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Autore: _Aislinn_    18/09/2009    0 recensioni
L’oscurità è spesso culla di dolci sogni, o incubi si sa, spesso di una bellezza disarmante tanto che il primo istinto è spesso quello di rimanerne affascinati, inesorabilmente e inequivocabilmente attratti. Eppure... l’odore di umido, il battito di un cuore, il profumo della pelle, la fragranza di un battito di ciglia, possono attirare il peggiore dei predatori, il più misterioso degli amanti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mine

Notte… una ragazza si perde tra i vicoli, la solita sbadata, inutile dire che Bella per riuscire a trovare una libreria potrebbe ritrovarsi catapultata su un altro pianeta. Piove… che novità, la solita ragazza fortunata. I vicoli sono scuri, bui, tretri, malinconi, e lei è sola, alla ricerca di luce, alla ricerca di una via che può riportarla a casa. Sospira stringendosi nelle spalle, e cammina... L’oscurità è spesso culla di dolci sogni, o incubi si sa, spesso di una bellezza disarmante tanto che il primo istinto è spesso quello di rimanerne affascinati, inesorabilmente e inequivocabilmente attratti. Eppure... l’odore di umido, il battito di un cuore, il profumo della pelle, la fragranza di un battito di ciglia, possono attirare il peggiore dei predatori, il più misterioso degli amanti. E non un gatto nero, che calmo si struscia sui piedi della ragazza ormai bagnata, ma un vampiro dal profondo tormento e dagli occhi dorati, dalle bellezza mortale. Edward non crede ai suoi occhi… una sirena tutta sola in un vicolo, una ragazzina in grado di far capitolare ogni scelta ponderata della sua vita. Possibile? Piccola, fragile, umana, dallo sguardo spaurito e dalle gote morbide ed invitanti. Impossibile non cedere a quella tentazione, a quel desiderio istintivo e fuori da ogni regola. Edward si avvicina al frutto proibito, il suo peccato, lo sfiora, lo accarezza, amareggiato, lo vuole, lo desidera, lo brama... ma lei gli sfugge ad un palmo di naso, correndo via… e poi?

L’ossessione di ritrovarla.



