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Autore: fiore di pesco    05/01/2024    7 recensioni
In passato, ogni volta che Kim Seh aveva osservato Yiko, aveva avuto la stessa sensazione di trovarsi di fronte ad un sepolcro imbiancato. Una bellissima tomba di alabastro intarsiato. Stupenda a vedersi ma, al suo interno, qualcosa sta marcendo.
Short horror ambientata in Corea del Sud. I capitoli sono brevi, 4 di numero, pubblicazione dal 5 al 14 gennaio.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno Lettore,

questa è una short horror ambientata in Corea del Sud. I capitoli saranno brevi, 4 di numero, dato che in Estrema Asia il numero 4 è considerato foriero di sventura. Pubblicherò un giorno sì e due no.

Mi fu ispirata circa un mesetto fa da un’incidente con un neon in lavanderia mentre leggevo una creepypasta gentilmente offertami da Tubo Belmont, quindi amico mio, a te i miei ringraziamenti!

La trama verte sul classico e non sfocia nello splatter, ragion per cui non ho messo rating rosso, ma in caso abbia scelto male fatemelo notare. Il primo capitolo è di introduzione.

Non è un giallo: la questione non girerà attorno alla morte del personaggio. Potete sorvolare sull’argomento, anche se alla fine sarà svelato se si tratta di una morte spontanea o di un assassinio.

Come differenza sostanziale rispetto a tutte le storie che ho pubblicato finora, alla fine di ogni capitolo vi proporrò un’immagine creata con l’AI di una delle scene del capitolo (quella appena qui sotto l’ho inserita solo perché mi era piaciuta particolarmente). Perché l’ho scoperta e mi sono divertita un sacco a creare di tutto, quindi lo condivido volentieri con voi.

Grazie a chi vorrà leggere questa storia e… ci vediamo alla fine!

Fiore di Pesco

 

복수, Boksu

una cupa giustizia

하나, Uno

Qualunque uomo, donna o bambino avesse posato gli occhi su Yiko Baesin non sarebbe potuto rimanere indifferente di fronte alla sua eterea bellezza che ottenebrava perfino lo splendore del fiore dell’orchidea di Shenzen rossa stretto tra le sue dita elegantemente smaltate di borgogna.

La pelle candida come la polpa delle pere nashi, le sue labbra piene di una sfumatura naturale di porpora, gli occhi scuri profondi circondati da ciglia folte e perfette, come il suo trucco delicato e il suo nasino, posto tra due zigomi affusolati che davano al suo viso l’aspetto di una dea dell’Estremo Oriente.

Folti capelli d’ebano le circondavano il volto, corposi e vivi, coperti appena da un cappello nero con un piccolo velo di qualche centimetro che le riparava gli occhi. Le ciocche scure si posavano sulle sue spalle fini, appena sopra al seno pronunciato che palpitava sotto ad un vestito da lutto di ottima fattura. Sua suocera glieli aveva sciolti poco prima della funzione, farfugliando tra le lacrime le sue condoglianze.

Sebbene si trovasse al funerale di suo marito e il maltempo veniva annunciato da coltri scure e dal rimbombo di tuoni lontani, era impossibile non poggiare gli occhi sulla sua figura e restarne incantati.

Non piangete per me, disse Gesù, poiché stasera siederò alla destra del Padre. Così Padre Nostro, accogli nostro fratello Seung alla tua tavola e dona a lui la vita eterna.” la voce del parroco prevalse sui lamenti e sui singhiozzi che pervadevano la funzione funebre. “Il nostro pensiero di cordoglio va alla famiglia Nungwa e alla moglie, separata prematuramente dall’amore terreno. L’abbraccio di Dio Onnipotente vi consoli nella Sua infinita misericordia.”

