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Autore: AngelikaMSunday    06/01/2024    1 recensioni
Christine ha appena compiuto trent’anni, non si è ancora sposata e nell’ultimo periodo – considerata la sua collezione di rapporti falliti – ha preferito dedicarsi esclusivamente al lavoro. Tuttavia non può ignorare le lancette del suo orologio biologico, che con il loro insistente ticchettio sembrano informarla della necessità di trovarsi definitivamente un uomo per costruirsi una famiglia, perciò dopo aver bevuto un bicchiere di troppo ed essersi lasciata trasportare da un impeto di disperazione si iscrive ad un sito di incontri. È così che inizia un scambio online con RichieRich, un uomo dal nickname assurdo e dall’ego smisurato. Un uomo che però riesce anche a farla ridere, a comprenderla e a metterla a suo agio. Per questo motivo Chris resta sorpresa quando scopre che il suo ammiratore segreto è proprio il miliardario Richard Reyes, ovvero il suo ultimo cliente e la persona più insopportabile del mondo. Un imprenditore astuto, manipolatore e purtroppo incredibilmente attraente.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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16.

copertina

XVI.

EPILOGO

 

Sapete qual è la parte migliore di un litigio? Il dopo, quando arriva il momento di fare la pace. Come l’arcobaleno che si genera alla fine di un terribile temporale, una volta tornato il sereno.

Almeno tutti la pensano in questo modo, ma sinceramente fino ad oggi io non avevo ben chiaro il motivo di una tale convinzione. In realtà è sempre stato naturale per me pensare alle discussioni soltanto come attimi legati alla tensione, alla rabbia e alle recriminazioni. Rappresentano istanti capaci di ferire, causare tristezza e dolore. Di conseguenza i litigi mi hanno spesso fatta sentire a disagio, portandomi ad avere paura delle inevitabili conseguenze determinate da infiniti attimi di urla. Inoltre mi inducono a lasciarmi sopraffare dallo sconforto, perché nel mio caso finiscono sempre allo stesso modo: con una rottura, diverse lacrime e una nuova crepa alla mia autostima. Devo ammettere che generalmente ho un carattere forte e non amo scendere a compromessi, nella vita privata così in quella lavorativa. Sono anche molto testarda e soprattutto mi considero una paladina dell’indipendenza, che ho conquistato con tanta fatica e sudore. Più o meno metaforico. Ma mentre di solito questi possono considerarsi lati positivi, nel momento in cui mi ritrovo confrontarmi con qualcuno diventano tratti a mio sfavore.

Per colpa della mia inflessibilità tendo a non perdonare facilmente, oltretutto è difficile che metta in discussione le mie opinioni e tendo a difendere la mia libertà sopra ogni altra cosa. Pertanto, quando mi ritrovo a discutere, la maggior parte delle volte tendo a dare il peggio di me. Specialmente se devo ribattere ad una qualche insinuazione fattami dal mio ragazzo di turno, convinto di potermi zittire. Io voglio sempre avere ragione, non accetto le critiche e mi impegno con una certa testardaggine per avere l’ultima parola. È una questione di principio e principalmente di orgoglio, perché non voglio essere considerata inferiore a nessuno. Credo che per questo motivo alcuni miei fidanzati mi considerassero dispotica, ingestibile ed assurda. Non trovavamo mai un punto di incontro, ma quando si svolgevano discussioni importanti legate ad un ipotetico futuro insieme inevitabilmente finivamo per prendere strade separate.  

È la prima volta perciò che un litigio in cui sono direttamente coinvolta finisce in questo modo: io, tra le braccia del mio fidanzato, nel mezzo della mia cucina.

Nell’aria sembrano quasi risuonare ancora le parole di Perfect, nonostante il cellulare di Richard sia attualmente riposto in modalità silenzioso nella tasca anteriore dei suoi pantaloni e la canzone di Ed Sheeran si sia conclusa ormai da diversi minuti, mentre un aroma di cioccolato ci circonda. In effetti la confezione di donuts al cacao è rimasta integra sul mio bancone, tuttavia il profumo dolce ha ormai invaso tutta la stanza. Per mia grande gioia.

