
   
 
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