Tutti guardarono la vedova desolati e ammirati mentre si tamponava leggermente le narici con un fazzolettino bianco, trattenendo un singhiozzo e stringendo le labbra quando la bara di mogano venne fatta calare nella fossa. Nessuno celava il proprio rammarico, ad eccezione di due donne poste di fronte a lei, dall’altro lato della voragine che di lì a poco avrebbe ospitato per sempre le spoglie mortali di Seung Nungwa.

Erano la madre del defunto, Lao Mei Nungwa, con lo sguardo perso nel vuoto, ancora sotto shock per la perdita del figlio, e la sorella di Seung, Kim Seh Nungwa.

Kim Seh strinse le labbra truce e non guardò la bara che sprofondava nell’alcova di terreno, perché non era quello il ricordo che voleva serbare di suo fratello maggiore. Voleva ricordarlo come l’aveva visto la settimana precedente, quando avevano festeggiato e bevuto perché era sopravvissuto ad una brutta caduta dal tetto della sua villa nella periferia di Seul, ferendosi solo una gamba e lievemente un braccio e lui aveva scherzato dicendole che ci era mancato davvero poco a farla diventare la figlia maggiore della famiglia.

“Ti prego, Kim… non guardarla così.”

Kim Seh avvertì il tocco di un braccio intorno alle sue spalle e solo per qualche istante spostò lo sguardo iracondo dalla giovane vedova al suo fratello più piccolo, che le cingeva il dorso con afflizione. “Taci, Jung Ji.”

Jung Ji sospirò e fece scivolare il proprio braccio dalle spalle della sorella maggiore, mentre la vedova Yiko lasciava cadere sopra alla bara il gambo fiorito dell’orchidea e si allontanava con gli occhi bassi, tentando di nascondere le lacrime al rumore della terra che veniva buttata impietosamente sul fiore appena donato.

“So che non scorre buon sangue tra di voi, ma era suo marito, Kim… sii ragionevole almeno oggi. Tutti noi abbiamo perso il fratellone.” Tentò un’ultima volta Jung Ji.

La bocca di Kim Seh si storse in una smorfia di disgusto. “L’unico errore di nostro fratello è stato sposare quella bastarda. Lo ha ucciso lei.”

“Abbassa la voce.” Sussurrò angosciato Jung Ji.

Kim Seh seguì con lo sguardo Yiko che veniva sostenuta da una sua amica, come se il dolore la stesse consumando e non riuscisse a vedere dove poggiava le sue eleganti décolleté nere.

Assassina… pensò Kim Seh, dirigendosi velocemente verso la cognata, scansando un paio di parenti in lacrime. La raggiunse in poche falcate, gonfiando il petto con i lineamenti distorti dalla rabbia.

“Sarai contenta, adesso!”

Yiko strinse gli occhi feriti dal pianto e si chiuse su di sé, come se si fosse accartocciata su sé stessa. La sua amica la sostenne e avvolse in un abbraccio goffo, guardando sconvolta Kim Seh, ancora irta di fronte a loro, funesta e sprezzante.

“Non le bevo, le tue menzogne. So che hai causato tu la morte di mio fratello!” urlò Kim Seh, furibonda.

“Adesso basta!” intervenne il padre di Kim Seh, rigido e contrito nel suo completo nero, ponendosi di fianco alla vedova del figlio, mentre uno sconvolto Jung Ji correva a braccare Kim Seh, per trascinarla via. “Vergognati per il tuo comportamento, Kim Seh! La tua mancanza di rispetto è oltraggiosa! Vattene.”

I partecipanti osservarono la scena basiti e il parroco strinse in mano la Bibbia aprendo leggermente la bocca in stupore quando la figlia dei Nungwa venne trascinata via dal fratello e da un amico di quest’ultimo.

“Kim, che diavolo ti è preso?!” sibilò Jung Ji una volta che si furono allontanati dal funerale.

Fu allora che poté notare come le labbra di Kim Seh tremassero, i suoi erano occhi umidi e pieni di capillari rossi e manifestasse una grave tensione delle guance e dei muscoli del collo mentre serrava compulsivamente i pugni.