Non ho comunque il tempo di pensare alle ciambelle, perché attualmente sono troppo occupata e distratta dalla ritrovata familiarità con Rich per potermi concentrare su altri dettagli.

Di solito per me niente viene prima delle ciambelle al cioccolato, ma questa volta ho un buon motivo per ignorare i miei pasticcini preferiti. Infatti dal momento in cui abbiamo chiarito la nostra situazione, confessandoci le nostre reciproche verità senza più alcun filtro in modo da permetterci di avere un nuovo inizio, io e Richard non abbiamo smesso di baciarci. Siamo avvinghiati in un abbraccio intimo e particolarmente stretto, incuranti di quello che accade intorno a noi. Nulla conta al di fuori della nostra bolla di felicità: non importa quindi se indosso ancora il mio orribile e antiestetico pigiama, se ho i capelli aggrovigliati e non sono proprio al massimo della mia forma. Adesso l’unica cosa importante è che ci siamo ritrovati.   

Richard trova la mia bocca e mi induce con la lingua a schiuderla, mentre io sollevo le braccia per stringerlo maggiormente contro il mio corpo. Ad ogni respiro il suo torace sfiora le punte erette dei miei capezzoli e questa lieve frizione mi strappava gemiti muti dalla gola, insieme a brividi di eccitazione. La mia maglia e la sua camicia rappresentano una fragile barriera tra di noi, al punto che è impossibile nascondere le mie reazioni. Ma non mi interessa, sono contenta anzi che lui possa avvertire ogni mio più piccolo fremito.

Le labbra di Rich si stacca dalla mia per iniziare ad esplorarle la tenera curva del mio collo con baci voluttuosi, come se volesse assaporare ogni parte di me. Mi accarezza lo stomaco con le nocche, scostando la canotta del mio pigiama, e mi stuzzica l’ombelico con il pollice. In questo preciso istante non penso al mio ventre abbondante, ai miei fianchi larghi e al mio peso. No, perché in questo istante conta solo Richard. Le sue mani che con tocchi sapienti mi fanno tremare per il piacere, il suo odore delicato che strega i miei sensi e la sua presa ferrea che mi fa sentire al sicuro. Non mi ha ancora fatta sua, ma mi sembra quasi di sentirlo già prendere possesso del mio corpo.

Del mio corpo, della mia anima e del mio cuore.

Per questo con frenesia lo spingo verso il divano, inducendolo subito dopo a sedersi e accomodandomi in seguito addosso a lui. All’altezza esatta del suo bacino. Richie mi asseconda con una risata lieve, sistemando poi i suoi palmi sul mio sedere per guidare i miei movimenti. Intanto continua a sedurmi con la sua bocca, succhiando la mia pelle e stuzzicandomi finché non sono completamente bagnata. Al mio ennesimo gemito carico di desiderio mi invita perciò a sdraiarmi sul sofà, sfilandomi i pantaloni con un semplice gesto e tornando successivamente su di me. Percorre il mio corpo nudo con le labbra umide, privandomi anche del reggiseno e delle mutandine. Io a mia volta stropiccio la stoffa della sua camicia e slaccio qualche bottone, invitandolo a sfilarsela di dosso per farmi ammirare la sua figura slanciata. Mi concentro sui suoi pettorali e subito dopo sui muscoli delle sue braccia, che si tendono mentre mi afferrava per i fianchi. Io allora mi divincolo un poco, non in segno di protesta ma di supplica, rabbrividendo ad ogni movimento che ci spinge ancora più vicini.

