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Autore: RLandH    05/01/2024    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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EDIT: Ho modificato leggermente il testo; nessun cambiamento a livello di trama/forma.

Pensavo che dopo aver letto The Sun and The Star mi sarebbe tornata voglia di scrivere in questo fandom, ma non è stato così. Devo ammettere che il Calice degli Dei mi aveva ridato un po’ più di voglia e metà di questo capitolo lo avevo scritto dopo l’uscita del libro, la serie mi ha dato la spinta definitiva per finirlo.
Però sarò onesta: non è un capitolo che mi ha divertito scrivere ed ho trovato la cosa molto pesante e un po’ mi dispiace perché il mio “Riordan” preferito è quello comico-divertente, cercherò di fare meglio prossimamente, anche se, be, ormai siamo al momento “buio” della trama.
Detto questo, spero possiate comunque apprezzare questo brano.

Un bacio
RLandH

BUONA LETTURA

Jason Grace copia spudoratamente Wanda Maximoff (non che lui sappia chi sia)[1]

 

Jason si era voltato verso uno degli usci della stanza – uno che conduceva ad una vecchia cucinina – trovando la sua Thrud, con indosso il mantello di piume di cigno, che scendeva su una sola spalla, ma invece degli abiti da guerriera indossava una lunga tunica blu egizio ed i capelli elettrici grano ardente erano liberi ed arruffati, anziché nelle abituali trecce.

Thrud aveva lasciato l’Hotel quella mattina senza aver avvertito nessuno su dove sarebbe andata. Jason non ci aveva dato particolare peso fino a che il Wyrd gli aveva mostrato la sua valchiria dopo aver parlato con una strega- Thrud gli aveva mentito, non avrebbe dovuto stupirsi infin dei conti Jason l’aveva vista mentire, senza battere ciglio, davanti tutta la gran sala di Odino, davanti le valchirie, gli einherjar, gli dèi e i thane. Thrud aveva complottato con Kym.


Jason avrebbe dovuto aspettarselo, con l’aggiunta di ciò che aveva scoperto di Heidi nella volupsa, ma la verità, la verità nuda e cruda, era che Jason si era fidato della sua valchiria e, per tal ragione, non se lo era aspettato affatto. Aveva boccheggiato per dire qualcosa, ma aveva richiuso le labbra perché si era reso conto di non avere parole. Aveva osservato in un silenzio quasi religioso la valchiria, Thrud aveva gli occhi azzurri velati della medesima tristezza, di chi non avrebbe voluto essere lì. Jason si chiese se la sua melanconia fosse guidata dalla situazione in cui era finita o perché fosse stata scoperta.

“Be, alla fine ti sei già scusata in anticipo per dovermi fare male” aveva cercato di sdrammatizzare Jason, ricordando quella prima conversazione che avevano avuto, nella sua stanza nel Valallah, quando Thrud lo aveva sovrastato con una lama alla gola. Si era sentito stupido, subito dopo, era completamente privo della vena di sarcasmo di Percy o dell’arguzia brillante di Leo; Jason era di per sé poco incline a quei giochi, era solo, terribilmente, stanco. “Oh Jason” aveva sussurrato colpevole Thrud e il suo nome pronunciato così sembrava quasi una supplica.

 

Era strana Thrud, da vedere, senza le sue trecce l’armatura di placche argentee, sembrava quasi una creatura dolce. “Solo: perché?” aveva chiesto Jason stanco. “Perché cosa?” aveva chiesto con una gentilezza che non le si addiceva Thrud, mentre faceva roteare il suo polso, tra le dita magre si era formato un piccolo lampo folgorante che si era addensata in una lancia elettrica. Era una cosa stupida, ma si era quasi aspettato un martello. Ricordava alcune delle prime parole che Thrud aveva detto, non era l’unico che poteva fare scherzi con i fulmini.

D’altronde la Potente Thrud era figlia di Thor signore dei fulmini. “Perché questo? Perché distruggere l’equilibrio?” aveva indagato lui, chiedendosi come potesse non essere ovvio.

Ma dall’espressione più scioccata che Thrud aveva assunto, la domanda doveva averla colta parecchio di sorpresa, “Non è ovvio?” aveva indagato lei, retorica.

“No?” aveva risposto Jason, “Ti sei alleata con la Splendente! Ha rapito Mimir il signore della sapienza, rubato Gullinsburti provocando il tramontare del sole ad Alfheim, rapito Astrid-tua-nipote e maledetto me! O certo è stai attivamente cercando di rompere l’Equilibrio” aveva gridato Jason.

Thrud lo aveva guardato con un certo imbarazzo, “Primo: Astrid sta bene, secondo non succederà a nulla a quel verro, lo riporterò io stesso se necessario, e il sole continuerà a splendere indisturbato a casa di Frey; era solo un esperimento” aveva risposto pratica la dea; “Perché?” aveva insistito Jason.

“Non è ovvio?” aveva chiesto delusa Thrud, “No!” aveva detto Jason, frustrato dall’insulsaggine di quello scambio, sembravano un cane che cercava di mordersi la gola. L’espressione della valchiria però non tradiva che legittima confusione, come se davvero fosse stato ovvio, così Jason aveva cominciato a raschiare nella sua memoria per cercare una risposta, aveva ricordato la conversazione che aveva origliato, nel sogno, tra Kym e Thrud, “Non sarà mica per il tuo fidanzato?” aveva chiesto sconvolto.

“Sì!” aveva risposto la valchiria con un furore che la faceva apparire davvero la Possente Thrud, aveva però avuto pietà di Jason ed aveva proseguito: “Certo, sì, per avere il mio fidanzato che amo da più di mille anni e che mio padre non vuole per nessuna specifica ragione, se non perché è così-e-basta, ma anche perché non voglio che il Ragnarok accada perché nonostante tutto amo mio padre, amo mio nonno ed amo la mia grande ed incasinata famiglia. Forse non apparirò nel Ragnarok, ma non voglio che la mia famiglia muoia, che i miei fratelli siano orfani!”

Man mano che aveva parlato il suo tono si era fatto da possente a stridulo, ma pregno di realistico dolore.
“Che bilioni di anime e uomini debbano morire così perché è già scritto e perché io non credo e non voglio più vivere in un mondo deterministico” aveva aggiunto, riacquistando della pacatezza.

Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Questo … questo è sensato” aveva ammesso Jason di malincuore, “Ma non si può evitare l’inevitabile” aveva aggiunto incerto. “Certo! Questo lo so, Jason!” aveva risposto Thrud, “Ma Jason ognuno di noi conosce la data della propria morte e nessuno dovrebbe possedere un tale conoscenza. So la tua storia, so le profezie che ti hanno visto protagonista” aveva ringhiato lei. Jason, Jason sapeva quello di cui stava parlando: la parte migliore della vita era l’attimo e l’ignoto di quello che sarebbe accaduto, no?

Per questo le profezie del mondo mediterraneo erano così sibilline, si conoscevano squarci, piccoli spiragli, ma mai fino a che il futuro non era diventato passato, ma i norreni conoscevano tutto, già tutto.
Gli era venuto in mente Bee che alla fine dei tempi avrebbe governato i morti con Loki ed Helblindi anche se non ne aveva alcun interesse perché così era scritto, Vali Odisson così audace che era sicuro di vincere ogni sfida perché sarebbe sopravvissuto al Ragnarok e Jarnsaxa che doveva rimanere lontana dall’uomo che amava perché non poteva avere un figlio che non solo era destinato a nascere e sopravvivere – ma che lei voleva. “Lo so che ogni cosa deve avere una fine. Ma dovrebbe essere una cosa spontanea, una cosa misteriosa” aveva soffiato Thrud.

