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Autore: Nocturnia    04/01/2024    1 recensioni
Lo colpisce con il dorso della mano sul polso, ma è come urtare contro un fottuto muro di cemento armato.
Scivola all'indietro, snudando i denti - furioso, ferito.
L'uomo si alza, sollevando il mento e guardandolo.
"Bentornato nel mondo dei vivi,
Karl."
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 3A-7, Albert Wesker, Alex Wesker, Karl Heisenberg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Blood and Iron'
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"He remembered who she was
and the game changed."
- Lalah Delia -




Iron




1.

C'è troppa luce.
Invade ogni anfratto della sua mente, scivolando dietro le palpebre e bruciando - infiammando ogni nervo, ogni respiro.
E qualcuno grida.
E qualcuno corre, tira - tonfi, rumori metallici che lo chiamano, invocano.
"Che cazzo...?" mormora una voce femminile, che non riconosce.
"Indietro." ribatte un secondo timbro - maschile, distaccato.
C'è una presenza vicino a lui; cuoio e rum; sotto un leggero retrogusto di legno, argan.
Il Cadou sussurra, vibra - ed è nitido il rumore dei bulloni che si scollano dal pavimento, strumenti che cadono e sibilano, tagliando l'aria attorno a lui e alla seconda figura.

Clack.

La voce mormora, ed è un borbottio di gola, selvatico.
"Pressione?"
"Centottanta su centoventi."
"Troppo alta: il propofol, subito."

Crack.

Apre gli occhi, non vede nulla - sente, e la presenza del metallo attorno a lui è confortante, qualcosa che non pensava l'avrebbe mai fatto sentire a suo agio.
L'uomo lo fissa, cerca occhi ancora vitrei, sfocati.
Clip e graffette dondolano vicino le loro caviglie - piedi nudi e pelle nera, Santoni, lavorazione Blake.
Posa lo sguardo sulla siringa che tiene tra le dita e quando cerca di scostarsi le dita dell'uomo gli si chiudono sulla spalla come una tenaglia.
"Dottor Wesker!" grida la voce femminile di prima e davanti a lui l'uomo evita la penna usata come freccia in un movimento veloce del capo - troppo.

Dottor Wesker.

L'uomo sorride, approfittando della sua confusione per spingere l'ago nella vena del collo e premere.

No!

Lo colpisce con il dorso della mano sul polso, ma è come urtare contro un fottuto muro di cemento armato.
Scivola all'indietro, snudando i denti - furioso, ferito.
L'uomo si alza, sollevando il mento e guardandolo.
"Bentornato nel mondo dei vivi, Karl."

Buio.


I've been left out alone like a damn criminal.
I've been praying for help cause I can't take it all.
I'm not done.
It's not over.

3A7 si ritiene un uomo preparato: che ne ha viste ormai troppe per rimanere davvero impressionato da qualcosa.
È assolutamente convinto non ci sia nulla capace di prenderlo in contropiede - né fottute eliche a propulsione umane, né ragazzine capaci di scardinare una porta di cinquanta chili d'acciaio per lato.
Abbassa la testa di scatto, evitando un pezzo di metallo grande quanto il suo torace.
"Ehi!" grida, saltando, e ricordando comicamente un bambino che gioca alla corda.
"Ehi, dico a te! Sì, a te, il Magneto dei poveri! Piantala di lanciarmi metallo come se fossi il nemico."
L'uomo lo fissa in tralice, per nulla convinto.
3A7 si scrolla di dosso dei frammenti di stoffa, irritato.
"Ti ho portato da mangiare e mi ringrazi così? Bella merda."
L'uomo si flette in una posizione difensiva, attorno a lui le piccole particelle di metallo scivolano quiete, serpenti in attesa.
3A7 posa il vassoio sul tavolo, sedendosi.
"Acqua, una bistecca, verdure e un..."
Solleva la cloche, schioccando la lingua contro il palato.
"Eclair."
L'uomo assottiglia gli occhi e 3A7 nota il loro colore - un grigio strano, simile all'argento invecchiato.
"Non hai fame?"
Nessuna risposta.
3A7 si scrolla nelle spalle, appoggiando i piedi sull'altra sedia ed estraendo una barretta proteica dalla tasca del giubbotto.
"Bon appetit." gli dice, scartandola.
L'uomo lo studia di sottecchi, spostando lo sguardo ora dal vassoio, ora su di lui.
3A7 sembra del tutto distratto dalla merendina, ma in realtà lo sta osservando con attenzione - valuta i piccoli movimenti del corpo, le tensioni involontarie che si vengono a creare nei muscoli, sotto la pelle.
È normale l'uomo che gli hanno detto di controllare; poco più alto di lui, un aspetto selvatico, un po' ruvido.
Non ha strane protuberanze o appendici e già questo dice tanto: controlla il metallo. E l'elettricità. Le due cose sono correlate, gli aveva specificato Anderson, ormai al suo quinto pacchetto di caramelle e con la prescrizione per gli esami della glicemia già pronta.
3A7 accartoccia l'involucro della barretta - una Enervit cioccolato e cereali - buttandolo nel cestino.
L'uomo lo sta osservando a sua volta e c'è qualcosa di acuto in quegli occhi - pericoloso.
Solleva un dito verso la porta, indicandola.
"Vuoi uscire? Non si può." ribatte 3A7, il gomito già piegato verso il basso, alla fondina della pistola.
Il movimento della polvere di metallo accelera e sembra un chiaro gesto d'irritazione.
3A7 deglutisce, cercando di abbracciare l'intera stanza con lo sguardo - duecento milligrami di propofol già in canna.
L'aria si addensa, diventando irrequieta - 3A7 chiude le dita attorno all'impugnatura della pistola, inspira e...
"Wesker."
3A7 si ferma, guardingo.
"Wesker." ripete l'uomo, nella sua voce una nota arrochita, profonda.
"Il dottor Wesker non scende fino a questo piano a meno che non ve ne sia la stretta necessità." mormora 3A7, allontanando appena le dita dall'arma.
L'uomo scuote la testa, sospirando.
"Non lui." riesce a dire, le parole dure - faticose.
3A7 alza un sopracciglio, neutro.
L'uomo si avvicina, sollevando la cloche e indicando l'eclair.
"Ea." dice, espirando con forza.
"Lei." ripete, adesso in inglese - l'indice ben puntato sul dolce ripieno di crema.
3A7 si morde un labbro, assorto.
"La dottoressa Korda." ribatte, fissando l'eclair.
"È stata la dottoressa Korda a richiedere questo dessert." aggiunge 3A7, riportando lo sguardo sull'uomo.
L'uomo sbatte le palpebre un paio di volte, perplesso.
"Korda?"
"Natalia Korda." gli conferma 3A7 "Una ragazzina di ventitré anni che mi sta facendo invecchiare prematuramente."
L'uomo lo guarda, sembra non capire.
"La conoscerai presto." annuncia il mercenario "In fondo è sua la firma su questo progetto."
L'uomo sposta lo sguardo sul carteggio ai piedi del suo letto - Iron - riconosce la grafia spigolosa, elegante.

"Anche il mio nome cambierà; il mio volto."(1) (Counting bodies like sheep)

Attorno a loro il metallo vibra e cade.


2.

Wesker legge i risultati del soggetto K01, concentrato.
"Ha la sideremia un po' alta." dice poi, posandoli di lato.
"È un magnete vivente; il Cadou ha generato un accumulo focale di emosiderina." sintetizza Alex, passandosi l'asciugamano sulla nuca.
Wesker si toglie gli occhiali, ripiegando le stanghette tra loro.
"Che fortunato: questo fenomeno non causa danno tissutale, in quanto non si accompagna a un aumento del ferro totale corporeo." inizia lui, guardandola.
Alex risponde al suo sguardo, addosso nulla più di una camicia umida.
"Un esemplare quasi perfetto." chiosa Albert, neutro.
Alex inclina il capo verso la spalla, abbozzando un sorriso furbo.
"Non è compatibile con il Progenitore." ribatte Alex, divertita da Wesker - dal suo atteggiamento puerile.
"E noi non lo siamo con il Cadou." replica lui, intrecciando le dita tra loro e fissandola.
Alex aggira la scrivania, sedendosi sul bordo.
"Palla al centro, direi."
"Il Progenitore potrebbe distruggere il Cadou in pochi minuti."
"Ah, non ne sarei così sicura." ridacchia lei, dondolando i piedi davanti a sé.
Wesker le sfiora il ginocchio, descrivendo piccoli cerchi concentrici con il pollice.
"Sicuramente può infettarlo e degradarlo dal punto di vista molecolare, ma quello che fa a noi? Alle persone?" prosegue, indicando entrambi "Be', quella è tutta un'altra storia."
Wesker libera un hum distratto, percorrendo con l'indice la pelle liscia della coscia, assorto.
"Hai sempre avuto una passione per i randagi." mormora, quieto.
Alex alza un sopracciglio, guardandolo.
"Fabron, per esempio. La piccola Redfield."

Lui: il signore del metallo e del lupi.

Wesker solleva il viso, cercandole gli occhi - sempre uguali in un viso ogni giorno più simile a prima.
"E tu per le cose costose e ambiziose." controbatte lei, posando la mano sulla sua - oro bianco e ossidiana.
La morte li ha resi tutti fantasmi ed echi di altre esistenze.


Now I'm fighting this war since the day of the fall
and I'm desperately holding on to it all,
but I'm lost.
I'm so damn lost.

"Non sei un prigioniero." sospira 3A7, grattandosi una guancia.
L'uomo continua a far volteggiare piccoli pezzi di metallo, piegandoli in forme sempre diverse.
Il mercenario si siede, chiedendosi cosa cazzo abbia mai fatto di male per meritarsi di fare da balia a Magneto.
"Ti stanno solo... esaminando." dice, agitando le dita in aria.
L'uomo lo ignora, sbattendo tra loro due frammenti e fondendoli - ricostruendo l'immagine di una testa di cavallo.
3A7 lo studia con attenzione, alla cintura una pistola in titanio - pessimo conduttore di elettricità, a quanto pare.
"Vedo però che non ti manca l'appetito." contempla poi, notando i piatti vuoti.
L'uomo gli scocca un'occhiata in tralice e il mercenario si chiede se sappia parlare - se non sia davvero un lycan o una di quelle robe strane che avevano dovuto affrontare a Coșmarul.
L'osserva muovere le dita attorno il metallo con una grazia stonata al suo aspetto - rustico, l'aveva definito la dottoressa Korda. Il nostro ospite è un po' rustico, le sue esatte parole.
Flettono, modellando il metallo come fosse argilla; e c'è un'eleganza nei suoi movimenti, una precisione che lo rende interessante - sicuramente degno di essere sotto la lente dei pezzi grossi lassù.

Cling.

3A7 posa lo sguardo sul tavolo, trovandosi davanti un motivo circolare che ricorda quello di un orecchino - al centro alcune briciole di metallo sono state levigate così tanto da brillare.
"Adorabile." dice, schioccando la lingua contro il palato "Ma preferisco prima una cena fuori. Almeno per conoscerci."
"La dottoressa Korda." articola l'uomo, la sua voce decisamente più limpida - meno sfocata.
3A7 stringe l'oggetto tra il pollice e l'indice, dubbioso.
"Dallo alla dottoressa Korda." specifica l'uomo, fissandolo "Lei sa cos'è."
Il mercenario lo soppesa ancora per qualche secondo, almeno finché non gli da' le spalle, tornando a plasmare e creare.
Questa storia gli piace sempre di meno.


3.

Anderson si gratta una tempia. Poi il polso. Quasi quasi la schiena, ma si trattiene dal farlo perché davanti ha lei - un blazer bianco, gli occhi concentrati sul suo viso.
"Immagino questi documenti non debbano uscire dal livello 4."
"Perspicace."
"Sono stato assunto per questo." ribatte Joseph, umettandosi le labbra.
Anderson le scocca un'occhiata veloce, guardinga.
"L'agente Redfield crede che non sappiamo della sua piccola squadra di cani." inizia lei, piegando le labbra in una smorfia.
"O della bambina." aggiunge lui, chiudendo i carteggi e consegnandoglieli.
Natalia Alex indurisce lo sguardo, assumendo contorni quasi sgradevoli.
"Un rischio biologico travestito da marmocchia." mormora lei, tamburellando le dita sul bracciolo della sedia.
Anderson si tocca la tasca destra dei pantaloni, rassicurato dalla presenza del suo pacchetto di caramelle - adesso senza zucchero.
"La procedura avrebbe voluto il suo contenimento."
Natalia Alex tace, pensierosa.
"Ma agli occhi dell'agente Redfield era solo una bambina."
"Una B.O.W." specifica Natalia Alex, accavallando le gambe "Connessa al micete in Lousiana e alla coscienza collettiva del Micorriza che noi sappiamo non essere del tutto estirpata."
"Le spore." conferma Anderson, serio.
Natalia Alex annuisce, e Joseph si prende un momento per studiarla - il viso giovane, capelli adesso così biondi da essere quasi bianchi.
Era arrivata anni prima uguale alle foto che Burton aveva sparso per tutto il Canada e gli Stati Uniti, eppure adesso sembrava un'altra persona - una donna, non più una ragazzina.
Ed era stata ricollocata Nadine, l'intera Blue Umbrella spronata a collaborare con la BSAA, infine con i Hound Wolf dell'agente Redfield.
Date loro tutto quello di cui hanno bisogno, era stato l'ordine.
Fornite coperta assoluta, il diktat, salvo poi infuriarsi quando Redfield era scivolato sotto i radar per una missione in solitaria, distruggendo un villaggio sperduto in Romania.