La sua bocca si impadronisce di nuovo della mia, mentre le sue dita esperte scivolano finalmente dentro di me dopo avermi stuzzicata per un tempo in apparenza lunghissimo e mi portano a respirare sempre più in fretta. Alla fine pronuncio gemendo il suo nome, abbandonandomi alle sensazioni che mi provoca. Richard allora mi osserva con occhi roventi di passione, proseguendo con tenerezza ad accarezzarmi fino a placare i miei tremori. Gioca con le mie zone più sensibili e con un fremito mi inarco contro il suo corpo, desiderosa di sentire il suo peso su di me. Lui mi accontenta e lascia scivolare le sue dita fuori da me, lasciandomi per una frazione di secondo vuota e bisognosa. Subito dopo infatti mi rivendica ed entra in me con forza, fino in fondo. Mi sollevo con impeto per accoglierlo e sussulto quando inizia a muoversi con deliberata lentezza. Allora gli accarezzo la spalla, scivolando poi verso il suo viso. Trattengo il fiato ogni volta che lui si ritrae, per poi rilasciarlo quando si spinge di nuovo dentro di me. Accarezzandomi con movimenti sempre più intensi e deliziosi. È una tortura. Ad un certo punto è inevitabile cominciare ad implorarlo con voce roca, mentre lui inizia a muoversi con un ritmo deciso. Richard si china quindi su di me, cavalcandomi con foga, con il suo fiato caldo che mi accarezza il viso. Scruta i miei occhi stupefatti, traendo immensa soddisfazione dalla vista del mio piacere. Mi mette successivamente una mano sotto la nuca, sostenendomi la testa mentre riprende a baciarmi. Emetto un mugolio vibrante quando veniamo, insieme. Dopo mi tiene tra le braccia, accarezzandomi pigramente la schiena e le spalle. Io rimango distesa su di lui, godendomi il movimento ritmico e regolare del suo respiro.

Siamo entrambi nudi, ma non proviamo vergogna. Perché abbiamo appena condiviso un momento estremamente intimo ed importante, celebrando il nostro amore. Mi sento di nuovo a mio agio, qui sdraiata sul suo petto. Mentre percepisco il battito del suo cuore, il suo calore sulla mia pelle. Passano un paio di minuti prima di spostarci e metterci più comodi, sistemando meglio i cuscini del divano e coprendoci con il plaid che tengo sempre piegato su uno dei braccioli del sofà. I nostri vestiti invece restano sparpagliati sul pavimento, insieme alle scarpe di Richie e ai suoi oggetti personali. 

«Ho fame» sussurro ad un certo punto, interrompendo il silenzio che è appena sceso nella stanza e tenendo comunque il capo appoggiato sul petto di Richard. 

«Vuoi le ciambelle?» mormora lui a sua volta, continuando ad accarezzarmi teneramente i capelli.

«Mmm, mi sembra un’ottima idea» concordo con immediatezza, riportando la mia attenzione ai donuts rimasti praticamente intatti in cucina. 

«Resta qui, vado a prenderle» si offre volontario, separandosi dal mio corpo e lasciandomi un bacio sulla fronte prima di alzarsi del tutto.

«Ti ho già detto che ti amo?» gli chiedo allora, osservandolo mentre si china per raccogliere i suoi boxer in modo da non vagare per il mio appartamento senza nulla addosso. 

«Puoi ripeterlo tutte le volte che vuoi» mi invita, ammirando con rinnovata voglia il mio corpo disteso sul divano e inducendomi quindi a mordicchiarmi il labbro per reprimere un sorriso malizioso. «Non mi stancherò mai di sentirtelo dire» continua, avvicinandosi di nuovo per baciarmi. Questa volta però si concentra sulla mia bocca, rinnovandomi la sua passione.

«Ti amo» replico dunque con dolcezza, poggiando le mie mani sulle sue spalle per tenerlo ancorato a me e sistemandomi quindi contro la sua schiena. Non voglio lasciarlo andare, nemmeno per pochi attimi. Nemmeno per farlo andare a prendere le mie ciambelle, anche se la mia voglia di carboidrati si sta lentamente risvegliando.