Malia85





POV BELLA


Era da più di mezzora che camminavo e mi sembrava di non riuscire a vedere la fine di quei vicoli.
Ogni volta che credevo di essere finalmente giunta alla strada principale mi trovavo dinnanzi una biforcazione che mi conduceva ad altre piccole viuzze.
Non potevo di certo vantare uno spiccato senso dell’orientamento, fin da piccola ero capace di perdermi persino nell’isolato in cui vivevo, con grande preoccupazione di Reneè che era costretta puntualmente a cercarmi. E far fronte alle crisi d’ansia che seguivano era molto più difficile che ritrovare la strada di casa.
Poi, con la crescita, l’orientamento non era più sembrata una scienza astrusa e impossibile alla mia comprensione. Per lo meno in luoghi che conoscevo da anni… Non potevo dire lo stesso in sconosciute cittadine mai visitate.
Mi accorsi di sospirare per l’ennesima volta e decisi di fermarmi per guardarmi attorno.
Il sole doveva essere calato dietro la linea dell’orizzonte da quasi un’ora ormai, sempre che di sole si potesse parlare in quelle zone ove regnava la pioggia incontrastata. Un po’ come ora in cui sottilissime stille d’acqua mi inumidivano i capelli.
Non c’era altro che oscurità, dissipata dall’unico lampione funzionante a qualche metro di distanza. Lo osservai attentamente… La sua luce fioca non mi dava molta fiducia, eppure era l’unica fonte luminosa di quel viottolo che mi sembrò anche più stretto e buio dei precedenti.
Mi ero trasferita da poco da mio padre, lasciando a mia madre la possibilità di seguire il suo nuovo marito in ogni più piccolo spostamento dovuto al lavoro che svolgeva l’uomo con cui si era recentemente sposata. Non trovavo giusto che rinunciasse a seguirlo, non per causa mia.
E così avevo deciso di fare i bagagli e di trascorrere un po’ di tempo da Charlie. Era vissuto da solo da quando mia madre se n’era andata portandomi con sé, continuando la sua semplice vita di sceriffo di provincia.
Ed era proprio a causa del suo lavoro, in un certo qual modo, che ora mi trovavo in questa situazione. Mi aveva detto di dover assolutamente fare una commissione, ma non lo esaltava l’idea di lasciarmi a casa da sola e aveva così deciso di portarmi con sé in città. Avevo acconsentito solamente perché così avrei avuto l’opportunità di andare in libreria.
Amavo perdermi tra scaffali stracolmi di volumi, adoravo l’odore della carta appena stampata. Era qualcosa che mi aveva sempre affascinata e sedotta. Circondata dai classici di Jane Austen mi sentivo a casa, in qualunque luogo fossi.
Ma riuscire a trovare la libreria in quella cittadina era divenuta un’impresa titanica. Nemmeno le indicazioni che avevo chiesto per ben due volte erano riuscite a facilitarmi il compito.
Tutt’altro.
Ed ora mi trovavo chissà dove, senza avere un’idea precisa di che ora fosse, con Charlie che sicuramente aveva concluso i propri affari e mi stava cercando ovunque.
Che ironia avere per padre lo sceriffo della città, non ci sarebbe stato alcun bisogno di telefonare alla polizia per mobilitare le ricerche qualora avessi continuato a vagare per il resto della mia vita in quel labirinto di vicoli bui.
Mi accorsi che inconsciamente mi ero avvicinata al lampione, attorno al quale alcune falene danzavano attratte dall’unica e preziosa fonte di luce. Un po’ come me…
Mi guardai attorno. L’oscurità avvolgeva entrambe le estremità della stradina che sembrava concludere il suo corso inghiottita dalle tenebre.
Lo svolazzare della falena disegnava inquietanti e tremolanti ombre sulle pareti del vicolo che sembravano sempre ricongiungersi al buio che inghiottiva la fine e l’inizio della viuzza.
Non avevo incontrato nessuno… E non sapevo se considerare quest’evento negativamente o positivamente.
C’era qualcosa di irreale in quell’atmosfera… L’assenza totale di vento rendeva l’aria greve e stagnante. La pioggerellina cadeva coprendo e attutendo rumori e suoni.
Rabbrividii alla temperatura così differente da quella solare e calda di Phoenix a cui ero avvezza. Non mi sarei mai abituata al freddo e all’umidità di quella zona.
Infilai le mani nelle tasche, accostando i lembi del cappotto, in un vano tentativo di scaldarmi mentre pensavo a come tirarmi d’impaccio da quella situazione in cui mi ero cacciata con le mie sole forze. Una soddisfazione davvero…