Oh, e quanto si era incazzata la dottoressa Korda: così tanto da smuovere l'intera squadra Alpha in meno di tre ore e trascinarli fino a Coșmarul.

Anderson appoggia il mento nel palmo della mano, osservandola ruotare con il pollice la fede in oro bianco e ossidiana che porta all'anulare sinistro.

Identica a quella di un uomo (non) morto che Nadine aveva chiamato dio.

Sapeva che sotto, a metri e metri di distanza dal suo ufficio, il cuore dell'Umbrella pulsava, e che lei ne era parte integrante - rossa sulle labbra, nel simbolo con il quale vestiva l'anima di un'azienda sconfitta, ma mai davvero.
E poi il nuovo soggetto, K01: un uomo sbucato dal nulla, il cui profilo si sovrapponeva crudelmente a quello di una foto in bianco e nero rinvenuta nella piccola chiesa di Coșmarul.

Karl Heisenberg: quarto signore del culto del Dio Oscuro.

Il dottor Wesker era stato ermetico, come al solito.
3A7 si era lamentato di dover fare da babysitter a un probabile barbone, salvo poi richiedere una pistola incapace di condurre l'elettricità, la palpebra sinistra ancora percorsa da guizzi improvvisi.

"Il bastardo mi ha bruciato il culo, cazzo: ho pensato di morire."

Natalia Alex sembra accorgersi della sua analisi e abbozza un sorriso predatorio, sottile.
Anderson raddrizza le spalle, reclinandosi all'indietro.
"Stai facendo un ottimo lavoro, Joseph."
"La ringrazio."
"Credo proprio tu sia la persona giusta per i tempi che verranno."
Anderson tace, fissandola.
Natalia Alex si alza, tirando verso il basso i revers del blazer.
"Di' pure a 3A7 che domani può anche non recarsi nella stanza di K01: ci penserò io a lui."
Anderson annuisce, salutandola con un cenno del capo.
Natalia Alex esce, richiudendosi la porta del suo ufficio alle spalle con un click soffice, delicato.
Sul pavimento, delineata nei colori rassicuranti dell'azzuro e del bianco, il simbolo della Blue Umbrella è niente.


Oh I wish it was over and I wish you were here
still I'm hoping that somehow 'cause your soul is on fire,
a shot in the dark,
what did they aim for when they missed your heart?

La fissa in silenzio, a lungo.
Alex non ribatte, non dice nulla; si limita ad aspettare, un vassoio sul tavolo e tra le dita una penna stilografica - Meisterstück Hommage à W.A. Mozart, resina nera, finitura platino, sul cappuccio una stella bianca.
Si siede, alzando un sopracciglio.
Alex abbozza un sorriso, picchiettando con l'indice sulla cloche.
"Vedo che hai gradito."
Karl inclina il capo verso la spalla, attento.
"Gli eclair." specifica lei, tranquilla.
"Sono sempre stati i miei preferiti." prosegue, e in gola gli preme un lo so; eri un disco rotto su questi dannati dolcetti francesi.
Alex posa il mento nel palmo della mano, guardandolo.
"Albert crede già che tu sia solo una scimmia ben addestrata: vuoi dargli davvero l'opportunità di continuare a pensarlo?"
Karl inspira con forza, socchiude la bocca e...
"Ecco chi era il coglione che mi ha colpito in testa quando mi sono svegliato."
Alex amplia il sorriso, raddrizzandosi.
Karl solleva il viso verso il suo, ritrovando nei lineamenti di quella ragazzina una donna ossessionata - tormentata.

Come lui.

Eppure adesso c'è una sfumatura diversa in lei: nuova.
È sempre Alex - ne è certo da come si muove; dalle piccole flessioni del suo campo elettrico, dall'odore che si espande da lei in ondate.

Sangue e argan.

Ma c'è altro - sotto la pelle, nella carne.
C'è il retrogusto di Natalia - così gli ha detto si fa chiamare adesso - quello di suo fratello, un grumo convulso di cuoio e quello che lei ha definito maninka, un frutto africano che per lui ha il sapore del rum e del legno aromatizzato.
C'è una vibrazione libera, eccitata: che gli ricorda Angie e la sua concitata gioia.

"Miranda morirà."
"E poi?"
"E poi sarò libero, Alex. Come te." (1)

Karl la guarda e sa di essere uguale a prima - le stesse cicatrici sul viso, lungo l'addome, dove il Cadou aveva affondato le sue radici.
Alex cerca i suoi occhi, sul fondo della pupilla una scintilla soddisfatta - piena.
"Miranda è morta."
Silenzio.
"Il Duca è morto." aggiunge, e c'è adesso una nota affamata nella sua voce - vorace.
"L'ho ucciso." conclude, aprendo le mani davanti a sé in un gesto teatrale, orgoglioso.
E non solo, mormorano i suoi occhi, adesso più rossi lungo i contorni dell'iride.
Karl la soppesa ancora qualche secondo, schiudendo poi la bocca in un sorriso selvaggio, tutto denti e sangue.

Quello versato, quello reclamato.

L'energia di Alex ha lo stesso sapore della vendetta.


4.

È viva, Alex.
È appassionata mentre lo conduce attraverso i corridoio di una struttura aliena - bianca e bianca.
Non c'è niente di simile al laboratorio di Miranda o a quello di Moreau; il personale si muove da una stanza all'altra in tute ad alto contenimento rischio biologico, sguardi concentrati, attenti.
Sulle pareti un simbolo che lui ricorda, nel nastro posto a decorazione una frase - nec vixit male qui natus moriensque fefellit. (2)
E parla, Alex: non smette un attimo.
Allarga le braccia attorno a sé, fa di quell'ambiente il suo palcoscenico - e non c'è paura negli sguardi di chi la incrocia, timore: solo un blando interesse, ognuno assorto nel proprio lavoro, nella propria missione.
Raggiungono un ascensore e Alex si volta, estraendo un rettangolo nero e rosso.
"Pronto a salire ai piani alti?"
Karl distende le labbra in un sorriso divertito, sollevando il mento.
"E incontrare quel cioccolatino di tuo fratello? Oh, non vedo l'ora."
Alex schiocca l'indice contro la tessera e ride.


I breathe underwater, it's all in my hands,
what can I do? Don't let it fall apart,
a shot in the dark, a shot in the dark.

Né mostro, né vittima; per quelle persone Karl è qualcuno - e tanto basta.

"Che posto c'è là fuori per quelli come noi - come me? " (1)

Rimane immobile nel mezzo del corridoio, per la prima volta in vita sua incerto - confuso.
Alex lo guarda da sopra la spalla, quieta.
Una ragazza esce correndo da una piccola porta laterale, un uomo borbotta qualcosa al telefono - voci e rumori e odori diversi, stordenti.

"No, non riesco a passare a ritirare la giacca come... no, senti, mandaci Paul, io non riesco."

"Cazzo, cazzo, cazzo: ho dimenticato la stampante accesa."

"Ah, proprio te cercavo, Lisa: sai per caso se Anderson voleva tutti i documenti del progetto S-09 oppure..."

Una graffetta scivola via da un plico di fogli appena archiviato, facendo sollevare un sopracciglio alla ragazza di prima - un visetto carino, un po' anonimo.
Alex continua a fissarlo, notando le spirali di polvere metallica che si stanno accumulando attorno ai loro piedi - la pelle vibrare, il metallo della struttura gemere.
Karl sbatte le palpebre velocemente - troppo - inspira con forza, cercando di concentrarsi su un punto fermo che non c'è, cazzo, non c'è e...

Silenzio.

Alex gli posa una mano sul braccio, stringendo.
Karl abbassa lo sguardo, incontrando i suoi occhi - un azzurro trasparente, che lo inchiodano sul posto.

"...il mondo è un posto in cui la tua Miranda è il minore degli orrori." (1)

"Se fai crollare l'edificio non sarà divertente." mormora, continuando a fissarlo.
Karl preme le labbra tra loro, tace.
"Ti prenderò a calci in culo personalmente se fai una cosa del genere e non riesci a controllare il tuo hocus pocus." prosegue, avvicinandosi.
Karl digrigna i denti, attirando l'attenzione di qualche altro impiegato ed è stupito dalla calma con la quale lo guardano, quasi fosse normale vedere fluttuare una pinzatrice o un armadietto per le pratiche.
Alex rafforza la presa, chiudendo adesso le dita attorno il polso.
"Karl."
"E che cazzo: dammi un attimo." sibila lui, e Alex arcua appena un angolo delle labbra.
"Respira."
"No, guarda: faccio finta."
Alex trattiene una risata, premendo la lingua contro l'interno della guancia.
"So cosa significa." sussurra, blandendolo come si farebbe con una bestia riottosa e selvatica.
"Quando mi sono svegliata nel corpo di Natalia è stato lento, graduale: ho dovuto schiacciarla pezzo per pezzo, smembrando la sua memoria, i suoi ricordi. Mi sono fatta strada tra tutte le sue stronzate e le ho stritolate, masticandole e cancellandole una per una. I suoi patetici sogni. Le sue ridicole speranze - un bravo ragazzo, tre figli, magari un cane e bla bla bla."
Karl socchiude gli occhi, guardandola.
Alex si umetta le labbra, nella luce del giorno il suo viso assumere un'angolazione feroce, spigolosa.
"E per Albert. Oh, per lui forse è stato anche peggio. Si è riformato da una costola mio fratello, sai? Proprio come tu hai fatto dal tuo acuto cervello." gli dice lei, picchiettandogli sulla tempia.
Karl socchiude gli occhi, assorbendo l'informazione ed elaborandola.
"Ogni nervo è andato a fuoco e ha urlato Albert; ha gridato per mesi prima che il dolore si spegnesse."
Alex adesso gli è quasi addosso e può percepirne l'odore - il sapore.

Argan e sangue.

"Anche tu hai urlato, Karl."
Heisenberg inspira con forza, sostenendo il suo sguardo.
"Il cerebrum ha iniziato a svilupparsi un anno fa e da allora il processo non si è mai fermato: abbiamo dovuto sedarti e metterti in una stasi criogenica."
"Lo so."
Alex inclina il viso verso il suo, ricordandogli un serpente in caccia - uno di quelli che era solito incontrare tra le strade del villaggio, negli anfratti asciutti e bui della piana sottostante la fabbrica.
"Il dolore non si dimentica, Karl."
"Mai." concorda lui, lasciando che Alex gli posi una mano sul petto e prema - il Cadou reagire, arretrando tra le sue costole, dietro il cuore.

"Questo posto di merda: ingoia ogni cosa."
"Se tu la smettessi di vestirti come a una serata di gala..."
"Ah. Perché adesso sai cos'è un gala?"
"... stronza."(1)

La spillatrice cade sul pavimento, la polvere di metallo si ferma, gravitando adesso attorno a lui in un moto ondulatorio quieto, docile.
Alex studia il suo volto per ancora qualche secondo, liberando poi un respiro trattenuto, carico di tensione.
"Non sei più tra i lupi, Karl." mormora poi, abbozzando un sorriso.
"Adesso sei tu il lupo." dichiara, nella voce una nota vittoriosa - appagata.

"Miranda è morta, Karl. Il Duca è morto. Ma tu no."

A Coșmarul ci sono ormai solo rimorsi e delusioni.


5.

"Non li metto."
Alex si guarda le unghie smaltate di blu pavone, ignorandolo.
"Mi hai sentito? Io non la metto questa roba."
"Uhm? Scusa, ti ho perso all'ennesima lagna sulla camicia." chiosa Alex, continuando a ispezionarsi le dita.
Karl preme le labbra in una linea sottile, lanciando a pochi centimetri dal suo viso un tagliacarte.
Alex alza un sopracciglio, spostando appena lo sguardo alla sua sinistra.
"Puerile."
"Non voglio indossare queste cose."
"Per me puoi anche andare in giro nudo, ma non credo che i dipendenti dell'azienda apprezzerebbero. Forse Daniel, se fosse qui, ma non certo gli altri."
Heisenberg si annota mentalmente di chiederle chi cazzo sia questo Daniel che ogni tanto le esce dalla bocca, incerto se volerlo sapere o meno.
Posa lo sguardo sui vestiti che gli ha portato il mercenario, sbuffando e masticando un'altra di quelle barrette proteiche - questa volta al cioccolato bianco.
"Sono... "
"Se dici strani ti stacco la lingua."
Heisenberg tace, studiando i pantaloni scuri in silenzio - la camicia bianca, la cintura in pelle che sembra più costosa di metà della sua fabbrica.
Alex accavalla le gambe, sospirando.
"Siamo a Washington, Karl: Stati Uniti. Non puoi indossare il tuo solito stile underground." gli spiega lei "E sebbene riconosco avesse il suo fascino, be', qui saresti scambiato per un senzatetto."
Nessuna risposta.

Cling.

Heisenberg si volta, sul letto una piastrina ovale attraversata da tre piccole linee - inciso sopra solo tre lettere.

K.S.H.