«Anche io, Christine» contraccambia, sorridendomi.

Appena si dirige verso la cucina io mi metto a sedere e indosso la sua camicia, allacciandone un paio di bottoni per poi decidermi a seguirlo. Come nella scena più cliché dei romanzetti rosa in cui la protagonista ruba i vestiti al proprio fidanzato per sentirsi sexy e circondarsi dall’odore del proprio amato.

Trovo Rich vicino al bancone intento ad aprire il sacchetto di donuts che ha portato prima con sé, in modo da estrarne due e deporli su un piatto. Allora mi dedico a mia volta alla scelta della bevanda con cui accompagnare i nostri dolci, recuperando perciò dalla mia dispensa una bottiglia di vino rosso insieme ai bicchieri.

«Quindi questa solitamente è la tua cena?» mi domanda Richard, leccandosi la cioccolata dalle dita e fissandomi con intensità.

«Sì» ammetto, arrossendo sia per le sue parole che per i suoi gesti provocanti. Vedere Richie qui in piedi di fronte a me, quasi nudo e mentre si pulisce il polpastrello dalla glassa dei miei donuts è un momento davvero eccitante. Non esagero se dico che forse è uno degli attimi più eccitanti della mia vita. «Però mangio le ciambelle anche quando sono felice, quando sono depressa e quando sono ubriaca» aggiungo in seguito, scrollando le spalle con noncuranza e ritrovandomi a ridacchiare per la mia stessa ammissione.

«Mangiavi donuts e bevevi vino quando ti sei iscritta al sito di WithLove?» si interessa, sedendosi nel frattempo su uno sgabello e trascinandomi verso di lui. Apre le gambe e mi ci fa accomodare in mezzo, sistemandomi davanti il piatto con le ciambelle e invitandomi successivamente a prenderne una.

«Ovvio» gli confesso, scegliendo il dolce più grande e in apparenza cremoso. «Non mi sarei mai registrata a quella pagina di incontri se non fossi stata ubriaca e strafatta di zuccheri» proseguo, pensando a quella specifica serata e allo stato d’animo in cui mi trovavo. In effetti dopo le interminabili e ripetitive discussioni con mia madre, nonché dopo la mia ennesima rottura con il mio più recente ragazzo e la chiacchierata piena di amarezza che avevo avuto con Maggie proprio riguardo alle relazioni inconcludenti, ero stata particolarmente emotiva. Talmente emotiva da diventare impulsivamente un membro di WithLove, trovando come unica scusa per quella pazzia il mio stato alterato dall’alcool e il mio sovraccarico di calorie. «Ma considerato come sono andate a finire le cose, sono contenta quella notte di aver esagerato con il vino e di essermi strafogata di ciambelle» concludo, indicandoci e appoggiandomi ancora contro il suo petto.

Le sue mani mi avvolgono con immediatezza i fianchi, mentre i suoi occhi restano incollati ai miei. Mi fissa con una tale intensità che mi mette quasi a disagio, perché sembra riuscire a scorgere la mia anima. Richard in effetti è l’unico che è riuscito a superare la mia armatura e a guardare oltre il mio calcolato sarcasmo, accorgendosi della mia reale timidezza e individuando le mie ferite più profonde.

Quando sono con lui sento di poter essere me stessa. Di non dovermi preoccupare dei miei chili in eccesso, delle mie insicurezze e dei miei difetti. I miei punti deboli, nel momento in cui mi ritrovo con Richie, diventano i miei punti di forza. Mi sento perfetta. Amata.

Sto imparando a volermi bene, perché da quando conosco Richard ho iniziato a guardarmi in maniera diversa. Ho iniziato a guardarmi allo stesso modo in cui mi osserva lui, anche adesso nel mezzo di questa cucina non del tutto ordinata con i miei capelli scompigliati e qualche macchia di cioccolato sul mio volto. Ho tralasciato il mio personale giudizio, per vedere le cose sotto un altro punto di vista.