Forse avrei dovuto continuare ad avanzare, prima o poi sarei arrivata alla strada principale e avrei potuto nuovamente chiedere indicazioni. Oppure, considerato quanto la Dea Bendata si preoccupasse accuratamente di evitarmi, mi sarei addentrata ancor più in un dedalo di viottoli bui e infiniti in cui avrei vagato per l’eternità come un’anima in pena. La prospettiva non era affatto allettante.
E se fossi rimasta lì, ferma, in attesa che qualcuno mi trovasse? Sarebbero potute passare ore e come minimo avrei rischiato di morire assiderata molto più velocemente di qualsiasi altra persona del posto considerando le temperature a cui ero solitamente abituata.
No, l’unica soluzione sarebbe potuta essere quella di tornare indietro, tentando di ricordare la via da percorrere a ritroso. Ero arrivata fin lì, valeva la pena provare. Il peggio che sarebbe potuto capitarmi era continuare a vagare per vicoli sconosciuti come già stava avvenendo…
Allacciai la lampo del cappotto, nel patetico tentativo di scacciare il freddo che penetrava attraverso gli abiti umidi di pioggia e mi avviai per tornare indietro.
Un lampo squarciò il cielo all’improvviso alle mie spalle facendomi sussultare, seguito dal tuono. Istintivamente mi portai le mani alle orecchie, non avevo mai amato i temporali. Mi avevano sempre terrorizzato fin da bambina.
Quando si dice la fortuna…
Nell’assoluto silenzio che seguì un fruscio ruppe la quiete. Rallentai il passo e mi misi all’ascolto, una strana sensazione mi invase all’improvviso e mille pensieri iniziarono a vorticarmi in mente.
Ero facilmente impressionabile, per cui dopo qualche istante di assordante silenzio mi convinsi di essermi auto suggestionata, causa temporale.
Ripresi con lentezza a camminare, sentivo montare l’inquietudine ad ogni passo e poi di nuovo quel rumore, stavolta più forte e prolungato. Alle mie spalle. Incespicai nei miei stessi piedi nel voltarmi, non so come riuscii a mantenermi in posizione eretta.
Spaziavo con lo sguardo lungo la via scarsamente illuminata, ma tutto ciò che riuscivo a vedere era il nulla… Il buio che inghiottiva ogni cosa, le pareti delle vecchie palazzine disabitate e l’acciottolato del vicolo che si concludeva in quello che a me sembrava un infernale buco nero.
Mi augurai nella migliore delle ipotesi che fosse qualche poveraccio che avrebbe forse potuto indicarmi la via del ritorno. Decisi di non prendere in considerazione ciò che di opposto la mente mi suggeriva.
Il rumore si intensificò, agghiacciante, sinistro… Un nuovo lampo squarciò il cielo, inseguito dal tuono. D’istinto indietreggiai, lo sguardo fisso sull’oscurità da cui sembrava provenire la fonte del rumore, gli occhi spalancati timorosa di ciò che quel denso nero nascondeva.
All’improvviso mi accorsi che qualcosa mi sfiorava il polpaccio e mi impediva la fuga, lanciai un urlo mettendo il piede in fallo e cadendo all’indietro su un mucchio di scatoloni gonfi di pioggia. Nel medesimo istante un gatto schizzò da parte a parte del vicolo venendo illuminato dalla fioca luce al veloce passaggio, facendomi trasalire.
“Oddio…” sussurrai massaggiandomi il fondoschiena dolorante, rilasciando il respiro che non mi ero accorta di trattenere. Era solo un gatto… Portai una mano al petto, dove il cuore sembrava impazzito. Sorrisi di me stessa e delle mie sciocche paure, lasciandomi invadere da una piacevole sensazione di sollievo.
“Va tutto bene?” domandò una voce maschile e melodiosa, facendomi alzare di scatto la testa.
Un fulmine illuminò per qualche istante il vicolo permettendomi di notare a qualche metro di distanza la figura d’un ragazzo. Il tuono squarciò il silenzio e l’inquietudine che solo pochi istanti prima mi aveva abbandonata tornò più prepotente che mai, spazzando con foga il sollievo.
Rabbrividii a causa del freddo, alzandomi a fatica da terra, cosciente di aver i pantaloni completamente fradici dopo la caduta.
“Si… Grazie” riuscii a rispondere in un confuso balbettio, mentre osservavo irrequieta e guardinga la figura avvicinarsi di qualche passo alla luce.
Rimasi senza parole, completamente confusa. A pochi metri da me, illuminato dalla fioca luce dell’unico lampione funzionante ad intermittenza, c’era il ragazzo più bello che avessi mai visto.


