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Autore: _Alcor    08/01/2024    6 recensioni
Lamenti di dolore arrivano dalle viscere della terra. Nel caso migliore si tratta di un serpente mitologico in attesa di vendetta, nel caso peggiore si tratta di un cavaliere che ha vissuto per mille anni in totale isolamento.
Armato di spada e una buona dose di sprezzo del pericolo, Caelum si immerge in una grotta vicino alla città dove presta servizio. L’unica cosa che sa è che, qualsiasi cosa si trovi là sotto, non può essere umano.
{ispirata a Survival dei TesseracT}
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Warden of humanity'
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[Caelum Rothschild]







Il linnormr mi punta. Il cerchio metallico innestato sulla sua palpebra ruota di mezzo giro, un gemito acuto di componenti che sfregano uno sopra all’altro riempie l’aria, le pupille verticali si assottigliano. Dai tagli lungo il corpo spruzza una nuvola di vapore che copre la sala di un bianco denso, quell’essere è un misto tra una macchina e una bestia.

Inspiro l’aria rovente, tossisco fino a farmi lacrimare gli occhi.

Il rosso del cavaliere contrasta con la figura scura che lo sovrasta. Rivoletti gli vorticano intorno, neanche per un istante mi è sembrato che respirasse.

Qualcosa di enorme si trascina sul terreno, il cavaliere estrae la spada e tira un fendente che disperde il vapore. Rivela il corpo del linnormr teso verso di lui, Mons – se quello è davvero un essere umano – gli scivola sotto il mento. Venature dorate attraversano la lama dell’arma che si spezza in decine di frammenti, schizzano verso l'alto. Lo prendono in pieno e spediscono verso il soffitto.

Lo schermitore pianta il piede per terra e sparisce, linee di colore rosse si avvolgono a spirale lungo il titano, schizzano scintille e sangue. Ricadono a terra, lo schianto alza un mare di polvere che mi gonfia la giacca e frusta i capelli contro il viso. Mi schermo, ma la tempesta intorno al mostro non si arresta e colora le mura di metallo di quel vermiglio fosforescente.

Trattengo il fiato. Che mi sono lamentato a fare di non avere una rivoltella, qui non posso fare nulla.

Le ferite ribollono e si coagulano in aghi che scattano contro il muro. Un paio di essi prende al volo la linea rossa e la pianta alla parete. La spada logora cade a terra con un clangore, la lama rinsaldata come se non si fosse mai spezzata.

La pietruzza nera pulsa tra le mie dita.

Mons non sembra tanto più grande di me appeso com’è per la spalla; il rosso che lo infradicia da capo a piede mi impedisce di vederne decentemente le ferite. Placche di corteccia intrecciata gli tappezzano il corpo, edera avvizzita risale la gamba destra fino al collo. Gli occhi viola scintillano nella luce rossa.

Dischiude le labbra per riprendere fiato, ne escono boccioli grossi quanto il mio pugno. Il linnormr emette il sussurro graffiante che ha tormentato le mie ultime notti, passo il sassolino nero all'altra mano e afferro l'elsa della spada, solo per rassicurarmi.

La pelle addormentata riprende sensibilità, le fratture dorate fluiscono verso il palmo e lasciano una striscia arrossata. Il peso della pietruzza cresce, è grande quanto una moneta ma è come tenere una delle spade di allenamento in mano. Si è appena mangiata l’intossicazione?

I tagli verticali che attraversano il linnormr sputano vapore, si avvolge su sé stesso. Gli aghi che lo tengono ancorato al muro vengono attraversati da crepe ma non lo lasciano andare. L’essere sputa di nuovo vapore, con uno schiocco violento si spezzano.

Mi scivola contro, alzo la pietruzza. Il mostro si ritrae, sposta gli occhi verso l’uscita alle mie spalle, come se stesse calcolando la possibilità di passare malgrado la mia presenza.

Tenendogli gli occhi addosso, avvicino il sassolino al terreno ricoperto dalla patina di ottone. A contatto il metallo si arriccia e sparisce in strascichi di polvere, si dissolve anche lo strato di sangue sottostante. L’aumento di peso repentino mi trascina la mano contro il pavimento: qualsiasi cosa sia questa roba, può occuparsi benissimo della calamità dentro la montagna.

Dovrei rialzare la barriera, è durata mille anni con un paio di corde e picchetti, durerà un altro paio di giorni anche se non ne capisco nulla.