 

“Okay, sì mettiamo caso che un ciclo già scritto sia una realtà terribilmente distopica in cui vivere … tu pensi che Heidi, l’ultima dei Vanir, una volta che avrà rotto l’equilibrio non procederà ad uccidere tutta la tua famiglia Aesir?” aveva chiesto senza vergogna Jason.

“Probabilmente sì, ma a quel punto probabilmente sarà mortale anche lei. Perché, se per caso ti fosse sfuggito, non possiamo sconfiggere Heidi” aveva specificato, “Ogni volta che è stata uccisa e tornata in vita. È stata infilzata, bruciata e non ti dicono cosa le hanno fatto negli ultimi secoli, ma lei sopravvive Jason, sopravvive ad ogni cosa. Sopravvive sempre.”

“Stai giocando il destino del mondo su delle probabilità?” aveva chiesto Jason quasi rabbioso. “Non tutti, Jason Grace, possono vivere la propria vita come una partita a scacchi, qualcuno gioca anche a bocce” aveva replicato quasi offesa Thrud.

“Non ha senso” aveva replicato Jason, “Qualcuno ogni tanto deve agire” aveva sospirato. Jason si era morso un labbro, “Ovviamente, Thrud non posso rimanere qui ad aspettare. Devo distruggere la Morte Nera!” aveva esclamato. Thrud aveva aggrottato le sopracciglia biondo ardente: “Cosa?” aveva chiesto.
“È una metafora” aveva spiegato Jason, “Da un programma che si chiama Star Wars o Star Treck, mi confondo sempre” aveva risposto, sapeva che era quello senza i vulcaniani ma la cosa finiva lì.
 “Devo ammettere che ora sono confusa io … ma non, credo, sia importante” aveva ponderato la figlia di Thor, “Il mio scopo è tenerti qui, fino a che le tavole del destino saranno irreversibili … poi potremmo riportare il verro a casa, lo faremo insieme” aveva aggiunto. “E conti che le tavoli si danneggino per sempre prima che ad Alfheim tramonti il sole o no?” aveva risposto Jason, senza particolare calma. Thrud si era guardata il polso, dove indossava un bracciale loricato, ma lo aveva trattato come un orologio, “Abbiamo almeno altri cinque o sei giorni prima che il sole tramonti” si era giustificata. “Bene, ma devo comunicarti che non ho intenzione di rimanere cinque o sei giorni qui” aveva considerato lui, “Non solo perché voglio salvare Alfheim, aiutare Astrid e perché no evitare il mondo collassi, ma ho un appuntamento a Manhattan tra quattro giorni” aveva replicato Jason.

“Tre e mezzo in realtà” aveva risposto Thrud arricciando le labbra, “Mi dispiace davvero, ma temo sarai costretto a perdere quell’appuntamento” aveva ammesso lei, “Di positivo Jason: non avresti mai vinto contro Vali” aveva sospirato.

“Ho affrontato di peggio” aveva ponderato Jason, pensando giusto a Fortnojir il giorno prima, così come tutti i mostri, imperatori e giganti che avevano affollato la sua breve vita. “Non mio zio, fidati, non mio zio” aveva sospirato lei, quasi affranta.

“Non ho comunque intenzione di rimanere qui e non scoprirlo” aveva soffiato Jason, guardandola audace e rigido, con gli occhi putati su quelli di lei. “Ammiro il tuo ardore e sono sentitamente dispiaciuta di non poterti dare la sfida che ti meriti. Anche se non ho idea di come non farti male, perché non voglio e … non voglio avere la furia di Kym addosso, poi” aveva considerato.

“Quanto Kym sa di questa storia?” aveva inquisito Jason, improvvisamente, pensando alla terribile signora del mare. “Un po’ ma non abbastanza. Non prenderla male, eh, voglio un gran bene a Kym ma come tutte le dee del mare è tremendamente meschina e guarda solo il suo orticello … o qualsiasi cose ci sia in fondo al mare come corrispettivo” aveva risposto stizzita Thrud.

Comprensibile.
“E Kym vuole me” aveva valutato Jason, non del tutto corretto, voleva il suo ingegno, la sua promessa, la sua Action Figure e perfino la possibilità di poterlo uccidere. “Questo è indubbio, Jason Grace, sei la prima persona o cosa che io abbia mai sentito Kym non solo volere ma pretendere” aveva ammesso Thrud. “Cosa non si fa per un action figure personale” aveva risposto lui derisorio – a Percy sarebbe venuta meglio la battuta, ma lui era Percy.

Thrud aveva ridacchiato, “Ah, Ymir marcescente, voi uomini non capite mai niente” aveva ridacchiato lei con una risata così fresca e frizzante che aveva dato quasi la nausea a Jason, mentre sollevava la sua lancia.
Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Però penso sia il momento di smettere di ciarlare e cominciare a ballare” aveva proposto Thrud, “Sì, penso sia ormai inevitabile” aveva risposto Jason cupo.
 “Giusto per la cronaca: sono una valchiria ma sono anche una dea” aveva sorriso a tutto denti Thrud.
Lui aveva recuperato Giunone dalla sua tasca e l’aveva fatta schioccare in cielo, quando era ricaduta nella sua mano non era più una moneta, era un giavellotto, contro la lancia di Thrud. Lei aveva un’arma da corpo a corpo, spessa, dall’approssimativa lunghezza di circa tre metri, mentre il suo giavellotto era sottile e più leggero.

Jason si sentiva ancora lo sconosciuto al Campo Mezzosangue contro l’esplosiva Clarisse La Rue, solo che sospettava Thrud sarebbe stato tutto un altro paio di maniche, più elettrica e pericolosa, come Thalia.
Roma contro Germania Magna[2].

Jason aveva mosso per primo, con la sua lancia, sentendo l’elettricità che attraversava il suo corpo, differentemente dal suo scontro con Iulia Agrippina sarebbe potuto morire, differentemente dalla augusta romana, Thrud non lo volva uccidere.

Kym era la sua assicurazione.

E se fosse morto … in quel caso sarebbe morto come era accaduto in precedenza: facendo ciò che riteneva giusto!

Non era così che aveva detto ad Apollo? Se un eroe non è disposto a perdere tutto per una grande causa, allora era davvero un eroe?

E Jason era un eroe, era l’unica cosa che sapesse per certo di sé stesso.

 

Thrud aveva raccolto la sua sfida e intercettato il suo giavellotto con la sua lancia, un fulmine azzurro si era confrontato contro una scarica elettrica rosso rampante, che aveva reso l’aria incandescente. “Ho affrontato titani, giganti, dèi e jotun!” aveva ricordato Jason senza perdere d’animo, mentre osservava intorno a lui sottili fuochi essersi accessi intorno a loro, cominciando a mangiare la piccola casa anni Cinquanta di Heidi. L’Oro Imperiale per quanto potente aveva subito non poche alterazioni, essendosi deformato leggermente, questo non lo aveva scosso.

Aveva soffiato e mosso le mani, utilizzando l’aria ed il vento per gonfiare le fiamme. I venti di … Vanaimer erano molto meno forastici ed imperiosi di quelli di Jotunheim, per quanto fossero sempre estranei.

Erano venti sediziosi, volubili, ma ancora plasmabili. Thrud aveva stretto la mano libera in un pugno e rubato l’aria dal fuoco, costringendolo ad una resa implacabile. “Ti prego, noi siamo la tempesta” aveva esclamato la valchiria, senza cattiveria.

“Stessi poteri, sì” aveva realizzato Jason, potevano controllare i fulmini e le correnti, ambe due probabilmente potevano comandare le tempeste. Inoltre, se per puro caso, Thrud non avesse potuto per caso volare come figlia di Thor, sicuramente avrebbe potuto come valchiria.

Figli della tempesta, figli dei signori dei fulmini.

“Be, quasi” aveva soffiato Thrud, “Come figlio di Giove sei più forte e come einherjar il tuo potere è ancora più eclatante, ma non sei ancora al livello di una dea” aveva scherzato lei, “Questo non mi può fermare … questo non mi ha mai fermato” aveva aggiunto Jason.

