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Autore: Princess of the Rose    24/12/2023    0 recensioni
Raccolta su 2pTalia.
Miscellanea 2: "Republic of Canada," disse America aprendo la scatolina e rivelando un anello dorato con sopra una decorazione a forma di maglietta di hockey, "Se vuoi farti perdonare per avermi tradito con Russia, accetta di sposarmi!"
Il turbine: Backmasking, Jouska, Rubatosis, Énouement, Chrysalism [Tabella "Il dizionario delle emozioni" di Lande di fandom]
Incontri del 2p tipo: XX.XX.20XX: per qualche motivo, si è aperto un varco interdimensionale. Visto che non si è richiuso, le due dimensioni comunicanti decidono di intraprendere relazioni diplomatiche.
Le vacanze unite: La quasi-Federazione europea va in vacanza
Romano e i gatti che non voleva: titolo esplicativo... [Maritombola 14]
Natale 1991:Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Titolo: Natale 1991

Personaggi: Bielorussia (Darya Aslovskaya); Ucraina (Olga Kovalenko); Austria (Franz Eldelstein); Polonia (Tomash Łukasiewicz); Portogallo (Alfonso Sousa); Spagna (Francisco Carlos Carriedo); Stati Uniti d'America (Timothy F. Jones); Canada (Lorenz Williams); Germania (Georg Joseph Beilschmidt); Belgio (Laura Magritte); Paesi Bassi-Olanda (Christian van Dyk); Francia (Jean-Baptiste Bonnefoy); Lussemburgo (Sébastien Junker); Italia Romano (Matteo Vargas); Italia Veneziano (Marco Vargas).

Genere: Introspettivo, Malinconico

Avvertimenti: Nessuno

Note aggiuntive: Ecco qua lo speciale di Natale. Tra Maritombola e impegni nella vita reale non credo riuscirò ancora a tornare agli update settimanali - e tra l'altro mi sa supererò i 30 capitoli, con tutte le idee che ho in testa ._. Facciamo che arrivo a 35, via.
Spero che lo speciale natalizio vi piaccia!


Se vi va, sono su tumblr per ogni evenienza.

Enjoy

 


23.12.1991, ore 22:47 (orario di Mosca)

Bielorussia alternava nervosamente lo sguardo tra le mani sul proprio grembo e la sorella, intenta a fumare la ventesima sigaretta della serata - inutile era stato pregarla di smettere: lo sguardo di Ucraina era stato glaciale e l'aveva zittita in poco tempo.

Avrebbe voluto rientrare in casa per riscaldarsi ma non le andava proprio di affrontare suo fratello: avrebbe preferito infreddolirsi vicino a Ucraina che parlare con Russia in quel momento.

Si respirava un'aria strana da quando c'era stato quel repentino cambio di regime: in pochi giorni il comunismo non c'era più, un intero sistema politico cancellato come una spugna cancella le scritte di una lavagna; al suo posto non il capitalismo tanto odiato, ma una sua forma più digeribile per  una popolazione a cui era stato insegnato ad odiarlo fino all'altro ieri. Idealmente dovrebbe essere una transizione lunga che permettesse di reggere gli inevitabili colpi economici e sociali; nella realtà non ci stava capendo più nulla nessuno.

Solo due cose erano certe: Russia non li avrebbe mai lasciati andare del tutto e si era già preparato un accordo militare per tenerseli stretti in vista dell'inevitabile disfacimento del sistema; e l'Unione europea, con il loro rifiuto ad espandere la loro influenza ad est, li aveva praticamente sbattuto la porta in faccia. L'unica alternativa a Russia rimanevano quindi America, che però era lontano e che doveva comunque passare per l'Unione per raggiungerli, e Cina, che era ancora più lontano di America e al Vecchio continente era completamente disinteressato.

Una situazione critica in cui la scelta pareva una mera illusione: l'unica decisione che potevano prendere era per chi avrebbe fatto meno danni con la sua ingombrante presenza.

"Bilorusʹ," la voce di Ucraina era roca per il fumo e la ridestò dai suoi pensieri con un piccolo sussulto.

