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Autore: Stella Dark Star    25/01/2024    1 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 27
[Storm Wind]
 
Mitsuya non si aspettava di ricevere un messaggio di Kan, dopo tutto quel tempo in cui non si parlavano e anche un saluto era diventato raro. Ovviamente era iniziato tutto ad ottobre, quando lei aveva preso a frequentare di nascosto una gang rivale, poi c’era stata la rottura con Mikey…e in tutto questo ci aveva rimesso lui. Peggio ancora, ci avevano rimesso le sue sorelline, che da un giorno all’altro si erano ritrovate senza quella che consideravano una sorella maggiore. Era sparita dalle loro vite senza un motivo, e loro che all’inizio chiedevano insistentemente di lei, poco alla volta avevano smesso di nominarla. I bambini percepiscono chi non gli vuole bene. La cosa gli aveva lasciato l’amaro in bocca, anche se di fatto ne era rimasto fuori, rassegnandosi a quello che accadeva. Fino a quando, un giorno qualunque, gli era arrivato un messaggio, proprio da parte di Kan, in cui gli chiedeva di incontrarla in una caffetteria a Shinjuku, senza farlo sapere a nessuno. Che faccia tosta. Eppure, lui si era organizzato per mettere a letto le bambine e, appena sua madre era rincasata, era salito a bordo della sua amata Impulse per raggiungere il luogo dell’appuntamento. Non sapeva nemmeno lui se definirsi un buon amico o un completo idiota.
Bruciò la strada senza battere ciglio, avvolto da un giubbotto marrone a collo alto e i guanti foderati di panno. Le sere di inizio dicembre erano piuttosto fredde. Giunto a destinazione parcheggiò la moto, per un qualche motivo si passò la mano tra i capelli leggermente arruffati, quindi camminò per l’ultimo tratto per raggiungere la caffetteria. Vide Kan attraverso il vetro, seduta ad un tavolino abbastanza centrale. Le mani unite sul ripiano e lo sguardo basso, come se stesse pensando a qualcosa di spiacevole. Non la fece attendere, entrò, si tolse immediatamente il giubbotto e poi andò spedito verso il tavolino. Nel momento in cui appoggiò il giubbotto allo schienale, lei alzò la testa, il suo sguardo era così colpevole che gli fece pena.
“Non ero sicuro di venire, dopo il modo in cui ti sei comportata.” Esordì, giusto per mettere in chiaro il proprio stato d’animo.
“Ti ringrazio per aver accettato…”
Mitsuya si sedette assumendo una postura sfacciata, con un braccio attorno allo schienale e le gambe aperte. In breve arrivò la cameriera a prendere l’ordinazione. Entrambi presero caffelatte caldo.
“Allora…di cosa devi parlarmi?” Lei era visibilmente in difficoltà e questo lo fece innervosire. “Visto che non parli, comincerò io. Che scusa hai per non essere più passata a trovare Mana e Luna? E’ da più di due mesi che non ti vedono. Passi per me, se non vuoi più essere mia amica non mi interessa, ma loro non c’entrano niente. Sono solo-”
“Lo so, Mitsuya.” Lo interruppe lei, sovrastando la sua voce, ma senza esagerare. Adesso il suo sguardo era luminoso, come se in lei si fosse acceso un interruttore. “Non era mia intenzione ferirle, avevo solo bisogno di un po’ di tempo per me stessa. Non so se hai presente i casini in cui mi trovavo per colpa di Mik-”
Stavolta fu la cameriera ad interrompere, arrivando col vassoio e servendo le tue tazze fumanti, accennando un “Prego” sottovoce, per poi fare un piccolo inchino e andare altrove. Forse si era accorta che stavano avendo una discussione, ma ugualmente aveva trovato il coraggio per svolgere il proprio dovere. La sua breve intrusione era servita, soprattutto a Mitsuya, che lasciò un respiro e tornò ad essere gentile come normalmente era.