Thrud aveva infilato la punta elettrica, rompendo il pavimento in mattonelle di maiolica, ficcandosi nella terra battuta, “Sai quale è la differenza tra un dio e un semidio?” aveva chiesto senza cattiveria, “Direi di sì” aveva detto Jason piuttosto seccato, “Due genitori divini” aveva specificato, comunque, Thrud, un impulso elettrico aveva scosso la lancia e poi la terra e senza vergogna, erbacce di ogni genere avevano cominciato a crescere a dismisura spaccando il pavimento e viticci senza controllo avevano cominciato ad arrampicarsi sui suoi pantaloni d’oro luccicanti.

Jason era scoccato in cielo, sentendo ancora le radici risalirlo come animali vivi ed usando la lancia per spaccare il soffitto ed alzarsi. “Pensavo che Gerd fosse la dea della terra!” aveva gridato.
Thrud lo aveva raggiunto nel cielo, con la mantella di piume di cigno svolazzante; sembrava un’autentica dea guerriera, una Bellona nordica. “Gerd è una jotun! Mia madre è la dea delle messi!” aveva chiarito Thrud.

Sì, Sif era la Cerere norrena, questo faceva della sua avversaria una figlia di Giove e una figlia di Cerere, un potenziale distruttivo immenso.

 

Jason aveva evocato un tornando, preso dal panico dell’unica azione che potesse fare, guidato dagli spiriti eccitati del mondo di Freya, intessendo nell’aria fili elettrici, sapendo fosse una maniera piuttosto sciocca di affrontare. Thrud aveva quella sua gamma di poteri e quelli ereditati di sua madre. Tutto un altro campo. “Onestamente, non fraintendere, preferisco le nocche crude che i germogli di mia madre, ma si può far di tutto alle giuste condizioni” aveva risposto Thrud, rubando i suoi spiriti e guadagnando bruciature elettriche che avevano scalfito solo i suoi vestiti, “E questo è il mio mondo, Jason, questi sono i miei venti” aveva replicato “Tra uno skraelingar ed un norreno loro sceglieranno di ubbidire sempre a me.”

Jason l’aveva guardata, “No, Thrud gli anemoi non conoscono padrone” aveva guidato le sue parole sentendo gli spiriti dell’aria frizzanti sotto le sue nocche. Creature tempestose si erano annidiate ai fianchi di Jason, emettendo rumori foschi e temporaleschi, dalle forme imponente e arruffate, sembravano lupi composte di venti ed acque piene, “che non sia per loro scelta” aveva considerato. Jason aveva pensato a Favonio che serviva Amore, per sua scelta, per gentilezza.

Dylan così iroso che si era lasciato sottomettere.

Tempesta che era un cavallo imbizzarrito che si era lasciato domare.

Eppure, nessuno di loro era devoto fino alla fine, ma solo fino ai propri desideri.

Così erano gli anemoi.

I venti non conoscevano padrone o fedeltà che non fosse quella che più li appagava, per natura, erano creature audaci, volubili e selvagge. Le più libere per eccellenza su tutte le altre.

Nessuno che non avesse mai volato nella pura aria poteva comprende quel sentimento di leggerezza e furtività e, forse, anche chi poteva farlo non lo comprendeva a pieno.

 “Questo è un discorso da mortali Jason, io sono una dea” aveva replicato con voce elettrica, i capelli biondo ardente erano percorsi da piccoli fulmini sottili e come i lupi temporaleschi – simili a quelli che lo avevano aiutato a Jotunheim – avevano risposto a Jason, mentre cavalli rombanti – come Tempesta – avevano risposto a Thrud.

I lupi erano creature avulse agli dèi germani, per la maggior parte, loro nemici, come erano stati per i greci. Ma la Lupa era la Madre di Roma e Jason era un fiero figlio della Lupa. E lui era fiero di quelle bestie.

“Una dea che sta volutamente conducendo il mondo alla distruzione” aveva considerato Jason e quella situazione aveva ricordato a lui Kym che si era alleata con Gea perché voleva attenzione; Thrud voleva il suo fidanzato e non vedere la sua famiglia morire per la fine del mondo.
Jason non sapeva neanche come affrontare la cosa, neanche come parlare con Thrud, ma non poteva, perché era ovvio che la sua amica avesse già risposto a tutte le sue domande e si fosse convinta dell’eccepibilità della sua tesi.

I cavalli di Thrud avevano dato la carica, in una sfuriata di tonanti zoccolate che avevano roborato il cielo d’oro di Vanaheimr, mentre i lupi con furiosi ringhi aveva ricambiato la cavalcata.
Jason non avrebbe potuto perdere, non contro Thrud anche se ella era una dea, aveva sconfitto giganti, Percy più giovane di lui aveva vinto anche dei, e Jason non sarebbe stato da meno.

Mentre tra nitriti ed ululati l’aria si impestava di tempesta, aveva cercato di racimolare da ogni piccola porzione della sua memoria qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse guidarlo su Thrud. Ma niente sembrava guidarlo in tal senso, sentendo solo rabbia zampillare in lui, ripensando a tutti i sorrisi allegri e divertiti, così come le volte che la giovane valchiria l’aveva sempre confortato ed aiutato a modo suo – per quanto non fosse stata guidata da nessuna altruistica ragione.

Jason avrebbe voluto urlare di rabbia mentre continuava a ripetere nella sua mente le stesse scene, in eterno, come in un brutto film di cui Glam avrebbe sicuramente saputo il nome … e mentre una rabbia elettrica sorgeva in lui, Jason aveva sentito un’energia diversa.

Qualcosa era squillato letteralmente dentro di lui, dritto dalla sua ghiandola pineale!
Non aveva mai sentito una sensazione simile, neanche quando il Wyrd lo aveva guidato dai due Vali, non riusciva neanche a spiegare quella sensazione era come un incendio che bruciava nell suo corpo, dalla sua testa e si manifestava anziché in fuoco vivo, in una idea!

Era come se la proverbiale lampadina si fosse accesa della sua testa, dalle sue folgori e per un momento si era sentito come Leo, quando aveva una di quelle sue trovate inaspettate.

Aveva avuto un’idea.

Qualcosa che sembrava leggermente fuori da se stesso, ma era un’idea.

Aveva evocato un fulmine nella sua mano, una piccola palla di incandescente energia elettrica blu luccicante che aveva poi scagliato. Thrud l’aveva evitata svelta, con un verso di scherno, “Palle, Jason? Prova con delle saette!” lo aveva provocato lanciandoli di forza una tromba di vento.

 

Jason non si era dato per vinto e ne aveva sfornato un altro, che aveva mancato Thrud di nuovo, mentre con fatica cercava di non disperdere il potere.

Era difficile manovrare tutta quell’energia, forse era meno potente della tempesta di fulmine a Jotunheim, ma era più prolungato. Durante la competizione di biathlon aveva squarciato il cielo, ma era stato un momento, in quell’occasione era molto, molto, peggio. Aveva formato un altro fulmine e lo aveva lanciato, questa volta non aveva neanche cercato di colpire Thrud.

E la valchiria aveva realizzato qualcosa, “Che stai combinando Jason?” aveva chiesto, osservando come la palla d’energia era esplosa in un nervo di saetta.

“Quella è … Oss?” aveva chiesto riconoscendo la forma che il fulmine aveva preso, “Circa” aveva mormorato Jason, creando Peorth con i fulmini, la conca vuota da riempire. Thrud aveva chetato i suoi venti per allontanarlo, ma Jason era riuscito a creare un altro per imprigionarla.