"D-Da?"

"Ti stai congelando, torna dentro," disse, spegnendo la sigaretta sul cornicione.

"N-Niet sto bene," rispose, sfregando le mani rosse per il freddo. Ucraina le lanciò un'occhiataccia, poi sospirò e tornò nel soggiorno. Bielorussia, un po' dispiaciuta, la seguì a capo chino.

Al piano superiore c'erano solo loro: gli altri erano tutti riuniti nel salone grande in attesa di sapere come sarebbe andata la votazione in Germania e Paesi bassi per la ratifica della Costituzione che avrebbe reso l'Unione una Federazione a tutti gli effetti. Era uno degli eventi più attesi dell'anno, perché su quella ratifica Francia e gli altri si sarebbero probabilmente giocati il matrimonio. Ucraina, però, non aveva voluto seguire quella maratona e si era ritirata a fumare; Bielorussia, stanca per tutti quei cambiamenti frenetici, le era andata appresso senza proferire parola. Nessuna delle due si era fatta illusioni come il loro fratello: l'Unione non sarebbe mai saltata del tutto, e se questo non era l'anno della Federazione lo sarebbe stato il prossimo. Forse anche Russia se ne rendeva conto, quando il terrore di essere invaso non minava la sua lucidità.

"Siastra, vuoi che ti prepari qualcosa, non hai mangiato quasi nulla oggi," disse Bielorussia dopo aver chiuso la finestra.

"Sto bene così."

"Ukraina-"

"Sto bene così," ripeté, sedendosi sul divano e incrociando le gambe.

"Ukraina ti prego-"

"Darya," Bielorussia sussultò all'uso del suo nome umano,"ti ho detto che sto bene così, non far finta di preoccuparti."

"C-Cos-"

"Devi pensare più a te stessa," disse Ucraina, giocherellando con i bottoni della camicia di seta che indossava, "Siamo state abbandonate da tutto e da tutti, possiamo contare solo su noi stesse e onestamente non so quanto posso contare su di te."

Bielorussia strinse la gonna del suo abito e si morse un labbro. Non voleva affrontare quella conversazione.

"Ukraina ti scongiuro, io non voglio tutto questo, io-"

"Darya, non siamo esseri umani, le tue favolette sulla famiglia perfetta questo sono, favolette," disse Ucraina, ignorando l'espressione ferita dell'altra, "Non voglio rimanere qui in eterno, me ne voglio andare e un modo lo troverò."

Un desiderio condiviso anche da Bielorussia, che tuttavia non pareva realizzabile nel breve periodo.

"Non voglio che tu venga isolata di nuovo," disse, sedendosi vicino la sorella, "Non dico che dovete andare d'amore e d'accordo, però neanche tutto questo."

Erano anni ormai che Ucraina e Russia non si parlavano: Ucraina non gli aveva mai perdonato quell'ingerenza che sentiva le aveva tarpato le ali, e Russia era troppo paranoico per vedere che si era alienato le sorelle. Bielorussia ci aveva sofferto molto, più volte aveva dannato la sua esistenza di nazione che sembrava non portarle mai alcuna soddisfazione, solo miseria,.

"Quando mi chiederà scusa potremmo iniziare a parlarne," disse Ucraina, lo sguardo duro. Sapevano entrambe non sarebbe mai successo: se c'era una cosa in cui lei e Russia si somigliavano era un orgoglio smisurato.

Bielorussia sospirò e poggiò la testa sulla spalla dell'altra, ignorando il freddo pungente nella stanza.

"Andrai da Kanada a per il loro Natale?" chiese. Russia non sapeva che il suo vecchio compare di letto se la faceva con sua sorella, un segreto che Ucraina intendeva tenersi stretto ancora per un po', giusto perché l'onta di essere riuscita a fargliela sotto il naso si depositasse per bene.

"Penso di si," disse, carezzando la testa della sorella in un raro gesto di affetto - era sempre stata una donna molto anaffettiva, specie dopo quel secolo di guerre.

