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Autore: Ariadirose    02/01/2024    3 recensioni
Nessun uomo le era mai apparso dignitoso come il suo André. E che quella dignità fosse imbevuta dell’amore nutrito per lei, le era parso il merito maggiore ricevuto nella sua vita nobiliare. Iniziava a desiderare, nella sua nuova vita, di rendere la nobiltà precedente per volere in cambio solo quella del cuore. Quella che André le aveva mostrato. Spogliarsi di tutto e volersi vestire soltanto di lui.
André non cercava lusinghe, ricompense, e nemmeno il riconoscimento del proprio amore. Qualcosa in Oscar stava mutando, e averla con quegli occhi bellissimi e vivi, fissi su di lui, era tutto ciò che desiderava. Entrambi erano lì e non volevano che questo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due nobiltà

 

Il padre di Oscar era sceso lungo le scale insieme alla governante, che fino all’attimo prima stava piangendo fuori dalla porta dello studio.

Era stato rapidissimo il generale, nel raggiungere l’androne, come sollevato da quella nuova interruzione, non sapendo ancora quale fosse il contenuto della missiva proveniente dai sovrani; alleviato nel dover rimandare nuovamente il gesto mortale contro i due giovani.

André gli era parso inattaccabile. Pronto a minacciare il suo signore al quale avrebbe sparato, andando oltre la riconoscenza che nutriva per lui. Ma anche il suo signore era andato oltre, disposto ad ammazzare sua figlia, la donna di cui lui era perdutamente innamorato. Dopo gli avvertimenti di fuga e di fare fuoco con la pistola, il giovane era poi passato, una volta deposta l’arma a terra, a rispettare la volontà di quel padrone che tutto gli aveva dato; e su tutto, permesso di stare accanto ad Oscar fino ad allora.

Chiedeva di essere ucciso se proprio doveva pagare con la morte lo sbaglio di amare quella donna. Perché se davvero ne era colpevole, allora era pronto anche a morirne. Ed era l’unico modo per André di accettare di lei la morte, a patto di essere lui, per primo, ad aspettarla oltre la vita.

Oscar era rimasta senza parole, riuscendo solo ad avanzare di qualche passo, sperando che il suo genitore non sarebbe arrivato a tanto. Ed era come preda di un incantesimo. Stregata dalla grandezza di André, avendo chiaro davanti a sé, in ginocchio, la sua ragione di vita, e la possibilità di perdere quella vita insieme alla propria.

Quando il generale uscì dalla stanza per andare incontro al messaggero di Versailles, lei ebbe solo la forza di chiamarlo: “André!”. E in quel nome, lei conteneva: “ma davvero hai fatto questo per me, sfidato mio padre, esposto i tuoi sentimenti, espresso la volontà di sposarmi. Gli hai confessato tutto ciò che provi, quello che per me saresti disposto a fare: tu moriresti insieme con me”. Lui, a quel dolce suono della voce, si voltò immediatamente, mentre Oscar gli si avvicinava come per aiutarlo a sollevarsi.

Non si dissero niente, ma si contemplarono allacciando i loro occhi. Penetranti, fissi, sebbene mossi da tenerezza, sottintesa attrazione e ancora mille altri sentimenti. Era come se, nuovamente nati senza prima essere morti, inesplorati nella vita ma percorsi solo nell’amore, si fossero incontrati per la prima volta. Per un attimo interminabile. Incessante; come ciò che avevano appena condiviso. Sconfinato; come quel che inevitabilmente non sarebbe più stato uguale, dopo. Assoluto; come colui che lei aveva davanti; e davanti a lui, lei. Sempre lei. Senza toccarsi, senza parlare, eppure immancabilmente insieme.

Come se si tenessero per mano, uscirono dalla stanza, restando sulla balaustra che affacciava nell’androne. Affiancati, nell’ascoltare il messaggio reale, erano increduli a quelle parole che scagionavano Oscar dall’accusa di tradimento. Il padre, al di sotto, piangeva di gioia, e all’improvviso la colpa di André, osare amare una donna di rango superiore, per il generale era come cancellata. Loro due, lì, in alto, lo guardavano allo stesso modo, quasi fossero lo sdoppiamento di una identica persona, e pensavano che se André non fosse intervenuto, se non avesse occupato del tempo nella colluttazione e nello scontro verbale con il padre di lei, quel messaggio della regina sarebbe giunto a casa troppo tardi. Il padre di Oscar salì le scale, andandole in contro, continuando a guardarla, e a piangere, grato alla regina che il sacrificio della vita di sua figlia non fosse più necessario; invitò entrambi a scendere insieme.

