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Autore: Stella Dark Star    19/12/2023    1 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 25
[Love Stage]
 
Hanma aveva avuto molto tempo per osservarla, da quando Kan frequentava la sua casa. Salvo quei momenti in cui era stato costretto a ficcarsi nel futon per combattere il dolore al collo, per lui era stato piacevole seguirla con lo sguardo in ogni cosa che faceva, che fosse lucidare il pavimento, raccogliere i panni sporchi in giro per metterli a lavare, o anche solo curiosare fra le cianfrusaglie che erano in camera sua e farsi raccontare aneddoti di quando era bambino. Kan si era rivelata un’ottima casalinga, organizzata e piena di voglia di fare, che correva lì subito dopo le lezioni, con un cambio di vestiti nella cartella e il sorriso sempre acceso sulle labbra. Inoltre, in quei giorni aveva piacevolmente scoperto sulla propria pelle quanto lei fosse portata per i massaggi. Si era offerta di provare a massaggiargli le spalle per dargli sollievo e aveva funzionato alla grande, quindi glieli avevi richiesti ogni giorno. Non c’era da stupirsi, visto che di fatto lei era amica di prostitute che avevano realmente l’abilitazione di massaggiatrici! Anche se…per conto suo, non vedeva l’ora di sperimentare altre cose più piccanti con quelle mani sottili che sicuramente negli anni avevano imparato molto più di massaggi terapeutici. Si sentiva un porcello, ma in fondo che male c’era? Si stava trattenendo a causa di quel dannato collare, anche se sotto sotto quell’incidente si era rivelato un bene che gli aveva permesso di conoscere altri lati di quella ragazza. Sapeva essere la più autoritaria del mondo, sapeva diventare il più dolce angelo, sapeva come farlo ridere, sapeva come aiutarlo quando lui aveva necessità ma per orgoglio si vergognava a chiederlo. Kan era…ogni cosa, per lui. In quel momento lei stava facendo cuocere una zuppa e, anche se gli dava quasi del tutto di spalle, da dove era seduto lui riusciva a scorgere a tratti il suo profilo. Era concentrata sul contenuto della pentola e stava mescolando con un ritmo lento e regolare, eppure ogni tanto faceva delle smorfie, senza un motivo apparente. Era così buffa! L’aveva notato altre volte, quando era concentrata le capitava di perdersi in pensieri e la sua faccia diventava un teatrino, in base a ciò che stava pensando. Tipo adesso, per un momento aveva aggrottato le sopracciglia e poco dopo aveva distolto lo sguardo dalla pentola con fare altezzoso, senza dire una parola. Hanma si chiese a cosa stava pensando per reagire così, ma se glielo avesse chiesto sapeva già che lei avrebbe minimizzato, come le altre volte. Sorrise tra sé, un po’ alla volta avrebbe scoperto anche questo di lei, ne era certo. Non aveva ostacoli davanti a sé e si sentiva un dio per essere riuscito a conquistare una ragazza così. Sul serio, non era difficile averla accanto, lei tendeva ad essere capricciosa, ma se riceveva le giuste attenzioni in cambio dava il cuore e l’anima. Come diavolo aveva fatto Mikey a farsela scappare? Quel piccoletto doveva essere davvero un idiota! Con un pizzico di arroganza ammise che non vedeva l’ora di ritrovarselo davanti e sbattergli in faccia quest- Momento… Questo cosa? Kan non era ancora la sua ragazza, accidenti. E a tal proposito…
“Finalmente domani mi libero di questa seccatura!”
Kan rispose continuando a mescolare. “Già! Domani è sabato! Ti hanno chiamato per confermare l’appuntamento?”
“Sì. Alle 10:30.”
“Perfetto! Vengo qui alle dieci e andiamo insieme!”
“No. Vado da solo.”
Stavolta Kan posò il cucchiaio a manico lungo e si volse verso di lui, sorpresa. “Non mi vuoi?”
“Non è così.” Assunse un’espressione maliziosa e spiegò meglio. “Tolto questo affare torno a casa a darmi una bella sfregata e radermi decentemente! Noi ci vediamo fuori dalla metro, sotto all’arco!”
“Oh!” Kan spense il fuoco del fornello e si avvicinò a lui, di nuovo sorridente, per prendere posto sulle sue ginocchia e portargli le braccia alle spalle. “Per caso mi stai invitando ad uscire, Shu?”
“E’ ora di dare vita al nostro secondo appuntamento, no?” Impresse le ampie mani sui fianchi di lei e aggiunse sottovoce. “E verso sera ti porto in un love hotel! Voglio divorarti fino a svenire!”
Kan si morse le labbra, come cercando di trattenere una risposta. In quei giorni tra loro non era successo assolutamente nulla di spinto, erano rimasti dentro una sorta di limbo in cui erano più che amici ma non ancora amanti. O una cosa del genere. Ma indubbiamente lei condivideva quel desiderio bruciante e trattenersi le era sempre più difficile. Hanma le piaceva sotto tutti i punti di vista, prendersi cura di lui quella settimana aveva contribuito a farla innamorare di più e, naturalmente, più di una volta aveva immaginato di essere fra le sue braccia e di sentirlo dentro…
Un rumore all’ingresso la fece tornare lucida e scattare in piedi. Un istante ed ecco che il padre di Hanma entrò in cucina con addosso una tuta pulita e il borsone issato su una spalla. Si era evidentemente fatto la doccia in palestra e suoi capelli pettinati all’indietro erano ancora umidi.
“Buonasera, gioventù!”
Aveva sempre quel modo giocoso di parlare, e per fortuna, vista la tensione che ritrovò lì. Adocchiò suo figlio seduto sulla sedia, rigido come un manichino e dall’espressione un po’ infastidita, mentre Kan era un passo più in là e si stava sistemando i capelli raccolti con delle forcine.