Il silenzio in cui rimasero dopo quella breve conversazioni fu interrotto da esclamazioni concitate, seguito dal rumore di passi: Lituania aprì la porta poco dopo,

"È passata," disse, pallido in volto, "Vokietija e Nyderlandai hanno ratificato."

Bielorussia si rimise seduta composta, e Ucraina sospirò. Nessuna delle due era sorpresa.

"Pensi avremo un invito per il matrimonio?" chiese Ucraina poco prima che i telefoni di casa iniziassero a squillare insistentemente e Russia sbattesse la porta della sua camera, chiudendosi dentro a chiave.







23.12.1991, ore 20:01 (orario di Bruxelles)


Austria si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi, sentendosi incredibilmente stanco. Era la viglia di Natale, avrebbe dovuto essere a passeggiare tra i mercatini invece che stare in una fredda stanza del Parlamento europeo a discutere di un futuro che non si prospettava ne roseo ne buio. Avrebbe preferito mille volte la certezza della tragedia a questa situazione.

"Quello delle regioni a statuto speciale era l'ultimo grande blocco," disse Danimarca, il volto poggiato sulle mani e gomiti sulle ginocchia mentre fissava lo schermo dove una giornalista stava dando notizie in tempo reale davanti al parlamento olandese, "Non credevo l'avrebbero superato."

La Costituzione che avrebbe segnato il passaggio da Unione a Federazione aveva seriamente rischiato di far saltare l'intero progetto politico: c'erano molte regioni autonome nei territori della presto Federazione, non poche che ambivano a una totale indipendenza; dove Germania e Paesi bassi volevano mantenere un regime più morbido nei loro confronti Francia e Belgio erano categorici nel tenersele strette e non dare loro alcuna chance per una possibile autonomia; dopo un anno di discussioni e di stallo alla fine l'aveva spuntata la proposta di Veneziano e Romano: creare regioni a statuto speciale, che riconoscessero le unicità regionali senza però svincolarle dal controllo di uno stato centrale. Germania e Paesi bassi erano stati reticenti, temendo fosse una proposta troppo stringente per i loro territori che rischiava di creare nuove tensioni, ma alla fine avevano ceduto. La Costituzione sarebbe quindi entrata in vigore l'anno seguente in coincidenza con l'inizio per la campagna elettorale per le prime elezioni della Federazione. Una volta avvenute ci sarebbero state le cerimonie ufficiali, compreso quel famigerato matrimonio.
Cosa tutto questo significasse per loro era abbastanza ovvio: l'attuale capa di Stato dell'Unione aveva loro offerto un processo di totale affrancamento dalle loro istituzioni, senza chiedere nulla in cambio neanche per tutto quello che era stato investito nella loro economia dopo la guerra. Questo perché era perfettamente consapevole che nessuno si sarebbe affrancato: la scelta era rimanere con l'Unione e conservare un minimo di autonomia, o andarsene e finire subito nelle grinfie di America e Russia. Era come scegliere tra le catene e una bestia pronta a divorarti; non era una scelta.

"Quanto odio tutto questo," si lamentò Portogallo, scuotendo la testa. Vicino a lui Spagna emanava scintille dagli occhi e faceva profondi respiri mentre continuava a fissare la televisione.

"Se posso dire la mia," disse Polonia, parlando per la prima volta da quando quella piccola riunione era inziata, "Non mi sembra una situazione così tragica, Fidatevi, poteva e può andarvi peggio."

"La fai facile tu, te eri contento quando ti hanno messo le basi militari dentro casa," replicò Portogallo, acido. Polonia fece spallucce.

"Sono realista, quelle basi sono una assicurazione alla mia difesa. Lo sono anche per voi è per questo."

"Sono una minaccia."

"Mi hanno tenuto al sicuro, questo mi basta," disse il polacco, indolente. Portogallo scosse la testa e si voltò verso Spagna: "Tu non dici nulla?"

"C'è qualcosa da dire?" chiese l'interpellato senza staccare lo sguardo dallo schermo, "Sono sottoposto delle mie stesse proprietà, e la cosa non mi va giù."

