Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: Queen of Superficial    29/12/2023    0 recensioni
“C’è qualcosa di strano, qui,” disse il Carro, infilandosi la t-shirt alla rovescia.
“Il tuo senso estetico,” ribatté l’Eremita.
“Qualcos’altro. È nell’aria. È come se ci trovassimo fuori dal tempo canonico.”
“Quanta tequila ha bevuto?”, si informò prosaicamente il Sole.
“Non abbastanza, evidentemente,” ribatté Brian.
“Finitela, sono serio.”
“E da quando tu credi ai fantasmi, Zacky?”
Il Carro sfilò pensieroso dalle mani di Jimmy il romanzo russo e lo aprì ad una pagina a caso: quindi, diceva il libro, ieri agli stagni Patraršie lei ha incontrato Satana.
“Da tutta la vita,” rispose.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: The Rev
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Hope is a dangerous thing for a woman like me to have

“Abbracciami.”
Viola guardò Shadows, che guardò lei, e lo fece. Stettero un po’ così a fissare il tramonto, finché lei non decise che era arrivata l’ora di fare quella domanda.
“Perché Brian non è venuto con noi a cercare la Santa?”
“Perché gli abbiamo chiesto uno sforzo che va al di là delle sue possibilità.”
“Intendi affrontare la possibilità concreta che Jimmy non sia immortale?”
“Intendo vedere te e Jimmy tubare come due piccioncini. Lo sai che Brian è innamorato di te.”
“Secondo te tutti quanti sono innamorati di me.”
“Sì, e non mi sbaglio.”
Viola sorrise. Avevano bevuto un po’, non sapeva neppure come mai fossero soli su quel terrazzo.
“E tu? Anche tu sei innamorato di me?”
“Facciamo finta che tu non me l’abbia mai chiesto, così non sono costretto a risponderti. Piuttosto, dovremmo rientrare. Quell’uccellaccio impagliato dell’assistente di tua nonna starà per farsi venire una crisi di nervi. In quale salotto siamo dislocati, stasera?”
“In nessun salotto, siamo nel gazebo in terrazzo.”
“Qui non c’è un gazebo.”
“Infatti non ho detto questo terrazzo. Siamo in quello principale, nella parte alta dell’ala ovest. Natasha sta dirigendo uno strano traffico di catering e addobbi floreali da questa mattina presto, suppongo sia un evento in grande stile.”
“Allora non possiamo farla arrabbiare.”
“Sono certa che sapresti come disinnescarla. Mio adorato Shadows, nessuno più di te è adatto a riportare una gallina a più miti consigli.”
“Come dimostra il mio lungo e, tutto sommato, sereno matrimonio.”
“Ho sentito perfino le virgole mentre lo dicevi, quel tutto sommato.”
“Ti prego, chiudiamo il discorso ancor prima di aprirlo.”
“Allora con me non vuoi parlare di niente.”
“Non è che non voglio,” disse Matt, pensieroso, “è che non posso.”