Pose una domanda. “Ho interrotto qualcosa?”
“Che intuito, vecchio!” Ripose suo figlio, tra i denti.
Kan invece sorrise e si mostrò gentile come al solito. “Bentornato, signor Hanma! La cena è pronta, devo solo mettere la zuppa nelle ciotole!”
La tavola era apparecchiata e al centro si presentava un grande vassoio ricolmo di pollo fritto dalla panatura deliziosamente lucida e dorata.
“Brava ragazza! Vado su a posare il borsone e arrivo!”
“Oh ci penso io! Lei si accomodi, sarà stanco dopo il lavoro!” Subito gli si avvicinò e si fece dare il borsone tra le mani, con fare servizievole, quindi uscì dalla cucina. Nel silenzio, si sentì il suo veloce sgambettare su per le vecchie scale.
Il signor Hanma fece quanto detto e prese posto a tavola, al capo opposto a quello dove era il figlio. “Allora, Shuji? Quando potrò dirle di chiamarmi papà?”
Hanma osservò la sua faccia da sbruffone, sapendo dove voleva andare a parare. Di solito gli dava corda, sapeva che suo padre era uno spirito allegro e strafottente, ma quando toccava quell’argomento non lo trovava divertente e si rabbuiava. “Papà, sto facendo sul serio con lei. Non ficcare il naso nella mia vita privata.”
“Ahaha! Lo so! Per questo ti sto dicendo di muoverti! Una ragazza così non la ritrovi! E’ l’esatto opposto di tua madre! Premurosa, gentile, brava a gestire la casa e un gran schianto di femmina!”
Hanma abbassò lo sguardo sulle bacchette che giacevano in attesa di essere maneggiate. “Me lo sono sempre chiesto… Cosa ti aveva fatto innamorare della mamma se di lei non ti piace niente?”
Suo padre piantò un gomito sul tavolo, in un gesto nervoso. “Bah è passato tanto tempo. Eravamo giovani e lei meno pallosa. E’ stata la sua dedizione al lavoro a cambiarla, a farla diventare troppo seria e ad allontanarla dalla famiglia.” Con una mano scacciò una mosca immaginaria. “Lascia perdere, goditi il presente Shuji!”
Di nuovo si sentì lo sgambettare sulle scale e Kan arrivò di corsa. “Eccomi!” Di volata andò davanti ai fornelli e si premurò di riempie le ciotole di zuppa fumante e di servirle a tavola.
Il signor Hanma ne era sempre più convinto, non poteva sperare in una persona migliore al fianco di quello strampalato di suo figlio.
*
 
I vantaggi di prendere la metro durante l’ora di punta, erano due: trovarsi proprio davanti alle porte d’uscita e potersi specchiare minuziosamente sul vetro senza dare nell’occhio! Kan ci aveva ragionato parecchio su come vestirsi, trattandosi di un appuntamento voleva essere bella e mediamente elegante, però le temperature di novembre erano già troppo basse per lei e rischiare di ammalarsi non era il caso. E allora, passando al setaccio l’armadio, aveva trovato la soluzione ideale. Un completo di velluto a coste color blu notte, composto da una giacca dai polsini stretti e l’ampia scollatura e una gonna scampanata lunga fino alle caviglie. I capelli li aveva semplicemente decorati con forcine bianche ai lati, lasciando che la lunghezza le ricadesse sulla schiena. Il viaggio le parve più breve del solito, era carica di entusiasmo e non vedeva l’ora di incontrare Hanma.
Scesa dal treno salì le scale con una certa accortezza, dovendosi abituare alle nuove scarpe col tacco alto che aveva preso in mattinata, un modello chiuso ma con decorazioni classiche che ben s’intonava all’abito. Salito l’ultimo gradino, si voltò interamente a sinistra, la mano ancora appoggiata alla ringhiera, e il suo sguardo andò alla ricerca di una figura familiare fra quelle sotto all’arco di neon, che a quell’ora era purtroppo spento. In pochi istante lo vide, i loro sguardi s’incontrarono e si sorrisero l’un l’altra. Kan gli corse incontro senza indugi e si gettò fra le sue braccia spalancate ad accoglierla. Subito gli intrecciò le braccia al collo, quel caro collo lungo e sottile che odorava di quel profumo a buon mercato che su di lui era così piacevole. Il tempo di spupazzarsi un po’ ed ecco che si guardarono nuovamente negli occhi, più emozionati di quanto avessero immaginato.
“Come stai, Shu?”
“E’ andata bene! Pare si sia sistemato tutto, anche se il Dottore mi ha avvisato che per un certo periodo potrei avere ancora dolori. Ma io gli ho spiegato che la mia ragazza ha le mani d’oro e mi fa dei massaggi spettacolari!”
Kan emise una risata allegra, chiedendo. “La tua ragazza?”
“Ah an! La mai ragazza!” Col naso sfiorò la punta del suo, giocosamente, e le domandò a bassa voce. “Vuoi esserlo, vero?”
“Me lo stai chiedendo ufficialmente?” Chiese di rimando lei, maliziosa.
“Te lo sto chiedendo sotto l’arco di Kabukicho, davanti a decine di persone che ci guardano e si chiedono se siamo i protagonisti di un film! Ti basta?” Se voleva essere un rimprovero gli era riuscito davvero male con quel sorriso che sfoggiava! Era raggiante, i suoi occhi gialli brillavano come oro, e dopo quel periodo costretto in casa, aveva ripreso a sollevare i capelli col gel e indossare il filo dorato al lobo.
“Allora ti do la mia risposta! Sì, voglio essere la tua ragazza, Shu!”
E proprio come in un film romantico, si scambiarono un bacio, mentre in sottofondo esplodeva una melodia gioiosa e le colombe volavano nel cielo e-vi sto prendendo in giro, ovviamente! Sì si baciarono sotto l’arco, sì erano felici, ma la loro gioia di quel momento fu una pugnalata al cuore per qualcun altro che li stava guardando a una certa distanza. E che non era certo lì per caso.
