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Autore: Mixxo    07/01/2024    3 recensioni
Karin è in fase di riabilitazione dopo un'incidente sul lavoro. Per non rimanere con le mani in mano, si dedicherà alla lettura di un misterioso libro di recente successo a Yrff. Non tanto per la capacità dell'autore, quanto alle voci - per lei fondate - che sia stato scritto da un'emerso, una persona proveniente da un'altro mondo.
"Boral è un mondo abbandonato dalle divinità. Il sole si è spento da anni e gli ultimi barlumi di vita combattono per la sopravvivenza. In quel luogo ho incontrato un gruppo di caotici avventurieri che non meritano il titolo di eroi, ma che han fatto ciò che serviva per concedere loro di essere chiamati tali."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Capitolo 1]

[Belsar Khanterz]

Il silenzio del mio ufficio è interrotto ogni tanto dal mugolio di Kae. La giovinotta davanti a me tiene in mano le lettere di lamentele da parte di molte delle divisioni della Nimbus, tutte hanno subito danni di varia entità da una singola persona: mio figlio adottivo.

“Penso sia solo in cerca di qualcosa in cui mettere le sue energie.” Gli occhi rossi di Kae si alzano verso di me. “Di sicuro è uno che si mette in gioco!”

Tubo a disagio. “Se sfoderare le armi è considerato tale.”

Kae agita le lettere. “Alla fine sono tutti incidenti causati da degli abomini o da provocazioni. Che siano entrambe generate dalle sue mancanze di attenzione o di tatto è un dettaglio.”

“Mi permetta di dissentire, signorina.” Faccio frullare le ali. Questa situazione mi sta arruffando le piume. “Stando alle dichiarazioni, Strale ha volutamente omesso di sorvegliare le zone buie della città e ha provocato di proposito quei viaggiatori. È incauto considerarle un dettaglio.”

Kae appoggia le lettere sulla scrivania. “Si fidi di me, reggente. Il ragazzo ha sì bisogno di una direzione ben specifica da prendere, ma ciò non vuol dire che sia totalmente allo sbando. Di certo gli piace… affrontare a viso aperto i suoi ostacoli.”

E cercarsene di nuovi, aggiungerei. Ma non voglio scoraggiare questa giovane ravvivafiaccole. Il bagliore nei suoi occhi mi dice che si è data un obiettivo da compiere.

Scendo dal trespolo dietro la mia scrivania e zompetto attorno ad essa, poggio una zampa sulla sua spalla. “Lo affido a te allora, giovane Kae. Spero che tu poss-”

La porta dell’ufficio si spalanca. Un giovane rotola a terra e si dà la spinta per rimettersi in piedi. Allunga la mano sullo schienale della sedia sulla quale si trovava seduta Kae e la scaglia fuori dalla stanza.

La ragazza non si è nemmeno voltata, inspira. La scintilla nei suoi occhi ha vacillato?

“È lui, vero?”

Annuisco.

Kae si volta, Strale si sta preparando a lanciarsi fuori dalla stanza.

“Strale.”

S’irrigidisce quando si sente chiamare. Volta la testa di scatto, alza una mano. “Papà. Mi levo subito.”

“Senza fretta.” Scandisco. “Siediti.”

Esita qualche istante, indica verso l’uscita. “Recupero la sedia.”

Indico la seduta rimasta davanti alla scrivania. “C’è l’altra.”

Strale batte le palpebre, cerca un modo per non rimanere dentro forse. “Non vorrai far rimanere in piedi la signorina. Mi hai insegnato ad essere gentile con gli altri.”

Kae si siede sul bordo della scrivania, indica la sedia. “Ora non ci sono problemi, su.”

È la persona giusta per gestirlo.

Strale si avvicina a passi misurati verso la sedia. Appoggia la mano sullo schienale e la tira un po’ indietro prima di sedervisi sopra. “Oh. Strale Khanterz.” Tende la mano verso Kae.

Lei gli stringe la mano. “Kae.”

“…E basta?”

“Mi hanno abbandonata alla nascita.”

“Non ti hanno mai adottata?”

Kae sorride. “Evidentemente no.”

Spero che riesca a sopportarlo. Ha appena conosciuto il suo nome ed ha già pugnalato una cicatrice. Kae riprende la parola.

“Sei abbastanza famoso, Strale. Non un tipo di fama apprezzata però.”

Mio figlio alza le spalle, mette su un sorriso. “C’è chi sa divertirsi e chi no.”

Kae tira su una delle lettere che tiene in mano. “La ricostruzione del granaio impiegherà almeno quattro giorni di lavoro, rallentando le consegne. Ultimati i lavori, non voglio più vedere Khanterz con una qualsiasi fonte di calore a più di quattrocento piedi da esso.