“Lo ha ucciso lei… come può non esserti evidente?” sussurrò Kim Seh con la voce spezzata. Jung Ji la abbracciò e solo allora lei irruppe in un pianto disperato e silenzioso.

Il suo amico, Cheol, li fissò imbarazzato per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo da quella scena intima. Dopo qualche minuto aiutò Kim e Jung a tornare alla Tesla che li aveva accompagnati fino a lì, dove l’autista li stava attendendo serio.

“Per favore, porti mia sorella a casa sua, grazie.” Fece un leggero inchino col capo Jung Ji, mentre chiudeva la portiera dopo aver fatto accomodare sulla vettura la sorella maggiore. L’autista rispose affermativamente e si mise alla guida.

“Tu non vai a casa?” gli chiese timidamente Cheol, che non sapeva come comportarsi in una situazione tanto delicata.

“No, non sopporto di tornare lì e vedere mia madre che… continuo a pensare che sia solo un incubo… ti prego, andiamo a bere qualcosa.” Sospirò Jung Ji passandosi una mano sul viso, ripensando all’espressione scioccata e depersonalizzata della madre nell’ultima settimana.

Cheol tentennò un po’. “Sei sicuro di voler andare in un locale? Forse è meglio che andiamo a casa mia, ho del buon Takju…”

“Sì, va bene, grazie.”

 

“Perché tua sorella si è comportata così?” chiese Cheol, versando il liquore dall’aspetto lattiginoso nei bicchieri.

“Mia sorella… non la capisco. Sai, lei ha studiato Giurisprudenza e si è specializzata in Criminologia all’università di Seul ed è sempre stata una tipa paranoica ma… questa volta ha esagerato.” Soffiò Jung Ji, ingurgitando di colpo una sorsata di Takju e porgendo il bicchiere all’amico per farsi un altro giro.

“Sembrava davvero convinta che Yiko fosse colpevole…” Cheol riempì di nuovo il bicchiere a Jung e poi ripensò alla giovane vedova. “Era distrutta, la poverina. Si vedeva che stava soffrendo tanto per… non posso credere che una donna tanto bella abbia potuto uccidere… il marito.”

“Non sappiamo cosa abbia ucciso mio fratello… forse…” Jung prese il pacchetto di sigarette che teneva nella tasca della giacca. “I medici hanno detto che potrebbe essere stata una complicazione dovuta alla caduta che aveva fatto la settimana scorsa. Un minuscolo aneurisma o qualcos’altro che ha fatto andare in corto il cervello.”

“Era caduto? Dove?” chiese Cheol, prendendo una delle sigarette che gli offriva Jung Ji.

“Da una scala per recuperare qualcosa sul tetto… non ho ben capito cosa stesse cercando di fare.” Jung Ji fece una pausa per accendere la sigaretta. “La scala ha ceduto, i bulloni erano allentati per l’usura. Per fortuna non si è… non si era fatto nulla. Un’abrasione sul braccio e una escoriazione un po’ più seria sulla gamba. Dopo nemmeno 48 ore è morto nel sonno.”

Cheol scosse la testa, dispiaciuto. Jung Ji riprese a parlare, con lo sguardo rivolto al bicchiere di Takju sul tavolino del salotto di Cheol. “Hanno fatto l’autopsia, gli esami… non è risultato niente. Il suo cuore si è fermato nel sonno e quando al mattino Yiko si è svegliata, lui era già morto da ore.”

“Oddio…” rabbrividì Cheol. “Deve essere stato terribile per lei.”

“I vicini hanno sentito le sue urla e hanno chiamato la polizia, ma era troppo tardi.”

 

“Quando è arrivata la polizia, lui era sdraiato nel letto, a pancia in su.” Kim Seh prese un sorso di soju, rivolta alla sua amica e collega universitaria, Jangmi, nelle proprie stanze. “Non dormiva mai supino, sempre e solo su un fianco o al limite a pancia in giù per un problema che aveva alle vertebre lombari.”