Draken distolse lo sguardo e abbozzò un “dai, andiamocene.” a vuoto. Un vuoto che era anche negli occhi di Mikey, mentre guardava quella scena accanto a lui.
“Ehi Mikey. Ho detto andiamo.” Insistette, dandogli una piccola gomitata sul braccio. Ma lui non si mosse.
“Ken-chin… Cosa devo fare…?” Chiese con voce sofferente.
Draken sospirò. “Arrenditi. Adesso le cose stanno così, non puoi farci niente.”
“Ma…” Mikey si girò si scatto, aveva il viso contratto come se stesse per piangere. “Quella è la mia ragazza. E sta baciando un altro!”
“Mikey… Kan ti ha lasciato. Non è più tua. E’ per questo che ti ho portato qui, oggi.” Sollevò il braccio e indicò la coppietta che adesso si stava allontanando, mano nella mano. “Volevo che li vedessi coi tuoi occhi, in modo da fartene una ragione e andare avanti.”
Mikey strinse i denti, era da anni che non piangeva ma quella situazione lo stava mettendo a dura prova. “Tu lo sapevi che si era messa con Hanma?”
“No… Ma adesso che l’ho visto, ho messo insieme i pezzi. Mi aveva solo accennato di essere innamorata di un altro.”
Era difficile anche per lui accettare tutto questo, ma dopo ciò che gli aveva detto sua sorella la sera prima, si era sentito in dovere di prendere Mikey e portarlo lì di nascosto per metterlo di fronte alla realtà. Gli dispiaceva per lui e allo stesso tempo lo trovava patetico. Dopo i primi giorni in cui si era chiuso in camera come un vegetale, in qualche modo era riuscito a convincerlo a tornare a scuola e aveva assistito a certe scenate pietose da dargli la nausea. Vedere quello che si faceva chiamare l’Invincibile Mikey vagare come un’anima in pena, seguire con lo guardo la ragazza che amava in ogni movimento che lei faceva, avvicinarsi a lei e accennare un saluto con voce triste… Un cuore spezzato riduceva così ogni persona? E allora era meglio non innamorarsi mai. Tsk, il solo pensarlo lo fece sorridere amaramente. Lui stesso era interessato a qualcuno e col tempo quel sentimento stava crescendo. Bah, al diavolo, non era il momento di pensarci.
Sbuffò rumorosamente. “Te lo dico per l’ultima volta. Andiamo a riprendere le moto. Non ho intenzione di seguire mia sorella per tutto il giorno.” S’incamminò senza voltarsi, sperando che Mikey lo stesse seguendo. Era infastidito dal comportamento di Mikey tanto quanto dalla scoperta che il nuovo interesse amoroso di sua sorella fosse quel coglione di Hanma. Fra tutti, perché proprio lui? Camminando si perse in pensieri e rivisse quanto accaduto la sera precedente. Ogni immagine e ogni parola erano nitide nella sua mente.
Era successo dopo cena, mentre lui si stava rilassando in camera sfogliando il nuovo numero della sua rivista di moto preferita. Non era insolito sentire dei rumori nel corridoio e all’inizio non ci aveva fatto caso, poi ad un certo punto il chiasso era aumentato, dandogli ai nervi. E allora aveva lasciato il comodo letto per andare a vedere.
Aprì la porta e si affacciò. “Dannazione, sembra di essere in un pollaio!” Ringhiò, prima di rendersi conto che lì attorno non c’era nessuno. Il chiasso proveniva dall’ingresso. Con passo spedito si recò lì e trovò quasi tutte le ragazze ammucchiate come galline.
“Che succede qua? Dov’è Masawey?” Chiese a gran voce, spalancando le braccia.
Oltre il gruppo vide una mano alzarsi e riconobbe quella dell’uomo. Ma se lui era lì e non faceva lo sforzo di alzarsi in piedi o di dire qualcosa, allora che diamine…?
“Kan è tornata! L’ho vista passando in fondo alla saletta e sono corsa a salutarla!” Disse una delle ragazze, in risposta alla sua tacita domanda.
“Io invece ho sentito la sua voce e volevo vedere se era davvero lei!” Disse un’altra.
Draken si fece spazio nel groviglio di capelli cotonati e babydoll svolazzanti e, quando arrivò al centro, si ritrovò davanti proprio sua sorella. Ebbe un tuffo al cuore nel rivederla lì dopo del tempo. Sembrava così timida, con le guance rosee per l’alta temperatura del luogo e le mani intrecciate in grembo.
“Ciao Ken…” Gli disse, accennando un sorriso incerto, quasi colpevole. Ma a lui non importava di nulla, in uno slancio di tenerezza l’avvolse con un braccio per stringerla a sé e le impresse le labbra sulla fronte. Probabilmente la sua espressione seria cozzava col gesto, però non era in vena di sorridere come niente fosse.
Finalmente Masawey riprese il controllo della situazione e cominciò a rispedire le ragazze ai rispettivi doveri lavorativi, ignorando le loro tipiche lamentele.
Draken guardò sua sorella negli occhi. “Rimani a dormire?”
Di nuovo lei fece la timida e abbassò lo sguardo. “Io…se non ti do fastidio…”
Dargli fastidio? Ma figuriamoci! Era la sua metà. Stava per dirlo a voce quando una delle ragazze gli piombò addosso tutta pimpante.
“Ken, non ci crederai! Kan ha detto che domani porterà qui il suo nuovo ragazzo!!!”
Una notizia scioccante che lo bloccò alcuni istanti. Il tempo che Masawey si occupasse di ristabilire l’ordine e accompagnasse le ultime ragazze alle rispettive camere e finalmente il silenzio tornò a regnare. Si accorse che sua sorella non aveva più detto una parola e stava ferma in attesa di un verdetto.