Negli occhi di Rich non c’è disgusto, compassione o ribrezzo. Al contrario riesco a scorgere il suo affetto, la sua adorazione e la sua ammirazione nei miei confronti. Credo che nessuno, a parte forse mio padre, mi abbia mai fissata in questo modo.

«Ti comprerò tutti i donuts che desideri se ti rendono così felice» sussurra poi il diretto interessato sulle mie labbra, lasciandomi un tenero bacio prima di tornare a concentrarsi a sua volta sulla sua frittella. Libera una mano per afferrare il dolce, lasciando di conseguenza libero il mio fianco, e addenta la pasta fragrante con una certa soddisfazione.

Io resto per un secondo ferma a contemplarlo, interrompendo la mia degustazione per concentrarmi totalmente su di lui. E mi rendo conto, in un attimo di straordinaria lucidità, che mi sono follemente nonché irrimediabilmente innamorata di Richard Reyes.

I giorni successivi alla nostra riappacificazione trascorrono con un’incredibile velocità, tra i nostri reciproci impegni lavorativi e gli incarichi che entrambi abbiamo dovuto portare a termine dopo averli tralasciati per colpa del malumore determinato dalla nostra rottura. Io ad esempio ero rimasta indietro con i miei aggiornamenti di mercato e i miei appuntamenti con alcuni nuovi clienti, mentre Rich mi ha confessato a sua volta di aver saltato in questo periodo un paio di riunioni con il suo Consiglio di amministrazione per la sua scarsa sopportazione ai melodrammi. Infatti restare chiuso in una stanza con una decina di vecchi brontoloni pronti a giudicare ogni sua decisione su basi più o meno infondate, intanto che Colin lo fissava con disapprovazione, andava oltre ogni sua capacità diplomatica.    

Lunedì quindi siamo tornati nei rispettivi uffici carichi di buon umore e ottime intenzioni, consapevoli che niente sarebbe potuto andare storto e che di conseguenza la giornata sarebbe stata assolutamente produttiva. Non ci sarebbe importato se le azioni fossero crollate o i nostri investimenti si fossero mostrati infruttuosi, perché nulla avrebbe potuto rovinare la nostra felicità.

I miei colleghi e il mio capo hanno tirato un sospiro di sollievo nel momento in cui si sono resi conto che il mio periodo nero si era concluso, ma ciò nonostante mi hanno ugualmente trattata tutta la mattina con cautela. Come se, da un momento all’altro, potessi perdere di nuovo il controllo. Credo che lo scetticismo generale dipendesse in gran parte dall’incredulità di Mr Micols, infatti Peter non sembrava affatto fidarsi della mia ritrovata serenità e si aggirava spesso nei dintorni del mio studio aspettandosi probabilmente un mio imminente crollo emotivo. Magari proprio in mezzo all’androne della Cooper&Parker Investiment Companies, con tanto di lacrime isteriche per rendere la scenata degna di un’attrice drammatica. Per questo ha imposto perciò alle segretarie di inoltrarmi soltanto le chiamate davvero importanti, affidando a Mrs Bomblood il compito di controllarmi periodicamente con calcolata casualità. Holga invece era talmente sconcertata dalla mia rinnovata contentezza che si è comportata per tutto il giorno come una vera mamma chioccia, versando abbondanti quantità di zucchero – nonché alcune volte di panna – nei caffè che tendeva a prepararmi con eccessiva premura alla fine di ogni mio meeting e rifilandomi snack al cioccolato in ogni occasione possibile. Si è dimostrata super diligente, attenta e zelante per tutta la durata del nostro turno lavorativo. Ad un certo punto, quando ho preso coscienza dello stress che ho effettivamente causato alla mia segretaria nelle settimane precedenti, devo ammettere che mi sono sentita perfino un po’ in colpa. Non pensavo che Holga prestasse così tanta attenzione alle mie esigenze e soprattutto tendesse a modificare il suo modo di lavorare in base al mio umore, eppure per lei a quanto pare prendersi cura di me e risolvere i miei problemi è più importante di tutto il resto. Lo considera il suo compito principale. Merita sicuramente un aumento per l’enorme pazienza che ha dimostrato in questo periodo, nonché una bella vacanza per disintossicarsi dai miei drammi emotivi.

