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Autore: _Layel_    12/12/2023    0 recensioni
In un mondo dove ogni persona può prendere le sembianze di uno specifico animale chiamato Alias, e dove i Cavalieri del re sono chiamati a difendere l'ordine, Hawks è incaricato di infiltrarsi nella banda di criminali nota come Unione dei Villains. La missione non è semplice e a complicare le cose si aggiunge il misterioso dramma della famiglia reale e la fastidiosa etica morale di cui Hawks non è ancora riuscito a liberarsi.
Ah, e un drago di ghiaccio con la passione per il fuoco.
[fantasy!AU] [dabihawks] [accennata tododeku]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks, League of Villains, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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As Cold As Dragonbreath

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Il Drago e la Caverna

Keigo aveva perso il conto di quante volte il suo calice di vino fosse stato riempito, come se i servitori stessero cercando di prosciugare le riserve del palazzo. Sì passó le mani sugli occhi. Non meritava una festa simile: cantori, giocolieri e dodici portate diverse erano riservate alla nobiltà. E Keigo di nobile non aveva neanche la fibbia della cintura.

Non era inconsueto che ricevesse lettere dal palazzo, il consiglio del re aveva spesso missioni da affidargli. Era lo stemma personale del re - una fiamma rossa e blu - ad averlo lasciato a bocca aperta per cinque minuti buoni. Il contenuto della lettera, poi, gli aveva fatto desiderare che il messaggero fosse stato derubato prima di arrivare alle porte della sua casa. Per quanto il messaggio gli risultasse sgradito, aveva preparato immediatamente i bagagli alla volta di Musutafu, la capitale.

Il giorno seguente aveva varcato le porte della città con il suo apprendista, Tokoyami Fumikage, il suo più giovane e unico apprendista, e si era scontrato con una folla gioiosa, che tendeva le mani e acclamava il suo nome come se fosse un eroe. Nessun membro della corte li aveva accolti, seppur le strade pullulassero di guardie. Lo stemma della monarchia ricopriva ogni superficie disponibile: draghi rossi erano dipinti sulle rocce del selciato, sulle porte delle case, sulle armature dei soldati. In ogni parte del regno il popolo era molto orgoglioso dello stemma del drago rosso, fiero della forza che simboleggiava; anche i finimenti del cavallo di Keigo portavano i colori della corona. Ma, dopo aver visitato quasi ogni villaggio del regno, Keigo poteva affermare che il drago non era mai tanto ostentato quanto a Musutafu.

Si erano fatti strada nel mare di strette di mano e sorrisi, raggiungendo il palazzo reale. Keigo venne fatto accomodare immediatamente nella sala del consiglio. Tokoyami era stato costretto ad aspettarlo fuori e Keigo ne era grato: non voleva che il ragazzo fosse tirato in mezzo. Invece del re, che non vedeva l’ora di incontrare, si trovò davanti una donna sulla cinquantina, la copia sputata delle rane che vivevano nello stagno dietro casa sua, che gli spiegò dettagliatamente in cosa consisteva la sua missione e gli fece garbatamente intendere che se avesse rifiutato avrebbe potuto dire addio a vita e rango. Keigo non si sentiva pronto a rinunciare al titolo di Cavaliere (e alla testa) perciò aveva accettato con un finto sorriso. In cambio la donna gli aveva comunicato che l’indomani il re avrebbe tenuto una festa in suo onore e questa volta Keigo non ebbe bisogno di alcun incentivo.

Il re, però, non si era ancora fatto vivo e Keigo stava iniziando seriamente ad annoiarsi.

“Scusate signore, voi siete il Cavaliere Hawks?” Keigo quasi si rovesciò il calice di vino addosso quando la vocetta acuta di un bambino lo svegliò dal torpore in cui era caduto. Si passò una mano sugli occhi e sorrise alla bambina dai grandi occhi rossi che lo guardava incantata.

“Beh, che ne dici?” disse, arruffando le piume rosse delle sue ali. Se c’era un Cavaliere facilmente riconoscibile quello era Keigo, o Hawks, come la maggior parte delle persone del regno lo conosceva. “Hai bisogno di qualcosa?” Le chiese gentilmente e la bambina si girò più volte verso la folla, prima di trovare lo sguardo di un ragazzo dai capelli viola, che la incoraggiò con un piccolo cenno della mano. La bambina fece un profondo respiro e iniziò a parlare senza alzare gli occhi dai suoi sandali.