Thrud aveva provato ad evocare un fulmine ma aveva fallito. Oltre questo si era accorta di non avere più la presenza dei venti a sorreggerla e se non era crollata al fianco come una frittella era perché Jason aveva ordinato ai grossi lupi di vento di sorreggerla.

Con fatica Thrud si era aggrappata al garrese di un grosso lupo composto di venti e vapore così denso da averle permesso una presa.

“Come … come è possibile?” aveva chiesto spaventata.

“Nyd, Rad capovolto, Oss, Peorth e Is” aveva spiegato netto. “Cos … Sono rune anglosassoni” aveva esclamato lei con terrore, “Sì. È una prigione per un dio” aveva detto pratico Jason, “Ho copiato dalla signora Heidi.”
L’espressione di Thrud era passata dal puro orrore di non poter evocare i suoi poteri a puro stupore. “Tu non puoi aver padroneggiato l’arte delle rune! Non puoi aver imparato le rune per osservazione” aveva esclamato la figlia di Thor con stupore e indignazione negli occhi.

“Ho bevuto dalle acque di Mimir, merito del tuo capo, quindi sì, ho acquisito una conoscenza che non possedevo” le aveva spiegato – e avrebbe dovuto pagare prima o poi quel sapere – “Inoltre, be, sono romano, la nostra forza principale è basata sul prendere qualcosa è migliorarlo!” aveva detto sfacciato. Aveva sollevato una mano e comandato al lupo di vento di scendere di quota fino a che entrambi non fossero stati con i piedi a terra. Erano però ancora prigionieri del cerchio aereo di rune elettriche, Jason si chiedeva quanto ancora avrebbe potuto reggere senza consumarsi.

 

“Gullveig ti ha fatto abbeverare alla fonte della conoscenza?” aveva esclamato Thrud tirandosi in piedi, aveva le gambe che le tremavano, “Non ha senso” aveva ammesso.

“Sì, be, ho imparato che il wyrd raramente lo ha” aveva risposto schietto lui, “Tipo tu che rischi di far morire un mondo intero e scatenare una guerra tra pantheon per avere un appuntamento con il tuo ragazzo” aveva ammesso, “Cioè, non potevi parlare con tuo padre e basta? Lo so perfino io e mio padre è Giove!” aveva esclamato quasi indignato.

“Hai rimosso la parte sull’universo deterministico e la mia famiglia che morirà?” aveva chiesto retorica e leggermente indignata la valchiria. “No, ma sono arrabbiato con te” aveva ammesso lui, “Tu sei la mia valchiria!” le aveva detto.

Un’espressione di pentimento e vergogna si palesa sul viso di Thrud, “Comunque avrei riportato il cinghiale in tempo” cerca di giustificarsi. “Bene, adesso dimmi dove è Astrid? E i piani di Heidi? E come hai buttato in mezzo Kym!” aveva esclamato.

Kymopoleia poteva essere una terribile signora dei mari, poteva aver agito per le più egoistiche ragioni e solo qualche ora prima commesso un massacro – ma anche Thrud doveva risponderle. “A proposito di questo lo sai che una nave da crociera di persone è morta per colpa di questo casino con la mia anima?” aveva aggiunto. Anche se immagino non ti interessi, aveva pensato. Perché Thrud poteva sembrare terribilmente umana, ma era ancora una dea figlia di due dee.

“Mia nipote è con quel ragazzo, il figlio di Frey, il suo fidanzato” aveva soffiato, “E onestamente non so i piani di Gullveig, non è che sia proprio una cattiva di James Bond che annuncia i suoi piani ai tirapiedi, tipo me. Un giorno è venuta è mi ha detto: ei ho un piano per annullare in Ragnarok e per permetterti di stare con il tuo fidanzato, ma abbiamo bisogno della tua amica straniera” aveva raccontato, impegnandosi anche ad imitare la voce di Heidi; sfortunatamente non era somigliata per niente.

“E tu hai pensato: sì, certo. Diamo retta alla strega cattiva?” aveva chiesto retorico Jason. “Forse non hai mai sentito la vera voce di Gullveig, Jason. Ma lei ti entra dentro, lei è la signora dei Seidr, la prima, più potente di Freya e Frigga” aveva spiegato Thrud con un tono acuto e infastidito, “È lei che ha portato la magia dei vani agli aesi per prima” aveva spiegato.

 

Jason l’aveva sentita la suadente voce di Heidi, più potente della lingua ammaliatrice di Piper, più potente delle volontà insidiosa di un eidolon. Quando Jason era stato posseduto dallo spirito, era stato come essere prigionieri in un corpo che non rispondeva e quando aveva sentito la lingua ammaliatrice della progenie di Venere era stato come se la sua mente non fosse più riuscita a raggiungere il suo corpo, ma la lingua dorata di Heidi era stata diversa. Jason si era semplicemente sentito spinto a volere quello che lei voleva.

Era rimasto in controllo del suo corpo per tutto il lasso di tempo e la sua mente non era naufragata in liti lontani, era solo che dentro di lui si era accesa morbosa e senza controllo una sete. Una sete di qualsiasi cosa lei avesse gradito. Era stato arsito dal bisogno e lei lo aveva dissetato.

incantò, dovunque poteva, incantò i sensi’ così Glam lo aveva costretto a studiare durante il loro incontro onirico. Gulveig era la corruzione fatta in carne e magia.

Jason aveva cominciato a sentire le gambe farsi molli, mentre cominciava a sentire il potere che stava esercitando cominciare a drenare fuori la sua energia.

 

 

Un roboante rumore lo aveva distratto, ambedue avevano fatto schizzare gli occhi nella medesima direzione, lontano, ma sempre più vicino, velocemente, una colonna di fumo, terra e aria stava tagliando i campi verdi folti e pieni, nella loro direzione, accompagnato da uno scalpitare furioso.

“Cos’è?” aveva chiesto Jason con una preoccupazione evidente nella voce, stringendo la presa su Giunone, “La cavalleria” aveva detto spenta Thrud, “La tua cavalleria” aveva specificato, offesa, candendo sull’erba poi a gambe incrociate.

Jason aveva aguzzato gli occhi dietro le lenti d’oro ed aveva visto una mostruosa figura correre verso di loro. Era una bestia quadrupede rande come un orso grizzly il cui manto era giallo come l’oro e luccicante sotto la luce calda del sole di Vanhaimer …su cui a malapena si vedevano due figure umanoide sulla groppa. Ed erano splendenti come stelle. La creatura sembrava davvero una lampadina luccicante.
“Hanno trovato il verro” aveva esalato Jason, con il cuore leggero.

“Ti ho detto che era una situazione sotto controllo; il maiale era perfettamente al sicuro qui nella terra dei vani” aveva biascicato Thrud, che si era accomodata come una quaglia sull’erba, con le gambe accavallate all’indiana, e le braccia incrociate sotto il seno.

“Sono contento di sapere che un mondo che è sempre illuminato non morirà a causa di un buio perenne” aveva risposto Jason al suo commento.

“Il sarcasmo non fa per te” aveva ridacchiato Thrud, “Lo so” aveva sospirato Jason, “Se riuscirò a sopravvivere a questa settimana chiederò a mio cugino di darmi ripetizioni.”

Thrud aveva riso, “Il fratello di Kym, vero? Lei dice che è uno moccioso irritante” aveva commentato.
Jason si era morso l’interno della guancia.

 

Gullinbursti non sembrava un vero verro, non solo per la stazza da orso – che da vicino sembrava ancora più immenso – e con la peluria composta di setole d’oro scintillanti sotto la luce del sole, ma sembrava somigliare più ad un cyborg-verro, con giunzioni in metallo dorato, bulloni e ingranaggi e luminoso come una lampadina. “Non è …naturale” aveva esclamato Jason, insicuro delle sue parole. “Dillo a qualcun altro!” aveva ringhiato il maiale dopo un grugnito poco amichevole.