“Avrai un po’ di cose da raccontarmi… Che ne dici di farci un bagno insieme, nel frattempo?” Cercò di usare un tono gentile per tranquillizzarla, dopo tutto non aveva intenzione di litigare. E fu così che nella vasca da bagno, nel tepore dell’acqua, lei gli confessò di avere un appuntamento l’indomani e di voler portare il ‘nuovo lui’ al centro massaggi per presentarlo. L’unico dettaglio che aveva omesso era stato il nome.
*
 
Probabilmente non esiste una vera definizione di ‘appuntamento da sogno’, poiché, più che gli elementi che lo compongono, ciò che conta è come si sentono i due innamorati coinvolti. Per questo possiamo affermare che quel giorno Hanma e Kan ebbero il loro appuntamento da sogno! Tra passeggiare mano nella mano per le vie affollate di Kabukicho, scattare numerose foto insieme per immortalare i nuovi ricordi, chiacchierare del più e del meno, pranzare al tavolino di un cafè gustando delle succulente crepes alle fragole e panna e ridere perché Kan ha un fiocco di panna sul naso, o ancora sfidare Hanma a fare dei cerchi di fumo perfetti mentre fuma una sigaretta, scherzare paragonando Kan alla famosa testa di Godzilla che sbuca dal tetto del cinema . Quel quartiere era diventato il set della loro storia d’amore e il copione era composto di numerose scene felici. A vederli erano una coppia affiatata, che di certo non passava inosservata per come si presentava. Kan era bella come una modella straniera e deliziosa con quel completo in stile occidentale d’inizio secolo, mentre Hanma era indubbiamente uno spilungone che teneva la schiena leggermente ricurva e indossava dei vecchi jeans neri aderenti con sopra un giubbino sportivo con collo e polsini in elastico. Dal punto di vista stilistico quei due formavano una strana combinazione, ma erano comunque tanto belli da vedere.
Di punto in bianco, Kan lo tirò per la mano, con quell’entusiasmo travolgente. “Shu, in questa strada non c’è nessuno! Ci scattiamo una foto mentre ci baciamo?”
“Ma che richiesta è?” Chiese lui, ridendo, ma stette comunque al gioco e, una volta che lei scelse la postazione contro la parete di un edificio, si offrì di occuparsi della cosa. “Dammi la fotocamera, ho il braccio più lungo e riesco a prendere un’inquadratura migliore.”
Prese l’oggetto nella mano saldamente, quindi avvicinò il viso a quello di lei e studiò la posizione fissando l’obiettivo al centro, dato che non c’era modo di vedere l’immagine dal quel lato.
“Hai visto che ho fatto bene a indossare i tacchi? Così devi piegarti meno e diventa più facile!” Sottolineò lei, contenta dell’idea che aveva avuto.
“Già! E anche il mio collo appena guarito ti ringrazia!” Confermò lui. “Pronta?”
Kan accennò con la testa, i loro sorrisi si affievolirono man mano che i volti si avvicinavano e poi scattò il bacio. Le labbra si unirono a stampo, semplicemente, mentre Hanma premeva il tasto per scattare più foto, muovendo leggermente la fotocamera per azzeccare l’inquadratura migliore. Ne scattò poco meno di una decina e riabbassò il braccio. Il bacio terminò. Adesso nessuno dei due stava sorridendo, i loro sguardi socchiusi sembravano incollati e le labbra colme di desiderio non riuscirono a stare separate un istante di più. Stavolta il bacio fu molto più intenso, la lingua di Hanma ricercò quella di lei nella sua bocca, i loro respiri caldi si amalgamarono fuori dalle narici. Lui premette il corpo di lei contro la parete. Dovettero interrompersi sentendo delle voci in fondo alla via.
“Sono arrivato al limite… Andiamo in un love hotel.” Disse lui, con determinazione. Però Kan gli portò le dita davanti alla bocca e fece una correzione, accennando un sorriso. “Non un love hotel! C’è un posto dove possiamo andare tutte le volte che vogliamo, senza pagare e senza correre rischi perché siamo minorenni!”
Hanma fece uno sguardo interrogativo, allora lei proseguì. “Sarò tutta tua, te lo prometto, ma prima dobbiamo fare una cosa importante! Voglio presentarti ad una persona!”
Mantenendo l’aura di mistero, lo portò fino alla metro e da lì andarono a Shibuya.
Mentre attraversavano le famose strisce pedonali super affollate, tenendosi sempre mano nella mano, Hanma si guardò attorno e non mancò di fare un apprezzamento. “Che figata questo posto!”
Kan gli fece da guida in una direzione precisa, verso un palazzo lì vicino.
“Non mi stai portando a casa tua! Mi era venuta una strizza! Credevo volessi presentarmi ai tuoi!” Scherzò Hanma, ma quando lei assottigliò gli occhi con furbizia e disse “farò di meglio!” un sospetto gli balenò alla mente. Entrarono nel palazzo e presero l’ascensore.
“Al quarto piano c’è un centro massaggi! E’ il posto dove è nato e cresciuto mio fratello!”
A quelle parole, Hanma divenne pallido. “Vuoi presentarmi a…Draken…?”
“Non dire cretinate! Vi conoscete già!”
Per fortuna…! Ovviamente lui non aveva alcuna paura di Draken, anzi lo considerava un valido avversario ed era sicuro che prima o poi si sarebbero scontrati ancora per suonarsele di santa ragione! Però se si parlava di parentela...diciamo che non era pronto a incontrarlo in veste di cognato, ecco.
