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Autore: holls    22/12/2023    5 recensioni
La quattordicenne Melissa e sua madre Dana sono in cerca di tranquillità dopo il divorzio che ha scosso e distrutto la loro famiglia.
Decidono quindi di passare un paio di settimane in una tranquilla cittadina situata tra le montagne austriache, con l'intenzione di fare trekking nei boschi per ristabilire un contatto con la natura.
L'accidentale quanto inquietante ritrovamento della carcassa di un cervo, però, le porterà a scoprire che quei boschi celano più di un segreto, e che anche gli abitanti della tranquilla Leibnitz hanno qualcosa da nascondere...
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Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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18

 

Dana osservò le sue scarpe da trekking piene di fango e si lasciò sfuggire una smorfia disgustata. Aveva piovuto tanto nelle ultime ore, e se percorrere quel sentiero l’aveva già infastidita il giorno prima, quando era relativamente asciutto, c’era solo da immaginarsi come la facesse sentire in quel momento. 

Melissa era davanti a lei, e camminava scaltra, incurante del fango che si attaccava sulle suole e che talvolta le schizzava sugli stinchi. Lo stesso non si poteva dire di Dana.

Ogni passo emetteva un rumore simile a quello di uno schiaffo sulla pelle a riposo, mentre le sue scarpe da trekking affondavano nelle pozze di fango diventando, a poco a poco, sempre più sporche. Aveva dei buoni calzettoni a proteggerle i piedi, ma niente che la proteggesse dall’insofferenza di quel rumore. Alla fine si era ridotta a saltare di zolla in zolla, attenta a evitare le pozze, con più fallimenti che successi.

Avrebbe voluto dire qualcosa a sua figlia. Sentiva, dentro di sé, un peso che a ogni passo si faceva sempre più grande e fagocitante, che la divorava coi sensi di colpa.

Perché?, riusciva solo a chiedersi, consapevole che quella era solo la prima parola di una domanda che non era capace di porsi per intero. Ci provò un altro paio di volte, senza che le parole trovassero una forma nella sua mente. 

Melissa la stava distanziando sempre più. Camminava guardando davanti a sé, senza preoccuparsi di lasciarla indietro. Era stato così fin dal primo momento in cui aveva lasciato l’hotel, dopo la discussione con Heike. Come il giorno prima, si erano dirette ai confini della città svicolando tra un paio di strade che si snodavano tra le poche abitazioni presenti; poi si erano incamminate sulla strada asfaltata che segnava l’inizio del sentiero, finché non si erano inerpicate nel vicolo sterrato che le aveva condotte sulla via che stavano percorrendo.

Per tutto quel tempo, Melissa non aveva detto una parola. E mano a mano che proseguivano, la ragazzina si allontanava sempre più da Dana: prima un passo avanti a lei, poi due, poi dieci. Era quasi in grado di avvertire il risentimento proveniente da sua figlia, quasi fosse stata una luce che si irradiava tutt’intorno a lei. Sapeva che Melissa era arrabbiata, ma Dana non aveva idea di come tirare fuori il discorso. Sì, i sensi di colpa che provava c’erano, forti e chiari; eppure Dana sapeva che forse non erano per ciò che aveva provato, ma per un sentimento che avrebbe dovuto far capolino e che invece non si era proprio presentato.

Melissa si voltò indietro. Dana ebbe solo conferma di ciò che aveva solo intuito, a giudicare dal cipiglio sul volto della ragazzina.

«Sei lenta, mamma», la rimproverò. Tornò a guardare davanti a sé e proseguì. Dana pensò che forse si era voltata perché non sentiva più i suoi passi – spirito di sopravvivenza, insomma.

Bene, pensò. Così ora mi odierà anche lei.

Sapeva di non poterla biasimare.

Sono una pessima madre.

Oh, sì che lo sei, le sussurrò con malizia una voce gracchiante di donna. Vogliamo parlare di quello che è successo, Dana? Sai, quel piccolo incidente di qualche tempo fa…

«Sta’ zitta!», urlò Dana. Melissa, com’era prevedibile, si voltò di scatto verso di lei.

«Prego?!»

Sua figlia aveva un’espressione incredula sul viso.

«Non dicevo a te, Lis», tentò di giustificarsi Dana, ma la smorfia sul volto di sua figlia sembrava chiederle se la credesse stupida. La ragazzina spalancò le braccia, in cerca di una spiegazione, ma Dana si limitò a fare un’alzata di spalle.

«Davvero», provò ancora, «stavo solo… pensando.»

Melissa le lanciò un’occhiata, la stessa che Dana aveva immaginato sul volto dei suoi studenti quando avevano ritrovato il cervo. Starà pensando che sono pazza, concluse tra sé e sé. E forse non avrebbe tutti i torti.

La ragazzina schioccò la lingua e alzò gli occhi al cielo, per poi tornare a camminare.

«Lis?», la richiamò. Melissa si fermò di nuovo scocciata e la guardò torva, e Dana per la prima volta le vide sul volto un guizzo di maturità, che ritenne inusuale per una ragazzina di appena quattordici anni. Le sembrò quasi che i ruoli si fossero invertiti, che fosse lei stessa a dover giustificare una marachella (oh be’, qualcosa di più) di fronte a sua figlia.

Dana recuperò i passi di distanza che le avevano separate fino a quel momento, finché non si trovarono faccia a faccia, col cipiglio di Melissa che la metteva sempre più in soggezione. Quando poi sua figlia incrociò le braccia, in un chiaro segno di chiusura, Dana ebbe la sensazione che quella maturità fosse molto più di un guizzo.

«Lis…», iniziò, con un tale tono paternalistico da irritare ancora di più Melissa, «quello che vorrei dirti è che spesso dobbiamo scegliere le battaglie da affrontare. Non tutte valgono la pena di essere combattute, se questo significa indebolirsi.»

«Certo», ribatté sarcastica, «perché non è a te che dicono che sei scema.»

«E cosa credi che mi dicano? Come pensi che mi trattino?»

Melissa liberò le braccia con un gesto di stizza e tornò a camminare.

«Lis, aspetta!»

Dana la raggiunse e la fermò per un braccio, costringendola a guardare sua madre negli occhi.

«Perché per una buona volta non pensi anche a Brad, mamma?»

Melissa aveva ancora le labbra socchiuse quando finì quella frase. Dana si sentì rabbrividire, temendo che potesse aggiungere altro, che potesse nutrire ancora il suo senso di colpa. Invece quelle stesse labbra non fecero spazio ad altre parole, lasciando che il seguito di quella frase – quella che forse Dana non riusciva a trovare dentro di sé – fluttuasse incorporea sopra le loro teste, senza che nessuna delle due volesse acciuffarla.

Gli occhi di Melissa si inumidirono. Quando le divenne insostenibile, la ragazzina si voltò per proseguire. 

Fu questione di un attimo.

Melissa mise il piede su una zolla di terra imbevuta d’acqua. Ci fu uno smottamento, e scivolò, precipitando oltre il sentiero. La sua sagoma uscì dal campo visivo di Dana in un istante.

«Melissa! O mio Dio, no!»

 

   
 
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