Viola arricciò il naso con fare cospiratore e il Sole sorrise, incantato.
“Val è una brava ragazza. Non saprei nemmeno da dove iniziare a vivere senza di lei; stiamo insieme praticamente da sempre ed è come se fosse una parte di me, ormai. Però a volte penso a come sarebbe una passione folle. Incontenibile. Incontrollabile. Fare l’amore con una donna perché devi, non perché ne hai voglia; perché non farlo significherebbe morire. Come Jimmy lo fa con te.”
Gli occhi di lei si inondarono di luce: “Te l’ha detto lui?”
“Non serve, lo conosco meglio di quanto conosca me stesso.”
“Val ti ama più di quanto tu non ami lei, ma non è insolito, tra un uomo e una donna.”
“Beh, Jimmy ti ama più di quanto, secondo me, sia possibile amare un altro essere umano.”
“Jimmy ha un talento per l’amore che prescinde la comprensione; tutto quello che ama, lo ama infinitamente. Non solo me.”
“Sì, ma te un po’ di più. Fidati.”
“Mi fido. Anche perché contraddirti è impossibile. È come cercare di discutere con le Dodici Tavole.”
“Ha smesso di bere come un pazzo, l’hai notato? Ha smesso e basta. E non gli manca. Me ne accorgerei, se gli mancasse. Tu non lasci spazi vuoti, fai sparire le ombre con un colpo della tua mano, e sei sempre nel posto giusto: accanto a lui.”
“Non lo faccio apposta; è che per me ‘accanto a lui’ è l’unico posto possibile.”
Si accorsero, quasi per caso, di aver camminato abbracciati fino all’altro gazebo e la sagoma di Jimmy si stagliò chiarissima nella poca luce della sera; aveva in mano un ananas e stava facendo ridere Natasha — cosa che, fino a quel momento, forse neppure Ananke aveva mai creduto possibile. Viola nascose il viso nel suo collo e si chiese quanto lontano si possa andare per amore dell’amore, che non è mai un sentimento, sempre una persona; nessuno ha mai scritto d’amore senza che ci fosse un corpo. Dante non aveva scritto la Divina Commedia per offrire un’analisi della condizione umana o della situazione politica del suo tempo, e men che meno per essere protagonista di un’epica migliore di quel poco che poteva dargli il quotidiano della vita, ma perché amava Beatrice e Beatrice era morta, se n’era andata per sempre da questo mondo di fenomeni, profumi e ritardi, ed aveva bisogno di un altro posto dove stare. Le serviva un nuovo mondo in cui essere viva e risplendere, fare quel che qui non aveva avuto il tempo di fare, — sempre così ciechi, tutti noi, così convinti di essere immortali, — ed avere ancora una mano da tendergli, una che lui potesse stringere. Così, si era seduto ed aveva scritto.

“Viola vuole sapere che un grande amore può tramortire un inevitabile destino.”
“Certo, è così. Ma sarebbe uno sbaglio dimenticare che è altrettanto valido, nonché molto più comune, il contrario: spesso un inevitabile destino tramortisce un grande amore.”
“Questo non la rassicurerà.”
“Ma lei non vuole essere rassicurata, Matthew; lei vuole una soluzione. E se la posta in gioco è così alta è giusto che sappia cosa rischia.”

Matt odiava che quella breve conversazione con Zacky e Ananke lo tormentasse notte e giorno. Matt odiava inoltre l’impertinenza delle zanzare, la geografia approssimativa del Messico indigeno, i salti quantici delle veneziane, gli schiaffi che gli tirava sua moglie durante il sonno (espressione, secondo lui, di un qualche inconscio turbamento della donna che però, in tutta onestà, non sentiva di condannare fino in fondo), l’acqua di mare troppo salata, ma soprattutto odiava l’idea che Jimmy potesse non essere lì per veder crescere i suoi figli. Per un uomo con un ego delle dimensioni di Saturno, che nei picchi di massimo autocompiacimento doveva reprimere la tentazione di provare a moltiplicare le sogliole nel reparto pescheria di Whole Foods per quanto si sentiva invincibile ed eterno, trovarsi faccia a faccia con il lato oscuro della materia e la caduca impertinenza della condizione umana non era stata una passeggiata.
“Dove sono i libri di Viola?”
La voce di sua moglie lo colse alle spalle, cosa che non finiva mai di fargli salire una furia omicida.
“Per favore,” si costrinse civilmente a risponderle, “restringi il campo e dimmi cosa intendiamo per i libri di Viola, perché per quanto mi riguarda tutti i libri del mondo, quelli già scritti e quelli ancora da scrivere, sono i libri di Viola.”
La casa degli spiriti e Santa Barbara dei Fulmini.”
Santa Barbara dei Fulmini ce l’aveva Zacky, l’ultima volta che l’ho visto. L’altro non so, sarà in uno dei ventisette salotti, sotto un astrolabio o a fare la guardia a un idolo di pietra recuperato durante una difficile ma avvincente spedizione archeologica sul fiume Orinoco.”
Val gli scoccò uno sguardo di complice approvazione: “Ti piace, questa famiglia.”
“Mi piace che siano pazzi in modo interessante.”
“Perché, esiste anche gente che è pazza in modo noioso?”
“Non ti è capitato di avere a che fare un po’ col mondo, negli ultimi decenni?”
Lei emise uno strano sbuffo da teiera che poteva voler dire tutto e niente. “Vado a cercare Zack, mi serve almeno uno dei due libri. Sento che devo leggerlo.”
Nel pieno della sua ricerca, trovò Jimmy che guardava la notte da uno dei balconi del primo piano.
“Stai bene?”, gli chiese, senza pause, “Dov’è Viola?”
“Io sto bene. Viola è con Ananke. Qualcosa a proposito di Mangrove, non mi andava di interferire.”
“Era davvero suo nonno?” 