“Quel Pyraxiano ha tirato fuori il fuoco, ho solo risposto a dovere.”

Copro gli occhi con una zampa. Mi fremono le piume delle ali per l’imbarazzo.

Abbiamo avuto appena il tempo di inaugurare la nuova ala est della Nimbus che Khanterz ha pensato fosse una buona idea fare una zuffa in quella ovest. Con il wund che stavano studiando nel laboratorio. Se non lo conoscessi per essere un casinista, direi che sta tentando di far estinguere l’umanità.”

“Aveva uno sguardo feroce. Sembrava una sfida degna di essere intrapresa.”

La smorfia di Kae mi fa confermare il giudizio che si era fatta di lui. La ragazza raccoglie tutte le lettere e le lascia cadere sulla scrivania, si spinge in avanti e si rimette in piedi. Inizia a fare avanti e indietro per la stanza con le mani dietro la schiena “Potremmo andare avanti tutto il giorno a leggere quelle lamentele, ma non sembra che tu ti renda conto delle conseguenze delle tue azioni. L’unico elemento in comune a parte la distruzione che lasci alle tue spalle è la motivazione per cui la causi.” Si ferma e lo guarda. “Hai così tanta voglia di metterti alla prova da attaccare briga con qualsiasi cosa che dimostri un qualche tipo di forza?”

Strale si alza e le va incontro. “Mettermi alla prova non è corretto. So di potercela fare. È divertente la reazione che ottengo dagli altri.”

Kae sbatte le palpebre. “…Eh?”

“La gente che non si aspetta che possa farcela. Rimangono tutti sorpresi.”

Incorretto figliolo, rimangono sorpresi dei danni che causi per dimostrare che puoi farcela.

Strale si poggia le mani sui fianchi. “Mica devo vivere la mia vita per aiutare gli altri. Lo faccio per vedere le loro facce. È divertente.”

Chino la testa, chiudo gli occhi. Sono un fallimento come figura genitoriale. In parte. Syn è cresciuta bene. Che si sia trattato di fortuna? Dopo tutti questi anni in mezzo a loro non capisco ancora appieno gli umani.

Kae abbassa lo sguardo pensierosa. “Hm. Mi aspetti fuori un attimo? Potrei avere una sfida da proporti.”

Strale alza un sopracciglio. Sembra interessato. “Che tipo di sfida?”

Kae sorride. “Un tipo di sfida che sorprenderà gli altri, se riuscirai a portarla a termine.”

Le mostra un ghigno, alza il pugno. “Andata. Fai in fretta!” Corre fuori dalla stanza.

Espiro pesantemente. “Pensi di poterlo condurre sulla retta via?”

“È un bambino arrogante e incurante del prossimo al momento.” Kae si sporge dalla finestra guardando all’esterno. “Ma possiamo giocare sui suoi difetti per fare in modo che sia d’aiuto alla società. Non saprei come farlo cambiare totalmente, molto è dato dal suo carattere, quello non posso modificarlo.”

Mi avvicino, tengo le braccia dietro la schiena. “Non devi sentirvi obbligata solo perché te l’ho chiesto io.”

Kae si volta con la testa. “Siete il fondatore e borgomastro di Cyrrium. Avete fatto tanto per noi, non sorprendetevi che anche io voglia fare la mia parte.”

 

[Strale Khanterz]

Batto impaziente il piede per terra. Sono tre minuti buoni che quella Kae sta parlando con papà, quanto ci mettono!? Mi siedo sulla sedia che avevo scagliato fuori, gli artigiani di Cyrrium sanno fare roba resistente. Abbastanza resistente per fare danni, abbastanza imbottita per essere comoda. Lancio un’occhiata oltre il parapetto del chiostro circolare. Al di sotto c’è il solito viavai tra studenti, insegnanti. Un paio di dodot corrono tra la folla, non so chi abbia lasciato entrare quelle due bestie, probabilmente qualcuno è stato disarcionato. Un gruppo di avventurieri si scansano al loro passaggio, un inserviente con una pila di documenti viene schiacciato contro il corrimano della scalinata, i due animali continuano la loro corsa salendo al mio piano. Una porta si apre tra loro e me, un ragazzo esce incurante della minaccia sulla giacca verde ha lo stemma dei voltici, due catene intrecciate.

Non ha scampo.

Il dodot china la testa tozza, lo centra nelle gambe e se lo mette in sella, lui si aggrappa al collo dell’animale che accelera l’andatura. Deve averla presa come un gioco.

“NAAAGH!”