“Non ti giudico. So cosa stavi passando… Hai rotto un collare che ti soffocava e ti sei lanciata verso la libertà. E va bene. Ti chiedo solo di non dimenticare l’affetto delle mie sorelline.” Si ricompose sulla sedia e allungò una mano sul bordo della tazza, come per percepire quanto fosse calda. “E neanche il mio.” Aggiunse, fissando il liquido marroncino che riempiva la tazza.
Kan capì che quell’aggiunta gli era costata un pezzo di orgoglio, d’altronde la sua natura mite e amichevole lo spingeva sempre a ricercare un accordo con chi aveva intorno. Era un ragazzo d’oro.
“Ahhh così mi fai piangere, accidenti a te!” Bisbigliò, passandosi una manica sugli occhi. “Litigio a parte…”
“Non era un litigio! Ti ho solo detto quello che pensavo!” Ora Mitsuya stava sorridendo, con quel suo sorriso tenue e buono che lo caratterizzava.
Kan gli fece un cenno di ringraziamento, si concesse alcuni istanti per riorganizzare i pensieri, afferrando la tazza calda con entrambe le mani. “Ti ho chiesto di incontrarci perché sono preoccupata per Yuzuha. Temo che in casa Shiba stia succedendo qualcosa di brutto.”
Aveva catturato appieno la sua attenzione. Gli raccontò con calma ciò che aveva visto l’ultima volta e altri particolari che le erano venuti in mente riflettendoci in seguito. Non si era mai chiesta come mai il fratello maggiore di solo un anno più grande, non fosse praticamente mai a casa e non andasse a scuola, nonostante la famiglia Shiba fosse abbastanza in alto nella scala sociale, e dopo aver saputo della Black Dragon alcune cose erano diventate chiare, mentre altre si erano infittite di mistero. Ad esempio quella busta bianca rigonfia. Conteneva denaro o era la sua immaginazione a farglielo pensare? E Yuzuha perché ce l’aveva? Cosa era costretta a fare? Mitsuya ascoltò il racconto con attenzione, sorseggiando distrattamente il caffelatte, e ogni tanto era lui a integrare il discorso con informazioni di cui era a conoscenza, permettendo così anche a lei di bere nel frattempo. Entrambi però si ritrovarono di fronte allo stesso muro, ad un certo punto. Hakkai non aveva mai fatto menzione di chi fosse suo fratello e che ruolo avesse nella malavita.
Mitsuya tamburellò col dito sul manico della tazza, pensieroso. “Non dico che ci raccontiamo sempre tutto… Per tacere una cosa così importante deve avere un motivo. Però, se Yuzuha è costretta a fare qualcosa di pericoloso, la situazione cambia.” Strinse i denti, infastidito. “Perché non ha detto nulla, quell’idiota?”
“Che cosa possiamo fare?”
“Per ora non lo so… Devo riflettere. E poi cercherò di farmi dire qualcosa da Hakkai, senza fargli capire che ci sono già dentro.” Lentamente sollevò lo sguardo su di lei, sui suoi occhi velati di tristezza, sul suo nasino simpatico, sulle sue labbra che erano diventate quasi rosse da quanto se le era mordicchiate. “Ehi, stai su! Vedrai che troveremo un modo di aiutarli!”
“Ah… Sono solo tesa… Avevo provato a parlarne con Shu, ma lui ha risposto: fin che avrà una piscina sul retro e una vasca idromassaggio, non può dire di avere dei problemi!” Finì la frase ridacchiando. “Che scemo! Prende tutto alla leggera!”
“Hanma… Sei felice con lui, vero? Quando vi vedo insieme sei sempre sorridente e ridi spesso!” Lo disse con un pizzico di nostalgia nella voce, pensando a quando lei faceva parte di un altro gruppo, in un passato che improvvisamente sembrava così lontano.
Lei gli regalò un ampio sorriso. “Sì, è un ragazzo meraviglioso! Con lui sto bene! Mi fa sentire importante e protetta e insieme ci divertiamo!” Si morse la lingua scherzosamente. “Ops, non dovrei elogiarlo così tanto! Faccio la figura della cattiva a dire certe cose davanti a chi soffre per amore!”
Mitsuya sgranò gli occhi. “Parli di me?”