“Sì, lo era davvero. Non so se lo fosse biologicamente, ma questo non conta. La adorava. Baciava la terra dove lei camminava. Restava ore ad ascoltarla, incantato. E non le ha mai permesso di dubitare del suo valore.”
Val si avvicinò con cautela.
“Stai bene, Jim?”
“No. Sono stanco, mi fa male il petto,” rispose con un sospiro, schiacciando con rabbia la sigaretta nel posacenere, “e l’unica cosa a cui penso è Viola. Tutto il tempo. Non sopporto l’idea di spezzarle il cuore.”

— outro —

Accadde tutto molto in fretta e, sebbene i segni ci furono, nessuno li vide; nemmeno lei, che viveva con addosso quel senso di allerta costante tipico di tutti i sopravvissuti a qualsiasi catastrofe. 
Sono già rimasta orfana molte volte, e di molte cose, ma mai in questo modo.
Brian era rimasto di sopra, millantando un mal di testa. O, almeno, Viola era quasi certa che lo stesse millantando; qualcosa nell’aria gli aveva disturbato la digestione della realtà e si era chiuso in un risentito mutismo. Brian diventava indecifrabile, quando qualcosa lo turbava; lontano come una stella e altrettanto rovente al tatto. Solo Jimmy, con quella sua innata propensione a non tener mai conto dei limiti propri ed altrui, poteva fare spontaneamente breccia nel muro di pietra che il chitarrista ogni tanto sollevava tra sé e il mondo; ma Jimmy non era con lui, era lì, sul pavimento buio del patio, e Viola lo urtò come si urta un oggetto caduto. Il panico della festa si contrasse fino al parossismo, il rumore si fece così forte che sparì dalla sfera della percezione, e lei guardò l’uomo che amava dalla distanza irreale da cui doveva star guardando anche Dio, il presente le sfuggì tra le dita e scoprì di non poter gridare, né muoversi, né immaginare oscure ombre col cappello a cilindro che ghignavano in lontananza. Le lacrime arrivarono così veloci che non seppero dove cadere, e le si appannarono gli occhi. Valary, parzialmente illuminata dai fiochi faretti della piscina, si sfilò le scarpe col tacco e cominciò a correre; doveva pesare la metà di Jimmy, ma lo sollevò da sola e lo accomodò in malo modo sopra una delle chaise-longue biposto. Una sua gomitata — tutt’altro che accidentale — all’altezza dello sterno rimise Viola in pari col mondo. Guardò Johnny, che guardò lei con il medesimo, crudele sgomento. Shadows apparve nella cornice della porta-finestra, senza capire: “Luce!”, gli gridò Viola, “Fai luce!”
Tutte le lampade del cortile si accesero all’unisono, in perfetta armonia, mentre lei scavalcava Val, saliva addosso a Jimmy e gli praticava un massaggio cardiaco feroce. Non c’era polso.
“Chiama un’ambulanza,” urlò Val a suo marito.
“Non c’è tempo,” sibilò Viola, disperata. “No, no, no. Avanti, amore! Avanti!”, urlò, mentre aumentava la forza dei colpi, mentre forse gli rompeva le costole, come le aveva insegnato l’Oracolo, reduce da anni di professione medica e da due o tre cose che nessuna università può insegnare: spezzare le ossa per salvare la vita. Colpire dritti al cuore. Senza paura. “La mia vita del cazzo per quella di lui. Tutte le nostre vite del cazzo per quella di lui,” imprecò tra i denti, e si rese conto che, nei pochi momenti che valgono davvero qualcosa, non c’è alcuna differenza tra un’imprecazione e una preghiera.
Non stava funzionando. “Val, fa’ il massaggio cardiaco e non essere gentile, meglio un paio di costole rotte che… io provo a farlo respirare.”
“Cazzo, Jimmy!”, urlò Valary. Sferrò un pugno di pura frustrazione sul petto del suo migliore amico, e lui tossì debolmente sulle labbra di Viola. Il battito cardiaco, lieve come una lucciola stanca, riapparve. Lui aprì gli occhi e li richiuse. “Ciao, amore”, disse Viola. Non vide e non sentì gli infiniti possibili futuri in cui avrebbe detto ciao, amore al vento, ciao, amore al vuoto, ciao, amore al tempo e all’aria che la guardavano, indifferenti, mentre qualcosa di importante le accadeva e lui non era più dove sarebbe stato giusto che fosse.
“Hey,” esalò debolmente Jimmy.
“Sono qui. Siamo tutti qui.”
Un rombo terribile invase tutto lo spazio; Zacky era entrato in cortile con la Jeep, travolgendo tavoli e sedie. “Mettetelo sui sedili posteriori e non perdiamo tempo, cazzo. Dov’è Brian?”
“Ma che ne so, aveva uno dei suoi momenti e si è chiuso nella camera da letto al piano di sopra come un cazzo di eremita.”
Valary ebbe un giramento di testa così violento che per poco non vomitò. “Che cazzo hai detto?”, aggredì suo marito, che aveva appena finito di sistemare Jimmy tra le braccia di Viola.
“Che cazzo ho detto?”
Ma Zacky partì con la portiera ancora aperta e il cuore in gola.