POV EDWARD

Noia… Una parola che ricorreva più spesso di quanto desiderassi nella mia mente e nelle mie giornate, da decenni ormai. Trascorrere il tempo diveniva sempre più difficile e inappagante.
Solo la musica era in grado di donarmi sollievo dal tedio che avvolgeva la mia intera esistenza, ma da qualche tempo persino il piacere derivante dalle dolci e drammatiche note del mio pianoforte non riusciva ad esser sufficiente a rendere sopportabile la mia condizione di creatura dannata.
Soprattutto non quando la casa era gremita dai pensieri stucchevoli e arditi delle mie sorelle nei confronti dei loro mariti. Avrei tanto voluto avere la possibilità di escludere dalla mente certe raccapriccianti visioni, ma se non erano i diretti interessati a schermare in qualche modo i loro pensieri, non avevo possibilità di eludere quel vociare continuo.
Motivo per il quale spesso mi allontanavo da casa, vagando nel silenzio della foresta.
Motivo per il quale ora stavo vagando per le vie più buie e desolate della cittadina.
Lontano quanto bastava dagli insulsi pensieri degli umani che giungevano solamente come un brusio sommesso e trascurabile e non come un vociare assordante e continuo.
Complice l’oscurità e il cielo tempestoso mi muovevo inosservato tra le vie deserte, sotto le sottili gocce di pioggia che mi bagnavano. Persino la loro temperatura a contatto con la mia pelle gelida risultava di un tiepido calore, nonostante il periodo dell’anno, motivo per il quale per qualsiasi umano sarebbe stata gelida.
Ma io non avevo nulla di umano, ero un vampiro da quasi cent’anni ormai. Una creatura immortale che si cibava di sangue per vivere… Un demone dalle sembianze d’un angelo sceso in terra.
Nient’altro che una bestia, civilizzata poiché io e la mia famiglia avevamo adottato uno stile di vita alternativo: per non togliere la vita agli umani ci cibavamo solamente di animali; ma pur sempre una bestia. Sopita ma non estinta.
Era lì, sotto la superficie, sotto quel controllo che così bene avevo affinato durante i decenni. Nonostante anch’io avessi avuto i miei momenti di ribellione a quel particolare stile di vita adottato dal clan di cui facevo parte. Dalla mia famiglia…
Senza un particolare motivo decisi di svoltare a destra, addentrandomi nei vicoli più solitari e oscuri della città. Dove non si incontrava mai anima viva, dove persino la luce faticava a rischiarare l’atmosfera.
Il luogo adatto a una creatura come me che nell’ombra avrebbe dovuto vivere e dell’oscurità far un manto per ripararsi agli occhi del mondo, che non avrebbe compreso il vuoto che come un’infinita voragine risucchiava gli estenuanti attimi della mia inutile esistenza.
Un passo avanti all’altro, lentamente. In quell’andatura tipica della mia razza che non aveva nulla di umano poiché la percezione della velocità era nettamente differente. Così come lo erano le possibilità che ci differenziavano da quelle creature il cui sangue era un richiamo per tutti noi, il cui cuore pulsante ci sussurrava suadente… Ma io avevo imparato a resistere. A volte mi chiedevo perché negare così la nostra natura. La risposta era sempre la stessa e a cosa avrebbe portato analizzare nuovamente le conclusioni a cui sarei giunto?
Nulla… Altro nulla. Solo il nulla… Come sempre.
Strinsi le labbra tentando di svuotare la mente. Anelavo al silenzio assoluto, sebbene sapessi che era praticamente impossibile raggiungerlo.
Soprattutto in luoghi come quello che avevo scelto per trascorrere la serata… Vie cittadine. In cui ogni più piccolo rumore giungeva al mio udito super sensibile da metri di distanza.
Lo squittio di un ratto, la radio di un’auto in lontananza, il rombo di un tuono, una mamma che cantava al suo bimbo, il pennello che scivolava sulla tela, l’acqua che scorreva da un rubinetto aperto, il suono di un violino lontano e nostalgico, un animale che frugava tra scatoloni o rifiuti forse… E un cuore accelerato.
Quest’ultimo mi colpì per la vicinanza del suono, dovevo essere profondamente assorto nelle mie meditazioni per essermi lasciato sfuggire questo particolare.