L’ascensore arrivò al piano e si aprì su un ingresso dall’aspetto formale e un bancone d’accoglienza dove sedeva un uomo in giacca e cravatta e i capelli impomatati che leggeva il giornale. Sollevando gli occhi dalle pagine inchiostrate, il suo sguardo piatto si alleggerì. “Bentornata, piccola! Mi chiedevo a che ora saresti venuta!” E posò il giornale.
Kan gli regalò un sorriso. “L’appuntamento era così bello che il tempo è volato! E a tal proposito…vorrei presentarle il mio ragazzo!”
Non capendoci niente, Hanma rimase immobile come un manichino, fino a quando lei non gli rivolse la parola. “Shu, questo è il Direttore Masawey! Ha cresciuto Ken, facendogli da padre, e anche io lo considero una figura paterna più di quanto non lo sia l’uomo che mi ha adottata!”
La spiegazione gli fece andare in corto il cervello! Quindi aveva ragione lui, quelle erano presentazioni ufficiali in famiglia! Così all’improvviso! Per evitare di lasciarsi prendere dal panico, seguì l’istinto e si chinò ad angolo retto di fronte all’uomo. “Hanma Shuji, piacere di conoscerla!” Sia il movimento che la voce gli uscirono un po’ meccanici, ma vabbè.
“Hanma, eh?” Al contrario, il direttore adesso stava usando un tono affilato. “Tirati su, ragazzo.”
Hanma obbedì all’istante.
“Dì un po’, che intenzioni hai con la mia piccola?”
…veramente? Certe cose non succedevano solo nei film? O nell’era Meiji? O in quella Edo? Come cavolo aveva fatto a ritrovarsi in quella situazione. Era stato preso in trappola.
“Ehm…”
“Fai le superiori, giusto? E sei anche un teppista, da quello che so.”
“Esatto…ehm, signore.”
“Ti avverto, tratta bene questa ragazza. Anche io me la cavo bene coi pugni.”
Altro che solo una cosa, aveva detto tutto! Mentre Kan non aveva più aperto bocca e sembrava godersi la scena. Stava seriamente iniziando a pensare di svignarsela, quando sentì dei gridolini in fondo al corridoio. Volse lo sguardo e vide due belle ragazze quasi nude correre in quella direzione.
“Waaaaah, Kan lo ha portato davvero!”
“Guarda quanto è alto! Potrebbe cambiare le lampadine senza usare la scala!”
Ok, qualunque cosa stesse succedendo, non vedeva l’ora che finisse. Per quanto apprezzasse la vista dei loro balconi  fin troppo esposti e le cosce nude.
Finalmente Kan si decise a ritrovare l’uso della parola e a calmare le acque. “Ragazza, ragazze! Non gridate! Se facciamo la confusione di ieri, Ken si arrabbierà di nuovo!”
Una delle due si atteggiò alzando la spalla e posando una mano sul fianco tondeggiante. “Adesso lui non c’è! E noi vogliamo conoscere questo fustacchione!”
Con movimento rapido, Kan gli si parò davanti e usò un tono paziente. “Vi capisco ma… Lui è mio! E adesso vorrei portarlo nella mia stanza!”
Le due si guardarono maliziose e intonarono in coro.”Uuuuuh! Dritta al sodo!”
Kan terminò il discorso facendo loro l’occhiolino, seguito da un cenno del capo all’uomo, quindi trascinò Hanma via di lì, conducendolo per dei corridoi dove erano molte porte. Passandoci davanti, lui sentì che da alcune camere provenivano dei rumori equivocabili. O meglio, dei rumori che lasciavano intendere cosa stesse accadendo all’interno. In fondo quello era un bordello.
All’improvviso, una porta poco più avanti si aprì e un’altra persona, una donna adulta, ma sempre con biancheria intima quasi invisibile, si affacciò. Vedendoli, si appoggiò allo stipite della porta. “Che bella coppietta abbiamo qui!”
“Ti prego, non ti ci mettere anche tu! Mi hanno già fatto un agguato all’ingresso!” Kan glielo chiese chinando il capo, anche se dal tono suonava più come una battuta.
“Ahah! Tranquilla, non ti trattengo!” Squadrò Hanma dalla testa i piedi. “Adesso capisco perché mi hai chiesto quella misura!” E nel dirlo creò un cerchio con pollice e indice.
Kan arrossì visibilmente. “Ti ringrazierò meglio la prossima volta! Addio!” E di nuovo si strascinò dietro Hanma in tutta fretta. Quando arrivarono di fronte ad una porta decorata con quelli che lui riconobbe come fiori essiccati, Kan l’aprì in volata e insieme si precipitarono all’interno. Hanma sentì di essere salvo.
*
 
Nonostante quello che era appena accaduto, nessuno dei due si perse in risate o in scherzi. Non ci furono convenevoli o frasi del tipo “ti piace la camera?”. Hanma non si guardò nemmeno attorno, il suo sguardo era totalmente focalizzato su di lei. Su di lei, sul suo viso leggermente arrossato dall’imbarazzo, sul suo respiro che le riempiva i seni… Non aveva dimenticato il motivo per cui erano lì. Allungò una mano, le sfiorò una guancia con le dita, seguendo il tragitto fino sotto al mento, quindi lo sollevò e la guardò negli occhi. Una parte di lui avrebbe voluto parlare per farle un complimento, qualcosa come “sei bellissima”, invece seguì il consiglio del proprio lato animale e s’impossessò delle sue labbra con un bacio intenso. Non si trattava solo del solito gioco di lingue, muoveva le labbra con forza sulle sue, arrivando perfino a mordicchiarle come se volesse divorarla un morso alla volta. Poi gliele risucchiò con forza, togliendole il fiato, e solo allora le diede tregua, interrompendo il bacio famelico. Adesso il suo viso era più arrossato e il respiro così affannato da mettere a dura prova i bottoni di quella giacca aderente che indossava. Le dita si fiondarono su questi, sbottonandoli in velocità, e in pochi secondi l’indumento venne lanciato a terra. Di certo non gli bastava, adesso era il turno di quella lunga gonna, che le donava sì, ma che la copriva fin troppo per i suoi gusti. Questa aveva una zip nascosta sul fianco, ancora più facile da aprire, e in men che non si dica la stoffa ricadde lasciandole le gambe nude.