Val salì al piano di sopra e prese la porta di suo cognato a calci. Brian aprì agguerrito e confuso e lo schiaffo che lo colpì in pieno volto lo fece vacillare sui talloni. “Eri tu,” disse la donna, che piangeva inconsolabilmente, “il segno eri tu. Quando tu e il tuo carattere di merda siete venuti a rinchiudervi qui sopra. L'Eremita.”
Shadows planò in corridoio e gettò uno sguardo allarmato alla scena. Val gli restituì due occhi di brace. “Luce. È quello che ti ha detto Viola, no? Fai luce. Il Sole. Zacky che è arrivato sul prato con il fuoristrada per portarlo in ospedale, il Carro. Io l’ho tirato su da sola, l’ho alzato e l’ho messo su quella chaise-longue. La Forza.”
Matt la guardò confuso, intenerito, e molto preoccupato. “Era questa sera,” disse infine Val, tremando come una foglia, incapace e indisposta a sentire ragioni, se ragioni da qualche parte c’erano: “quello che vedevo in quelle cazzo di carte di Mangrove. Era questa sera.”

Zacky correva nella notte, e l’Oceano Pacifico era una striscia confusa così grigia da sembrare nera oltre i vetri dell’automobile. Jimmy respirava debolmente sotto le dita di Viola, fisse in una carezza immobile sul suo collo per controllare che ci fosse battito e che restasse lì.
“Ha avuto un infarto?”, chiese l’uomo alla guida, ma le parole gli si strozzarono in gola.
“Sì. No. Non lo so. Gli si è fermato il cuore.”
“Valary non doveva muoverlo.”
“Valary ha agito prima di pensare. E meno male, perché io ero paralizzata. Io ero già morta, Zacky. Non ho il telefono. Hai il telefono?”
“Ho già chiamato Shoske. Sa che Jimmy stava molto male e che stiamo arrivando. Viola?”
Lei si costrinse a staccare gli occhi da Jimmy con uno sforzo spaventoso. “Hm?”, disse, nel retrovisore. Le iridi verdi di Zacky, uniche al mondo, si piantarono terrorizzate dentro le sue. “Vivrà?”, chiese, poi distolse in fretta lo sguardo, cogliendo un lampo impossibile. “Ma che… L’hai visto?”
Non solo l’aveva visto; Viola si era proprio appena voltata a guardarlo, sfacciatamente e con intenzione. Un punto del buio nel lunotto posteriore in cui Zacky aveva creduto di distinguere…
“No” rispose secca lei, serrando la presa intorno a Jimmy, che ebbe un piccolo spasmo. Zacky sterzò per un pelo; andava così veloce che non poteva distrarsi, e quell’allucinazione da panico gli aveva quasi fatto perdere la svolta per l’ospedale. Frenò davanti al filtro del pronto soccorso, dove Shoske Mangrove ed un equipe di medici stavano già aspettando; mani sicure presero Jimmy e lo depositarono su una lettiga, nonostante Viola avesse opposto una certa resistenza. Zacky rispose al telefono e prese il braccio di Viola. “Stanno arrivando, ma Valary ha detto che devi assolutamente stare con lui. Che non devi lasciarlo per nessun motivo.”
Viola sorpassò le porte e raggiunse Shoske come in trance: “Vengo con voi.”
“È contro il regolamento, Viola, e credimi, se potessi…”
Ma lei non la sentiva; sentiva una vecchia strega, nel cuore riarso del Messico, che le diceva la donna bionda che è venuta con voi, lei ha la chiave.
Prima che le porte si chiudessero, Zacky vide Viola afferrare la mano intubata di Jimmy e sparire insieme a lui in un corridoio pallido, dentro un crescendo di proteste che non avrebbe mai potuto fermarla.