Cerca i suoi occhi e Alex risponde al suo sguardo, neutra.
"Le ho trovate fuori dalla fabbrica." è l'unica spiegazione che gli offre, asciutta.
Karl la raccoglie, strofinando i grani della catena tra il pollice e l'indice.
"Lo stile militare va molto di moda adesso." aggiunge, alzandosi e allacciandosi il bottone dorato del blazer.

"La memoria è il fondamento dell'essere, Karl: tutto ciò che siamo. Che saremo."(1)

"Com'era?"
Alex si fissa la punta delle scarpe, tace.
Heisenberg si volta ed è aperto il suo viso - una pelle sulla quale i sentimenti sono mutevoli quanto il suo umore.
"Vuota. Rattrappita in se stessa. La fucina fredda quanto il villaggio."
Alex inclina il mento verso di lui, concedendogli uno sguardo in tralice - pieno.
"Morta." susssurra, ed ecco quello che rimane dell'Orlov d'acciaio di Coșmarul.

Polvere e ossa.

Karl indossa la piastrina senza alcun rimpianto.


In the blink of an eye I can see through your eyes
as I'm lying awake I'm still hearing the cries
and it hurts, hurts me so bad.

La testa del serpente lo fissa con occhi freddi, rossi; le fauci spalancate, i denti snudati.
Ha dita sottili il fratello di Alex - da pianista o chirurgo; nettamente diverse dalle sue, ricoperte di cicatrici e dalle nocche un po' storte.
Solleva il mento quando lo guarda e gli ricorda tremendamente Alcina - lei e la sua schifosa arroganza.
Karl indossa un sorriso beffardo, frustrato dal non poter masticare l'estremità di un sigaro.
Il fratello di Alex è alto - più di lui: forse quasi due metri, a occhio e croce.
Veste come uno di quei modelli da copertina - la signorina bionda moderna, gli torna in mente come la chiamava Angie - e la sua pupilla è ormai bloccata nella forma uncinata di un rettile.
È un uomo intenso, come gli aveva detto Alex; tutto in lui irradia un senso di minaccia, di equilibrio folle - un grosso predatore a cui non puoi mai dare le spalle.
"Ah, ecco il coglione che si è fatto bruciare le palle sul fondo del vulcano."
Wesker alza appena un sopracciglio, arricciando le labbra in un sorriso sgradevole - sinistro.
"Allora il cane sa parlare."
"E piscia anche nei cortili altrui, se vuoi saperlo."
Wesker amplia il sorriso, mostrandogli una chiostra di denti bianchissimi e affilati."
"Non avevo dubbi al riguardo; immagino che per te sia tutto nuovo." chiosa, e dio, quanto sarebbe piaciuto ad Alcina.

Forse avrebbe potuto persino conservarlo per un po' prima di evirarlo e poi svuotarlo fino all'ultima goccia di sangue.

"Il telefono. La tecnologia." prosegue, intrecciando le dita sulla testa dell'aspide.
"La doccia." aggiunge poi, flettendosi in avanti - spandendo un vago odore di cuoio e maninka.
"Già." ribatte lui, lisciandosi la camicia che gli aveva dato Alex "Soprattutto quando ad aspettarti dall'altra parte della porta c'è una bella donna."
Wesker emette un suono asciutto, a metà tra la risata e in ringhio.
"Sei divertente."
"Me l'hanno detto in tanti."
"Quanto un esame della prostata." specifica poi Wesker, appoggiando i fianchi contro la scrivania.
"Oh, non saprei: c'è a chi piace farsi ficcare cose su per il culo." replica Karl, per nulla impressionato.
Wesker inclina il capo verso la spalla, studiandolo - la pupilla vibrare, l'iride di un rosso diverso da quello di Alex; più intenso, quasi sangue vivo e appena eruttato da un'arteria squarciata.
"Ha sempre avuto una passione smodata per i randagi, mia sorella."
Heisenberg solleva il viso verso il suo, alzando una mano verso i capelli, quasi a scostare la tesa di un cappello che non c'è più.
"Alex non è tua sorella."
Wesker tace, squadrandolo.
Karl si infila le mani nelle tasche, stranito dal non trovarle piene di bulloni o pezzi di metallo.
"Ma sì, randagio è un termine che ben mi si adatta."
"Felice che concordiamo su qualcosa." dichiara Wesker, quieto.
Heisenberg gli scocca un'occhiata obliqua, nella sua mente chiara come se fosse accaduta ieri la reazione di Alex alla sua morte - il tormento che l'aveva consumata un poco alla volta, rendendola tragica e spietata al contempo.
"Hai qualcosa da dirmi, Karl Heisenberg?" sibila Wesker, indurendo lo sguardo.

Oh, allora non ti piace essere giudicato eh, stronzo?

Karl si stringe nelle spalle, godendosi la sensazione del cotone dei pantaloni sulla pelle - fresca, pulita.
"Sì." risponde, posando lo sguardo sulla porta dell'ufficio.
Wesker attende, attorno a lui il campo elettrico flettersi, e pulsare.
"Per cena vorrei del brasato al..."
Heisenberg aggrotta le sopracciglia, riflettendo - facendo finta di pensare al termine usato da Alex.
"Ah sì, ecco: brasato al vino rosso."
Wesker rimane impassibile, il viso teso in un'espressione indecifrabile - durissima.
Karl abbozza un sorriso derisorio, toccandosi i capelli raccolti sulla nuca.
"Immagino non sia un problema per un big guy come te, no?"
Il volto di Wesker non tradisce alcuna reazione e per un attimo - un istante - i loro campi elettrici si toccano e Karl può percepire la vastità di quell'uomo, la profondità dei suoi pensieri, l'orrore.
Un grumo palpitante che soffoca e brucia e divora e...

Alex.

Karl lo guarda dritto negli occhi, Wesker sostiene il suo sguardo.

Non c'è pietà per i mostri in questo mondo, Karl. (1)

Dietro la la pelle delle Bestia sono tutti ancora bambini spaventati e soli.


6.

È un'entusiasta, Alex; adesso può vederlo chiaramente.
Certo; non si appassionerà mai al bricolage o al decoupage, ma quando gli racconta di quello che stanno facendo alla Blue Umbrella brucia, e con lei la stanza.
Davanti a sé dispiega tecnologie che hanno dell'impossibile, mostrandogli un mondo da cui Coșmarul si era nascosto per anni, ignorandolo.
E non importa che sorrida perché qualcuno è appena mutato nell'esperimento; perché il nuovo agente virale sia promettente o la nuova protesi biomeccanica funzioni che è una meraviglia.
Karl conosce quel sentimento perché dentro tutta la merda di Coșmarul ogni soldat operante era una vittoria - ogni braccio armato un passo avanti verso la libertà, ogni resurrezione una conquista.
Scorre con l'indice lungo il catalogo film del tablet - Netflix, gli aveva detto Alex; si chiama Netflix e lo adorerai - le caviglie incrociate sul tavolo e poco lontane dalle scarpe un groviglio di cartacce e stagnola.
Aggrotta le sopracciglia, indeciso tra due titoli - Bad Boys o un certo 365 giorni sul quale Alex aveva sogghignato pericolosamente, ridacchiando come Angie e rappresentandone quasi la copia formato gigante.
"Oh, ecco il cocco del capo."
Karl solleva lo sguardo, incontrando quello di 3A7.
Il mercenario si siede, posando davanti a sé un vassoio pieno di patatine e due hamburger grandi come un pugno.
"Ne vuoi?" gli offre, gesticolando sopra le pietanze "Lavorare qui è un lavoro pieno di merda e sangue, ma la mensa è fantastica." chiosa, scrocchiandosi i muscoli delle spalle.
Heisenberg valuta la proposta, pensa che no, non è il caso - non dopo tutte le pietanze che Alex gli ha sciorinato e ficcato quasi a forza nel piatto nel corso degli ultimi due mesi.
3A7 non aspetta neppure la sua risposta, cospargendo di senape le patatine e cominciando a mangiarle cinque a cinque.
"Allora." inizia, masticando "Hai già fatto il giro panoramico dell'azienda?"
Karl lascia il dito in bilico tra i due titoli, cliccando poi 365 giorni - lo lascia in download e Alex lo prenderà per il culo per giorni dopo che l'avrà visto.
"Se intendi che ho già visto le gabbie con quei strani cani di muscoli e pelle o dove tenete le vostre sessioni di terapia, sì, allora l'ho già fatto."
3A7 annuisce, schiacciando l'hamburger tra due fette di pane tostato ricoperte di semi di zucca.
"Magnifico: vedo che il capo non ha lasciato indietro niente."
"È una donna precisa."
3A7 deglutisce, guardandolo da dietro il bordo del bicchiere.
"Precisa è un eufemismo per dire maniacale."
"Dedicata." ribatte Karl, neutro.
Il mercenario beve un sorso d'acqua, studiandolo con attenzione.
Heisenberg posa il tablet, intrecciando le dita sull'addome.
"Devi piacerle proprio tanto, Magneto."
Karl alza un sopracciglio, scoprendo un canino.
"So chi è questo Magneto: ho visto gli X-Men." replica, asciutto.
3A7 si pulisce gli angoli della bocca, quieto.
"E non è il mio nome." aggiunge, fissandolo.
Il mercenario si ferma, sfregando il pollice sul tovagliolo.
"No." concorda poi, sollevando appena lo sguardo "Il tuo nome è secretato, uomo d'acciaio. Kaput. Vietato."
Karl ascolta, le posate vibrare - farsi bandiera dei suoi pensieri, del suo stato d'animo.
3A7 guarda la forchetta sollevarsi, tranquillo.
"Sei come loro."
Nessuna risposta.
3A7 sfiora con la punta delle dita il coltello sospeso a pochi centimetri dalla sua guancia, calmo.
"E sei fedele." valuta poi, inclinando il mento verso di lui.
Karl piega il capo verso la spalla, gli occhi adesso di una sfumatura più fredda, quasi acciaio.
3A7 sorride, una chiostra di denti bianchissimi e tutti regolari - una necessità per chi combatteva sul campo e prendeva pugni e scudisciate da lucertole mutanti.
"La fiducia è importante in posti come questo." mormora poi, voltandosi lentamente verso il piatto e abbassando la forchetta fino alle patatine.

Clang.

3A7 torna al suo pranzo, Karl lo guarda in silenzio per qualche altro minuto: fedeltà è una parola così aliena sotto la lingua da aver un sapore quasi dolce.


And I'm wondering why I still fight in this life,
'cause I've lost all my faith in this damn bitter strife
and it's sad, it's so damn sad.

Ai piani più superficiali - quelli dediti all'apparenza dell'azienda, gli aveva spiegato Alex - hanno cominciato a indossare maglioni rossi e verdi, alcuni con ridicoli disegni di renne o pupazzi di neve.
E non gli piace l'inverno a Karl: non gli piaceva prima, quando a Coșmarul sembrava essere l'unica stagione possibile, e non gli piace adesso, con l'odore della cannella e delle mele candite che gli irrita il naso.
Alex sembra del tutto immune al cambio d'atteggiamento della maggior parte dei dipendenti e al livello in cui è più presente - biorischio 4 - sono in pochi a indulgere nel Natale, ma il fastidio resta, ed è più profondo.
"Quanto?" le chiede, posando il capo contro lo stipite della finestra.
Alex continua a compilare una serie di dati sul pc, liberando un piccolo hum interrogativo, distratto.
"Da quanto sono qui?" ripete, e il clic clic dei tasti si ferma.
"Perché?"
Karl si volta, trovandola intenta a guardarlo.
"Curiosità."
Alex socchiude gli occhi, studiandolo con attenzione - sfogliando le sue intenzioni, frugando nei suoi pensieri.
"Hai così fretta di andartene?"
Karl si porta una mano al petto, mostrandole un sorriso beffardo - impertinente.
"Se avessi saputo dei tuoi sentimenti ti avrei comprato un regalo, amore mio." la prende in giro, e Alex preme le labbra tra loro per trattenere una risata.
"Ma vaffanculo."
"Prima tu." chiosa lui, chiamando a sé una sedia e ruotandola, così da poter appoggiare i gomiti sullo schienale.
Alex chiude il pc, fissandolo.
"Abbiamo recuperato il cerebrum pochi giorni dopo l'esplosione; sei qui da un anno e dieci mesi."
Il sorriso di Karl non cede, nemmeno la sua maschera.
Alex si reclina all'indietro, picchiettando con le dita sul bracciolo della poltrona.
"Cosa vuoi veramente, Karl?" lo anticipa, seria.
Heisenberg la guarda, sul viso un'espressione neutra - attenta.
"No." gli dice, brusca.
"È un mio diritto."
"Non se ne parla."
Il metallo nella stanza si solleva, cominciando a compiere piccoli movimenti circolari - sfiorandole il viso in un passo di danza che hanno già fatto molte volte.
"Sono tuo prigioniero?" mastica lui, la rabbia un sentimento che ancora lo accende in fretta.
Alex rimane immobile, ma negli occhi qualcosa si flette, avvicinandosi pericolosamente alla comprensione.
Ed è di nuovo Coșmarul - viva, pulsante.
È Spencer e il suo delirio, Miranda e la sua ossessione.
È il pigolio sfiatato di quei bambini rapiti, contorti e piegati al loro volere - ai loro sogni.
Alex lascia che un chiodo le tagli una guancia, a terra gocce di sangue simili a monete.
Heisenberg inspira con forza, attorno a loro l'energia elettrica vibrare, scontrandosi e infine trovando quiete l'una nell'altra.
"Dove vorresti andare?" sussurra poi - rossa sulle labbra, lungo il viso.
"Fuori."
"Il mondo è un posto molto grande, Karl."
"Lo so."
Alex scuote la testa, incerta.
"No, non lo sai. Credi di saperlo, ma il villaggio è stata la tua unica realtà troppo a lungo."
"Non sono uno stupido."
"Nessuno di noi lo era." ribatte lei, rigida "Eppure eccoci qua." prosegue, indicando entrambi.
"Vivi." incalza lui, alzandosi e avvicinandosi.
Alex solleva lo sguardo, trovandolo adesso a pochi passi dalla poltrona.
Karl non arretra, non cede: è stato condannato in un luogo per troppo tempo per accettarlo ancora - anche se lì c'è lei ed è divertente, accogliente e...