“Wooh…” Gli uscì involontariamente, seppur in un sussurro.
Con sua sorpresa, Kan prese l’iniziativa e gli riservò lo stesso trattamento. Prima la zip della giacca sportiva, e via, poi la maglia intima a maniche corte sottostante, che gli sfilò dalle braccia quasi con prepotenza, e via. Indugiò qualche istante sul bottone dei jeans…ma prese coraggio e in pochi gesti rapidi eliminò anche quell’indumento. Rialzò lo sguardo su di lui, negli occhi un luccichio di sfida come a voler dire “adesso siamo pari!”. Lui sorrise dandole una tacita risposta “sfida accolta!”
Scostò lo sguardo solo per adocchiare il letto lì accanto, vide che era grande e pieno di cuscini rosa e rossi a forma di cuore. Il suo unico pensiero fu di guidarla fin lì e farla stendere su quel materasso ampio. Seguendo il movimento di lei, salì sul letto piantandovi le ginocchia e sostenendosi sulle braccia, i palmi puntellati sul materasso. Era sopra di lei, stava dominando la situazione, l’aveva braccata come un leopardo con una gazzella! Gli stava venendo davvero voglia di divorarla… Si chinò e la baciò con passione.
Kan gli portò le braccia al collo in un gesto di possesso, quel bacio era così bollente che le stava di nuovo togliendo il respiro, era così diverso da quelli che si erano dati fino a quel giorno… Erano i veri baci di Hanma. Sentiva il suo sapore in bocca, il suo respiro caldo sul viso e...il suo desiderio premerle duro contro il ventre. Il bacio la stordì non poco, quando lui allontanò le labbra non seppe dire per quanto tempo si erano baciati, anche se non aveva importanza. Le mani grandi di lui si insinuarono sotto di lei, per raggiungere il gancetto che aveva sulla schiena, e con rapidità le sfilò il reggiseno. Vide il suo sguardo soddisfatto e malizioso osservarle i seni, ma non fece in tempo a manifestare timidezza perché lui vi si fiondò per assaggiarli.
Erano così morbidi che Hanma si divertì a giocarci, ne afferrò uno nel palmo della mano, neanche fosse stato uno di quei pupazzetti antistress che andavano di moda! Non era così grande da riempirgli la mano, ma calcolando che la sua era grande e il seno era comunque di una coppa di tutto rispetto, non si poteva certo lamentare. Nel mentre si stava occupando dell’altro con la bocca, la gemma rosea si era inturgidita quasi subito a contatto con la lingua. Notò che Kan non dava grandi segni di eccitazione sotto quel trattamento, tranne quando le risucchiava il capezzolo tra le labbra, allora sì riusciva a strapparle un gemito. Ma se non erano i seni il suo punto, allora… Incuriosito, lasciò quella postazione e si fece un po’ indietro per lavorare in zone più basse. Lei aveva tenuto le gambe chiuse tutto il tempo, perciò gli fu facile sfilarle le mutandine di pizzo e lasciarla completamente nuda. Si sorprese della vista che si ritrovò davanti, non aveva idea che la sua ragazza fosse il tipo da depilazione totale. “Interessante!”, pensò, un attimo prima di afferrale le gambe giusto sopra il ginocchio e aprirsi un varco. Chinò la testa, la sua lingua andò ad insinuarsi fra le morbide pieghe intime di lei. Senza essere affrettato o impetuoso, l’assaporò delicatamente, le diede le attenzioni che meritava e in cambio si prese il dolce nettare che fuoruscì. I gemiti di lei erano la colonna sonora perfetta. Aveva trovato il suo punto di piacere.
Kan si perse completamente in quella dolce tortura, il piacere era così intenso da farle venire le lacrime agli occhi, e non le ci volle molto per raggiungere l’orgasmo. Si concesse un breve momento per riprendersi, le sue parti intime stavano pulsando come impazzite. Sbirciando da sotto le ciglia, vide il sorriso affettato di Hanma e il suo gesto di passarsi il pollice sulle labbra prima di metterlo in bocca e risucchiare il nettare raccolto. Che gesto erotico!  Poi si tirò su in ginocchio, i boxer neri aderenti erano sul punto di esplodere. Li abbassò, mettendo così in mostra la sua immensa erezione.
“Hai un preservativo?” Le domandò, facendo l’occhiolino.
“Ah ehm…sì…” Kan allungò il braccio per aprire il cassetto del comodino e ne estrasse una scatola che poi gli porse.
Hanma le diede un’occhiata e il suo sorriso si fece più ampio. “Sono della mia misura! Ma allora quella tipa di prima, in corridoio…”
Kan finì in preda all’imbarazzo. “Quel giorno, quando l’ho visto mentre ti lavavi…mi sono fatta un’idea… E mi sono consultata con lei per avere una dritta. Più o meno è come quello di mio fratello, quindi ho fatto due più due.”
“Allora anche il caro Draken è messo bene! Ah ah forte!” Tirò fuori un pacchettino argentato dalla scatola e ne strappò il bordo, quindi si occupò di applicare il preservativo. Una volta pronto, afferrò il proprio pene poco sotto la punta e lo direzionò verso l’intimità di lei. E poi…
“Aspetta aspetta spetta!!!” Kan si portò le mani lì per bloccargli il passaggio!
“Che c’è?”
“Ho cambiato idea! Quel coso è enorme! Non ci entrerà mai!”
Analisi dei dati in corso… Possibile che le fosse venuto un attacco di panico? Così all’improvviso?