Ad ogni modo durante la settimana, insieme alla normale routine in ufficio, sono ricominciati anche gli appuntamenti serali con Richard. Abbiamo ripreso quindi a frequentare locali più o meno esclusivi, ritagliandoci il tempo per cene romantiche ma anche per incontri meno formali. Mercoledì ad esempio ci siamo gustati un’ottima pizza sul divano del mio appartamento, recuperando le puntate di The Vampire Diaries che avevo tralasciato ultimamente a causa della mia depressione. Non mi sembrava giusto ammirare le imprese del mio amatissimo Damon mentre in realtà avevo solo voglia di piangere e rannicchiarmi su me stessa alla ricerca di protezione, perciò avevo semplicemente evitato di guardare la mia serie TV preferita durante i miei momenti più bui e mi ero imposta di sbavare sui pettorali del mio sexy vampiro soltanto quando sarebbe giunto l’attimo in cui avrei davvero potuto godermi di nuovo la loro vista. Non volevo offendere Damon con la mia insensibilità e la mia indifferenza, perché non me lo sarei mai perdonato. Ora al contrario, dato che tutto è tornato alla normalità, posso riprendere a fantasticare su di lui senza alcun senso di colpa e continuare in questo modo anche la nostra relazione platonica.

Venerdì sera ci rechiamo invece in un pub alla periferia di Manhattan e vengo ufficialmente presentata a Robert, il fratello minore di Richard. I due si assomigliano molto e in pratica potrebbero sembrare quasi gemelli, infatti entrambi sono biondi e hanno gli stessi occhi chiari. Rob tuttavia porta i capelli un po’ più lunghi rispetto a Richie e ha un filo di barba sul volto, che gli dona un aspetto leggermente trasandato e da cattivo ragazzo. È comunque molto simpatico, divertente ed estroverso. Tra un drink e l’altro parliamo soprattutto del suo lavoro di architetto, nonché degli ultimi progetti che gli sono stati commissionati qui a New York. Poi la conversazione si sposta sulla mia carriera e sui miei interessi, concentrandosi alla fine sul mio rapporto con Richard. 

«Eri la sua promoter finanziaria?» si stupisce Robert, spiegandomi successivamente il motivo della sua sorpresa. «Di solito mio fratello non mischia mai il lavoro con il piacere, se ha fatto un’eccezione devi davvero valerne la pena» conclude, facendomi arrossire.

«In realtà è ancora la mia promoter» sottolinea Rich, tenendo un braccio sulle mie spalle e continuando nel frattempo a sorseggiare la sua birra tedesca. 

«No, invece» lo correggo, sbuffando. «Ti ho già detto che non ho più intenzione di lavorare per te» ribadisco con decisione, tornando sull’argomento che di recente ci ha indotti più spesso a discutere e di conseguenza è stato il fulcro di gran parte delle nostre giornate.

«È un despota, vero?» mi chiede Rob, ridacchiando con divertimento.

«Di certo non è un cliente facile con cui trattare, ma non è per questo che voglio mettere fine alla nostra collaborazione» ammetto, bevendo un altro sorso del mio Martini e mangiando un’oliva direttamente dallo stecchino. Devo ammettere che lavorare con Rich mi ha dato diversi stimoli e indubbiamente mi ha permesso di accrescere la mia esperienza nel campo, però devo comunque confessare che è stato anche estenuante stargli dietro. Richard in effetti è permaloso, troppo dinamico per i miei gusti ed eccessivamente pretenzioso.