“E-ecco voi… voi avete delle bellissime ali, signore. Anche io un giorno voglio diventare un Cavaliere coraggioso come voi!” Alla fine aveva preso coraggio e alzato gli occhi, un sorriso timido le spuntava tra le ciocche bianche. “Anche il mio fratellone pensa che siate molto coraggioso, ma è troppo orgoglioso per dirvelo.” A questo Hawks rise apertamente, arruffando i lunghi capelli della bambina e lanciando un’occhiata al ragazzo che probabilmente era il fratello maggiore.

“Sono sicuro che un giorno diventerai un grande Cavaliere, specialmente con un Alias come quello,” disse mentre accennava al piccolo corno che le spuntava tra le ciocche bianche. “Gli unicorni sono animali molto forti.” La bambina annuì, la bocca mezza aperta e gli occhi spalancati. “Ti faccio i miei migliori auguri, piccola. ” Lei fece un veloce inchino e corse verso la folla, saltellando e parlando animatamente con il fratello. Hawks si alzò dalla posizione accovacciata in cui finiva sempre quando parlava coi bambini e fece un cenno al ragazzo. “E porta i miei auguri anche a tuo fratello!” Alzò abbastanza la voce perché entrambi lo sentissero e rise di nuovo quando il ragazzo lanciò un’occhiataccia alla sorellina.

La parte che preferiva dell’essere un Cavaliere era parlare con i bambini. Loro non lo trattavano con il finto rispetto che tutti gli aristocratici riservavano ai Cavalieri o con la devozione pregna di richieste che veniva dal popolo.

Quello dei Cavalieri non era un titolo nobiliare, ma più un rango dell’esercito: i più abili combattenti del regno venivano investiti dal re del rango di Cavaliere e giuravano di proteggere la sua gente e i membri della famiglia reale. Rispondevano solo e direttamente al re e rimanevano in servizio per tutta la vita. Il Cavaliere Hawks era diventato molto famoso molto velocemente, le sue ali si erano rivelate un grande strumento d’attacco e di difesa e molte volte erano l’unica cosa che le persone ricordavano di lui. Gli ammiratori non gli dispiacevano, non facevano male al suo ego, ma più serviva come Cavaliere e più gli sembravano acclamazioni poco meritate.

Il breve scambio con la bambina sembrò incoraggiare molti dei presenti a porgli domande e fare commenti. Più i curiosi aumentavano e le riserve di vino diminuivano, più le domande si facevano scandalosamente personali e i commenti irriverenti. Alcune persone sembrava che stessero parlando con un tavolo di mogano e non con un essere umano.

Keigo cercò più volte di scusarsi e di sgattaiolare in qualche angolo buio della sala per avere un po’ di pace, ma era difficile non essere notati con un paio di grandi ali rosse sulla schiena. La parte più difficile era sicuramente non dare un pugno in faccia a nessuno di quegli aristocratici pomposi che lo sminuivano ogni volta che apriva bocca.

Fortunatamente un principe arrivò in suo soccorso, senza mantello azzurro o cavallo bianco, ma con un calice di vino in una mano e un’aria annoiata. La folla si aprì per permettere il suo passaggio, chiunque fosse nel suo raggio visivo chinava il capo e si faceva rispettosamente da parte. Era il più giovane dei figli del Re e allo stesso tempo il più famoso. Che fosse per il suo bell’aspetto, per la misteriosa cicatrice che gli copriva l’occhio azzurro o perché nella linea di successione aveva scavalcato il fratello maggiore, i pettegoli erano in disaccordo.

Shouto Todoroki gli fece un cenno con il capo e lo invitò a seguirlo. Keigo, ovviamente, non poteva rifiutare e a malincuore dovette abbandonare i cari nobili che gli stavano lanciando sguardi tanto malevoli che avrebbero fatto inacidire tutto il vino del banchetto. Una volta finito l’incontro con il principe, e stando a cosa si diceva su di lui, sarebbe stato breve, quegli avvoltoi lo avrebbero mangiato vivo. E menomale che l’uccello da caccia era lui.