Hanma non riuscì a trattenersi dal ridere. “Non ci credo! Hai paura??? Non sei mica vergine!”
Affermazione assolutamente vera, ma come fare a spiegargli che per tutto quel tempo era stata con un ragazzo dalle dimensioni totalmente diverse?  Non ce la faceva proprio ad affrontare l’argomento, anche se passare da fifona non era certo un’opzione migliore…
Vedendola così, chiusa a riccio e tremante, oltre che paonazza dalla vergogna, Hanma smise di ridere e si fece incredibilmente comprensivo. “Prometto che non ti farò male.”
Kan parve calmarsi un poco sentendo quel tono di voce caldo e confortevole, perciò lui continuò su quella pista. Si adagiò su di lei e la guardò negli occhi. “Entrerò piano, così ti abituerai un po’ alla volta. Mh?”
Era così premuroso! Ritrovando un po’ di coraggio, Kan allentò la stretta e in breve fece scivolare via le mani, quindi con le braccia risalì e le intrecciò attorno al collo di lui. Percepì qualcosa di caldo strusciarsi fra le cosce, avanzando fino ad entrare in contatto con la sua parte intima. Un ospite che entrò in casa senza chiedere permesso, lentamente, procedendo adagio e sempre più in fondo. Una sensazione di paura si fece di nuovo sentire in lei, questa volta amalgamata con una più piacevole che poco alla volta prese il sopravvento. Hanma non staccò gli occhi dai suoi nemmeno per un istante, fino a quando non arrivo tutto in fondo. Emise un leggero suono gutturale e prese respiro. “Tutto a posto?” Le bisbigliò.
Kan fece un cenno affermativo col capo, quindi lui prese a muoversi lentamente. Non se lo aspettava da se stesso di essere così accorto e premuroso. Finora aveva avuto rapporti solo con alcune ragazze facili, di quelle che lo fanno senza sentimento, di conseguenza anche lui lo faceva allo stesso modo, giusto per divertirsi. Niente a che vedere con quello che stava facendo con lei in quel momento. Cogliere ogni piccola sfumatura della sua voce o dei suoi sospiri, ogni piccolo movimento del bacino, ogni luccichio nei suoi occhi…tutto era nuovo, per lui. Un sentimento che Kan condivideva. Per quanto avesse avuto una storia fissa per anni e rapporti più o meno regolari, stava sperimentando nuove emozioni sulla propria pelle, un nuovo piacere che non era solo dovuto alla penetrazione. Il contatto visivo magnetico, il calore del suo corpo, il forte aroma creato dal suo sudore e dal profumo. Era come trovarsi dentro una bolla al di fuori del mondo e del tempo. Una bolla che esplose nel momento in cui raggiunsero entrambi il picco del piacere. Kan avrebbe voluto stringerlo a sé e coccolarlo per un po’, invece Hanma si spostò quasi subito.
“Ahh, l’ho riempito… Per colpa del collare e dei dolori atroci era da un po’ che non mi scaricavo.” Sfilò il preservativo e gli fece un nodo, quindi lo buttò a terra con noncuranza. Poi si sdraiò sul fianco, il braccio piegato per sorreggersi la testa col dorso della mano. “Ti è piaciuto?” Dopo la profonda serietà e concentrazione del rapporto, gli era tornato il tipico sorriso furbo.
“Avevi ragione, mi sono abituata subito!” Ammise lei, bando agli imbarazzi.
“Quindi come funziona qua? Abbiamo un orario o possiamo restare quanto vogliamo?”
“In verità…questa è la mia stanza!”
Hanma strabuzzò gli occhi. “Tua?? Cioè, tua tua?”
“Ah ah! Sì, mia mia! Me l’hanno regalata per il mio ultimo compleanno! Per molto tempo ho dormito con Ken, poi un giorno il Direttore e le ragazze hanno deciso che ero troppo grande e, visto che avevo un ragazzo fisso, hanno avuto questa idea!”
Quelle ultime parole ebbero un effetto immediato su di lui, mise su un’espressione ferita e cupa che traspariva ciò che stava pensando. A Kan non dispiacque, però capì di dover fare uan doverosa precisazione. “A quel tempo avevo già iniziato ad avere problemi con Mikey e questa stanza è diventata più un rifugio per non tornare a casa dei miei. A lui non l’ho mai detto.”
Di nuovo l’espressione di Hanma fu istantanea e nei suoi occhi balenò uan speranza.
Kan gli sorrise. “Sei ufficialmente il primo ragazzo che porto qui! A parte mio fratello.”
Hanma ridacchiò. “Tu sei…incredibile! Per questo voglio farti conoscere il mio migliore amico! Sono sicuro che andreste d’accordo, siete entrambi fuori dalle righe!”
“Ah giusto, mi avevi accennato di averne uno! Mi piacerebbe conoscerlo!”
“Ne ho già parlato al telefono con lui! Possiamo organizzare un incontro uno di questi giorni!”
La stava facendo semplice, in verità Kisaki aveva sollevato qualche dubbio. In fondo poteva essere rischioso farle conoscere la persona che di fatto era la mente diabolica dietro alle tragedie degli ultimi mesi. Lui invece era fiducioso e già immaginava di formare un bel trio all’insegna del divertimento! Un divertimento oscuro.
*
 
Data la totale incapacità di Kan di farsi i cazzi su-cioè, di pazientare il giorno dell’incontro per conoscere questo misterioso migliore amico, aveva talmente assillato Hanma di domande che alla fine lui aveva ceduto e le aveva rivelato che si trattava di Kisaki. Sulle prime Kan non aveva realizzato l’informazione ottenuta, poi aveva collegato quel nome a una faccia e questo aveva dato il via ad una raffica di domande, a cui però Hanma non aveva voluto rispondere. Quando arrivò il giorno dell’incontro, la tensione tra i due era particolarmente alta, tanto più che questo si svolse all’interno della vecchia sala giochi dove aveva sede la sconfitta Valhalla.