L’ago che bloccava Mons diventa polvere, il ragazzo scivola a terra come un burattino a cui hanno tolto i fili. Pianta le mani per sostenersi e si tira su, raccoglie la spada. Zoppica fino all’entrata a darmi le spalle.

La voragine che gli buca il petto si riempie di fiori sbocciati, foglie sfrangiate e lentamente viene ricoperta di placche di corteccia. Gira il busto e fa un cenno della mano verso il cunicolo. Sillaba qualcosa, ma non appena apre la bocca un’altra cascata di petali appallottolati volano giù dalle sue labbra. Le serra e si gratta la nuca, un sorriso imbarazzato gli increspa le labbra.

È qui da mille anni e nemmeno contempla di andarsene.

Un moto di disgusto mi stringe lo stomaco, risale in gola e lo rimando giù a fatica. Gli vado incontro, l’istinto è di cazziarlo per… non so neanche per cosa. I tagli verticali del linnormr sputano una densa nube di vapore. Mons afferra la spada.

Batto le palpebre, il cavaliere fa cozzare la lama contro i denti spalancati della bestia.

Le batto di nuovo, il serpente lo stringe in una morsa soffocante.

Lampi di colore illuminano la zona uno dopo l’altro, non riesco nemmeno a seguire lo scambio incessante di colpi e ferite inflitte.

Lancio uno sguardo alla pietruzza nera. A che serve rimanere bloccato qui per mille anni quando hai un oggetto in grado di distruggere persino il sangue di quel mostro? Potevano sigillare il linnormr e rinnovare la pietra ogni tanto, invece…

Yelena ha detto che ha letto qualcosa che le ha fatto pensare che Mons fosse sceso, ma non ha senso che un sacrificio simile non sia riportato nelle leggende dell’ordine o inscritto nelle stelle stesse dalla Guardiana.

Qualcuno l’ha sepolto qui apposta; ma se ciò è vero, lei l’avrebbe potuto intuire ben prima di me. Qualcosa non torna… Sembra un errore troppo idiota confondere un dialetto antico con la lingua di un mostro.

Mi ha mentito?

Un bolide rosso mi vola accanto, la schiena di Mons si pianta nel muro con il violento gemito del metallo. Tossisce petali accartocciati. Gli corro accanto e gli metto la pietruzza nella mano spalancata, questa gliela avrebbero dovuto dare fin dall’inizio per permettergli di combattere senza ridursi in questo stato!

Una zaffata di bruciato mi pizzica il naso; passa un istante ma la pietra scava nello strato di corteccia, nella pelle sottostante e buca la mano. L’arto si atrofizza fino alla spalla. Cosa ho fatto–

Mons mi spinge con l’altro palmo e agita il braccio, grosse gocce di sudore gli velano gli occhi viola. È delicato, malgrado la forza inumana che ha dimostrato un attimo fa.

Indica la mia gola, dove sta la fibbia con l’ibisco degli schermitori della zona, indica la propria ricoperta di corteccia ed edera secca. Non ho idea di cosa mi voglia dire, mi mordo le labbra.

Il linnormr scatta verso l’uscita.

«Accidenti!»

Raccolgo la pietruzza e calcio il terreno, ho solo un paio di passi da coprire ma la pressione di quell’essere che mi corre incontro mi fa tremare le gambe. Sibila la lingua a un soffio da me, stringo la mano con la gemma a pugno e gli tiro un colpo.

L’appendice sfrigola e si frammenta, il grido di dolore del linnormr viene spezzato da una meteora rossa che lo colpisce poco sotto gli occhi. Mons pianta la spada illuminata d’oro negli interstizi tra le placche metalliche e la fa scorrere sul muso in orizzontale, schizzi e scintille mi piovono addosso.

Li schiaffeggio via con la pietra: si frammentano prima di attecchire sulla mia pelle.

«Mi ha mandato la Guardiana!» L’esclamazione esce acuta e tremula, è un’idiozia rimanere qui ma se me ne vado sarò esattamente come i bastardi che l’hanno chiuso qui la prima volta. «Sono qui per aiutarti.»

Il braccio toccato dalla pietra non gli è guarito, Mons si indica il collo.

Corrugo le sopracciglia, in mille anni devono essere cambiate persino le gestualità per dire sì o no.