Le due bestie si dirigono verso di me. Stringo i pugni, chissà se riesco a fermarli se li prendo nel punto giusto. Tiro indietro il braccio. Il muso tozzo stupido, la bocca spalancata mostra una fila di dentini aguzzi ed una lingua verde acqua penzolante di lato, le zampette anteriori rimangono ben strette sulla folta peluria bianca del petto, le robuste zampe posteriori pestano il terreno rapide, la coda folta si agita ad ogni passo.

Sul naso, funziona con gli umani, funzionerà con loro. Sferro il pugno, la creatura strizza gli occhi e pianta le zampe a terra, cade seduto sul posteriore. Un’ombra passa sopra la mia testa. Il voltico sta volando oltre il parapetto.

Ops?

Scambio uno sguardo con lui. La sua occhiataccia mi fa capire che deve conoscermi per fama. Sparisce oltre il parapetto.

Mi aspettavo un tonfo e forse qualche urlo sconcertato. Mi sporgo. Il voltico si trova in braccio ad una ragazza in armatura bianca. Alle spalle ha attaccata un’ascia scintillante di colore bianco, la parte piatta della lama è coperta da una placca nera su cui è innestato un gioiello scintillante di energia, quello deve averglielo caricato un voltico. La invidio un po’, sembra un’arma forte.

Voglio sfidarla. Metto il piede sul parapetto e salto.

Qualcosa mi afferra per la collottola, mi tira indietro, finisco a terra, la schiena dà qualche protesta.

“Ti ho lasciato solo per due minuti.”

Fisso Kae, tiene i pugni sui fianchi. Che forza ha in quelle braccine per avermi tirato indietro così facilmente? Probabilmente è più forte di quel che sembra, o i guanti brillanti c’entrano qualcosa. Roba da voltici. Mi ritiro su.
“Erano almeno cinque! Dove andiamo?”

Kae sospira a bocca chiusa, mi fa un cenno col capo. “Seguimi.”

 

 

 

Ci fermiamo dopo una buona mezz’ora di camminata. Una buona mezz’ora in cui Kae non ha risposto a nessuna delle mie domande. Poteva almeno accettare un duello, così avremmo capito chi doveva dare retta a chi.

L’entrata della grotta davanti alla quale ci troviamo sembra una gigantesca bocca, ha pure una serie di stalagmiti e stalattiti che fanno da zanne alla bestia di pietra. Sarebbe figo vedere una bestia simile andare in giro.

Kae si appoggia di schiena ad una di esse. “Pronto per la sfida?”

Mi sfrego le mani. “Ovvio” Spero che ci sia qualcosa da picchiare.

Kae tende la mano verso l’interno della grotta. “All’interno di questi cunicoli vi è un nido di Banshee, si dice che vicino ai loro nidi si formi il fragber un materiale fondamentale per la costruzione di Alwe.”

Ho sentito quelle parole solo in bocca a voltici. Inizia a preoccuparmi la cosa. “Devo solo prendertene un po’?”

Kae fa un sorrisetto. “I nidi delle Banshee stanno in profondità. E di solito, ci sono le Banshee dentro. Specie di giorno.”

Posso pestare una Banshee, non mi serve sapere altro.

“Va bene, mettiti comoda. Arriverò appena avrò finito.” Giro i tacchi e mi intrufolo tra le stalagmiti. Un ‘Ma dai,’ mi raggiunge le orecchie mentre entro nella grotta. È larga per essere naturale, potrei trovarci anche qualcosa di grosso da abbattere. Forte!

“Non ho ancora finito, ci sono creature che…”

“Che non vedo l’ora di affrontare!”

 

 

[Karin Alden]

Myra chiude il libro e lo appoggia sulle gambe. “Allora, qualcosa di particolare ha attirato la tua attenzione in questo primo capitolo?”

Belsar è un uccello? Suo figlio è un coglione, si vede che viene da un mondo fantasy, ha guardato l’arma della tizia e non il culo. Questo meglio non dirlo.

“Quegli animali, sembrano interessanti. Il resto non ho capito un cazzo.”

Myra alza un dito. “Linguaggio” canticchia la ebete. “Non aspettarti di capire tutto dal primo capitolo. Io ho già letto l’intera storia, ma sento che con il mio punto di vista non afferro certe cose che…”

Alzo un sopracciglio. Vuoi dire ‘una manesca come te’, ammettilo.

“…Insomma, due teste sono meglio di una, e sono certa che ti stessi annoiando qui dentro.”

Abbi il fegato di sbilanciarti per una volta.

Mi gratto la nuca. Se il capo vuole saperne di più e non ha tempo di leggerlo di suo, tanto vale che faccia qualcosa.

“Vai avanti.”

 

  
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