Jason aveva sollevato le sopracciglia – non sapeva neanche perché dovesse dichiararsi stupito, aveva visto cose più strane. “Ti prego non provocarlo!” aveva sibilato Fred con la sua voce opaca e fredda, mentre smontava dall’immane bestia, “Gullinsbursti è senziente, Jason!” lo aveva rimproverato bonariamente Stellan. “Ovviamente, non sono nato da Scrofa ma sono stato creato dalle portentose forge di Nidavellir” aveva ammesso imperioso il verro, “Non come la bestiaccia che soggiorna qui” aveva aggiunto tronfio.
“Parla di Hildisvíni il cinghiale da battaglia della Signora Freya, lo abbiamo trovato nel suo recinto” aveva spiegato pratico Stellan, che era rimasto a cavallo della bestia, rispetto qualche ora prima sembrava più emaciato e spento, ma non scintillava più come una fiaccola. “Freya di solito utilizza una slitta trainata da gatti e cavalca il cinghiale solo in battaglia, ma ultimamente non ci sono state guerre e per tal ragione il cinghiale è stato lasciato un po’ a sé. In realtà era molto contento di avere compagnia e … credo che anche a Gullinbursti andasse a genio” aveva spiegato concitato Stellan.

Jason nel mentre era scivolato per terra, sull’erba fresca, incapace di reggersi più sulle gambe, ma ben attento a non perdere controllo sui suoi fulmini, che erano rimasti sfrigolati nel cielo.

“Quel cinghiale è pomposissimo e non ha neanche un pelo bello e irsuto come il mio” aveva soffiato il verro magico. “Un ottimo nascondiglio, in un mondo molto luminoso, nell’unico altro recinto abbastanza resistente per contenere un verro magico. Chiunque sia dietro questa storia è stato bravo. Proprio sotto il naso di Freya” aveva considerato Fred. Degno di Heidi.

Jason avrebbe dovuto metterli al corrente di tutto, ma aveva chiesto invece: “Come mi avete trovato?”, sapeva di essere ancora Vanaheimr, il mondo era luminoso e sorprendentemente bello e calmo, ma non erano più nei campi di battaglia dell’oltretomba governato da Freya.

“Ho percepito una concentrazione di magia così forte che è stata impossibile ignorarla” aveva risposto Fred, prima di sollevare gli occhi verde-oliva verso il cielo.

Lì nel cielo terso, senza neanche una nuvola, forme – rune – elettriche scintillavano in cerchio sopra le loro teste. Anche Stellan aveva seguito il suo sguardo, boccheggiando qualcosa – leggeva le rune probabilmente, era un praticante di alf seidr ma probabilmente non era ignorante su nessun tipo di seidr.

“Costa sta succedendo qui?” aveva chiesto inquisitorio Fred, deviando lo sguardo dal cielo per far saettare lo sguardo tra lui e Thrud.

Jason aveva fatto un breve rendiconto, accertandosi di riportare tutto – meno qualcosa, meno la cosa di Astrid.
“Dietro tutta questa storia c’era Guillveig detta Heidi, che ha rapito prima il cinghiale poi Mimir. E vuole distruggere il tessuto spazio-temporale del nostro mondo, ma non per vendetta. Ti ha costretto a bere dalla fonte di magica, hai imparato la magia runica per osmosi e Thrud, rinomata valchiria, figlia di Thor e Sif, lavora per la strega delle streghe. E tu sei qui perché lei in combutta con una dea marina romea ha lavorato per questo” aveva esclamato Stellan, ammirato, spalancando gli occhi azzurri luccicanti.

Fred si era focalizzato su altro: “Stellan, ti prego non essere così entusiasta” lo aveva rimproverato, “Jason; primo: quanto pensi possa durare la tua prigione? Mi sembri già a terra” aveva chiesto, “Secondo: hai di nuovo la faccia di uno che sta nascondendo qualcosa” aveva asserito. Jason aveva aggrottato le sopracciglia, “Primo: non lo so” aveva ammesso, “Per ora posso resistere, ma chiaramente la cosa mi sta consumando” aveva spiegato pratico, mentre sentiva gli occhi cominciare a farsi liquidi “Sì ti sto nascondendo ancora qualcosa. Diverse cose, in vero” aveva ammesso Jason.

“Sei colpevole di tutte le cose che stanno accadendo” lo aveva preso in giro Fred, “Anche” aveva risposto lui. “Ma perché? Non sei il primo figlio di dio straniero che finisce dalle nostre parti” aveva valutato il ragazzo chiudendosi le dita sul mento, attento e riflessivo.

Il figlio di Gerd era stato il primo a riconoscere nella presenza di Jason qualcosa di sospetto, prima di lui stesso, “Pensi centri con l’intervento della dea romea?” aveva considerato poi, “In realtà vorrei concentrarmi su un'altra cosa: Astrid” aveva detto. L’espressione di Fred era passata da riflessiva a rapace, “Cosa?” aveva chiesto con una voce sottile come lo scricchiolio di un vetro. Jason aveva spiegato loro l’inganno con cui Gullveing lo aveva catturato: aveva usato Piper e Astrid.

“Astrid potrebbe essere in pericolo, quanto potrebbe essere tutto falso, ma credo che potrebbe essere vero, ma Thrud ha detto che ora è con il suo fidanzato ma credo che anche Erik lavori per Heidi” aveva considerato Jason. “Erik è un cristiano” aveva replicato Fred, ma non sembrava particolarmente offeso dalla prospettiva.  “Ci sono oltre duemila anni di storia che ti dicono che credere in qualcosa non ti rende una brava persona” aveva soffiato Thrud. “Il punto è che, quando ho nuotato nei fiumi magici ho sentito Mimir – allora non sapevo fosse lui, mi sembrava più una boa pelosa, ma ora lo so – parlare con un figlio di Frey, che era venuto in ritardo, il dio si era poi lamentato di essersi fidato della persona sbagliata. Jarnsaxa ha detto che il messaggio di Guilveig le era arrivato da un einherjar di Fólkvang Astrid aveva detto che il sigillo che proteggeva il cortile di Gerd non era stato rotto, Bee ha detto che ci voleva l’esplicito permesso della signora per arrivare. Quindi o chi è entrato aveva il permesso di Frey e Gerd o un maestro del seid, come Astrid lo ha presentato. Lui ha detto di essere un godijan, ma lei ha detto che era un ergi. E giusto due minuti fa Thrud lo ha appellato come figlio di Frey” aveva spiegato tecnico, “Quindi, ecco, soddisfa molte delle condizioni necessarie.”

Inoltre, c’era la questione delle mele, che Jason non aveva esplicitato, perché sembrava ancora una teoria rada.
Quando Jason aveva lasciato l’Hotel Valallah la prima volta con Thrud – quando Jarnasaxa aveva di proposito allontanato Gerd dalla sua casa – avevano incontrato Freydis ed Einar, con un loro compare, che avevano cercato di abbandonare l’hotel.

Sempre era la delizia di spose malvagie, così aveva detto Glam riferendosi ad Heidi.
Sembrava un po’ sessista dirlo ma Guilveig agiva tramite le donne, forse perché erano quelle che facevano più uso della magia, rispetto gli uomini.

 

“Putain!” aveva esclamato Fred con una rabbia e rancore; Jason si era voltato verso Thrud che era ancora seduta per terra con espressione insofferenza, “Non guardate me. Parte del suo fascino è non condividere i dettagli. Pensi che io avrei mai collaborato con l’amante di mio padre?” aveva chiesto ironica.
“Avresti potuto, avete un paio di cose in comune” aveva considerato Jason, “Tuo padre vuole tenerti lontano dal tuo amato, quanto tuo nonno vuole tenere tuo padre lontano da lei.”