Uscirono su una terrazza che dava sui giardini del palazzo, Keigo chiuse le grandi porte a vetri e notò che il principe aveva abbandonato il suo calice al lato di un busto del re. Avere sculture di se stesso in giro per il proprio palazzo rientrava fin troppo nel carattere di Re Eiji e Keigo dovette trattenersi dallo sghignazzare.

"Vostra Altezza, vi rivolgo i miei più sinceri complimenti e ringraziamenti per la stupenda celebrazione che avete—"

"Mio padre vi ha affidato un incarico, dico bene?" Gli occhi bicolore del principe erano fissi nei suoi, nessuna emozione sembrava attraversarli, se non una leggera irritazione, che Keigo pensò dovuta agli inutili convenevoli. Oppure alla menzione del re. Seppure il principe fosse cresciuto nella corte più sfarzosa di quel lato di mondo, l'astio che provava per il padre era un segreto mal celato. Nessuno sapeva con certezza quale fosse la ragione, ma si speculava che la scomparsa dalla vita pubblica della regina ne fosse la principale causa. Keigo osservò il viso del principe, le scaglie bianche e rosse che rimandavano al suo Alias scintillavano alla luce delle torce, e si chiese come un drago di fuoco potesse essere stato ustionato.

"Sì, Vostra Altezza. Sua Maestà mi ha incaricato di una missione, ma temo che i dettagli siano confidenziali."

"Immaginavo," il principe si voltò per contemplare il giardino sottostante, lasciando efficacemente cadere l'argomento quando chiese a Keigo del viaggio che aveva fatto per raggiungere il palazzo.

Keigo non se lo fece ripetere e si lanciò in un racconto dettagliato di strade e villaggi, non volendo dare al principe la possibilità di ripensarci. Tra il re e il principe avrebbe scelto di obbedire al re. Suonerà pure vanesio, ma gli piaceva tanto la sua testa da volerla mantenere attaccata al collo. Allo stesso tempo, però, finire sulla lista nera del Principe Ereditario poteva essere altrettanto, se non più, spiacevole.

"Vi tratterrete molto nella capitale?" Il principe continuava a non guardarlo, gli occhi fissi su qualcosa sotto di loro. Keigo si appoggiò alla ringhiera, dando le spalle al giardino, ma con la coda dell'occhio riuscì a vedere cosa Shouto Todoroki stava osservando. O meglio, chi.

"No, Vostra Altezza. Appena finita la celebrazione mi dirigerò in un villaggio del sud."

Due giovani erano seduti su una panchina vicino alla fontana nel centro dei giardini e sembravano star avendo una piacevole conversazione. Uno aveva un cespuglio di capelli scuri e stava raccontando qualcosa di molto emozionante alla ragazza che gli sedeva accanto. Lei continuava a sorridergli, rapita. Era impossibile capire a chi il principe fosse tanto interessato e Keigo non ci teneva troppo ad indagare. Almeno per ora.

"Vi sono frequenti incursioni di briganti, se non erro.”

"Esatto, Vostra Altezza, mi basterà aggirare l’area di Kamino e non dovrei avere problemi." Keigo chinò leggermente il capo e decise di dargli corda. Il principe era sicuramente ben informato e, in teoria, Keigo non stava disubbidendo a nessun ordine. Garantirsi il sostegno del principe sarebbe stato solo fruttuoso. Inoltre, queste ad un ascoltatore casuale sarebbero apparse solo come chiacchiere di cortesia.

"Vado a incontrare vecchi amici. Non li vedo da tanto tempo che quasi non ricordo come sono fatti." Keigo fece una piccola risata, effettivamente non aveva idea di che aspetto avessero le persone che stava cercando. Solo qualche indizio seminato qua e là da fonti non troppo attendibili.

"Affari personali, quindi. Deduco che la vostra compagnia non vi seguirà."

Il ragazzo in giardino si era alzato in piedi sulla panchina e stava mimando la parte migliore della storia. L'espressione del principe sembrava si fosse sciolta leggermente e non tentasse più di imitare le statue di ghiaccio che decoravano la sala banchetti.

Interessante.

"Sarò solo. Non voglio spaventare i miei amici facendogli arrivare un intero corteo in casa." La sua copertura non avrebbe retto per un solo istante se si fosse presentato con scudieri e araldi e, per quanto fosse ripetitivo, Keigo ci teneva ad arrivare al suo ventiquattresimo compleanno.