Quel cuore pulsava, sempre più veloce, ad un ritmo sconosciuto e suadente. Paura… Eccitazione… Quale di queste emozioni stava imperversando nell’animo del suo possessore?
Sapevo bene che quelle stradine a quell’ora della sera erano deserte, ecco perché a volte le sceglievo come luogo per il mio girovagare. Mi concentrai, per tentare di cogliere eventuali indizi utili a decifrare quel piccolo mistero. Solo quel solitario battito umano…
Ed un fruscio… Potevo sentire perfettamente le zampe del piccolo animale muoversi sul terreno, il pompare del sangue nel corpo felino così differente dal battito del cuore umano, che stava accelerando a dismisura.
E mi chiamava… Lo sentivo invitarmi. Sapevo resistere, eppure non riuscii a frenare la mia corsa. In pochi secondi arrivai all’imboccatura della via per vedere una giovane ragazza cadere su un mucchio di cartone bagnato, spaventata dal gatto che avvertita la mia presenza fuggì velocemente. Gli animali percepivano la nostra natura e ne erano intimoriti. L’istinto di sopravvivenza suggeriva loro di scappare… La natura, che meraviglioso meccanismo.
Rimasi fermo all’inizio della via per pochi secondi, osservando la giovane dal protettivo riparo dell’oscurità in cui ero immerso. Aveva lunghi capelli di un caldo color castano, bagnati dalla pioggia che continuava a cadere incessante, un corpo minuto e un’espressione spaurita sul viso dall’ incarnato pallido e perfetto.
Sentii il suo cuore modificare il battito, seguito da un sospiro che parve di sollievo e la flebile vocina che accompagnò la sua mano sul petto sembrò una timida melodia al mio udito. In pochi secondi mi avvicinai all’unica fonte di illuminazione di quel vicolo, un lampione la cui luce fioca serviva a rischiarare a malapena i contorni dell’oggetto stesso.
Ma io non avevo bisogno di luce per vedere… I miei occhi erano perfettamente in grado di distinguere ogni singolo particolare anche in quell’oscurità, meglio persino di quanto avrebbe potuto fare un umano in pieno giorno.
“Va tutto bene?”
Un lampo seguì alle mie parole, illuminando la via e in parte anche la mia figura. Avvertii gli occhi di quella ragazza puntati su di me, e il suo sangue affluire con più rapidità al cuore in una corsa dai toni forti e violenti. Il volto teso in un’espressione esitante, insicura… Paura… Ecco quale emozione l’aveva mossa poco prima. Ne sentivo l’odore nell’aria stagnante di pioggia, nemmeno un alito di vento mi carezzava.
La osservai alzarsi sgraziatamente, era impacciata persino nei movimenti più semplici, e lo stato di agitazione in cui imperversava non l’aiutava affatto. E costringeva me ad uno sforzo estenuante per escludere quella sinfonia che ritmica scandiva la sua vita umana…
“Si… Grazie” rispose con voce tremante. Mi accorsi solo allora di non aver percepito alcun pensiero provenire da lei… Era impossibile! Probabilmente ero stato distratto da altro, sicuramente era così…
Decisi di rendermi visibile ai suoi occhi, forse ciò avrebbe lenito in qualche modo la sua irrequietezza; e la mia… Mi avvicinai al pallido cono luminoso del lampione e la vidi trattenere il respiro. La melodia del suo cuore cambiò nuovamente, altri accordi, questa volta dovuti ad ammirazione forse…
Già… D’altronde noi vampiri eravamo bellissimi, fatti per attrarre ignare e ingenue prede. Attesi di udire i soliti apprezzamenti stupiti delle ragazzine della sua età, i pensieri in piena crisi ormonale caratteristici degli adolescenti… Nulla. Il silenzio.
Non era possibile… La rabbia e l’incredulità mi portarono ad avanzare ancora di più, lentamente.
Osservavo l’espressione incerta nel volto pallido, la mano convulsamente stretta alla falda del cappotto all’altezza del cuore, che sembrava impazzire in una drammatica armonia. Che meraviglia quel suono, mai mi era sembrato di udirne uno più bello…
Un altro passo e fu allora che il suo odore mi colpì come una frustata in pieno volto… Fresie, lavanda e miele. L’essenza più seducente che avessi mai odorato. La più inebriante, incantevole, provocante…Violentava i miei sensi inducendomi a volerne di più, sempre di più.