Un’espressione confusa si era dipinta sul volto bello di Thrud, “Non l’avevo mai vista così” aveva ammesso.
Stellan si era voltato verso il verro, “Venerabile Gullinbursti potrebbe raccontarci la storia di come è stato rubato?” aveva chiesto con un tono di voce reverenziale.

“Non lo avevate ancora chiesto?” aveva indagato Jason, “Ti sei mai trovato ad un quadrello di distanza da un grosso cinghiale magico infervorato?” aveva ringhiato Fred, “No, ma ho affrontato sei giganti in cinque diverse occasioni, anzi facciamo sette buttandoci dentro anche un jotun” aveva risposto.

“Devi lavorare sull’acume delle tue risposte” lo aveva preso di nuovo in giro Thrud – no, Jason non pensava che avrebbero avuto l’idilliaco rapporto tra Einerjhar e Valchiria che avevano Mel e Kráka o Magnus e  Samirah. “Rubato? Ti paio, giovane elfo, un paio di calzari che possa essere rubato? Al massimo rapito! E anche con la giusta dizione, ti paio una bestia che possa essere rapibile? Io sono il potente Gullinbursti, dal verro d’oro, così veloce da non affondare sulle acque” aveva replicato offeso il cinghiale ed un'altra serie di improperi avevano seguito quelle frasi, “Cosa è successo?” aveva chiesto Jason, “Nobile Gullinbursti” aveva aggiunto rispettoso poi, notando il tono con cui prima si era rivolto Stellan. “Oh, be, il giovane figlio del padrone si è palesato ed ha detto che suo padre lo aveva mandato a prendermi, perché facessi un po’ di compagnia a quella tronfia bestia di Hildisvíni. Odio quel cinghiale, ma il padrone è buono ed ama molto sua sorella” aveva spiegato il verro, “Aveva senso, mi sono detto: il padrone era andato a caccia con i suoi servi, la cameriera era in licenza e la signora aveva abbandonato la casa” aveva aggiunto, “Con me era rimasto solo il giardiniere, ma il giovane elfo esce poco in cortile.”

Stellan si era fatto viola-blu in viso.

Il tono del verro aveva avuto una sfumatura un po’ melanconica e triste e Jason aveva intuito che l’animale non gradisse stare da solo, ma fosse orgoglioso. Probabilmente aveva interpretato le azioni del suo signore come una scusa: era lui ad aver bisogno di compagnia e non il cinghiale di Freya.

“Non è che per caso il figlio del signore si chiama Erik Freydisson?” aveva provato Jason, “Quello il suo nome è. Il giovane Erik dai capelli d’oro” aveva ammesso il verro, “Il signore non ha mai avuto molto acume nello scegliersi le donne” aveva proferito, “La sua ardita sorella, la sua bisbetica Signora moglie, l’affamata Liv Dagsdotter[3] e quella donna Chase maledetta[4] ma sicuramente Freydis Eriksdottir era la più serpe delle serpi” aveva spiegato il cinghiale.

 

Jason aveva guardato Fred con un sopracciglio alzato, “Vuoi gongolare? Questa storia è possibile per colpa tua” aveva liquidato la questione l’altro, “Mi importa più di Astrid” aveva aggiunto, “Andiamo a cercarla”, “Non così in fretta” lo aveva richiamato Jason, “Cioè, volevo dire: andiamo subito, però prima forse recuperiamo Mel e Madina e … aiutatemi ad uscire da questa situazione” aveva spiegato, ammiccando alla giovane donna prigioniera del cerchio magico.

“Dobbiamo riportare anche Gullibursti a casa” aveva aggiunto agitato Stellan, “Astrid ha la precedenza” aveva soffiato Fred. “Sì, ha la precedenza, ma nel momento in cui allenterò la pressione, lei sarà libera e …” aveva provato Jason. “Ho imparato a riprodurre le rune non la magia runica” aveva aggiunto imbarazzato. Stellan si era voltato verso Fred, lo stava guardando alla stessa maniera di Jason, con una certa aspettativa. Il figlio di Gerd li aveva guardati con espressione confusa, sotto il loro medesimo sguardo, “Voi … voi volete che lo faccia io?” aveva chiesto retorico.

“Sei un ergi, no?” aveva provato Jason, incerto, “Hai fatto quella cosa con le luci prima” aveva aggiunto.
“Odio ricorrere ai talenti di mia madre” aveva detto offeso.

Poi si era voltato verso Stellan, “Dammi una verga” aveva soffiato, l’elfo aveva fatto germogliare da terra una pianta dal tronco verde, troppo giovane per essere un albero, “Scusa” aveva detto imbarazzante quello, davanti l’acido sguardo accusatorio di Fred. Jason si era chiesto dove fosse finito tutto il potere distruttivo che aveva tirato fuori contro Agrippina Minor.

“Lasciamo perdere” aveva soffiato il monaco francese, sfoderando dal suo fianco la sua spada magica, quella aveva emesso un’intensa luce rossastra – la guerra era vicina.

“Non conosco bene queste rune, quali sono?” aveva chiesto Fred, “Anglosassoni” aveva ricordato Jason. Fred si era voltato con gli occhi spalancati verso di lui, sconvolto, “Ah già che c’era la prossimità volta scrivilo anche con l’alfabeto fenicio, eh” lo aveva rimproverato.

“Scusami, quando torniamo all’Hotel chiedo a Bragi se mi insegna a progettare una prigione per un dio con rune più di tuo gusto” aveva replicato Jason. “Questa volta ti è venuto bene” lo aveva lodato Thrud, non aiutando la situazione.

Fred aveva sbuffato, stanco, “Sai è difficile di per se gestire una magia, il seidr è il più grande potere ma può disperdere morte, se usato inconsciamente o male; io sto utilizzando una spada come seidrstaf[5] quindi non sto esattamente seguendo le regole, inoltre io, contro la mia volontà, pratico il seidr che è ben diverso dalla magia runica” aveva cominciato a spiegare Fred mentre  incideva sull’erba fresca le rune che erano presenti in cielo fatte di fulmini, “Inoltre, le rune anglosassoni mi sono piuttosto ignote” aveva aggiunto arrabbiato, mentre osservava attentamente i movimenti di Thrud, che era ancora seduta per terra.

“Per nulla rassicurante” aveva detto Stellan nervoso, “… ma fortunatamente, si fa per dire, le regole di un mondo assai preciso ora stanno collassando. Quindi forse funziona” aveva scherzato forzatamente Fred.

“So già la risposta, ma lo chiederò comunque, non abbiamo modo per mandare un messaggio?” aveva chiesto Jason, ricordando la conversazione che aveva avuto con Madina, dove lei aveva citato un gorilla gonfiabile. “Così possiamo avvertire Samirah” aveva aggiunto, pensando al sogno in cui la dea Frigga aveva incaricato la giovane valchiria di ritrovare la testa scomparsa di Mimir.

“Skirnir è la cosa più simile ad un dio messaggero, ma non credo che ci darebbe molto retta” aveva considerato Stellan, “Un ergi particolarmente dotato potrebbe usare la magia per mandare messaggi. Ma ehi, io non sono uno particolarmente dotato, penso che voi due siate più talentuosi di me” si era lamentato Fred.

Le rune che stava incidendo nella terra erano abbastanza grandi, quanto due palmi di un uomo adulto affiancati e profonde nella terra almeno cinque centimetri.

Dopo ogni runa, che Fred aveva inciso, si impegnava a spostare la terra con le unghie per essere sicura non si deformasse di neanche un millimetro. “Non esiste davvero un modo per comunicare?” aveva chiesto Jason con un tono quasi lacrimoso, sconvolto da quel caotico sistema.

Tra greci e romani esistevano almeno tre-quattro mezzi: le Aquile, i messaggi di Iris e Fiocca, le raccomandate di Hermes e la ferrovia dei sogni dei figli di Morfeo e Hyponos. “Davvero? Nessuna magia? Creatura, incantesimo? Dio?” aveva chiesto di nuovo.