"Capisco. Portate i miei saluti ai vostri amici, Hawks."

Con quello il principe si scostò dalla ringhiera e ritornò nella sala, non scomodandosi a riprendere il suo calice ma camminando abbastanza lentamente da permettere a Keigo di rispondere.

"Certamente, Vostra Maestà. Lo apprezzeranno sicuramente." Fece un profondo inchino e non si voltò finché il principe non richiuse la porta a vetri dietro di sé. I due ragazzi si erano alzati dalla panchina ed erano quasi scomparsi dalla vista, camminando attraverso i viali del giardino.

Il Cavaliere lanciò un'altra occhiata alla porta che lo separava dall’aria asfissiante della sala e prese un respiro profondo. Alla sera una sottile brezza accarezzava i tetti della capitale e Hawks non desiderava nulla di più che spiccare il volo.

Cosa che poteva facilmente fare.

Ma, avrebbe dovuto farlo? La risposta era ovviamente no, quella festa era stata organizzata in suo onore e sarebbe stato molto scortese e un po’ vigliacco fuggire dalla finestra. Però, se si fosse assentato solo per qualche minuto non se ne sarebbe accorto nessuno, erano tutti troppo presi dall’arrivo del principe per notare l’improvvisa scomparsa dell’ospite d’onore, vero?

Era inutile stare a discutere con la propria coscienza, Keigo aveva preso la propria decisione appena il principe gli aveva fatto il favore di condurlo sulla terrazza. Lasciò che il suo corpo prendesse la forma del suo Alias e aprì le ali, lasciandosi trasportare da quel leggero venticello estivo.

Contrariamente alla norma, la sua forma più riconoscibile era quella umana. I Cavalieri erano famosi per i loro potenti Alias, la forma animale che ogni persona possedeva, ma Keigo era stato ben attento a tenere nascosto il suo. La gente immaginava che fosse qualche sorta di grande uccello rapace e perciò il piccolo falco dal dorso rossiccio passava inosservato. Non era esattamente un Alias minaccioso come il drago di fuoco del re o bizzarro come la giraffa di Best Jeanist. Ciò per cui Hawks era conosciuto erano le ali rosse che manteneva anche nella forma umana e che gli consentivano di spostarsi più velocemente di qualsiasi altro Cavaliere. Dopo tutto lui era Hawks, il Cavaliere Alato.

Si immerse tanto nel piacere di sentire il vento tra le piume e nella sensazione di libertà che lo avvolgeva ogni volta che volava, da perdere completamente la concezione del tempo. Venne bruscamente risvegliato da un’improvvisa scintilla apparsa al limitare della foresta che stava sorvolando. Sembrava provenire dal lato di un monte, tanto in alto da essere quasi impossibile da raggiungere per un essere umano. Lui era sempre stato una persona curiosa e ingiustamente attratta dalle cose luccicanti, perciò decise di aumentare la distanza che lo separava dal suolo e andare ad investigare.

Trovò una grande caverna nascosta dalla conformazione della parete rocciosa, invisibile da terra e irraggiungibile da chi fosse sprovvisto di ali. Keigo si avvicinò all’entrata, curioso di sapere cosa avesse prodotto lo scintillio e per poco non finì arrosto.

Una fiammata blu emerse dalle profondità della caverna e Keigo riuscì a schivare solo grazie agli anni di allenamento a cui i suoi tutori lo avevano sottoposto. Non aver mai potuto giocare con i bambini della sua età si era rivelato, ancora una volta, utile.

Il falco emise un pigolio indignato e si appollaiò su una roccia a lato dell’entrata della caverna, assicurandosi di essere protetto dalla parete rocciosa. Dall’interno uscì un ringhio seguito da uno sbuffo di fumo, tanto minaccioso che se Keigo fosse stato un normale falco, o qualcuno un po' più sobrio, sarebbe sicuramente volato via senza nemmeno pensare di voltarsi indietro.

Il suo istinto di sopravvivenza non era mai stato tra i più grandi neanche prima di accettare la nomina a Cavaliere, ma non aver mai perso una battaglia lo deve aver fatto rimpicciolire alle dimensione di una formica visto che ritornò, volontariamente, nella linea di fuoco di ciò che molto probabilmente era un drago. La curiosità uccise il gatto, ma il gatto non sapeva volare.