"Romano non è-"

"Polen non ha torto," lo interruppe Austria per evitare una scenata, ignorando l'occhiataccia del portoghese, "Alla fine non mi pare ci sia molta scelta. Stiamo prosperando e siamo in salute, questo ci dovrebbe bastare no?"

"La fai facile tu, mica hai dovuto rinunciare al tuo impero perché se no quegli altri sei non potevano giocare al 'liberatore'," disse Portogallo sprezzante, le mani strette a pungo, "Per non parlare di come dirottano tutto quello che viene dall'Atlantico verso Romano o Holanda. Sarei molto più prospero se i miei porti funzionassero come dovrebbero."

"Non parliamo di porti," disse Danimarca, mesto, "Almeno non hai navi da guerra a pattugliare le tue coste."

"Ancora devo capire come hai fatto a non notare *America* che ti passava sotto la finestra," borbottò Portogallo, che quella sera ne aveva proprio per tutti.

"Non è colpa mia, ero un po' giù in quel periodo."

"Infatti adesso sei l'apice della felicità,"

Austria sospirò, non aveva le forze per porre fine a quel battibecco. Guardò la televisione e vide che la diretta era stata spostata davanti al Parlamento europeo.

"Abbiamo le prime dichiarazioni da parte dei capi di stato degli altri paesi. Il presidente degli Stati Uniti si è congratulato e ha affermato che questo è un nuovo inizio per il continente, sottolineando però che i vecchi amici non vanno dimenticati. Su toni simili è stato il messaggio del presidente russo. Congratulazioni meno cariche di avvertimenti arrivano dall'Africa e dall'Asia, infatti-"

Smise di ascoltare, trovando nelle parole del reporter la non scelta che gli si prospettava davanti.

Nella stanza nessuno spiccò più parola.







23.12.1991 ore 14:30 (orario di Washington)

Canada evitò per un soffio il vaso contro la sua fronte, e si voltò verso il presidente degli Stati Uniti e il suo entourage, seminascosto dietro la porta della stanza ovale.

"La scongiuro," scandì il presidente, indicando suo fratello, il quale stava distruggendo la stanza in un impeto d'ira - che solo Canada avrebbe potuto fermare, motivo per cui era stato chiamato in fretta e furia.

"Neanche più le mazzette funzionano", sbraitò America mentre lanciava le penne una ad una contro il muro, "Che diavolo li paghiamo a fare quei politici se poi fanno passare le leggi senza dire nulla?!"

Informazione interessante. Canada se la annotò mentalmente, certo che gli sarebbe tornata utile, per poi prepararsi a placcare suo fratello.

"Dannato France è tutta colpa sua e del suo harem," digrignò, afferrando una sedia e lanciandola contro il divano. Canada ne approfittò per lanciarsi contro di lui e bloccarlo a terra; solo allora America parve accorgersi della sua presenza, e subito si agitò per liberarsi.

"Mollami, dannato traditore!"

"Datti una calmata, stai spaventando tutti," disse Canada, per poi annusare l'alito del fratello, "Quanto diavolo hai bevuto!?"

America non gli rispose, con uno strattone liberò un braccio e diresse un gancio contro la guancia dell'altra nazione, il quale però parò facilmente quel colpo tremolante per lo stato di ubriachezza; si voltò poi verso il presidente ed esclamò: "Chiuda la porta ci penso io!"

"Tu!" urlò America, guardando malamente il proprio capo, il quale trasalì davanti a quel rimprovero "È tutta colpa tua, tua e delle tue politiche concilianti!"

"Chiuda la porta!" urlò Canada, bloccando il fratello a terra mentre l'entourage del presidente faceva come era stato loro ordinato,

"Lasciami Canada! Non puoi capire!" America, non riuscendo a svincolarsi, si accasciò a terra, gli occhi lucidi, "Non è ancora arrivata la mia ora, non di già!"