“Sei sordo? La magia stessa. Se sei un mago abbastanza bravo puoi mandare un messaggio” aveva risposto Fred infervorato. Stellan si era morso un labbro, soppesando bene qualcosa, prima di schiudere le labbra, “Forse” aveva ammesso.

Jason aveva fatto scattare la testa verso di lui, anche Thrud, sinceramente interessata, e anche Fred, stupito e confuso. Stellan era diventato lo stesso color blu dei mirtilli e il verde delle sue vene era risaltato come sulla carta, “Mi sento molto imbarazzo” aveva ammesso, “Mia sorella” aveva ricominciato a parlare. Jason aveva pensato all’elfa del suo sogno, con l’espressione carica di rabbia e rancore, “Mi ha detto che in alcune parti dei nove mondi, al di là, del nostro cortile, diciamo, esistono degli esseri che portano messaggi” aveva cominciato imbarazzato, “Non solo persona ma anche tra vivi e morti” aveva spiegato. “Ingrid è una personalità focosa e come me è capitato che lasciasse Alfheim … una volta ha conosciuto della gente di Túatha Dé Danann” aveva spiegato.
“Ti prego non raccontarci tutta la tua vita, voglio solo sapere le creature” aveva replicato Fred, senza particolare cortesia. Jason lo aveva fulminato con lo sguardo per la scortesia ma non aveva voluto dire nulla, perché comprendeva la necessità di velocità.
Astrid poteva essere stata rapita, Jason doveva prepararsi ancora all’Holmagang.
“Le api” aveva spiegato Stellan. “Api?” aveva chiesto Fred confuso, “Api?” aveva ripetuto Jason, “Oh!” aveva esclamato Thrud, “Come pensate di chiamarle? Ballando la samba?” aveva chiesto poi divertita.
“Abbiamo almeno un dio delle api?” aveva chiesto invece Fred arrestando le sue incisioni nella nuda terra, Stellan aveva annuito, “Sì. È un amico della signora Gerd, anche se non è proprio un … dio” aveva considerato Stellan. “Chi lo avrebbe mai detto che come sempre in questo mondo le cose sono sempre mai come dovrebbero essere?” aveva chiesto Fred retorico.

Gli occhi di Thrud si erano ridotti a due spilli, forse confusa, forse no, ma Jason sapeva di chi stava parlando. “Bee” aveva detto attirando l’attenzione.

“Cosa?” aveva chiesto Stellan, “Stai parlando di Bee, volevo dire Bylest!” aveva risposto.
Lo jotun che aveva sempre le api con se e che permetteva alle sue ragazze di passare da un mondo all’altro e raccogliere il polline dai fiori del cortile di Gerd.

Sì.

“Oh! Il fratello di Loki Laufysson!” aveva esclamato Thrud, dando voce ai suoi pensieri.
“Bene, come lo chiamiamo questo Jotun che sicuramente non vedrà l’ora di aiutarci?” aveva chiesto Fred.
“Come si fa sempre? Ti siedi e preghi sperando che qualcuno arrivi?” aveva proposto Stellan.
Faceva abbastanza schifo come piano.

“Credo che senza un sacrificio non verrà nessuno” aveva sospirato Jason. “Di solito nei Blot” aveva parlato Fred, “Così mi ha detto Astrid si chiamano i riti che prevedono agli dèi, si sacrificano, per l’appunto, animali e-o persone, ma non solo, anche oggetti” aveva cominciato Fred. “C’è bisogno di un godijan, un sacerdote, come Erik, ma forse anche un ergi, come me, può andare bene. L’importante è ciò che si sacrifica, qualcosa che abbia valore, qualcosa che gli dèi possano consumare” aveva ricordato. “Inoltre, ecco, credo che tu sia comunque un godijan? Sei un monaco, giusto? Alla fine, Erik era un prete cristiano, pure” aveva ponderato Jason, quasi rimpiangendo di non aver ascoltato i consigli di Terminus e non aver intrapreso il corretto corsus honorum e non essere diventato Pontifex Maximus.

“Ad Alfheim non facciamo più queste cose, la gente preferisce i cocktail party e i video di piccoli gnomi che fanno i buffi” aveva cominciato Stellan, “Ma di solito deve essere un luogo sacro” aveva mormorato. “Non posso credere che un cristiano debba spiegarvi che ogni luogo è sacro se è ritenuto tale. Comunque, siamo alla presenza di una dea” aveva detto, ammiccando a Thrud. “Sapete? Nessuno mi definisce mai così” aveva considerato quella, con un’espressione leggermente adirata.

“Ti sei chiamata dea tutto il tempo” aveva considerato Jason, “Sì, io mi considero tale, ma per tutti sono solo una valchiria estremamente potente. La Possente Thrud, mai la Dea Thrud e nessuno mi ha mai definito sacra” aveva quasi gongolato. “Ovunque risieda un dio e un luogo di culto, sì” aveva ammesso Jason, ricordando una vecchia lezione e decidendo di ignorare apertamente la sua valchiria.

 

Rimane, perciò, insoluta una domanda era: cosa offrire? Oltre la sua vita?

Aveva la sua libertà ma era già in palio per qualcos’altro, restava solo Giunone e … aveva abbassato lo sguardo sul suo avambraccio, dove sapeva esserci il suo tatuaggio.

La morte lo aveva privato dell’unica perla che Chirone gli aveva dato, per celebrare la sua prima e unica estate di campo, e il taglio sul suo labro, che avevano reso il suo viso la Faccia di Jason Grace, non ricordava un giorno che non l’avesse avuta sul suo viso, troppo piccolo per ricordare un tempo prima.

Non aveva più niente, solo quattro lettere, una saetta e le bande che segnavano il suo tempo a Nuova Roma e a Campo di Giove.

Sapeva che cosa sacrificare a Bee e sapeva che lo Jotun se ne sarebbe nutrito con sommo gusto e divertimento.
Fred aveva inciso l’ultima runa ed aveva infilato la spada nella terra, dove le sue rune luccicavano di un rosso tempestoso e poi aveva detto con voce cupa: “Frederic da Clermont, cavaliere dell’ordine equestre del Santo Sepolcro e spada di Dio sceso in terra, figlio di Gerd, ho eretto questa prigione per Thrud La Possente, figlia di Thor e Sif, ne stimata e traditrice del suo signore Odino” e nel farlo aveva usato il filo della lama per tagliare un palmo della mano, imbevendone il  sangue che era gocciolato lungo il ferro, fino a bagnare l’erba e la terra.

Le rune si erano illuminato dello stesso vibrante rosso della sua spada, prima di affievolire in tenue rosso che era rimasto acceso, come una luce tenue e soffusa. “Va bene, Jason, preparati a togliere il tuo potere” aveva stabilito Fred.

Jason aveva sollevato le mani ed aveva richiamato i fulmini che si erano dissipati in schioppetti di luci e folgori fino ad assopirsi e tutto quello che caricava l’aria di magia si era rotto. Ed improvvisamente lui si era ritrovato con l’aria dei polmoni, come se fosse uscito da una tomba, di nuovo vivo.

Fred aveva impugnato la lama e Stellan sollevando le mani pronto ad attaccare nel caso che Thrud si fosse liberata. La valchiria aveva allungato una mano ed aveva incontrato un muro d’aria davanti a lei, “Preferivo quella di Jason era più larga ma … questa è decisamente più respirabile” aveva considerato, “Mi dispiace Frederik ma credo che Jason sia un semidio più potente e forse anche un ergi più promettente.”

Fred l’aveva guardata: “J’en ai rien à foutre. Sono un seguace dell’unico vero Dio e del tuo parere non mi importa” aveva risposto seccato e cattivo.