Era pronto a schivare un’altra scarica di fiato incandescente, ma quella non arrivò. Si addentrò più in profondità e per poco non si schiantò contro una stalattite.

Era veramente un drago.

Non il drago che si aspettava però.

Aveva immaginato che, vista la passione per la piromania, sarebbe stato un drago di fuoco l’abitante della caverna. Quello che aveva davanti, però, aveva decisamente l’aspetto di un drago di ghiaccio; erano più piccoli dei draghi di fuoco e molto più piccoli dei draghi di terra, che molte volte raggiungevano le dimensioni di montagne. Nel buio si distinguevano le grandi ali ripiegate sul dorso, estremamente simili a quelle di un pipistrello e lo scintillare delle scaglie bianche, che in alcuni punti erano assenti, lasciando scoperte chiazze di pelle violacea.

Sarebbe stato romantico dire che la prima cosa che Keigo vide furono i sottili occhi turchesi del rettile, ma sarebbe anche una menzogna. La prima cosa che Keigo notò furono i lunghi e affilati artigli delle zampe e gli appuntiti denti grandi quanto il suo Alias. Aveva dei bei occhi, ma gli artigli e le zanne lo preoccupavano molto di più.

E sputava fuoco. Un fuoco molto caldo, che non assomigliava per nulla all’alito glaciale dei suoi simili. Che fosse un qualche miscuglio di specie? Non era più così raro di quei tempi, considerando che solo il re lo aveva fatto ben tre volte.

Lo sguardo del drago era difficile da interpretare: decifrare l’espressione di grandi rettili non era mai stata la sua specialità, però non sembrava troppo turbato, se si escludevano i sottili rivoli di fumo che gli uscivano dalle narici e andavano a unirsi alla nuvola grigiastra che fluttuava sul soffitto della caverna.

Keigo aveva trovato una sporgenza nella parete su cui appollaiarsi, vicino all’uscita, e il drago non sembrava volerlo attaccare di nuovo. Il rettile perse subito interesse nel piccolo falco che cercava di fondersi con la parete. Tornò alla sua occupazione, che consisteva nell’indirizzare le sue fiamme su un lato della caverna e mantenerle abbastanza da fondere la roccia.

Keigo rimase ad osservarlo per un indefinito intervallo di tempo. Era incantato dal modo in cui il drago riusciva a esercitare tanto controllo sul suo fiato da toccare solo un circoscritto punto della parete, abbastanza lontano da lui così che il calore non bruciasse le piume di Keigo. Il Cavaliere era certo di non aver mai visto un drago mantenere le proprie fiamme a quella temperatura tanto a lungo. E aveva combattuto a fianco del re, il più potente drago di fuoco del regno. O, a questo punto, il secondo più potente.

Il rettile si mosse, gli occhi turchesi lo inchiodarono al muro. Keigo arruffò le piume, tentato di tornare umano per chiedergli perché il suo sguardo fosse tanto triste. Il drago emise un altro sbuffo di fumo dalle narici e si avviò verso l’uscita, spiccando un poderoso salto e nascondendo gran parte delle stelle con le sue ali. Keigo rimase di nuovo solo nella buia caverna e per un istante si chiese se dovesse cercare di seguire il drago. Il distante ricordo del palazzo e della festa in suo onore gli fece rinunciare. Sarebbe stato molto fortunato se nessuno si fosse accorto della sua fuga.

Il viaggio di ritorno al palazzo fu breve, Hawks, in fondo, era quello veloce, e stranamente nessuno notò la sua ricomparsa.

Atterrò sulla stessa terrazza dalla quale era partito, la porta era ancora miracolosamente aperta perciò non dovette scassinare nessuna serratura per entrare a palazzo. Non credeva che Sua Maestà l’avrebbe trovato molto... appropriato. Scivolò all’interno e capì subito perché gli invitati non avevano sentito la sua mancanza. Metà degli tenevano a malapena gli occhi aperti e l’altra metà stava cercando di salvare i tappeti della sala dallo stomaco di chi aveva bevuto un bicchiere di troppo.