“Che avesse cambiato abitudini?” propose Jangmi, toccandosi il mento mentre vagliava tutte le probabilità nella sua mente.

“No, lo escludo. Proprio la settimana prima ne avevamo discusso dato che voleva cambiare fisioterapista.”

“L’autopsia ha fornito dei risultati?”

Kim Seh si morse il labbro inferiore con rabbia prima di rispondere all’amica. “No, sembrava tutto nella norma… anche il tossicologico non riporta anomalie, se non una lieve iperkaliemia che però non ha destato sospetti dato che assumeva regolarmente integratori di potassio e magnesio e il giorno prima non aveva voluto cenare né aveva bevuto alcool… la bastarda ha raccontato alla polizia che non si sentiva tanto bene, è andato a letto e non si è più svegliato. Ha detto di avergli fatto un massaggio cardiaco post mortem e questo è stato confermato. Nessuno ha voluto indagare più a fondo, lasciandole perfino il tempo per eliminare le prove.”

“Quindi non è stato avvelenato né ha subito un trauma… ci sono delle evidenze materiali che ti spingono a pensare che sia lei la responsabile della sua morte?” Jangmi si fece coraggio prima di porle la domanda, anche se sapeva che la sua amica era una donna razionale e non avrebbe frainteso il suo quesito legittimo.

“Sapevamo tutti che quella accaparratrice era alla ricerca di un matrimonio vantaggioso, e mio fratello, socio di maggioranza nell’azienda di mio padre e molto più che benestante, rappresentava il target ideale per quel genere di donna.” Rispose Kim Seh, sorseggiando lo soju.

“In tal caso, non sarebbe stato meglio recitare la parte della brava mogliettina e stare buona a mungere un po’?”

Kim Seh strinse i pugni. “Mio fratello valeva più da morto che da vivo. Si era sposato con un accordo prematrimoniale, aveva una assicurazione sulla vita eccellente e solo alla sua morte o alla nascita di un figlio suo lei avrebbe potuto ereditare tutti quei beni. Essendo così giovane, non aveva fatto testamento e quindi per legge tutto passa a lei in ogni caso.”

Jangmi annuì, pensando che effettivamente a ventinove anni era legittimo non aver ancora fatto testamento. “Appurato che lei avrebbe rilevato tutti i beni materiali, l’assicurazione e le azioni della società, deve esserci sicuramente qualcos’altro che ti ha spinto a pensarla in questo modo.”

Kim Seh puntò gli occhi in quelli dell’amica. “Ci sono tante cose che nell’ultimo anno mi hanno dato da pensare. Purtroppo non me le sono segnate tutte, ma c’era qualcosa nel suo modo di porsi, nei sorrisi e negli sguardi che gli lanciava, che non mi lasciava affatto tranquilla.”

“Era ostile?” Jangmi si prese da bere.

“No, era totalmente priva di microespressioni e di sincerità. Era palese che non fosse una donna onesta e non ha mai tenuto a lui, lo manipolava e basta.”

“Però…” pensò Jangmi. “Hai detto che sembra tanto bella da non essere vera… sicuramente è tutta rifatta e se le hanno fatto un restauro con i controfiocchi sai che alcuni muscoli non si possono più muovere e le microespressioni ci vanno a perdere.”

Kim Seh si imbronciò. “Sicuramente ha abusato del chirurgo estetico ma credimi se ti dico che non c’era amore nei suoi occhi. Quello, nessun chirurgo potrebbe rimuoverlo. Inoltre… quando ho visto il corpo di mio fratello, lui aveva una contrazione sul viso.”

“Si pensa che chi muoia durante il sonno non provi dolore, ma è perché in pochi sanno interpretarlo…” provò a giustificare l’accaduto Jangmi. “In realtà, si sente sempre un po’ di male quando il cuore si ferma. Per quello il viso si contrae.”

“Lui non aveva un’espressione di dolore… era paura.”

 

  
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