“Bene, pensiamo al sacrificio” aveva considerato Jason, riuscendo a sollevarsi dalla posizione in cui si era seduto, quando aveva sentito i muscoli ricominciare a funzionare bene ed essere capaci di sostenerlo nella posizione eretta.

 

Fred l’aveva guardato con i suoi occhi verdi intensi, “No” aveva stabilito poi, “Avevo pensato fosse una buona idea perché non credevo di avere abbastanza abilità per tenerla prigioniera, “Pensavo che avrebbe dovuto combattere fino all’arrivo della Squadra Suicida di Samirah. Ma, ecco, con Gullinbursti potremmo essere a Fólkvang in pochissimo e lì avremmo tutte le valchirie che vuoi Jason. Oltre Madina e Mel” aveva considerato l’uomo, “E se dobbiamo affrontare uno stregone esperto di alf seidr e figlio del diavolo come Erik Freydisson abbiamo bisogno di tutto l’aiuto che possiamo” aveva terminato.

“Quindi la lasciamo così?” aveva chiesto Jason, ammiccando alla dea seduta tra le rune. “Non hai paura che la tua prigione si sciolga appena ti allontani?” aveva chiesto preoccupato, “Jason, che mi piaccia o no, sono un Ergi, non sarò uno bravo, non sarò uno potente e non avrò il potenziale, ma sono uno stregone. Un incantesimo non decade solo perché ti allontani, il tuo lo avrebbe fatto perché era fin troppo arzigogolato, le rune erano letteralmente fulmini che hai creato con le tue forze. Ma queste sono rune incise e sigillate con il sangue, forse Heidi potrebbe liberarla sì” aveva considerato Fred, “Ma lo farà? Tornerà qui ad aiutarla? E se così fosse? Tutto quello che Thrud doveva fare era chiuderci qui. Ora sappiamo il suo segreto e se non moriamo definitivamente, be, il suo segreto sarà pubblico” aveva stabilito con fierezza.

“Allora, ciao Thrud e addio” aveva detto Jason, guardando la sua valchiria con voce triste, “Per quello che vale, Jason, mi dispiace. Sul serio, volevo solo che la mia famiglia vivesse, che la fine del mondo non arrivasse mai e che io potessi stare con l’uomo che amo” aveva sospirato lei. “Lo fai sembrare molto ragionevole” aveva ammesso Jason, triste.

Perché Jason comprendeva quel sentimento, davvero, nella sua forma più pura, era morto per quello, sarebbe morto ancora ed ancora per quello.

Avrebbe fatto ciò che era possibile per un solo altro minuto con Piper, per rivedere i suoi amici e per … evitare che il mondo finisse. Era pronto ad essere la tempesta che avrebbe fatto cadere il mondo.

Avrebbe dato tutto per salvare i suoi amici … anche Thrud.

Ma unirsi ad una terribile strega della vendetta?

Avvelenatrice di menti?

È lastricata di buone intenzioni la strada per l’Inferno” aveva considerato Fred, nonostante le sue parole e la sua solita attitudine, non c’era malizia né ferocia nelle parole del monaco, ma erano solo una fredda costatazione.

Forse nel mondo norreno non c’era un inferno vero e proprio in cui le anime avrebbero dovuto fare i conti – o forse sì, con i quattro aldilà Jason era confuso, come era confuso dalla scala dei valori di quel mondo – ma sembrava una risposta appropriata.

Thrud aveva abbassato gli occhi e per la prima volta non era sembrata una terribile valchiria ma una giovane ragazzina piena di sensi di colpa.

 

“Magari, quando torniamo al Valhalla possiamo chiedere a Bragi di mettere una buona parola con …” aveva provato Jason, ma era stato interrotto da Fred, “Non prendertela troppo a cuore, Jason, le daranno massimo una bacchettata sulle mani” aveva detto, “Non è una ragazzetta senza arte né parte, è una dea, figlia di Sif e Thor.”

Lui si era morso il labbro, aveva pensato a suo fratello Apollo, che era stato punito da loro padre con la mortalità e costretto a lavorare come servo. ‘Non dimenticare’ gli aveva detto e Jason sperava non dimenticasse, così come guardando Thrud non sapeva cosa sperare.

Capiva le sue motivazioni, ma le sue azioni erano state avventate e quasi criminose, eppure …
“Come stavo dicendo, parlerò con Bragi perché metta una buona parola con tuo padre sulla cosa di Aviss” aveva ripreso a parlare ignorando il commento del monaco e tutto quello che frullava nella sua testa.

Thrud lo aveva guardato, spalancando gli occhi pieni di sorpresa, aveva schiuso le labbra, come se avesse voluto dire qualcosa, ma alla fine aveva taciuto, preferendo regalare loro un sorriso quasi dolce, molto meno folle, ma quasi adorabile – Jason si chiese come fosse possibile essere così volubili – e contro ogni previsione aveva parlato ancora: “Prima devo dire di no, ma ora lo capisco bene cosa lei veda in te.”

Jason pensava di sapere di chi stesse parlando.

Fred aveva fatto roteare gli occhi, piuttosto insofferente, dirigendosi verso il verro d’oro che era stato ben felice di non curarsi di tutta quella storia per gironzolare in giro con un certo gusto, probabilmente Gullibursti era il tipo di creatura a cui piaceva stare in mezzo agli altri senza doverci interagire.

“Prima che tu lo dica Jason, probabilmente non è un addio” lo aveva anticipato Thrud, scivolando supina sull’erba, quasi rilassata, “Va bene” aveva detto solamente Jason, “Ava atque vale, come si dice dalle mie parti” le aveva detto.

Ciao e ti saluto.

“Farvel[6], Lady Thrud” disse posato Stellan, facendole quasi un inchino. Lei aveva annuito, con gli occhi chiusi, quasi come se si stesse condendo una pausa rilassante, stesa in un campo, e non in una prigione di rune e poi aveva parlato, congedandosi da loro: “Farvelir[7], prodi guerrieri.”

 



[1] E’ un riferimento allo scontro tra Wanda e Aghata in Wandavision!

[2] Il Javelin come arma è molto romana – ed era una lancia più da lancio che altro – mentre la Spear è proprio la lancia da combattimento e la più antica al mondo (di età del Bronzo) è stata trovata in Germania e possiamo valutare che gli dei aesi siano di origine germanica.

[3] Questo è un delirio. Storicamente Liv Dagsdotter di Vestmar, era la moglie di Halfdan il Mite Re di Vestfold e madre di Guðröðr il Cacciatore Hálfdansson che è stato a sua volta re di Vestfold e anche Re di Romerike (due regni in territorio norvegese); era di origine sueone, apparteneva al clan dei Yngling. Questo particolare Clan si diceva discendente da Frey nella forma del dio Yngvi. I primi re di questa dinastia scadono molto nel mito (insomma come Romolo e Remo figli di Marte o Enea etc), nonostante ciò, è una dinastia storicamente esistita. Dunque, gli storici hanno deciso di porre la linea di demarcazione tra mito e storia nel momento in cui anche cronache non epiche hanno cominciato a parlare di loro, proprio con Guðröðr il Cacciatore, ponendolo come fondatore storico della stirpe dei Figli di Frey. Così, ehi, ho deciso che sua madre si è dilettata con il dio.

[4] Si sta parlando di Natalie Chase, il cinghiale che è molto critico, ha una bassa opinione della donna anche in base a ciò che sappiamo della sua famiglia, che era molto intessuta con il mondo “nascosto”. Personalmente adorerei se Riordan ci raccontasse un po’ di più dei Chase.

[5] un bastone di metallo che veniva probabilmente usato durante i rituali; alla Gandalf intendiamoci.

[6] Era l’addio norreno (in uso fino al 1000 d.C.) quando ci si congedava da una donna.

[7] L’addio norreno (in uso fino al 1000 d.C.) quando ci si congedava da un gruppo di uomini.

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