Zacky fumò quattro sigarette, una dietro l’altra, prima di veder smontare da un’auto bianca gli amici stravolti; lo stordirono di domande, e lui non seppe far altro che alzare le spalle, chiudere gli occhi e riaprirli. Val diede uno schiaffo anche a lui. “Cosa facciamo?”, chiese Matt.
“Preghiamo,” rispose Johnny, a bruciapelo. “Andiamo a pregare.”
“Ti senti bene?”
“No. Andiamo.”
La cappella dell’ospedale era gelida, asettica e ingombra di ex voto di pessima fattura. Per un momento, credette di aver visto di nuovo la sagoma che l’aveva spaventato sulla highway, ma Johnny lo distrasse prendendolo per mano.
“Noi non crediamo in dio, e neanche lei,” scandì piano Brian, che non aveva detto una parola ed era bianco come un morto, “perché mai dovremmo…”
Dobbiamo farlo,” insisté Johnny, “dobbiamo.”
Sottovoce, gli uscì dalla gola un’orazione di quand’erano bambini che tutti si stupirono di saper recitare ancora a memoria.

Diversi piani più sopra, Jimmy era appena andato di nuovo in arresto cardiaco. Viola si fece da parte per lasciare spazio al paramedico col defibrillatore. “Non toccarlo, Vi,” le ingiunse severa Shoske, ma lei pensò che l’elettricità non le avrebbe fatto niente, che non poteva lasciarlo così, con le sue braccia tanto lontane, guardare e basta, non poteva… Non sapeva molto di scariche e voltaggi, ma vederlo sussultare sul tavolo operatorio le fece venire voglia di urlare. Tacque. La sua ombra sul muro crebbe e si distorse. “La mia vita del cazzo per quella di lui,” sibilò di nuovo, rivolta al nulla.

Nella casa tra gli aranci, Ausencia Santander aspettava. Seduta nel buio della cucina che era stata sua molto più che di chiunque altro avesse posseduto quella villa nell’ultimo secolo e mezzo, respirava piano e aspettava il segnale che, sapeva, sarebbe arrivato.

Jimmy aprì gli occhi.
Aleksandr Afanas’evič Mangrove gli restituì uno sguardo saggio. Si rese conto di essere seduto in poltrona sentendo il velluto sotto le mani e gli venne in mente una sola domanda: “Lei dov’è?”
“Accanto a te,” rispose il vecchio.
“Sei morto, Sasha.”
“Sono morto, sì.”
“Sono morto anch’io?”
Il professore si strinse nelle spalle: “Questo è il tuo momento.”
La stanza era perfettamente normale, come Jimmy la ricordava; le pareti coperte di libri, le teche con i manufatti, la mappa sul camino. Notò per la prima volta un dipinto a olio raffigurante una bellissima ragazza che conosceva bene. “È Ananke, non è così? C’è sempre stato?”
“Sì, c’è sempre stato. L’hai conosciuta?”
Jimmy guardò gli occhi di Mangrove illuminarsi di nostalgia e di qualcos’altro che gli era molto familiare: “Eravate amanti?”
Il vecchio batté la punta di un sigaro sul tavolino di caffè alla sua destra, poi sorrise e lo accese: “Eravamo tante cose,” rispose, guardandolo.
“È buffo,” aggiunse Jimmy, “solo ora mi rendo conto che non pensavo di morire davvero. Non adesso, almeno. C’è sempre troppa vita con lei. Cos’è questo rumore?”
“Una lavatrice.”
“C’è una lavatrice nell’aldilà?”
Mangrove rise. “In realtà no.”