E lei non può seguirti.

Alex lo guarda, abbozza un sorriso triste - a metà.

"Per la mia famiglia adottiva sono uno dei tanti casi di ragazzine scomparse, forse persino uccise."

La libertà di Alex è stata pagata a un prezzo molto più alto della sua.


7.

Il busto di Alcina è bloccato in una posizione agonica, urlante.
È paralizzata in un'espressione di terrore e dolore, al suo fianco i cento occhi di Moreau vedono oltre - dove era stato anche lui.

Nel silenzio di mille morti senza possibilità di salvezza.

Tap tap. Tap tap.

Wesker lo affianca, le mani su quel suo inquietante bastone - nero, liscio.
Karl tace, premendo tra le labbra un sigaro spento.
"Gliel'ha estratto mentre ancora gridava." inizia, indicando con la testa dell'aspide un contenitore vicino ad Angie - muta, senza più vita.
"Il Cadou." specifica, ed è innaturale la sua voce - una sensazione vuota che ti rattrappisce la pelle, il cuore.
Heisenberg gli lancia un'occhiata obliqua, attenta.
E si era chiesto tante volte cosa ci fosse in quest'uomo perché le persone si affrettassero a eseguire i suoi ordini, scivolando su piedi piccoli e tremanti.
Si era chiesto perché - se fosse mai stato capace di infondere nella sua voce una tonalità diversa, viva.
Wesker mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, negli occhi la stessa vacuità dei rettili - un'assenza che gli fa venire voglia di prenderlo e scuoterlo e magari pestargli un piede per vedere se è fatto di carne e sanguina e...

"Ha urlato, Karl: per mesi interi."

"Una specie interessante." gli dice, imperscrutabile.
Heisenberg schiocca la lingua contro il palato, snudando i denti.
"Un peccato mi sia perso la mutazione del Duca: Alex ha detto che era orrenda."
Wesker sposta il peso da un piede all'altro - la gamba sinistra è un ammasso di cicatrici e ossa rinsaldate male, Karl - quieto.
"Avrei voluto sentirlo strillare come il maiale che era." continua, rigirandosi tra le dita l'accendino.
Wesker si volta, guardandolo.
Karl amplia un sorriso che non vuole ridere, spostando il sigaro di lato.
"Cosa c'è? Credevi mi stessi simpatico quell'ammasso di lardo?"
"No."
Ed è frustrante, il fratello di Alex; parla per monosillabi e cazzo, non credeva l'avrebbe mai pensato, ma almeno Alcina gli dava qualche soddisfazione.
"Non sono qui per lui."
"Lo so."
Karl libera un sospiro esasperato, accendosi il sigaro e buttando fuori una generosa boccata di fumo.
"Merda, sei irritante quanto uno sfogo anale."

Ah ah.

Heisenberg si volta di scatto, colto alla sprovvista da quel suono arrugginito, sbeccato agli angoli.
Cazzo, questo è matto, il primo pensiero che l'attraversa.
C'è qualcosa che posso usare in questo buco di caveau per colpirlo?, il secondo.
"La bambola." lo prende invece in contropiede Wesker, inclinando il viso verso il suo - e arriccia le labbra quel cazzo di svitato, socchiudendo la bocca.

Il riflesso di Flehmen.

"Alex mi ha detto che era l'unica che tolleravi."
"Non le avrei voluto spaccare tutte le ossa se è questo che intendi."
Wesker avanza, Karl non arretra - se il coglione vuole bruciarsi con la punta del sigaro, be', faccia pure.
"Io non ti piaccio."
"Jackpot." ribatte Karl, irritato.
Wesker piega il capo verso la spalla in un movimento curioso, attento.
"Eppure non mi reputi una minaccia."
"No." replica lui, gettando la cenere a terra.
"Mi trovi sgradevole." sottolinea Wesker, piegando le labbra in una smorfia.
Heisenberg lo squadra da capo a piedi, infilandosi il pollice nel passante dei pantaloni.
"Non fraintendermi, big guy: probabilmente sei bello per i canoni della società moderna. Voglio dire, assomigli a quel, come si chiama... ah, sì, quell'Homelander televisivo, biondo e psicopatico, ma per me?" dice, indicandosi e scuotendo la testa.
"Per me sei solo un coglione con deliri di grandezza che si è fatto sbattere il culo sul fondo di un vulcano da Chris fottuto Redfield."
Wesker lo sovrasta e per un attimo - un istante - la rabbia esplode nella forma di una corrente elettrica che lo attraversa da parte a parte, stringendogli le viscere, i testicoli.
Karl tossisce, rafforzando la presa attorno il sigaro - desiderando come non mai il suo martello.
"Un destino comune, a quanto pare." sibila poi Wesker, flesso in avanti - più serpente che uomo.
"Adesso che la palla è al centro sei contento?"
"Mai." ringhia lui, ed ecco l'uomo intenso di cui parlava Alex - quella scossa tellurica che è solo devastazione e follia.
"E allora fallirai, ancora." sancisce Karl, lapidario.
Wesker sembra bloccarsi a quelle parole ed Heisenberg si chiede se possa andare in pezzi come i lycan o Miranda stessa.
"Ti sei mangiato la lingua?" incalza, ma Wesker lo ignora, raddrizzandosi e guardandolo come se fosse nuovo - diverso.
"Ti è venuto un ictus?" insiste, in parte preoccupato, in parte soddisfatto di se stesso.

"Fallirai."
"No."
"Sì, invece: e io non potrò salvarti."

Wesker allarga le spalle, irrigidisce le schiena - posa nuovamente entrambe le mani sul pomello del bastone.
"L'ha fatto per te." dice, ed è quasi un mormorio impercettibile.
"Questo." sottolinea, puntando il fondo del bastone sul Cadou del Duca.
"L'ha torturato per ore, tenendolo in vita con fleboclisi continue." racconta, assorto - lontano.
"E mi è piaciuto." ridacchia poi, dandogli sempre più l'impressione di un uomo prossimo al collasso nervoso.
"Mi sono divertito, perché Alex, oh, lei è così brava a fare del male e lo fa da così tanto tempo che ormai ne è un'esperta."
A me non l'ha mai fatto, vorrebbe ribattergli Karl, ma tace perché adesso in Wesker c'è qualcosa di rotto - una crepa attraverso la quale riesce a vedere un abisso di orrori e sentimenti innominabili.
Heisenberg tende i muscoli delle cosce, chiama a sé quello che trova - nulla di un cazzo, porca troia.
"Ma tu lo sapevi già, uhm?" prosegue, annuendo tra sé e sé.
Wesker continua a scuotere la testa, sembra voler scacciare un pensiero molesto - ossessivo.
Karl solleva di scatto le braccia quando lo vede muoversi, preparandosi a un attacco - un colpo, un grido, qualcosa...

Tap tap. Tap tap.

Wesker gli dà le spalle, fermandosi solo quando ha già un piede oltre il ciglio della porta blindata del caveau.
"Sei libero, Karl Siard Heisenberg." mormora, usando il suo nome intero.

Lei no. Io no.

"Divertiti nel mondo." si congeda, i suoi passi che risuonano per minuti nelle orecchie - tra le costole.
Sulla mensola del caveau Angie sembra sobbalzare e gemere.


Oh I wish it was over and I wish you were here
still I'm hoping that somehow 'cause your soul is on fire,
a shot in the dark,
what did they aim for when they missed your heart?

Sono tutti morti e tornati indietro, ma il big guy sembra aver lasciato qualche pezzo laggiù, dove Alcina urla ancora e Donna forse ha trovato pace.
Karl è nel mezzo della lettura di un paragrafo sui compressori e sulle turbine a flusso generalizzato quando le luci si spengono di colpo - buio e poi rosso.
Solleva il capo, chiudendo il manuale.
Non è uno stupido e sa cosa significhi anche senza che l'altoparlante continui a ripetere attenzione: soggetto di rischio quattro libero. Siete tutti pregati di rimanere nelle vostre stanze e aspettare la squadra di contenimento.
Heisenberg si alza, chiamando a sé il martello - nuovo, ricostruito con materiali di prima scelta.

Crash.

Spalanca la porta, alzando appena un sopracciglio.
"Che cazzo è tutto questo casino?" borbotta tra sé e sé, chiedendosi se questa volta sia scappato uno di quei cani pelati oppure una di quelle piantine carnivore che Alex chiama Yateveo.

Plotch.

La testa ancora nel casco di uno dei membri della squadra di contenimento gli passa davanti agli occhi come una palla di bowling, schiantandosi contro il muro.

Ah, merda.

Si volta, trovandosi faccia a faccia con un Tyrant Bloodshot - quattro metri di altezza e la stessa agilità di un fottuto licker.
"Spero che lo stronzo che ti ha lasciato uscire per una passeggiata sia morto." mastica Karl, rafforzando la presa attorno il martello e assumendo una posizione difensiva.
Il tyrant lo fissa, vacuo.
"E anche male." aggiunge, flettendo i muscoli delle gambe.
Il tyrant carica e le piastrelle si spaccano sotto il suo peso - Karl para il primo colpo, restituendoglielo nell'addome.
Heisenberg è veloce e si sposta prima a destra, poi a sinistra - un piede in avanti, adesso in diagonale - ruota il martello tra le dita, lanciandolo e percependo il metallo rispondere, fondersi con lui, la sua volontà.
Il tyrant scrolla il capo, guardandolo con occhi spenti, inerti - biglie nere e lucide.
Karl snuda i denti, afferra il martello con entrambe le mani - sta per scagliarsi contro di lui quando la creatura sembra arretrare, a terra un groviglio di intestini e sangue.
"Indietro." comanda una voce - la sua.
"Col cazzo." ribatte Karl, rimanendo fermo nella sua posizione.
Wesker lo affianca, silenzioso.
"Indietro." ripete, ignorandolo.
"Ho detto..."
"Non parlo con te." sibila Wesker, mantenendo lo sguardo fisso sul tyrant.
Heisenberg inclina il mento verso di lui, guardandolo.
E c'è qualcosa che si agita sotto la sua pelle - che gli dona un lucore nerastro, innaturale.
Arriccia il naso, colpito dal suo odore - cuoio e maninka e una traccia torbida, quasi soffocante.
L'ha già sentito; è sicuro di aver già annusato questo lezzo - dolciastro, che si attacca alla pelle, scivola sotto la lingua e in gola, facendoti venir voglia di fare cose che normalmente non faresti mai e che...
"Ferormoni." mormora, premendo le labbra in una linea sottile.
Wesker sposta la gamba destra in avanti, il braccio sinistro indietro - non gli risponde neppure.
Karl deglutisce, mordendosi l'interno guancia - l'aria ne è piena e gli stanno facendo venire la nausea e qualcosa strappa al centro del petto, scendendo verso l'ombelico e...
Il tyrant ringhia, spalanca la bocca e urla - furioso, idrofobo.
Wesker sorride e salta.


8.

"Ehi, Magneto."
Heisenberg solleva appena lo sguardo, in una mano un estrattore per circuiti integrati, nell'altra un cacciavite a stella.
3A7 lo fissa dalla soglia della porta, un giubbotto di pelle addosso e un paio di sneaker ai piedi - Nike Blazer Mid '77, tomaia schizzata di giallo e blu.
"Hai mai provato la grigliata mista di Bobby?"
Karl alza un sopracciglio, sottolineando come chiaramente non sappia di cosa stia parlando il mercenario.
3A7 si scosta dallo stipite, schioccando la lingua contro il palato.
"Bobby Van's Steakhouse: la miglior fottuta carne di Washington."
Karl solleva una tronchesi, indicandolo.
"Prendimi per il culo un'altra volta e ti stacco le dita una per una."
3A7 sorride, estraendo dalla tasca due rettangoli azzurri con le loro foto.
"Il capo ha detto che posso portarti fuori a fare un giro."
Heisenberg sposta lo sguardo dai documenti al mercenario, guardingo.
"La dottoressa Korda." specifica 3A7, fissandolo.
Karl spegne il saldatore a stagno, ruotando sulla sedia.
"K01 ha bisogno di uscire." inizia il mercenario, scivolando con lo sguardo lungo la stanza - le lenzuola stropicciate sul fondo del letto, libri sparsi di meccanica ed elettronica, due o tre volumi di anatomia umana e strumenti vari appoggiati praticamente ovunque.
"Portalo dove preferisci, basta che teniate un profilo basso; queste le sue testuali parole." conclude, avvicinandosi al televisore acceso su un telefilm coreano - Sweet Home, Netflix.
Karl muove le spalle, liberando un sospiro soddisfatto quando un punto tra il collo e il braccio si scioglie in uno scrocchio secco, asciutto.
"Lei non viene?"
3A7 si volta, quasi del tutto piegato in avanti sul modellino di un cavallo meccanico che emette persino fumo dalle narici.
"Il capo?"
Karl intreccia le dita tra loro, annuendo.
"No: anzi, non l'ho mai vista uscire da questo complesso."
3A7 prende in mano il modellino, negli occhi una luce curiosa - divertita.
"Credo viva nell'attico." mormora, sfiorando con il pollice l'intricato decoro che percorre il dorso del cavallo.
Heisenberg si reclina contro lo schienale della poltrona, studiandolo in silenzio.
"Vicino all'ufficio del dottor. Wesker." conclude, posando il modellino sul comodino con una delicatezza inaspettata.
3A7 si volta, schioccando il pollice con il medio.
"Dunque, Magneto? Per quelle bistecche? Se ti rimane posto fanno anche dei brownie per i quali vale la pena morire." ripete, muovendo le sopracciglia in un modo ridicolo.