«Christine pensa possano esserci conflitti di interesse tra di noi, visto che abbiamo anche una relazione sentimentale» chiarisce Richard, spiegando la situazione a suo fratello.

«Non ha tutti i torti» commenta allora Robert, appoggiandomi.

«Grazie, finalmente qui c’è qualcuno che ragiona» dichiaro in modo veemente, voltandomi verso il mio fidanzato per lanciargli un’occhiata eloquente.  

«Non dovresti stupirti, lo sanno tutto che sono il Reyes migliore» si vanta dunque Rob, guardandomi poi in maniera accattivante. «Dovresti lasciare Richie per metterti con me, Chris» mi provoca in seguito, prendendomi in giro con velata ironia.

«Lei è mia» lo avverte immediatamente il mio fidanzato, lanciandogli un’occhiata di ammonimento e aumentando la sua stretta sul mio corpo. «Ad ogni modo, io dico semplicemente che con un buon dialogo potremmo risolvere ogni sorta di divergenza e trovare sempre un compromesso» riprende subito dopo il diretto interessato, provando a far valere le sue ragioni.

«Sì, ma considerata la tua testardaggine prima o poi finiremmo comunque per litigare» gli faccio notare, ponendo l’accento sul suo carattere intrattabile e poco accomodante. Soprattutto quando si tratta di azioni su cui investire, flessioni di mercato e dati da valutare. Colin è l’unico sotto questo punto di vista che lo sa gestire e riesce a porgli un freno, effettivamente quell’uomo è davvero un santo e sa sempre quali punti premere per frenare l’entusiasmo del suo capo.

«Non sono così irremovibile» ribatte lui, imbronciandosi.

«Smettila di fingerti innocente» lo rimprovero a mia volta, sbuffando. «Secondo me, invece di passare ore a discutere su valutazioni finanziarie, potremmo semplicemente occupare il nostro tempo in modo molto più piacevole».

«Ah si?» afferma allora Richie con malizia, facendomi rendere conto del significato fraintendibile legato alle mie ultime parole ed inducendomi quindi ad arrossire fino a raggiungere la tonalità di un pomodoro maturo.

«Sai benissimo quello che intendevo» borbotto, nascondendo il mio viso nel bicchiere per celare il mio imbarazzo. 

«Io concordo con Christine» interviene allora Robert, causando l’ilarità del fratello maggiore e aumentando in questo modo la mia bruciante vergogna.

La serata prosegue successivamente senza ulteriori intoppi e strane battute, ma anzi con leggerezza e rinnovato divertimento. Ci ritroviamo a commentare la strana fissazione di suo padre per i papillon, mentre a mia volta gli racconto dei miei stratagemmi per portare le ciambelle ad Henry. Dipingo le mie avventure come se stessi raccontando la trama di un film di Indiana Jones, ponendo perfino una certa enfasi nel raccontargli tutti i modi in cui riesco a tenere all’oscuro mia madre di queste piccole trasgressioni che commetto a discapito della dieta di papà. Parliamo poi di economia, di politica e di sport.

Rob è davvero piacevole e spiritoso, mi mette a mio agio e trovo sia facile chiacchierare con lui. Ha opinioni ben precise, però è sempre rispettoso quando esprime i suoi pareri. Richard sembra soddisfatto dalle nostre interazioni e credo sia felice dell’intesa che ho creato con suo fratello, così come io sono contenta di avergli fatto una buona impressione. Ci tengo molto che la famiglia di Richie mi accetti, perché non ho intenzione di uscire dalla sua vita tanto in fretta. Anzi se dipendesse solo da me, non andrei mai via. 

Quando la nottata si conclude io e Richard salutiamo Robert con la promessa di rivederci presto, magari proprio ad una cena a casa dei loro genitori. Poi raggiungiamo la macchina e torniamo all’attico, preparandoci a goderci la fine della serata insieme.