Il rumore della centrifuga della vecchia lavatrice era l’unico suono udibile nella grande villa buia. Ausencia sospirò. Guardò, senza vederla, la lama dei tarocchi poggiata sul tavolo davanti a lei: la Temperanza.

La Temperanza, arcano maggiore numero 14 dei tarocchi: questa carta solitamente viene raffigurata una figura femminile alata, un angelo, mentre tiene due anfore, una per ciascuna mano, e versa un liquido da un’anfora all’altra, creando così un flusso continuo, come per simboleggiare un ciclo. Il suo volto è rilassato e imperturbabile, non si lascia condizionare da niente e da nessuno. Trasmette serenità e dolcezza. 

Viola rifletteva alla velocità della luce, in un modo che non le era mai capitato prima e non le sarebbe mai più capitato poi. Vide diversi barattoli pieni di pillole alla sua destra, poi un bisturi abbandonato. La mia vita del cazzo per quella di lui, pensò di nuovo. Dillo ancora una volta, e abbiamo un patto, rispose una voce nella sua testa. Afferrò il bisturi e se lo puntò alla gola, nell’indifferenza dei medici che, indaffarati intorno a Jimmy, non la videro neppure. Era calma e lucida. “La mia vita del cazzo per quella di lui,” disse, questa volta in un sussurro limpido, ma qualcosa che sembrò una scossa di terremoto squassò la stanza, proiettando tutti e tutto contro le pareti. La luce andò via.
Val, Matt, Johnny e Zacky si aggrapparono l’uno all’altro nella piccola chiesa; aiutò il fatto che si stavano già tenendo per mano, immersi nella preghiera. Si guardarono sgomenti per un secondo, formulando un unico pensiero, e poi iniziarono a correre verso l’uscita.

La lama squarciò il buio non appena la terra smise di tremare.

Jimmy e Mangrove non sembravano per nulla turbati dal terremoto, ma Jimmy sentì qualcosa, come un piccolo taglio sul petto, all’altezza del cuore. D’istinto si guardò la maglia, ma non c’era niente.
“Devi andare, credo,” gli disse Mangrove, fumando. Qualcosa gli salì agli occhi. Erano lacrime. Jimmy si sfiorò il viso; stava piangendo anche lui.
“Non abbiamo tempo, ragazzo. Ascoltami con attenzione,” sentenziò serio il vecchio professore, cullando un rimpianto.


Shoske Mangrove si rialzò in piedi con la sensazione di aver dormito un secolo, e per qualche breve istante non ricordò assolutamente dove si trovava né cosa stesse facendo. Jimmy tossì una volta, poi due, poi tre, finché lei non fu in grado di metterlo a fuoco e cercare di precipitarsi su di lui, ma sembrava incapace di muoversi. Cos’era tutto quel rosso? Sangue. Il catetere endovenoso si era staccato e la valvola era aperta. Cercò aiuto da qualcuno dei suoi, ma erano tutti svenuti; vagò con lo sguardo nella sala devastata e vide, come dentro una densa nebbia, una mano veloce che chiudeva l’ugello, dita che gli presero il polso, assicurandosi che il cuore battesse ancora. Quanto sangue aveva perso? Perché quell’uomo era così importante? Qualcuno in ginocchio a pochi metri da lei si infilò un ago cannula in un braccio e collegò l’altra estremità del tubicino al catetere di Jimmy. A quel punto, Shoske chiuse di nuovo gli occhi e si lasciò svenire. 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: Queen of Superficial