"Non sei un prigioniero, Karl: non con me."

Sotto la pelle l'energia di Alex è un ronzio profondo e costante.


It's the rule that you live by and die for;
it's the one thing you cannot deny
even though you don't know what the price is.

"... ma ballare è come combattere e credo ti servirà ben più dei tuoi soldat là fuori." (1)

Adesso capisce cosa voleva dire Alex.
Adesso lo vede ed è grottesco e al tempo stesso elegante - morbosamente affascinante.
Dove lui è metallo e forza bruta Wesker è invece aggraziato: una curva sottile e nerissima che danza, e uccide.
Ruota verso il basso, togliendo il piede di appoggia al tyrant - solleva il palmo della mano in alto, frantumandogli il mento, il setto nasale.
C'è una precisione aristocratica nei suoi movimenti; la stessa che aveva visto in Alex - corpi che erano solo quello: armi e strumenti.
Ruota all'indietro Wesker e a vederlo combattere non si direbbe che la gamba sinistra è storta - un ammasso contorto di cicatrici e pelle morta.
Le pareti gocciolano rosso, Wesker ride - ed eccolo lì l'uomo di cui gli aveva sempre parlato Alex.

Il fratello devoto. Il pianificatore. Il conquistatore spietato. Il traditore.

Spacca il gomito al tyrant, si arrampica su di lui come fosse niente - affonda le dita nella gola e spalanca, facendone schizzare ossa e sangue.
E ride, Wesker: un suono terribile, che non aveva mai sentito - che assomiglia a tutte le cose abbandonate e corrose che aveva visto al di là.

"Siamo morti e siamo tornati indietro; ma forse una parte di noi è ancora là, che urla e implora e soffre."

Karl osserva il tyrant ciondolare in avanti, cercare di afferrare Wesker - mancarlo, e liberare un grido stridulo quando quest'ultimo gli sferra un pugno nella nuca, immergendosi fino al gomito dentro di lui e strappandone buona parte della colonna vertebrale.
Le luci si spengono e il corridoio cade nel buio per uno, due, tre...

Click.

"Rischio biologico contenuto." annuncia una voce femminile "Il personale al livello quattro deve ancora rimanere nelle sue stanze per la disinfezione generale dei locali."
Heisenberg storna lo sguardo dall'altoparlante, posandolo sul corpo squarciato del tyrant - sopra di lui, inginocchiato, Wesker sembra studiare qualcosa direttamente nel suo cranio, scoperchiato.
Si avvicina, trascinando dietro di sé il pesante martello - inclinando il capo verso la creatura.
"Direi che è morto."
Wesker solleva un dito e Karl nota come sotto le unghie vi siano pezzi di carne e fili rosati, traslucidi.
"Gli hai spaccato la testa come un melone: non credo che..."
La creatura inarca la schiena di scatto, spalancando gli occhi e...

Splotch.

Wesker sbatte le palpebre una, due volte.
"E che cazzo."
Karl preme, sfregando la bocca martello nel pavimento e nella massa molliccia di ciò che resta del tyrant.
"Vaffanculo. Vaffanculo e vaffanculo." ripete, inspirando con forza.
Wesker lo guarda, nella pupilla una sfumatura interdetta, persino sorpresa.
"Ma che cazzo gli date da mangiare? Steroidi e anfetamine?" prosegue Karl, scollando il martello dai resti del tyrant.
L'energia di Wesker freme e gli comunica tutto il suo fastidio.


9.

È un uomo ordinario, 3A7.
Non è poi molto diverso da Ethan Winters - un sorriso che molte donne trovano gradevole; occhi allegri, una piccola cicatrice vicino l'orecchio sinistro, una più grande sotto la clavicola.
Non è né bello né brutto: è un'ombra - un profilo che può facilmente mescolarsi con gli altri, ora il bigliettaio della giostra di tuo figlio, il momento dopo il tizio che aspettava il treno leggendo il giornale.
Karl fissa la bistecca che ha nel piatto, ben cotta.

"Quella cosa è ancora viva, Alex."
"Si mangia così il filetto, Karl."

3A7 ringrazia la cameriera, aprendo davanti a sé il tovagliolo e guardandolo.
"Non hai fame?"
Heisenberg scivola con lo sguardo lungo i tavoli - un brusio di voci e rumori; posate che cadono, risate che infrangono il borbottio degli altri clienti, la musica country in sottofondo.
3A7 comincia a mangiare ed è vorace - riesce a mettersi in bocca un pezzo di bistecca e due di salsiccia piccante.
Karl sa che lo sta studiando - lo sente.
Può percepirlo nella quasi impercettibile fluttuazione del suo campo elettrico, dalle occhiate che gli scocca in tralice.
Ed è tutto intenso - enorme: la città brulica e non c'è spazio che non sia stato occupato, corpo che non si muova - esplode attorno a lui e lo fa sentire piccolo, indifeso.

Un sentimento terribile e che non provava da anni.

3A7 smette di masticare, pulendosi un angolo delle labbra.
"Respira." gli dice, fissandolo.
E Karl si volta, capendo solo in quel momento di aver trattenuto il fiato - vedendo le posate tremare, i cerchioni delle auto piegarsi, l'intera Washington sollevarsi dal cemento, rispondendo alla sua confusione.
3A7 si sporge oltre la sua metà del tavolo e Karl espira di colpo - cling.
Un bambino inclina il viso verso la fonte di quel rumore, guardandolo incuriosito - mamma, mamma; quell'uomo fa volare i coltelli e le forchette.
"Sto bene."
Il mercenario lo soppesa in silenzio ancora qualche secondo, annuendo e tornando a sedersi.
"La dottoressa aveva detto che potevi sentirti... sperduto. Sì, ha usato proprio questa parola."
Heisenberg ascolta il rullio del proprio cuore, quello del Cadou - mostruoso, spaventato.
3A7 sfila un peperone grigliato dallo spiedino, poi un pezzo di cipolla.
"Non deve, ha anche aggiunto; questo è il suo mondo. Quello che gli ho promesso." continua 3A7, bevendo un sorso di birra.
Karl digrigna i denti - non è abituato a perdere il controllo a tutto... questo - e 3A7 sorride, scuotendo appena la testa.
"C'è qualcosa che non va in quell'azienda." proclama, posando il mento nel palmo della mano.
"C'è qualcosa che non va in tutti noi." aggiunge, e Karl si volta, guardandolo.
3A7 stende le labbra in un sorriso che sembra sincero, la miglior imitazione che può offrirgli di Paul, operaio nell'industria tessile - così recita la sua carta d'identità.
"Ma questo è il nostro mondo." dice, e c'è adesso una nota dura nella sua voce - ferale, risoluta.
"E loro mi hanno dato la possibilità di farne parte. Di reclamare il mio posto." conclude, offrendogli il piatto di nachos con guacamole che avevano ordinato.
Il bambino emette un gridolino stridulo, ricordandogli Angie - sbatte a terra un pezzo di pizza, spargendo pomodoro e mozzarella ovunque.
Gli occhi di 3A7 sono quieti, sfumati in un marrone neutro - scialbo, banale.

Qual è la miglior arma? Quella che non consideri tale.

Sotto la lingua la carne ha il sapore di una vita non ancora vissuta.


I breathe underwater, it's all in my hands,
what can I do? Don't let it fall apart,
a shot in the dark, a shot in the dark.

"Avevamo ragione: c'è una forma di mutualismo tra il micete e l'ospite." inizia Alex, intrecciando le caviglie sul fondo del letto.
Wesker mantiene lo sguardo fisso sul tablet, neutro.
"Una volta che le spore penetrano l'organismo iniziano a riprodursi e infettano le cellule, alterando la ERK." prosegue, segnandosi qualcosa a bordo pagina.
"Questo spiega anche perché pochi soggetti siano compatibili; la maggior parte delle volte una modificazione dei segnali regolatori porta ad aberrazioni cellulari; una espressione eccessiva del gene ERBB2, per esempio." ripete, gettandogli un'occhiata in tralice.
Wesker la ignora, sul viso un'espressione impenetrabile.
"Le femmine ne sembrano più colpite." insiste Alex, fissandolo "Carcinoma endometriale, dell'utero: il micete non è certo un agente infettivo generoso."
Wesker inspira, premendo le labbra in una linea sottile.
Alex tamburella un paio di volte la penna sui fogli, interdetta.
"Sei infantile."
Wesker irrigidisce un muscolo sotto la mandibola, sullo schermo dello tablet sempre la stessa fottuta riga - un grafico a torta e una serie di rendicontazioni aziendali.
Alex posa il carteggio di lato, avvicinandosi - e l'odore di metallo è così forte da fargli venir voglia di vomitare, e poi l'acre del tabacco e quel filo più sottile, che il virus sgrana tra le sue propaggini, riconoscendolo come qualcosa di fin troppo vicino alla soddisfazione e...

No.

"Albert." lo chiama.
"Albert." ripete, ma è codardo il cuore di chi si è creduto un dio e non sa fare altro che scappare - morire un po' alla volta, di nuovo.
Wesker si alza, gettando il tablet su letto e cominciando a vestirsi.
Il senso di colpa è infine mutato nel peggiore dei sentimenti;

verso se stesso; verso di lei.

Il risentimento.


10.

Non era lui che cercava.
Aveva seguito la traccia dell'energia di Alex fino all'ultimo piano dell'azienda - un colosso in acciaio e vetro che sovrastava Washington, scrutando la città con occhi trasparenti, implacabili.
"Big guy." inizia, fissandolo.
Wesker inclina il mento verso di lui, una camicia slacciata addosso e sulla pelle un complicato intrico di cicatrici biancastre e sottili.
Karl le studia in silenzio, ricorda le sue, e Wesker lo squadra da capo a piedi, neutro.
"Torno più tardi."
Wesker preme le labbra in una linea sottile - non torni affatto, cane, sembrano dirgli i suoi occhi, ma tace, puntando invece il dito sull'involucro in carta stagnola a forma di cigno.
"Non è per te."
"Lo immaginavo." ribatte lui, controllato - distante.
"Probabilmente mangi bambini o come Alcina carne di vergine."
Wesker sposta il peso da un piede all'altro, appoggiando la spalla contro lo stipite della porta.
Karl rafforza la presa attorno il contenitore, percependo il calore residuo del tortino al cioccolato - un'idea che si era guadagnata un'occhiata strana da parte di 3A7, quasi intimorita.
"Sei gentile." chiosa Wesker - e attacca il mostro sotto il letto, perché è ora di ricordare a quel bambino molesto e dispettoso che lui esiste, e ha la bocca irta di denti.
"E anche intelligente. E affascinante." replica Karl, beffardo.
Wesker allunga la mano, all'anulare la fascia in oro bianco e ossidiana brucia - sembra vibrare di vita propria.
"Dammi pure, Karl: lo consegnerò io ad Alex."
"Preferisco farlo di persona."
"Cane fedele." contempla Wesker, nell'iride una luce rossastra, cupa.
Heisenberg abbozza un sorriso derisorio, tutto denti e arroganza.
"A volte paga esserlo, big guy; inseguire piccole e graziose bamboline d'oro può essere una pessima idea. "

Silenzio.

Wesker rimane immobile, il ritmico gocciolare dell'acqua dai suoi capelli l'unico segno che sia reale - lì, al confine tra le sue colpe e il suo riscatto.
Karl amplia il sorriso, dandogli le spalle e incamminandosi verso l'ascensore.
Il passato non concede mai alcun perdono.


But the world has gone where you belong
and it feels too late so you're moving on,
but can you find your way back home?