Il linnormr scatta di lato e mi arriva addosso con le zanne snudate, giro il busto per tirargli un pugno. Finché Mons non mi allontana a calci, rimarrò qui.





Incespico e gratto la faccia sul metallo ruvido, la pelle mi si intorpidisce. Decine di aghi bollenti mi pungono, qualcosa di viscido mi fiorisce sotto la palpebra destra. Mi alzo e lo strappo, le lacrime che mi sfuggono confondono le figure del linnormr e Mons nelle solite strisce di colori rapide. Per quanto mi sono addormentato?

Mi tremano le gambe, puntello la spada spezzata a terra come un bastone. Guardiana non ce la faccio più, aiutaci. Un boato mi assorda, lo scontro continua come se non avessi detto niente.

Caccio un sospiro dolorante a metà tra una risata e un singhiozzo; decine di piume rossicce mi tappezzano la schiena, le unghie della mano che brandisce l’arma sono acuminate come artigli. Tenere la pietra nera mi trascina verso il basso e fa male, è come cercare di spostare una statua con un braccio.

Stringo i denti.

Se la uso per assorbire altro sangue con tutta probabilità mi diventerà impossibile spostarla, e a quel punto sarò il secondo schermitore bloccato qui ad arginare gli attacchi di quell’essere. Non so neanche se reggerei abbastanza per permettere agli altri di raggiungerci.

Una macchia rossa schizza di lato e il linnormr mi corre incontro, punta al varco di uscita malgrado ormai si sarà reso conto che non lo faremo mai passare. Alzo la spada, è uno stuzzicadente per quell’affare.

Un capogiro mi offusca lo sguardo, Mons mi appare accanto e prende per la giacca strappata. Mi lancia lontano dalla traiettoria, sbatto la schiena e qualcosa emette un rumore ributtante. Il male non arriva subito, ma ho caldo. Troppo.

Infiorescenze di ogni forma sbucano lì dove la pelle scoperta fa contatto con l’ottone, l’istante dopo vengono divorate dalla pietra che mi schiaccia il palmo a terra. Non riesco ad alzarmi! Una supplica mi esce fuori come un ringhio strozzato.

Metallo contro metallo cozzano, il mostro grida e l’aria si riempie dei petali che lo schermitore si lascia dietro ogni volta che sanguina. La coda mi raggiunge, strappa da quell’inferno e alza a metri da terra come un giocattolo.

Stringe, un paio di placche mi spingono il busto avanti e sono sul punto di spezzarmi. La pietruzza mi scappa di mano e sbatte sul pavimento con l’intensità di una palla di cannone.

Mons esita, chiude gli occhi e per la prima volta gonfia il petto d’aria; gli tremano le spalle. Scatta verso di me e, nello stesso istante, il linnormr mi lascia andare e corre verso l’uscita. Vengo preso al volo e posato sul pavimento con delicatezza, mi rivolge un sorriso amaro.

Cosa?

Afferra la pietruzza da terra e l’odore orrendo di carne bruciata mi investe il naso.

No, diamine! Non osare! Vorrei dirglielo ma non ho l’energia per aprire bocca.

Con una sferzata del braccio avvizzito, la spada si spezza in decine di placche che si piantano in una delle linee verticali da cui l’essere sbuffa vapore. Mons le segue e caccia la mano con la pietra nella ferita.

Il serpente sussulta, convulsioni atroci lo scuotono.

La schiena del cavaliere rimane dritta e sicura, ma la corteccia che lo ricopre si arriccia, marcisce pezzo per pezzo. Si gira, il sorriso stampato sulle labbra e gli occhi di un azzurro chiaro come il ghiaccio.

Se non l’hai fatto dall’inizio è perché volevi sopravvivere a questo schifo, no? Mi si stringe la gola. Sono stato un tale peso…

Guardiana, tutto questo non è giusto.

«Grazie per il tuo servizio,» mormoro. Non ho nemmeno idea se mi abbia sentito o capito, ma gli occhi gli brillano. Alza le spalle e diventa polvere con il mostro.

Di loro rimangono una coppia di pietre azzurre, piene di piccole sporgenze pungenti. Sembrano stelle. Tremano e scattano verso l’alto, spariscono a contatto con il soffitto. Porto la mano all’orecchino, premo il pollice contro il perno ma il dolore è così diffuso che non percepisco niente.

Se non lo lasci riposare sei una…

Senti, se lo merita più di tutti noi.

  
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