"Di che diavolo stai parlando!?" Canada mantenne salda la presa ma si spostò di modo da poter vedere il fratello negli occhi. Fu sorpreso quando sentì America mentenere a stento un singhiozzo - l'alcol doveva aver di molto abbattuto il suo orgoglio e lucidità per ridurlo così.

"Se quelli si sposano posso dire addio alla mia influenza sull'Europa," si lamentò, "Ho fatto di tutto per impedirglielo, ho diffuso menzogne, fake news, cercato d farli litigare, corrotto i loro politici, pure quel colpo di stato da Italy l'altro anno. Ma niente si sposeranno e io mi toccherà stare alle loro condizioni e io non voglio!"

"Stai facendo questo bordello per dei capricci!?"

"Non sono capricci. Sono United States of America! Sono una superpotenza non puoi capire queste cose eri una patetica colonietta fino a ieri!"

"America-"

"Ma che ne parlo con te, mentre ci facevamo la guerra sei andato a spassartela con Russia e ora te la fai con Ukraine- Oh non guardarmi così, certo che lo sapevo che state assieme! Se non è Russia è la sorella, goddamit!"

"Timothy, calmati!"

"No Lorenz non mi calmo! Mio fratello se la fa con i mei nemici o cerca di farsi adottare da loro, sono stufo!" confessò infine, reso onesto dall'alcol. America colpì con la testa il pavimento un paio di volte, prima di proseguire: "Perché nessuno ha voluto sposarmi? Non voglio fare come Russia, volevo lasciare che gli altri decidessero. Mi hanno tutti detto di no, perché?"

Canada si morse il labbro, non sapendo cosa dire. Non si aspettava quel risvolto.

"Timothy, senti," disse, lottando contro la sua naturale riluttanza a mostrare affetto, "Sei troppo ubriaco, domani ti pentirai di quanto mi stai dicendo."

America gli rispose con un singhiozzo, senza guardarlo negli occhi.

"Ti porto a casa adesso, così ti fai passare la sbornia. E non parleremo più di questa conversazione." disse. Provò ad allentare la presa e una volta certo che America non si sarebbe ribellato si mise in ginocchio, afferrò le braccia dell'altro e lo tirò a sé per poterselo mettere sulle spalle; poi si alzò e si diresse verso la porta. Quando la aprì il capo di suo fratello era pallido in volto, e sbiancò ulteriormente quando vide in che condizioni era il suo ufficio,.

"Oh che disastro," lamentò, passandosi le mani nei radi capelli, condividendo lo stato d'animo dei suoi collaboratori.,

"Lo porto a casa, non credo sarà disponibile domani."

"Si si certo," il capo di America sospirò, "La ringraizo *Mr. Canada*. Mi dispiace averla disturbata a Natale. Prometto che prenderò seri provvedimenti"

"Si figuri, non ce ne è bisogno," Canada fece spallucce, per poi incamminarsi verso l'uscita. Senza farsi vedere si mise una mano in tasca dei pantaloni e spense il registratore. America non mosse un muscolo per tutto il tragitto.







24.12.1991, ore 20:51 (ora di Bruxelles.)

Agli applausi seguì il rumore dei bicchieri che battevano l'uno contro l'altro e dello spumante che veniva versato a fiumi. Era appena stato annunciato che la Costituzione sarebbe stata ratificata simbolicamente a febbraio dopo l'insediamento del governo che sarebbe nato dalle elezioni del mese precedente. Il primo governo di quella che presto sarebbe diventata una Federazione, e non più un'Unione.

Il che voleva dire...

"Congratulazioni per il matrimonio," disse quella che sarebbe presto diventata l'ultima presidente dell'Unione europea, alzando il calice verso si loro.

Francia mostrò un sorriso stanco, non osando voltarsi per vedere la reazione degli altri. Non sapeva come avrebbe dovuto reagire a quel nuovo sviluppo, che era conscio sarebbe arrivato prima o poi; più che altro lo sorprendeva l'assenza di tensione. Realizzò con vago orrore di essere ormai pronto alle nozze.

" *** vi illustrerà i dettagli della cerimonia nei prossimi giorni," disse la presidente prima di sorseggiare un po' del proprio spumante.