In pochi secondi mi scoprii ad annusare l’aria come un affamato odora il profumo del pane caldo appena sfornato. Drogato da quell’odore, ogni volontà che non fosse l’avvolgermi in quell’essenza annullata.
In pochi secondi tutto ciò che ero, il mio stile di vita, le regole che con la mia famiglia ci eravamo imposti, il vuoto, la noia tutto scomparve, trasportato via come cenere dallo stesso vento che mi aveva sedotto con l’essenza di lei. Non ero più il vampiro dal ferreo controllo, ero solo un patetico essere sottomesso ad una volontà elusiva e insinuante.
Il bruciante calore che percepivo alla gola non era nulla se paragonato alla sofferenza che mi straziava le membra al dovermi trattenere dall’assaporarla. Ed io lo volevo, più d’ogni altra cosa… Strinsi i pugni. Percepivo la bestia scalpitare con violenza inaudita per prendere il sopravvento e compresi che avevo perso la mia battaglia contro di essa nell’istante in cui l’espressione del volto della ragazza cambiò. Potevo leggervi il terrore, lo udivo in quel battito irrefrenabile che per me era una melodia sublime.
Avanzai di un passo, lentamente, a velocità umana e lei indietreggiò in risposta, gli occhi sbarrati fissi su di me. La volevo…
“Come mai qui da sola?” chiesi con voce suadente, puntando i miei occhi nei suoi con tutta la potente persuasione del mio essere vampiro.
La vidi vacillare, incespicare sui propri piedi mentre arretrava… Un piccolo agnellino indifeso di fronte al lupo cattivo.
“ N-non… Non s-sono da sola” che tenera vocina.
Le sorrisi e la vidi sbattere le lunghe ciglia, sembrava stesse cercando di svegliarsi da un sogno ad occhi aperti. O magari da un incubo…
“Ti sei persa?” adoravo sentire quel melodico cuore suonare a causa mia. Poco importava che le note fossero drammaticamente teatrali. Il pompare del suo sangue, che scorreva sempre più veloce nelle vene, mi chiamava…
Non rispose, scuotendo freneticamente il capo. Ciocche dei capelli castani ormai totalmente umidi le si incollarono al volto e al collo, dove mi pareva di vedere pulsare il sangue ancora più freneticamente. Un lampo rischiarò il cielo, seguito dal tuono.
Sussultò la piccola umana mentre il vento giocava con la sua figura trascinando fino a me quel sublime profumo. La bocca si riempì di veleno, che deglutii con forza.
Il bruciore alla gola spinse la bestia a un sommesso ruggito, il desiderio di assaporare la sua essenza sembrò dilaniarmi il corpo marmoreo. Il solo pensiero di sentir scorrere denso il liquido caldo e rosso lungo la mia gola mi uccideva… Sarebbe bastato così poco. Nessuno si sarebbe accorto di nulla. Nessuno avrebbe saputo nulla, se non forse Alice… Ma non mi importava. La volevo, disperatamente…
Avanzai, costringendola ad indietreggiare nell’oscurità fino a spingerla con le spalle al muro.
“Come ti chiami?” impressi un timbro sensuale e allettante alla mia voce, fissandola con l’intensità del mio sguardo nella semioscurità. Volevo sapere il suo nome.
Sembrava aver improvvisamente perso l’uso della parola… L’osservai, le labbra rosse erano schiuse in un’espressione meravigliata e al tempo stesso intimorita. I caldi occhi color del cioccolato, su cui solo ora mi ero soffermato, mi osservavano invitanti. Incantevole.
Sorrisi consapevole dell’effetto che noi vampiri facevamo sugli ignari umani e ripetei la domanda.
“Bella” rispose con voce tremante dall’ombra in cui era piombata e in cui avanzai anch’io con lentezza estenuante, eludendo il cono di luce del lampione.
Il piccolo agnellino seguiva i miei movimenti, per quanto poteva in quell’oscurità.
“Un bellissimo nome” continuai a parlare per tenerla sotto il giogo del mio innaturale fascino, “Unico e raro”.
Un sottile compiacimento baluginò pallido nei suoi occhi a quel complimento, soffocato fin troppo presto dal timore per la mia sempre maggiore vicinanza.
Sorrisi in risposta, cosciente che non poteva vedere il mio ghigno divertito in quella semioscurità e mi godetti ogni sua più piccola emozione, ogni singolo canto di quel corpo vivo e tremante, ogni respiro affannato… Inspirai a pieni polmoni il suo odore. Che idilliaco tormento!