Sono (non) morti che camminano.
Il segreto della loro (ri)nascita si raccoglie tutto in una serie di geni che si attivano dopo il decesso dell'ospite - il trascrittoma di Thanos, l'aveva chiamato Alex.
Karl era morto una sola volta, Alex mille - suo fratello un teschio ghignante che si era trascinato fuori dalla tomba pieno di odio e rabbia.
"Ci sono geni che ne sopprimono altri." gli dice, picchiettando il labbro superiore con la penna.
"Ne regolano l'espressione, evitando che il nostro organismo si riduca a un grumo di masse tumorali e proteine sbagliate." prosegue, indicandogli cifre e nomi che non conosce.
"Quando il soggetto muore questi geni si spengono e altri, contenuti nei siti HERV a cui si lega il Progenitore, si attivano, ricominciando tutto daccapo." mormora, assorta - incantandolo con la bellezza di un virus grottesco, brutale.
"Qui." specifica - gene pW01 "E qui." aggiunge, avvicinandosi - gene Reg05.
"Entrambi innescano una reazione che di solito si nota solo quando inizia a svilupparsi un embrione."
Heisenberg sposta i fogli verso di sé, leggendoli con attenzione.
"Quindi per voi infetti la morte è una forma di ritorno in utero." le dice, guadagnandosi un cenno di assenso.
"Succede anche nelle persone normali, ma nel nostro caso il Progenitore riceve questi segnali e riattiva in seguito anche tutti gli altri geni, riportandoci indietro."
Karl solleva il viso, incontrando il suo.
"Dice anche che sono coinvolti in processi infiammatori e neoplastici."
Alex si umetta le labbra, studiandolo adesso con attenzione.
Heisenberg riporta lo sguardo sui documenti, aprendoli a ventaglio.
"È quello che è successo a te, no?" persevera, nella voce una nota arrochita, pesante.

Mentre ti piegavi sul pavimento della mia fabbrica, sputando sangue e fatica e tutto.

"Sì." ribatte Alex, raddrizzando le spalle, la schiena - se stessa.
Karl si toglie gli occhiali, posandoli sulla scrivania; inclina il mento verso di lei, fissandola - ieratica in quel suo camice bianco stretto sui fianchi, lungo le cosce.
Morire per creature come loro era solo una strada senza uscita.


11.

"Non sai cos'è la Pasqua."
"No."
Alex sgrana gli occhi, tra le mani un uovo grande quanto la sua faccia.
"Mi prendi per il culo."
Karl la guarda appena, tornando a concentrarsi su quello a cui stava lavorando - una serie di chip microfluidici per applicazioni medicali.
Alex scosta la sedia dal tavolo, inclinandosi verso di lui.
"Be', oggi è Pasqua."
"Chi se ne frega?" ribatte lui, neutro.
Alex piega le labbra in una smorfia ridicola, posando l'uovo alla sua destra e indicandolo.
"Questo è un Primitivo Cabossa: cioccolato di Modica, modellato e confezionato interamente a mano. Viene lavorato a basse temperature e non è concato." comincia a spiegargli, sussiegosa.
"Per questo si presenta granuloso al tatto, in bocca." aggiunge, sollevando l'indice.
Karl incide il terzo foro nello strato isolante del chip, portandosi gli occhiali tra i capelli.
"Quindi è commestibile o no?"
Le guance di Alex si gonfiano, in quel gesto un'età perduta, che nessuno di loro aveva mai vissuto davvero.
"Cafone rozzo insensibile." gli risponde, piccata.
Heisenberg si reclina all'indietro, incrociando le dita tra loro.
Alex picchietta con le unghie sul bordo della scrivania, spostando poi l'uovo verso di lui.
"Aprilo e mangialo, ignorante: poi mi dirai se ho buttato via centocinquanta dollari."
"Solo? Pensavo avresti comprato qualcosa da almeno duemila leu."
Alex solleva un'estremità del fiocco - un delicato azzurro polvere - sciogliendone il nodo e lasciando solo l'involucro argentato.
"Se ne vorrai un altro - e lo vorrai, Karl, perché cose del genere a Coșmarul manco esistevano - dovrai chiedermi scusa e pregarmi. In questo ordine."
Heisenberg tira a sé l'uovo, sul viso un sorriso beffardo - arrogante.
"Col cazzo: piuttosto rubo quello che ti sarai sicuramente comprata anche per te." replica lui, ampliando il sorriso.
"E scommetto che è anche più grande di questo." aggiunge, ruotandolo tra le mani e soppesandolo.
Alex raddrizza le spalle, sollevando il mento - in lei una forza nuova, giovane: della malattia che l'aveva consumata ne rimangono solo grumi di cicatrici sotto la pelle, negli occhi, dove ancora la vede.

Sangue tra i denti, lungo il collo: una mano al petto, l'altra alla gola - non guardami in quel modo. Non ho bisogno della tua pietà.

"Prima le scuse, poi le suppliche, Karl." gli ricorda, sistemandosi il bavero della giacca.
Heisenberg ridacchia, scuotendo la mano in aria.
Alla sera dell'uovo saranno rimaste solo le briciole.


And I still wonder why heaven has died,
the skies are all falling; I'm breathing, but why.
In silence I hold on to you and I.

Schimmel, li aveva chiamati la dottoressa Korda; un nuovo prototipo di B.O.W. che unisce le capacità rigenerative del virus madre alla facoltà di modificare la propria forma del Micorriza.
"Li venderemo a un prezzo giusto." gli dice, accavallando le gambe fasciate di nero.
"Probabilmente in Medio Oriente o in Africa." prosegue, davanti a lui piani finanziari già organizzati e strutturati per trimestri.
"Non c'è alcun motivo di temere un outbreak su scala mondiale." specifica, sorridendo al suo sguardo preoccupato "Abbiamo già pensato a un'arma con il quale contrastarli."
E che sarà venduta a caro prezzo ai governi richiedenti, vorrebbe aggiungere Anderson, ma tace perché nella sua crudeltà questo piano è ben impostato - efficiente.
Joseph si trattiene dallo stropicciarsi le palpebre, optando per frugare nelle tasche della giacca e mettersi in bocca un'altra caramella - lampone e mela.
"So che non è il mio campo di competenza, ma dato che tra qualche anno andrò a mentire in mondovisione vorrei sapere di quale cura stiamo parlando."

E se funziona.

Natalia Alex piega il capo in un movimento curioso, attento.
"Non lo capirebbe comunque."
"Mi metta alla prova."
Natalia Alex fruga tra le pieghe del suo viso, nell'aria un vago retrogusto di frutta e inchiostro.
"Useremo la 5-fluorocitosina."
Anderson raduna tutti i fogli in una cartella verde, annuendo.
"È un inibitore della sintesi sia del DNA che del RNA tramite conversione intracitoplasmatica della 5-fluorocitosina in 5-fluorouracile, composto in grado di bloccare tutto l'apparato replicativo fungino."
"Ma non virale." si appunta lui, aprendo l'ultimo cassetto della scrivania e chiudendoci dentro il carteggio.
"Non vogliamo rendere le cose troppo facili." ribatte Natalia Alex, negli occhi una scintilla divertita - selvatica.
Joseph digita la combinazione del cassetto, riportando lo sguardo sulla dottoressa - un piede che dondola sopra il ginocchio e al polso un Cartier in oro giallo e diamanti.
"Quando?"
"Presto. La Connections sta ancora cercando di rialzarsi dal fallimento del soggetto E-001, noi dobbiamo anticiparli e bloccare le loro risorse nel mercato."
"E la BSAA?"
Natalia Alex si toglie una briciola immaginaria dai pantaloni, sfregando la stoffa tra il pollice e l'indice.
"Non sarà un problema."
"Nemmeno l'agente Redfield?" insiste Joseph, guardingo.
Natalia Alex preme la lingua contro la guancia, liberando un suono a metà tra la risata e lo sbuffo.
"L'agente Redfield è una mia vecchia conoscenza." mormora, e c'è qualcosa di sbagliato nella sua voce - di vecchio, stanco.
Natalia Alex solleva il viso, inchiodandolo sul posto - occhi azzurri, trasparenti.

Ma che all'inizio erano del colore delle castagne mature - morbidi, quasi dolci.

"Lo lasci a me e al dottor Wesker." conclude, e le parole cadono - assumono il peso di una sentenza.

Di un ricordo.

Tra le sue dita la storia è un insieme di fili da tirare e spezzare.


12.

Attorno a Karl non c'era mai stato il silenzio: la fabbrica un insieme di rumori e borbottii - piccoli sussulti e bruschi ruggiti.
Dondolavano attorno a lui frammenti di metallo e ingranaggi mentre progettava e complottava, toccandosi tra loro e producendo suoni melodici, che riflettevano il suo umore, i suoi pensieri.
Berciava insulti, urlava contro le sue stesse creazioni - sbatteva porte, annunciando la sua presenza con un passo pesante, potente.
Era rumoroso, Karl; una risata sguaiata, il martello sulle spalle e quel sempiterno sigaro acceso tra le labbra.
Era pieno di cicatrici che gli attraversavano il corpo come una mappa con la quale avrebbe potuto ricostruire ogni singola fottuta azione del Cadou - del suo dono.
Alex aveva osservato il suo corpo ricomporsi partendo dal cerebrum e si era scoperta al contempo disgustata e affascinata dalle capacità del Micorriza - cellula dopo cellula, tessuto dopo tessuto.
Era umano, Karl: caldo al tatto, tremendamente ingombrante.
La signorina bionda vestita moderna; così l'aveva chiamata Angie.
Tu sei morta, le aveva detto, rattrappendo le piccole mani al volto spaccato.
Alex si volta, guardandolo litigare con 3A7 per una lasagna - scaldarsi, e avvampare lungo le guance, negli occhi.

"Sei così fredda."(1)

No, non c'è mai silenzio dove c'è anche Karl.
Nella sua stanza puoi sempre sentire il basso hum di un qualche macchinario acceso, ora un disco gothic metal a tutto volume, il giorno dopo del punk rock.
Odia l'assenza, Karl, perché la solitudine ha corroso la sua vita troppo a lungo e il mondo è un posto così grande - così pieno - che è una tragedia non poterlo assaggiare tutto.

Clic.

Alex getta un'occhiata oltre la sua spalla, quieta.
Wesker si siede, allungando la gamba sinistra sotto il tavolo - un movimento cauto, dolente.
E fa male; lo sa. Lo sente.
Il virus singhiozza per lei - a lei - e mormora qualcosa che Albert si rifiuta invece di pronunciare - una richiesta, una supplica.
Solleva gli occhi, dedicandole uno sguardo neutro, impassibile.
"Discutono per l'ultimo pezzo di lasagna." gli dice, voltandosi completamente verso di lui.
Wesker tace, posando il bastone sul bordo del tavolo.
"A quanto pare 3A7 ha voglia di rischiare."
Davanti a lui una tazza di caffè, sul viso un'espressione esausta, logora.
Alex si avvicina, sedendosi di fronte a Wesker.

"Quella cosa, quella cosa!" (1)

Quella cosa graffiava, e sussurrava per Albert tutte le parole mai dette.
Quella cosa li aveva fatti sentire vicini anche quando li divideva un oceano e il rimpianto.
Quella cosa parlava, ma Albert no.
Alle sue spalle Karl mastica un vaffanculo, io l'ho vista, io me la prendo: tu vai pure a giocare con le tue pistole in plastica se non vuoi che te ne ficchi una su per il culo, 3A7 strattona, tirando a sé il vassoio e alzando il dito medio.
Faceva rumore, Karl.

Albert no.

Era chiassoso, Karl.

Albert no.

3A7 libera un guaito sorpreso quando il vassoio gli sfugge dalle mani, Heisenberg snudare i denti in un sorriso vittorioso.
Wesker beve un sorso di caffè, sulle ginocchia un carteggio ancora chiuso.
Il silenzio è l'unica dimensione in cui possa sentirsi ancora lui.


Oh damn, the war is coming
Oh damn, you feel you want it
Oh damn, just bring it on today

La Blue Umbrella è una menzogna.
La Blue Umbrella è la bella faccia di un cuore combusto e marcio - rosso e bianco e ancora rosso.
Anderson li guarda, tra le dita una sigaretta elettronica - tabacco latakia e un vago retrogusto di caramello.
Sotto la lingua ha ancora le ultime parole vendute alla BSAA, nella mente una bambina di appena tre anni che ne dimostra già sette.
La testa dell'aspide riposa sulla scrivania, gli occhi di Wesker divorano la scena davanti a sé - la scompongono, riponendone i pezzi tra le sue dita da pianista.

O chirurgo folle.

La dottoressa Korda ride con Siard - Magneto, lo continua a chiamare 3A7 - le gambe incrociate sul tavolo, tra le sue mani l'ultimo esempio di protesi biomeccanica dell'arto superiore.
E Anderson comprende - vede.
Inspira una boccata di fumo, umettandosi le labbra.

"Io penso che al capo lassù stia bruciando un bel po' il culo."

Se la Blue Umbrella cadrà ciò che vi si nasconde sotto li distruggerà tutti.


13.

Mentre il mondo va avanti.
Mentre la figlia di Ethan continua a crescere, in lei il micete un alleato - nulla al confronto di un virus che prendeva il tuo DNA e lo spezzava, ricostruendoti a immagine e somiglianza di un dio.
Mentre Washington si scalda sotto il sole estivo - mentre l'azienda prospera, e Anderson ha finalmente trovato un compromesso tra le sigarette e le caramelle e 3A7 è stato spedito in un buco sperduto in America Latina - mentre tutto questo accade Wesker cade.
Si stringe il ginocchio tra le dita, sotto i polpastrelli pelle rattrappita e ossa deformate.
Si era solo alzato; un gesto normale. Insignificante.

Che aveva fallito.

Nell'oscurità del suo ufficio inspira e snuda i denti e si trattiene e...

Crash.

Il fermacarte in cristallo gronda al suolo e Wesker soffoca un grido patetico, desolato.
Preme le labbra tra loro, nel petto crescergli un ruggito che si spegne in un rantolo sfiatato.

"Albert."