Keigo vide il suo apprendista, il volto semi-coperto dalla sciarpa nera che non abbandonava neanche in estate, che si dirigeva verso di lui, il passo abbastanza fermo indicava che era solo moderatamente pieno di vino.

“Siete tornato,” Tokoyami fece un cenno verso la porta che dava sulla terrazza: il ragazzo era sempre stato un attento osservatore. “L'oscurità della notte vi ha rinfrancato dalla frivola luminosità che infesta ogni momento di questa celebrazione?”

Il Cavaliere dovette trattenere una risata. Non poté fermare però il sorriso che gli spuntò in volto. Tokoyami era sempre così drammatico. “Ho fatto un piccolo giro di ricognizione. Non è che mi sono perso l’arrivo di Sua Maestà Todoroki?” Non aveva mai visto il re al di fuori del campo di battaglia e si sarebbe preso a calci da solo se avesse perso la possibilità di incontrarlo in un ambiente tanto informale.

“Non preoccupatevi, non ci ha degnato della sua presenza per tutta la durata di questo ignobile festino.” Le parole di Tokoyami suonavano estranee alle orecchie di Keigo, il suo apprendista solitamente aveva un’alta considerazione del loro sovrano. Che avesse parlato con qualche anarchico quella sera? Oppure era solo un tantino brillo.

“È meglio che moderi le parole, Tokoyami. Non offendere mai un uomo in casa sua.” Sussurrò Keigo, “Comunque è meglio così, preferisco che il re non ci abbia visto in questo stato.”

“A voi sicuramente non avrebbe visto.”

Sì, era decisamente il vino a parlare.

“Non mi sono neanche assentato per così tanto,” il tono del Cavaliere era quello di un bambino che negava di aver mangiato tutte le crostate con le mani sporche di marmellata. “Solo un paio di ore -silenzio, non voglio saperlo- per una ricognizione assolutamente necessaria.” Keigo non avrebbe permesso al suo cervello di pensare di essersi allontanato per più di due ore, anche se i raggi del sole che spuntavano ad oriente affermavano il contrario.

Tokoyami si fece ancora più serio del suo solito, impresa difficile, ma che gli riuscì alla perfezione e annuì solennemente. “Un incendio. È per questo che sapete di fumo.” Il suo aiutante stava chiaramente aspettando una lode per aver risolto il puzzle con così pochi pezzi, ma Keigo era momentaneamente preso dalla lotta interiore tra dover dire la verità, specialmente in luce a quante menzogne lo attendevano, o accogliere la scusa che gli veniva offerta.

“Avevo visto del fuoco,” disse alzando le spalle e, beh, aveva visto del fuoco. “Alla fine pensi di proseguire verso est?”

Tokoyami scosse la testa, “Ho trovato una compagnia interessante qui in città. È un giovane che comprende l’oscurità che avvolge questo mondo e riesce ad abbracciarla.”

“Aw, Tokoyami ti sei fatto un amico!” Keigo gli gettò un braccio attorno alle spalle, solo per essere scacciato via quasi immediatamente. Ma il Cavaliere era riuscito a cogliere il sorriso dell’altro prima che lo nascondesse.

“Siete veramente inappropriato signore.” Tokoyami lanciò un’occhiata fuori da una delle grandi finestre e aggiunse, “Vado a prepararmi per il mio allenamento mattutino, con permesso.” Fece un piccolo inchino col capo, inchino che Keigo ricambiò, e poi si diresse verso le porte della sala. Dove trovasse la forza di volontà per allenarsi dopo una notte in bianco passata a bere andava oltre le capacità di comprensione di Keigo.

Il Cavaliere iniziò invece la ricerca di una taverna, non desiderando nulla di più che un cuscino soffice sotto la guancia e una superficie piatta su cui crollare. Quella sarebbe stata l’ultima notte in cui avrebbe dormito sonni tranquilli.

+

Note

Questa è la seconda volta che pubblico questa fanfiction. La prima volta, per una serie di motivi, non era stata quella giusta. Avevo incontrato un grande blocco, non riuscivo a continuare a scriverla e vederla incompleta mi riempiva di tristezza.

Spero che questa volta vada meglio! E anche se non dovesse essere così, almeno non rimarrà a prendere polvere nel pc.

Nuovi capitoli ogni martedì,

Layel

   
 
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