Passo dopo passo, Kan era sempre più nervosa. Per lo meno il disegno dell’angelo senza testa era ancora lì all’entrata, pronto ad accogliere quell’anima smarrita. Entrò seguita da Hanma, erano entrambi così silenziosi che i loro passi rimbombarono fra le pareti in modo quasi spettrale. Non era cambiato nulla in quel periodo, siccome nessuno ci aveva più messo piede, ogni cosa era rimasta come l’ultima volta. Gli stessi mozziconi di sigaretta ammucchiati dentro gli ufo-catcher dai vetri distrutti, le stesse impronte di fango sul pavimento, le stesse sedie spostate davanti ai macchinari dei videogiochi…forse anche lo stesso odore di fumo. Dettagli a lei cari, di un periodo di gioia che non sarebbe più tornato. In fondo vide l’area relax coi divanetti, dove era solita trascorrere la maggior parte del tempo assieme ai ragazzi. Un attacco di nostalgia le ricordò la faccia pacioccona di Chome che mangiava patatine in continuazione, oppure il viso gentile e sorridente di Chonbo, o ancora…Kazutora.  Nell’istante in cui il volto del suo migliore amico le attraversò la mente, intravide qualcosa oltre lo schienale di uno dei divanetti. Erano capelli biondi? D’istinto si diede alla corsa, ignorando il richiamo sorpreso di Hanma dietro di lei. Fece una sgommata con le nuove scarpe a zeppa e… “Tora!”
Un ragazzo che non gli assomigliava per niente alzò lo sguardo su di lei. Quella carnagione scura, quei capelli ossigenati e tirati su col gel, quegli occhiali dalla montatura severa che lo rendevano più maturo. Lo ricordava bene, quello era Kisaki.
“Mi dispiace, a quanto ne sono Kazutora è rinchiuso nel carcere minorile.” La sua voce ferma e piatta non mostrava alcun segno di dispiacere.
Hanma arrivò alle sue spalle. “Ehi, Kan, tutto bene? Hai corso come se avessi visto un fantasma!”
Vide il suo sguardo sinceramente preoccupato. Si sentiva una stupida. Si era immersa nei ricordi e aveva perso la razionalità. Lo sapeva che Kazutora non poteva essere lì.
“Sì… Mi sono solo confusa… Sto bene.” Non riuscì ad accennare un sorriso come avrebbe voluto.
Hanma la fece accomodare su un divanetto e si sedette accanto a lei, cingendole le spalle con un braccio. Era il suo modo di darle supporto.
“Dunque…Kisaki… Shu mi ha detto qualcosa su di te, ma ci sono delle domande che vorrei farti.”
Kisaki porse la mano per invitarla a continuare.
“Perché il nuovo Capitano della Terza squadra della Toman è segretamente amico del Secondo della Valhalla? E perché il 31 ottobre Kei-” Si bloccò. Era da tempo che non pronunciava più quel nome e non pensava a lui.
Vedendola in evidente difficoltà, Kisaki prese la parola. “Non sei obbligata a dire il suo nome, se non ce la fai. La risposta alle tue domande è semplice. Sono entrato nella Toman con lo scopo di impossessarmene. Baji lo aveva capito, ha finto di tagliare i rapporti con tutti per infiltrarsi nella Valhalla e verificare i suoi sospetti. Il giorno dello scontro  ha provato a uccidermi.”
Mentre lui era il ritratto della calma, Kan al contrario era agitata e faceva fatica a respirare. Si morse le labbra e si portò una mano al petto, sentendo una fitta. “Di cosa stai parlando? Che cosa hai intenzione di fare?”
“Te l’ho detto. Voglio impossessarmi della Toman, farla diventare la gang che desidero e usare Mikey come un burattino al mio comando.”
Hanma, sempre più preoccupato per lei, avanzò una premura. “Vado a prenderti qualcosa al distribuite automatico qui fuori?”
Lei scosse il capo. “No, grazie… Sta succedendo tutto così in fretta… Io…” Prese un respiro profondo e cercò di calmarsi. “Va bene… Però…perché mi stai dicendo queste cose?”
Sulle labbra di lui apparve un mezzo sorriso. “Perché credo che la faccenda ti interessi! Vedi, sono stato io a creare la Valhalla.” Si portò un dito alla tempia. “L’ho ideata, ho messo Hanma a capo e sono andato personalmente a reclutare il tuo caro Hanemiya Kazutora. Nel giro di pochi giorni ho messo su una gang di 300 elementi con lo scopo di schiacciare la Toman e piegare Mikey al mio volere.” Notò la profonda sorpresa negli occhi di lei, d’altronde se lo aspettava. “Esatto, la tua preziosa Valhalla, i nuovi amici a cui ti sei legata, le giornate spensierate che hai trascorso qui dentro…tutto quanto è avvenuto grazie a me!”
Kan aveva il cuore che batteva come un tamburo, sentì la stretta di Hanma farsi più forte attorno a lei.  Forse non era pronta ad essere trascinata in quella verità, ma ormai c’era dentro. “Posso…farti un’ultima domanda, Kisaki?”
“Se prometti di non collassare, d’accordo! E’ la prima volta che vedo Hanma così in pensiero per qualcuno!”
Cosa ci fosse di divertente in questo, davvero non lo capiva. Di nuovo prese respiro, quindi guardò Kisaki negli occhi con lo sguardo più fermo che poté. “Mi sembra chiaro che questo non è un incontro di piacere. Quindi la mia domanda è questa: che cosa vuoi da me?”
Adesso il sorriso di Kisaki si fece più ampio e più diabolico che mai.


Continua nel Capitolo 26: [Rumble Of Thunder]
  
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