In salotto, di lì a poco, André si faceva da parte raccogliendo i bicchieri con i quali avevano bevuto prima della tempesta, e li portava alla governante. La sua cara nonna Marie; che riuscì solo ad abbracciare il nipote, e non solo perché nel bel mezzo di quella preannunciata tragedia, gli era stata risparmiata la vita, ma anche perché si era resa conto di quanto fosse nobile, quanto tenesse ad Oscar, e avrebbe fatto di tutto per proteggerla: molto più di quello che lei stessa gli aveva insegnato. Era davvero orgogliosa dell’uomo che era diventato: “Mi ero resa conto di quanto tenessi a madamigella, lo sapevo. Ma sei stato così generoso, da perfetto sprovveduto, mi avete fatto morire, tutti e tre! Hai fatto appena in tempo a fermarlo, prima ancora che la regina vi fermasse entrambi”.

“Menomale nonna, non posso pensare a come sarebbe andata…”, lui la abbracciò forte, per consolare la paura che aveva accumulato: “Va’ a dormire, se puoi, ne hai bisogno. Io non credo che vi riuscirei. Torno da Oscar”.

Nel frattempo, il padre di lei si era ritirato nelle sue stanze. André trovò Oscar sola, seduta di fronte a una poltrona vuota.

“Sono andato via, perché ritenevo importante che voi riusciste ad accomiatarvi in un modo privato, visto ciò che è successo”, le disse sottovoce.

“Non siamo riusciti a dirci molto altro. Mio padre era molto commosso e con i nervi provati, e io non ho saputo aggiungere nulla di significativo. Davvero, non sapevo cosa pensare. Sarebbe stato disposto a uccidermi? Ad ucciderci insieme? Non riesco a capacitarmene… si può andare così oltre i propri sentimenti, i propri affetti?”.

“Non lo so, neanche io mi sono reso bene conto di tutto, ma dovevo fermarlo, non c’era altro da fare. E se proprio il tuo destino era quello di morire, io avrei voluto morire insieme con te”.

Lei lo guardava, completamente irrorata dalla profondità dell’animo di lui. Avrebbe voluto carezzargli il volto, dirgli quanto era stato splendido, coraggioso, ma non riusciva a farlo. Era come trattenuta, e anche molto sconvolta dall’accaduto. Aveva rischiato di morire altre volte: mai per mano di suo padre. Ma quella volta, come molte altre, era sempre André ad averla salvata.

Nessun uomo le era mai apparso dignitoso come il suo André. E che quella dignità fosse imbevuta dell’amore nutrito per lei, le era parso il merito maggiore ricevuto nella sua vita nobiliare. Iniziava a desiderare, nella sua nuova vita, di rendere la nobiltà precedente per volere in cambio solo quella del cuore. Quella che André le aveva mostrato. Spogliarsi di tutto e volersi vestire soltanto di lui.

André non cercava lusinghe, ricompense, e nemmeno il riconoscimento del proprio amore. Qualcosa in Oscar stava mutando, e averla con quegli occhi bellissimi e vivi, fissi su di lui, era tutto ciò che desiderava. Entrambi erano lì e non volevano che questo.

“Inizia ad avvertirsi umido con questo temporale, e il salone è grande. Prendi la mia coperta”, gli offrì il telo che teneva sulle sue gambe.

“No, perché: tienila tu, io non ho poi così freddo”.

“Tienila. Vado a prenderne un’altra su, nella mia stanza, ma intanto voglio che tu ti scaldi”.

Era strano per André accettare una premura di Oscar. Di solito era sempre stato lui, finché poteva nascondersi nei gesti di uno zelante servitore, ad occuparsi di lei. Ma si accorse di quanto era bello. E non solo per la gentilezza mostrata, nell’offerta di quella coperta, ma perché lui ci sentiva lei dentro. Vi era il calore del suo corpo, aveva accolto quel tessuto come un suo abbraccio, come se lei avesse detto: “resta qui, non voglio che tu te ne vada”.

Quando tornò, si sedette di fronte a lui, avvolto da quel panno.

“Direi che va molto meglio”, gli si rivolse, sperando che quel tepore lo riparasse anche dai patimenti appena provati.

Lui le sorrise.

“Sai, sento sulla coscienza quegli uomini che mi hanno mostrato ubbidienza e a causa mia si ritrovano in arresto”.

“Lo so, e lo capisco”.

“Sono rimasta così sbalordita nell’osservarli dalla finestra: e pensare che neanche mi volevano, quando ho preso l’incarico”.

“Hai saputo farti valere e hanno capito, nonostante le reticenze iniziali, la tua competenza. E poi tu non sei solo un ruolo o un titolo nobiliare: sei una persona, fatta di corpo e di sentimenti”.