Chiude le dita a pugno, facendo leva per sollevarsi - dalla gamba sinistra risalire una scossa bruciante, che gli artiglia inguine, l'addome.

"Smettila."

Si aggrappa al bordo della scrivania, riflettendosi nella superficie lucida del legno - un dio piuttosto malconcio, gli aveva detto quel cane randagio, avanzo di una terra che l'avrebbe dovuto ingoiare e masticare e...

"Non è colpa sua, Al."
"No, hai ragione: è tua."

E colpiva, Wesker; affondava nelle cicatrici di Alex - nelle sue - facendo sì che tornassero a sanguinare.

"... no, non lo è. Non lo è mai stata."

Storna lo sguardo, posandolo sul simbolo della Blue Umbrella.

"Tu hai scelto Excella. Tu hai progettato l'Uroboros. Tu hai deciso di non ascoltarmi."
"Stavi morendo."
"E quindi le mie parole avevano meno valore?"

Il ginocchio sinistro trema, i muscoli della coscia tendersi nello sforzo di sostenerne il peso - l'agonia.

"Pensavo che..."
"Tu non pensavi, Albert: l'hai fatto e basta."

E aveva ragione, Alex.

"Hai creduto fosse l'unica via possibile; che andasse bene così."

Aveva ragione e di fronte alle macerie del proprio ego si scopre essere solo - sostituito.

"Ho solo cercato di salvarti."
"Lasciandomi sola a morire, Al?"

Wesker si lascia lascia andare sul pavimento, sotto le dita un tappeto persiano blu pavone - ce ne sono solo cento al mondo di questo genere, sai? - attorno a lui il silenzio dell'assenza.
La sconfitta ha lo stesso sapore del metallo.


In the shadow awaits a desire,
but you know that you can't realize
and the pressure will just keep on rising
now the heat is on.

C'è un momento in cui comprendi che è tempo: che qualcosa è cambiato.
Karl la guarda e Alex sorride all'uomo che si trova davanti - diverso, eppure sempre uguale.
"Dove?" gli chiede, posando il mento sul pugno chiuso.
"Berlino. Poi forse Londra. Non certo verso l'est."

"Quelle terre non mi hanno portato altro che miseria e rimpianti."

Alex raddrizza la schiena, stendendo la mano davanti a sé.
"Ma guardati: hai persino imparato ad allacciarti la camicia senza mancare un bottone."
"E a pettinarmi." aggiunge lui, indicando una chioma decisamente più ordinata.
Indossa ancora anfibi pesanti e al collo non vi è più solo la sua medaglietta, ma anche una serie di catene in acciaio e argento - ciondoli vari e dal sapore etno chic.
Sembri un incrocio tra un cowboy e un gipsy, gli aveva detto ridendo, toccandogli poi la tesa del cappello - un borsalino in feltro nero.
Karl si abbassa gli occhiali sulla punta del naso - Ray Ban, modello Round, montatura dorata e lente in cristallo - fissandola.
"Ti manderò una cartolina."
"Non ti scomodare." ribatte Alex, nel suo sorriso una piccola crepa di malinconia "Tu forse non lo sai, ma ti ho impiantato un chip di tracciamento addosso."
Heisenberg alza un sopracciglio, incerto se prenderla sul serio o meno.
Alex amplia il sorriso, accavallando le gambe.
"E non indovinerai mai dove." chiosa, inclinandosi in avanti.
"Immagino nel culo; con la grazia che ti contraddistingue l'avrai fatto personalmente quando ero ancora incosciente."
"No." ribatte lei, leggera "L'ha fatto Albert."
Le parti metalliche della scrivania tremano e Alex vi batte sopra le nocche un paio di volte, impassibile.
"Stai scherzando."
"Affatto."
"Alex." mormora lui, puntandole contro la spillatrice.
Alex alza le mani, sgranando gli occhi.
"Non farmi del male, oh grande e potente Lord Heisenberg." lo prende in giro lei, e cazzo, se sa essere irritante e divertente e...
A volte si chiede se la vita sia solo un eterno ciclo di perdita e conquista.


14.

Pesante è la corona, solitaria la vita di chi la porta.
È pieno di cose che vorrebbe dirle e tutte sgradevoli - nessuna vera.
Alex scivola con le dita lungo il bordo del bicchiere, assorta nel suo libro - 1Q84, Murakami.
Wesker la osserva in silenzio ancora qualche minuto, non scosta lo sguardo quando Alex solleva il suo, fissandolo.

"Sono io, Al."

Ed è patetico: è un dio caduto, un uomo rotto - non c'è nulla in lui che non puzzi già di fallimento e bieca arroganza.
Alex posa il libro, sembra percepire i suoi pensieri - o forse non sono poi così nascosti come crede.
"Credo sia ora di smetterla." mormora, guardandolo.
Wesker inspira con forza, tace.
Alex si alza, cerca i suoi occhi - si avvicina alla scrivania, lasciando sospese le dita sopra il bordo in legno massello.
"Io non ho scelta, Al."
Nessuna risposta.
"Non l'ho mai avuta." aggiunge, e lui sa cosa viene adesso - lo sa, perché lui lo farebbe e se ne andrebbe e le darebbe la colpa e soffocherebbe nella sua stessa bile, nella furia che gli mastica il petto e...

Bugiardo.

Lo capirebbe. Sì, lo capirebbe.

Forse lo troverebbe persino giusto - equo.

Alex gli posa una mano sulla guancia, tiepida.
"Io scelgo di non averla, Al."
Wesker deglutisce, aprendo e chiudendo le dita della mano sinistra.
"Potresti." mormora, posando lo sguardo sui fogli sparsi sulla scrivania - ovunque, ma non su di lei.
Alex gli accarezza il viso con il pollice, quieta.
"Sì, potrei." conferma.
"Io l'ho fatto."
"Sì." ripete lei, piano - quasi un bisbiglio.
Wesker la percepisce avvicinarsi, scostando la poltrona dalla scrivania e sedendosi sulle sue gambe.
Solleva le braccia, lasciandole - le mani sospese a pochi centimentri dai suoi fianchi, incapaci di toccarla,

di amarla e chiederle scusa e dirle che sì, aveva ragione, che l'aveva sempre avuta e che...

"Forse è ora di fermarsi, Al." sussurra Alex, appoggiando la fronte contro la sua - e respira, Wesker; argan e sangue e lei.

Di spezzare una catena che abbiamo chiamato sempre con il nome sbagliato.

"Il mondo non è mai stato mio, né tuo." gli dice, baciandogli le palpebre chiuse - umide, stanche.

Ma noi sì, Albert; noi ci apparteniamo - almeno noi.

Wesker si aggrappa a lei - stringe, stropicciando la stoffa sottile della camicia in seta tra le dita.

Non andare.

Alex chiude gli occhi,

"E se non dovessi tornare?"
"Allora aspettami."(2)

ascoltando la paura di Albert sgretolarsi e diventare infine sollievo.


It's too late, there is no way around it
you have seen it yourself many times
in the end you will give up to fight it
unescapable.

C'era una volta una madre che perse la sua bambina; e pianse la madre - gridò al cielo ed egli le rispose ridendo, scaraventandola in un buco profondo e nero.
Il Dio Oscuro può rispondere alle tue domande, la sbeffeggiò; lui può riportare indietro le cose morte. Io? No, piccola mia: io trascendo, mai decado.
E toccò il Dio Oscuro, la donna; ne divenne parte e intrecciò la sua disperazione all'ambizione di un ragazzo venuto dall'ovest - ti sei perso, forestiero?
Rivoleva sua figlia, la donna; cercava il potere l'uomo.
E impararono, la donna e l'uomo: insieme decisero che il loro futuro era in bambini scomposti e riassemblati come giocattoli guasti - un passo avanti, uno in diagonale: balla per me, bambolina, balla.
Crebbe l'avidità dell'uomo, prosperò la follia della donna; nacquero tredici alfieri, ne rimasero solo due.

"Un maschio e una femmina, lord Spencer; se tutto procede secondo le nostre aspettative un domani sarò possibile ibridarli. Perpetuare la specie e conservare il patrimonio genetico."

Ci furono fallimenti nella via della donna, ma infine giunsero anche per lei quattro cavalieri - signori delle terre del Dio Oscuro, diversi, mai d'accordo.

"Sei il figlio perfetto, Karl. Il Cadou ti ha benedetto con il suo potere."

Il mondo conobbe l'egida di un simbolo rosso e bianco - non se ne libererà più.

"... siamo qui per fare ammenda dai crimini passati. La Blue Umbrella si impegna insieme alla BSAA e a TerraSave a..."

Karl si tormenta una pellicina con l'unghia del pollice, si accorge della sua presenza quando un'ombra si allunga sopra i documenti sparsi sul tavolo.
Solleva lo sguardo, trovandosi di fronte il fratello di Alex.

"Il soggetto #13 mostra straordinarie abilità di adattamento, lord Spencer."

"Lettura interessante?" gli dice, e nella sua voce c'è una nota quieta - lontana.

"Al contrario, il soggetto #12 ha sviluppato condizioni di salute precarie dopo l'inoculazione del virus Progenitore; se ne consiglia l'abbattimento precoce e..."

Karl tace, fissandolo.
Wesker si siede, sollevando il ginocchio sinistro verso l'alto con l'aiuto delle mani.
Sposta con l'indice e il medio la foto sua e di Alex da bambini - il logo dell'Umbrella un taglio sul bordo superiore.
"È sempre stata la più fotogenica." mormora poi, assorto.
Heisenberg lo studia in silenzio, trattenendosi dall'accendersi un sigaro.

"Il Cadou ha creato un organo elettroforo al centro del tuo petto, tra le costole. Comprime parte del lobo destro del polmone e si è connesso direttamente ai tuoi nervi cranici."

Wesker abbozza un sorriso strano, asimmetrico; gli rivolge uno sguardo in tralice, neutro.
"Ho conosciuto Miranda."
Nessuna risposta.
"Fornì alla Connections il DNA di sua figlia e il Micorriza."
Karl preme le labbra in una linea sottile, nervoso.
"Ero io il contatto di Alex." prosegue, raddrizzandosi.
"Sapevo dei suoi piccoli esperimenti in giro per la Romania." aggiunge, come se fosse normale - come se stessero parlando del clima.
Wesker scivola con le dita lungo il bordo del tavolo, piegando un angolo della bocca all'insù.
"Se l'avessi ammazzata vent'anni fa credo ci saremmo risparmiati tutto questo." dichiara, sollevando il viso verso il suo.
"Decisamente." mastica Karl, contrito.
"Noi avremmo avuto comunque la nostra linea di B.O.W. e Alex non sarebbe mai venuta a Coșmarul."
Heisenberg non sa bene come prendere quell'affermazione; gli tornano in mente le raccolte dati di Miranda, quelle di Spencer.

Crescita del parassita, sviluppo del virus; ematocrito completo, metaboliti.
Conta degli ovuli, spermiogramma.

"Geloso, big guy?" lo prende in giro lui, stemperando la tensione.
Wesker pianta gli occhi nei suoi e dio, cosa c'è di sbagliato in quell'uomo - cosa?

"Mio fratello è un uomo difficile, Karl."

"Alex mi ha fatto notare come siamo tutti esperimenti qui: cavie da laboratorio, nulla più."
"Donna intelligente."
Wesker si umetta le labbra, puntando lo sguardo sulla parete.
"Tu riesci a sentirci."
Karl valuta la sua domanda, annuendo.
"Tramite il campo elettrico."
"Una cosa del genere." gli conferma, e Wesker scivola con lo sguardo sulle sue dita - piene di cicatrici e adesso anche di anelli.
"Uhm. Una fottuta bobina di Tesla vivente."
"Detto da uno che nelle giornate buone sembra uno psicopatico e in quelle cattive un lycan idrofobo, be', lo prendo come un complimento."
"Lo è." ribatte Wesker, asciutto - ah, ed eccola la somiglianza con Alex.
"Cos'è?" intercala Heisenberg, digrignando i denti quando gli vede prendere la foto di lui sul tavolo operatorio di Miranda, poco più di un bambino di appena tre anni "Ti rode il culo che riesca a capire quando sei incazzato o eccitato?"
Wesker rimane concentrato sull'immagine, la getta sul tavolo con una torsione del polso.
"Affatto." ribatte lui, reclinandosi all'indietro "Il mio corpo è un'arma, un mezzo, nulla più. Ciò che la maggior parte delle persone trova imbarazzante per me è normale."
"Eppure eccoci qua." articola Karl, appoggiando i gomiti sul tavolo "A misurare chi ce l'ha più grosso."
Wesker inclina il capo verso la spalla, mostrandogli quel suo sorriso un po' storto e inquietante - come se ordinasse alla bocca di stendersi, ma fosse un gesto sconosciuto, dimenticato.
"Decisamente io, Karl." chiosa lui, e per un attimo - una frazione di secondo - Heisenberg non crede alle proprie orecchie.
Gli occhi di Wesker sfumano in un cupo dorato e ridono.


15.

Non tornerà a Coșmarul.
Non visiterà tombe vuote, salutando fantasmi ed echi di un tempo passato.
È morto due volte per il mondo, Karl Heisenberg; che il villaggio si tenga le sue ossa, la sua rabbia.

Non la sua dignità.