Non resistetti e alla mia naturale velocità mi avvicinai a un soffio dal suo viso, facendola sobbalzare spaventata. Trattenne il respiro e sembrò solo in quel momento risvegliarsi dal torpore che l’aveva colta. Lo capii nell’istante in cui il suo cuore iniziò a danzare frenetico al ritmo della paura. Si spinse ancor più contro il muro, tentando di spostarsi lateralmente, muovendo il capo a destra e a sinistra per trovare una via di fuga da quella situazione.
“Cosa vuoi?” solo un flebile sussurro, si portò le mani al petto, stringendo i lembi della giacca come a proteggersi. Non sarebbe servito a nulla…
“Sshhh” dissi con una voce roca che non riconobbi come mia, portando l’indice quasi a contatto con quelle labbra invitanti. Ma non potevo toccarla, non ancora, o avrei ceduto troppo in fretta. Ed io volevo godermi quell’attimo più di ogni altra cosa al mondo, prolungandolo il più possibile.
“Voglio solo aiutarti…” le alitai vicino all’orecchio, immergendo il naso tra i capelli umidi, tentando di risultare convincente il più possibile. Inganno… Era me che volevo aiutare.
La sentii tremare e il suo alito profumato mi avvolse, espulso violentemente dalla velocità del respiro al cui ritmo il petto s’alzava e s’abbassava.
Avvicinai la punta del naso alla sua gota, sentivo il calore della sua pelle irradiarsi ed espandersi sulla mia pelle gelida. Nonostante la paura arrossì, il flusso sanguigno aumentò all’improvviso rendendomi freneticamente impaziente.
Sfiorai con il mio gelido naso la sua pelle, fino al collo. Morbido e appetitoso.
Pochi millimetri e avrei finalmente potuto posare le mie labbra su quel sottile strato che custodiva l’ambrosia più pura che avessi mai fiutato, stuprandolo con la violenza dei miei denti affilati come rasoi. Posai le mani ai lati del suo corpo, per trattenerla qualora avesse voluto scappare…
Il cuore pompava impazzito, suonando una canzone perfetta. La mia sirena…
Snudai i denti pronto all’estasi.
“Bells” sentii chiamare a solo qualche metro di distanza, la voce alta e chiara. Mi voltai di scatto nella direzione da cui proveniva individuando subito la figura d’un uomo in divisa con in mano una torcia.
Come avevo potuto non accorgermi del suo avvicinarsi? Ero così preso dalla mia piccola sirena da non aver udito nient’altro che il suo canto.
“Charlie…” sussurrò appena, per poi urlare con tutta la voce che aveva in gola, prima che potessi individuare la sua mossa “Papà!”
Mi voltai a guardarla con rabbia, imprimendomi nella mente ogni suo più piccolo particolare. Avrei potuto scappare e portarla con me, ma il rischio ora sarebbe stato più grande di quello precedentemente calcolato. Dovevo elaborare un altro piano.
Mi allontanai fulmineo prima che la torcia potesse colpire la mia figura, rifugiandomi dietro l’angolo dove nessuno mi avrebbe visto. Udii la mia piccola sirena correre verso la figura del padre, inciampando più d’una volta. Rimasi ad ascoltare il suono del suo cuore, estraniando ogni altro rumore che giungeva alla mia mente. Mi pareva ancora di percepire il suo profumo impregnare l’aria.
Mi era sfuggita, ma l’avrei ritrovata. Perché lei era mia.
La mia piccola sirena che involontariamente avrebbe cantato per me conducendomi a lei.
Ed allora l’avrei avuta. Ghignai soddisfatto.
Oh si… Sarebbe stata mia.


Angolo dell'Autrice

Questa One-Shot è stata creata per partecipare al contest di Malia85, nel suo forum †Oblivion - Maliaffpage†. La stupenda presentazione è sua. L'immagine di copertina invece è stata creata ancora una volta da mia sorella, che ringrazio con tutto il cuore.
Non è stato facile scrivere di Edward e Bella, ma ci ho provato. Son cosciente che non è la composizione migliore che io abbia scritto, ma ci tengo poichè è la prima in assoluto sul mondo di Twilight.
Credo di essermi dilungata anche troppo... Come sempre grazie a chi leggerà e/o commenterà questo diverso primo incontro tra i protagonisti.
Un abbraccio

Paola

 

   
 
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