Francia si rabbuiò. Figurarsi se avrebbero avuto voce in capitolo su una cosa che li riguardava direttamente. Non avrebbe dovuto essere sorpreso.

"Non capisco come mai non si sia ricandidata frau *** " chiese Lussemburgo, dando voce al dubbio che tutti condividevano.

La prima ministra sgrullò le spalle: "Ho ormai i miei anni, penso che sia il momento giusto per ritirarmi. Siete in buone mani dopotutto."

"La sua esperienza sarebbe preziosa però," disse Belgio alla sua concittadina.

"Se servirà sarò ben felice di aiutare, ma ho proprio bisogno di riposarmi," rispose la capa con un piccolo sorriso prima di congedarsi.

Francia la guardò allontanarsi con un po' di tristezza. Era una brava donna e una brava politica, era un vero peccato che non intendesse avere un ruolo nella Federazione.

"Be', questo matrimonio sa da fare alla fine," disse Romano, sorseggiando il proprio spumante.

"Non siate troppo entusiasti eh, mi raccomando."

"Meh, sai che c'è Niederland? Non è una così cattiva idea alla fine no?" disse Lussemburgo, "Stiamo bene, l'economia va alla grande, presto avremo una moneta unica, siamo ben difesi. Possiamo davvero lamentarci?"

"Concordo," Paesi bassi annuì, per poi stiracchiarsi un poco e dare una gomitata sul finco di Belgio, "tanto più della metà qua è più che felice di sposarsi no?"

Veneziano, Romano, Germania e Belgio arrossirono, e quest'ultima subito diede uno calcio sullo stinco del fratello che non riuscì a parare il colpo in tempo. Francia si sorprese a sorridere davanti a quel piccolo battibecco. Lussemburgo non aveva torto: alla fine era andato tutto bene, e quella fede sul suo anulare non sembrava più una corda al collo pronta a togliergli il fiato.

Istintivamente si girò verso la folla e non fu sorpreso di trovare Inghilterra a fissarlo. L'inglese era quello che aveva preso la notizia della ratifica peggio di tutti: le occhiaie sotto i suoi occhi erano più marcate del solito, le unghie delle mani ridotte all'osso, il suo aspetto era trasandato nonostante avesse cercato di presentarsi alla festa al meglio. Nello sguardo che si scambiarono avvenne un'intera conversazione.

"Francia?"

Francia sussultò quando Veneziano gli poggiò una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.

"Q-Quoi?"

"Vogliono fare un brindisi davanti ai giornalisti vieni," gli disse, indicando gli altri che già si erano avvicinati alla loro capa.

Francia annuì e gli sorrise, poi si voltò di nuovo verso Inghilterra; lo vide esitare, alzare e abbassare le mani, poi sospirare.

Un'altra volta, concordarono silenziosamente. Francia sospirò e si avvicino ai suoi presto consorti, pronto per quel nuovo inizio.






Il Natale del 1991 è considerato un momento di svolta per la politica mondiale: l'Unione sovietica, dopo una gravissima crisi interna causata dal collasso del sistema comunista, viene succeduta dagli accordi di Mosca, che impegnano le ora ex Repubbliche sovietiche in accordi economici e militari.
Gli Stati Uniti consolidano la loro influenza nei due continenti americani, e in Africa prendono via le trattative per l'Unione dei paesi Nordafricani e della Federazione del Centrafrica.
L'Europa è ancora sostanzialmente divisa in due: il blocco est deve scegliere se guardare al vecchio padrone sovietico o agli Stati Uniti come modello di sviluppo, dopo che l'Unione europea ha dichiarato di non avere la benché minima intenzione di espandersi ad est.
E proprio riguardo l'Unione europea che c'è il cambiamento più importante: a seguito del superamento dello stallo sulla Costituzione, a gennaio dell'anno prossimo si terranno le prime elezione di quella che è diventerà a tutti gli effetti una Federazione con la firma della Costituzione a Maastricht a febbraio 1992.


 
   
 
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