"Alrich Stahl." mormora, scivolando con il pollice sopra il proprio nome.
Alex incrocia le gambe sotto di sé, sollevandosi sulle ginocchia e spiando oltre la sua spalla.
"Ti piace?" gli chiede, ed è strano il viso che lo fissa dalla fototessera - occhiali trasparenti, montatura dorata; i capelli raccolti sulla nuca, appena striati d'argento.
Karl studia se stesso, la sua nuova identità - nato a Berlino, ingegnere meccanico laureato all'università Tecnica di Dresda.
Alex si sporge in avanti, sfiorandogli la guancia con i capelli - così biondi da essere quasi bianchi.
"Ti ho fatto troppo vecchio?"
Karl legge la data di nascita - 10 dicembre 1980 - abbozzando un sorriso.
"Sono un dilf."
Alex alza un sopracciglio, interdetta.
"Sai cos'è?"
"Certo." ribatte lui, divertito "E io ne sono un classico esempio."
"Ti manca un marmocchio."
"Sottigliezze."
Alex sbuffa, tornando a sedersi nel suo posto.
"Speravo notassi il nome." gli dice, portandosi in grembo il sacchetto pieno di patatine.
Karl le rivolge uno sguardo assorto, serio.
"L'ho fatto."
Alex rovista nel sacchetto fino a quando non trova quello che cerca - una ridicola sorpresa a forma di gatto con gli stivali - mettendosi poi in bocca una generosa porzione di patatine.
"È la derivazione tedesca di Aldrich." prosegue, fissandola.

Significa antico, potente. Sovrano.

Alex solleva un dito verso l'alto, annuendo.
Heisenberg stringe il documento tra le dita, la osserva pulirsi i polpastrelli dal rosmarino con l'angolo del tovagliolo - sul tavolo una busta con dentro tutta la sua libertà.

Passaporto, conti bancari, storia di copertura - siti della BSAA, di TerraSave, laboratori ufficiali della Blue Umbrella.

Grazie, vorrebbe dirle.
Di essere tornata; di aver mantenuto la promessa, dovrebbe poi aggiungere, ma Alex solleva gli occhi verso i suoi, adesso incredibilmente azzurri.
E vibra l'aria intorno ad Alex - diventa elettrica e si estende verso di lui in una silente risposta.

"E tu cosa farai?"
"Oh, un'idea ce l'ho; forse anche due."

Posa il sacchetto nello spazio libero tra di loro, reclinandosi all'indietro e appoggiando i piedi sul tavolino.
"Hai scelto il film?"

"Leggerò di te sui giornali?"

"Sì."

"Oh, no: se faccio bene il mio lavoro saranno altre le cose di cui sentirai parlare."

"Non una commedia romantica: se mi rifili di nuovo una cosa come Notting Hill ti ammazzo."

"Lo stronzo terrà il culo fuori da un vulcano questa volta?"

Karl estrae dalla tasca della giacca un sigaro, stringendolo tra le labbra.

"E tu eviterai di ridurti a un mucchietto di metallo e carne?"

"Guarda tu stessa."

"Questa promessa posso mantenerla senza alcun problema."

Alex preme il tasto verde di avvio, sorride quando sullo schermo compare il titolo - Sam Raimi, La Casa.
Karl accende il sigaro, inspirandone una lunga boccata.
"Davvero?" ribatte Alex, divertita.
Heisenberg le toglie da sotto le mani il sacchetto di patatine, rivolgendole un sorriso furbo.
"Che c'è? Ti infastidisce un po' di sangue e di budella di fuori?"
Alex trattiene una risata a metà, scuotendo la testa.
I mostri ridono sempre ai nostri patetici tentativi di capirli e imitarli.


Where is the edge of your darkest emotions?
Why does it all survive?
Where is the light of your deepest devotion?
I pray that it's still alive.

Non è un addio, non è un saluto: è un momento che scorre tra loro come la prima volta che si sono incontrati - figli di storie uguali, diverse solo le sue diramazioni.
Alex era rimasta con lui tutta la notte a guardare stupidi film dell'orrore - vampiri che avrebbero fatto piegare in due dalle risate Alcina e mostri in cui entrambi avevano trovato almeno otto o dieci punti deboli.
L'azienda era scivolata nel quieto ronzio della notte, si era rianimata alle prime luci dell'alba, quando Anderson era entrato nel suo ufficio, bevuto il suo centrifugato energetico e compiuto un passo in più verso l'abisso.
C'erano sacchetti di patatine e popcorn al caramello sul tavolino - quello schifo può piacere solo a un rozzo come te, Karl - i piedi nudi di Alex piantati contro la sua coscia e l'aroma speziato dei sigari ormai spenti.
C'era l'illusione di essere diversi - almeno per un attimo: di non nascondere sotto la pelle una bestia riottosa e vorace.
C'era Alex, adesso nel corpo di una ragazzina che ogni giorno si piegava all'impronta genetica di una donna che aveva sconfitto la morte - si era rifiutata di cedere, di arrendersi.

"Quello che sto per fare non ti piacerà, Karl."

C'era lui, avvolto dai rumori di questo nuovo mondo - perché nel silenzio poteva ancora sentirli.

Lei, loro: il pianto di Donna, le grida disperate di Angie. Le suppliche di Moreau, la rabbia di Alcina. Il Micorriza e tutta la sua oscena memoria - le sue disgustose propaggini che aveva esteso fino a Dulvey.

Alex gli tocca appena un braccio, distogliendolo dal finale di Saw III.

È tempo di andare, Karl.

Heisenberg preme le labbra tra loro, piegandole in una smorfia indecisa.
"C'è una macchina aziendale pronta per te." mormora lei, quieta.
"Oh, anche l'autista personale; che lusso." ribatte lui, fissandola.
"Siamo B.O.W., Karl: non incivili." replica lei, negli occhi una scintilla leggera, serena.
Heisenberg solleva una mano verso la sua, lasciandola sospesa a metà del gesto.

Perché entrambi sanno sanguinare, ma non toccare qualcuno senza fargli del male.

Alex colma la distanza che li separa, le sue dita sottili, calde.

"E se volessi far parte della nostra piccola associazione, be', sai come trovarmi."

Il Progenitore si estende verso di lui e questa volta il Cadou nel suo petto non arretra.


****

2024

Sullo sfondo del palco il simbolo della Blue Umbrella è enorme - fa da contrappunto al discorso del suo amministratore delegato in mondovisione e a rete unificate.
Anderson sorride alle telecamere e dietro di lui si schiudono petali bianchi e azzurri - scudo e arma contro la sempre più pressante minaccia del bioterrorismo.
Non è invecchiato Anderson e al suo fianco 3A7 è un'ombra senza volto e senza nome - il prototipo di soldato con il quale l'azienda difende il mondo.
Presenta la nuova arma contro gli Schimmel, le ultime B.O.W usate in Medio Oriente - ammassi di muffa perfettamente in grado di replicare un corpo umano e mutare, assumendo l'aspetto del soggetto da uccidere e sostituire.
Sappiamo come sconfiggerli, annuncia ai giornalisti, aprendo le braccia attorno a sé e piegando le labbra in una smorfia addolorata.
Le migliaia di morti non resteranno impunite, continua, guadagnandosi un applauso fragoroso - che accoglie con un timido cenno del capo.
Il composto che andremo a usare è relativamente poco tossico, aggiunge, sollevando una fiala colma di un liquido giallognolo.
Può oltrepassare la barriera ematoencefalica ed ematoliquoriale, rendendolo il farmaco di elezione per la terapia delle meningiti sostenute dal Mold, continua, orgoglioso - e la folla rumoreggia, spera.
La Blue Umbrella ha cuore la salute di questo mondo - di voi; sappiamo cosa significhi perdere qualcuno a noi caro ed è per questo che ci siamo impegnati giorno e notte, senza sosta, per produrre il Duke e renderlo disponibile a qualsiasi nazione ne faccia richiesta, recita la sua voce - seria, permeata da una nota accorata, partecipativa.
Anderson si volta e tende la mano alla nuova mascotte dell'azienda, invitandolo sul palco.
L'agente speciale Chris Redfield ne ha già testata l'efficacia nella zona di Kirkuk e ha visto con i suoi occhi gli schimmel morire e diventare polvere, proclama, e Redfield lo affianca - il viso stanco, negli occhi una luce ossessionata, irrequieta.

Sul petto il simbolo della Blue Umbrella lo mastica vivo - uno scherzo crudele del destino.

Di lei - loro.

Anderson appoggia la mano sulla spalla di Chris, sorridendo e rassicurando implicitamente gli astanti.
Grazie alla nostra dottoressa a capo della ricerca siamo in grado di ostacolare la sintesi dell'apparato mitotico del micete, interagendo con la sintesi delle strutture citoscheletriche; insieme distruggeremo anche questa minaccia; insieme porremo fine alle brutalità della Connections, la chiusa gloriosa - brillante.

Dottoressa a capo della ricerca, uhm?

Il Danubio scorre lento alla sua sinistra, a malapena turbato dal vento che scivola tra i suoi capelli, lungo i tetti di Melk.
Karl beve un sorso di caffè, avvicinando le dita al cucchiaino e percependo il metallo reagire - rispondergli.

Cling.

Non solleva lo sguardo - non ne ha bisogno - finisce di leggere l'articolo - ed è per questo che il governo degli Stati Uniti ha deciso di finanziare il progetto per il Dipartimento della Difesa proposto dalla Blue Umbrella e...
Un fruscio quieto, seguito dal rumore di una borsa posata sulla sedia libera.

Tap tap. Tap tap.

"Ho già ordinato anche per te."
"Linzertorte e kleiner?"
Karl la fissa da sopra la rima del giornale, abbozzando un mezzo sorriso.
"Ovviamente."
Una risata quieta, sommessa.
"Vedo che l'Einspanner è ancora il tuo preferito."
Heisenberg abbassa il giornale, ripiegandolo in quattro parti.
"Pensavo mi prendessi per il culo quando hai parlato di un caffè con panna montata dura, ma ho dovuto ricredermi."
"Io ho sempre ragione, Karl." chiosa lei, e l'aria si riempie del suo odore - sangue e argan e adesso una nota più morbida, distesa.

Libera.

La cameriera si avvicina al tavolino con la seconda ordinazione, posando una fetta di torta alle mandorle e nocciole e una tazzina di caffè scuro, senza zucchero.
Heisenberg intreccia le dita tra loro, fissandola.

"Parigi? Davvero, Karl?"
"Perché? Non potevo vedere anche io la città dell'amore tanto decantata da Moreau?"
"... e ti è piaciuta?"
"Manco per il cazzo."

"Ma guardati; la signorina bionda vestita moderna che affonda le sue unghie nella polpa del mondo." le dice, e Alex inclina il mento verso di lui, arcuando appena un angolo delle labbra.

"Oh, eccoti qui: pensavo ti fossi affogato nel Tamigi."
"I cani sanno nuotare, sai, big guy? E sono anche piuttosto bravi."
"La mia vita è una fortuna dietro l'altra."

Alex addenta un pezzo di torta, schiacciando la marmellata di ribes contro il palato.
"Lo stronzo come sta?"
"Bene; frustrato perché non riesce a migliorare le capacità intellettive degli schimmel. Stupidi come la merda, li ha definiti."
"Ah, sarà incazzato come una bestia. Quanto mi dispiace non essere lì per rompergli i coglioni come si deve."
Alex gli rivolge un'occhiata obliqua, divertita.
Karl inclina il capo verso destra - i capelli raccolti in una coda ordinata sulla nuca, negli occhi una scintilla metallica, vivace.
Un cane abbaia, strattonando il proprio padrone; nella pace di Melk i loro pensieri urlano, e l'energia si addensa tra di loro come sempre.
"Li senti ancora?" mormora lei, spostando le briciole rimaste con i rebbi della forchetta.
Karl apre le dita davanti a sé, piene di anelli e cicatrici.
"Sempre."
"Non smettono mai, uhm?"
Heisenberg cerca i suoi occhi, li trova già ad aspettarlo - trasparenti, uguali a una vita prima.
"Non possono, Alex." sussurra lui "L'abbiamo fatto anche noi."

Urlare e gridare e piangere e supplicare - non posso morire, non adesso: non qui.

"Lo so."
"Ma fa male."
Alex rimane immobile, bellissima in un cappotto bianco bordato di pelliccia argentata.
E li sente anche Albert, le parole sospese - che muoiono e rimangono segrete, impronunciabili.
"Gridano, Karl, e non hanno pace."

Come noi.

Heisenberg le posa una mano sul polso, sfiorandole l'interno con il pollice - liscia, tiepida.

"Sono fantasmi, Karl: e tutti noi ne portiamo il peso - la memoria."

Una donna passa vicino al loro tavolino - capelli neri, labbra rosse, un cappello posato sul capo di trequarti - seguita da una bambina che stringe un pupazzo a forma di ape tra le mani.

"È l'eredità di chi sopravvive, Alex; il prezzo pagato per essere liberi, senza più padroni."

Alex ruota il palmo della mano all'insù, accettando le sue dita tra le proprie - tiepide, ruvide.

Reduci di una guerra che li aveva visti bambini e vittime - infine mostri e carnefici.

Spencer e Miranda li avevano creati - voluti.

Spezzati.

A loro il compito di (ri)costruire e vivere.





"We are the dead.
Our only true life is in the future."
- George Orwell -




(1) Counting bodies like sheep
(2) Collide.


   
 
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