Le piaceva che André si riferisse proprio a lei, “la donna che amava”, come aveva detto poco prima: se ne era stordita, e iniziava a desiderare lei stessa di donarglieli, corpo e sentimenti, con tutta l’anima.

Cercò di tornare con il pensiero ai suoi soldati: “Non meritano di morire, e non è giusto che rischino di farlo per un giuramento verso di me”.

“Troveremo la maniera, se vuoi la troveremo insieme. Non permetteremo che vengano giustiziati”.

Lei annuì decisa all’affermazione di André. Il quale proseguì dicendo: “Possiamo magari chiedere aiuto a Bernard, lui è vicino a Robespierre, che difende i poveri”.

“Bernard potrebbe essere d’aiuto, ma meglio non coinvolgere Robespierre, non mi fido di lui. E poi una soluzione legale non mi convince, non ve ne sarebbe il tempo”.

“Bisognerebbe fare in modo di chiedere alla regina. Se tu facessi una richiesta alla regina, Oscar, io non credo lei potrebbe dirti di no. Guarda cosa è successo questa sera...”.

“Sì, ma preferirei non espormi in modo diretto, non come se fosse una mia richiesta personale perché questo potrebbe dare seguito a nuovi errori. Io non voglio favori dalla regina, non li ho mai accettati. E tanto più non li accetterei adesso. E poi i soldati sono nati in mezzo al popolo, non sarebbe giusto per loro essere graziati solo perché il proprio comandante, nobile, ha avuto una compiacenza, un favore dalla sua sovrana”.

“E se allora facessimo in modo che fosse il popolo a chiederlo?”.

“Ecco, magnifico! Questa è la strada: dobbiamo fare in modo che sia il popolo a chiederlo. Ed io, come garante dell’ordine, potrei esternare la richiesta a sua maestà”.

“Esattamente”.

“A questo scopo, potremmo chiedere a Bernard, come avevi detto tu, André”.

“Lui parla alle folle, possiede ascendenza su molti parigini, l’ho constatato di persona, e potrebbe sensibilizzare il popolo alla causa dei miei compagni”.

“Se riuscisse a fare in modo di radunare un numero considerevole di persone intorno alla prigione dell’Abbazia, a quel punto, svolgendo regolare servizio di pattuglia, per evitare incidenti io potrei fare precisa richiesta ai sovrani di liberare i soldati”.

“Sì, così potrebbe funzionare. Direi che sarebbe perfetto. Domani mattina presto ti rintraccio Bernard, e ti dico dove potremo incontrarlo”.

“Sì, ma è meglio che vada sola, André. Non voglio che ti riconoscano, e nessuno deve capire che ho avuto contatti con lui”.

“Va bene, farò come vuoi tu”.

“Dobbiamo essere molto prudenti”.

“Certo”.

“È un bene che tu sia voluto venire con me. Voglio dire, che tu mi abbia aspettato fuori dalla stanza quando ero da Bouillé. Altrimenti ti avrebbero preso come gli altri, e adesso anche tu rischieresti di morire”.

“Non ho dubbi: non mi avresti mai fatto uccidere”. Ebbe un nuovo brivido solo al pensiero: “Ma se non fossi stato con te, poco fa, è a me che sarebbe stato impedito di salvarti”.

Lei lo penetrò ancora con gli occhi, mobili e languidi dalle tante emozioni:

“André io non credo che riuscirei a dormire stanotte”.

“Lo so, lo capisco. Ed io resterò con te”.

Dopo non molto, invece, Oscar si abbandonava al sonno, quale tregua al suo profondo smarrimento e all’angoscia provata verso i suoi soldati; la presenza di André, il sollievo che fosse con lei e non con i compagni, aveva contribuito a placare quella sua inquietudine.

Oscar gli appariva la creatura più fragile del mondo. E lo era, lo era veramente. Preziosa e fragile. Priva della sua corazza, dell’armatura che la faceva forte di fronte a chiunque.

“Starti accanto, adesso… è come se tu fossi mia”, pronunciò lieve, davanti a lei. La raggiunse, si abbassò, avvicinandosi oltre lo schienale della poltrona dove lei giaceva, e attraverso quella rispettosa barriera di legno e velluto, le abbracciò la nuca, sentendo il profumo dei suoi capelli vaporosi sulle labbra, godendo del tepore di quell’attimo infinito. “Io ti amo”, le sussurrò piano, certo che fosse giunto diretto, che potesse udirlo anche se lei non lo sentiva.

Si alzò di nuovo, avendo avuto prima premura di coprirla, e tornò a sedersi di fronte a lei. Adesso poteva pure lui addormentarsi, continuando a restare lì, come le aveva promesso; e ad amarla solo nel cuore, come aveva giurato a se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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