In effetti da quando abbiamo ripreso la nostra relazione ho trascorso ogni notte nell’appartamento di Rich, più precisamente nel suo immenso letto con vista panoramica su New York.  È bello risvegliarmi sempre tra le sue braccia, circondata dal suo calore. Fare colazione con lui anche quando ci alziamo tardi, perché non abbiamo dormito molto a causa delle nostre lunghe discussioni sussurrate sotto le lenzuola o per colpa della nostra passione, e rischiare quindi di arrivare in ritardo a lavoro.

Coccolarci nella sua vasca da bagno, mentre la schiuma ricopre i nostri corpi e Richard accarezza teneramente la mia pelle bagnata.

Uscire il pomeriggio dall’ufficio e vederlo lì, fermo sul marciapiede ad aspettarmi. Trascorrere il tragitto in auto con le mani intrecciate e due sorrisi sereni stampati sui nostri volti, senza sentire l’impellente necessità di dover riempire per forza i silenzi. Perché a noi basta stare semplicemente vicini, pelle a pelle. Solo noi.

Ci piace parlare di tutto e di niente. Confrontarci, discutere del futuro ma anche di stupide banalità. Ridere, prenderci in giro, scherzare. Litigare per motivi seri e per sciocchezze, con l’intenzione dopo di fare sempre la pace. Sempre. 

Ci piace amarci con frenesia, quando sappiamo che il tempo ci rincorre e dobbiamo fare in fretta. Tuttavia ci piace anche amarci con calma e lentezza, assaporando ogni singolo istante e secondo. È proprio in quegli attimi che capisco a pieno le parole di mia madre. Da sola potrei avere sicuramente una bella vita: sarebbe ricca di soddisfazioni personali, nonché piena di obiettivi da portare a termine. Avrei indubbiamente le mie abitudini, insieme alle mie ambizioni e ai miei numerosi sogni, pronte a tenermi compagnia anche nelle notti più gelide. Avrei me stessa e davvero sarebbe sufficiente, infatti sono sicura che nel complesso sarei contenta. A casa mia, con le mie fedeli ciambelle sempre al mio fianco e con la TV accesa per non sentirmi isolata dal resto del mondo. Ma stare con Richard è… diverso. 

È un di più. È reale felicità. Trovare una persona con cui condividere la propria vita e il proprio futuro è un dono. Una fortuna inestimabile, che spesso si dà per scontato.

Certo, si può stare bene anche da soli. Se si trova il proprio equilibrio, senza sentire che manca un pezzo del puzzle, una vita da single può essere ugualmente gratificante. Però, secondo il mio modesto parere, in due è tutto meglio. La gioia, il dolore. È per questo che non mi sono mai arresa, nonostante ogni mia relazione fallimentare e ogni mio rapporto inconcludente. Ho continuato a provare e a cercare, sebbene il mio senso di inadeguatezza ad un certo punto stesse prendendo il sopravvento su di me. Perché è inevitabile che tentare, e ritentare e ritentare di nuovo, per poi ottenere sempre il nulla fa soffrire. Mi sono sentita spesso sbagliata, imperfetta, inadatta. Ma alla fine è arrivato lui e tutto è cambiato. Ho capito che non ero io a non essere giusta, erano semplicemente gli altri che non erano adatti a me. Non a loro volta difettosi, ma soltanto imprecisi. I loro bordi e i loro spigoli non combaciavano con i miei, perché ognuno di noi là fuori nel mondo ha il proprio pezzo di puzzle che lo attende. Quello che si incastra alla perfezione, senza alcuno sforzo o fatica.

La propria metà della mela.

La propria anima gemella.

Bisogna solo avere pazienza e aspettarla, ma alla fine ne vale assolutamente la pena.

L’amore ne vale la pena.

Sempre.

 

   
 
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