“Be’… Non mi risulta che tu ti sia dichiarato a mio fratello, quindi…”
“Ah intendi quello!” Abbozzò una risata, scuotendo la testa. “E non ho intenzione di farlo, tanto non ho speranze!”
Il velo di tristezza si posò nuovamente sugli occhi di lei. “Vuoi parlarmene?”
“Non fare quella faccia! Sto bene! Non ti nascondo di aver pianto ed essere stato da cani, poco tempo fa, ma adesso è tutto a posto! Ho capito che il nostro rapporto fraterno è importante e per me va bene lasciarlo com’è… Confessargli i miei sentimenti rovinerebbe tutto e sarebbe un disastro.” Alzò le spalle. “Sono sicuro che un giorno incontrerò qualcuno che mi ricambierà, è inutile deprimersi per un buco nell’acqua!”
“Wow…sei ottimista da far paura… Ma spero davvero che il nuovo lui ti renderà felice!”
“Lui? Non sono dell’altra sponda! Mi piacciono anche le ragazze!”
Kan sollevò un sopracciglio, dubbiosa, allora lui parlò con più convinzione. “Il mio primo bacio l’ho dato a te! E mi piacevi in senso romantico!”
Lei rimase visibilmente dubbiosa. “Sarà! Ma visto che io sono la copia di mio fratello, mi riesce difficile crederti…” Non riuscì a reggere la farsa, infatti si mise a ridere.
“Ehi, mi prendi in giro?”
“No! Scusa!” Si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli e cambiò discorso. “Ordiniamo qualcosa da mangiare? Offro io!” Non attese una risposta, si mise a cercare la cameriera con lo sguardo. Non appena questa la notò, si affrettò a raggiungere il tavolo.
“Io prendo una fetta di torta al limone, grazie!”
“Per me…quella alla cannella.”
Mitsuya attese che la cameriera si allontanasse, per porgere una domanda all’amica. “Ma tu non eri cioccolato-dipendente?”
“Lo sono ancora! Ma sai…mi piace cambiare, ogni tanto! Scoprire sapori nuovi è interessante!” Improvvisamente si fece mogia, inseguendo un pensiero. “Ho amato la cioccolata così tanto da non rendermi conto di quanto ne ero dipendente… E quando ho assaggiato per la prima volta la torta al limone, è stata una boccata di aria fresca…”
Mitsuya non era così sprovveduto da non capire che dietro quel paragone con le torte si nascondevano due persone ben precise!
*
 
Neanche a farlo apposta, di lì a qualche giorno vennero fuori le prime verità sulla famiglia Shiba, a causa del pessimo tempismo di Takemichi. Per quanto Mitsuya gli fosse affezionato, era il primo ad ammettere che l’amico aveva un talento innato per mettersi nei guai e farsi pestare. Non si poteva farci niente, era così e basta. Fatto sta che in un unico giorno lui e Hakkai avevano fatto amicizia dopo essersi incontrati al bowling e quando lui l’aveva invitato a casa, si erano imbattuti nella Black Dragon. Più che una coincidenza, era vera e propria sfiga. Una cosa tira l’altra, Takemichi era stato quasi ammazzato di botte e in un battito di ciglia l’intera Toman era venuta a conoscenza del fatto che il temuto e spietato Taiju era il fratello maggiore di Hakkai. Segreto svelato. Di conseguenza, venne indetta una riunione degli Ufficiali per decidere il da farsi, riunione in cui Mitsuya si ritrovò in difficoltà quando venne accusato di aver taciuto un fatto così importante pur essendone a conoscenza. Avrebbe potuto dire che in realtà lo aveva scoperto da poco, ma così sarebbe stato costretto a raccontare i dettagli e quindi anche il suo incontro con Kan e via dicendo. E sbandierare le confidenze dell’amica ai quattro venti non gli andava per niente a genio, tanto quanto coinvolgere l’intera gang in quello che rischiava di diventare uno scontro fatale. Sapeva che la nuova Black Dragon non ci andava leggera e che la Toman non era pronta ad affrontarla, per questo pensò ad una soluzione pacifica che potesse tenere calme le acque e allo stesso tempo permettergli di aiutare Yuzuha.
“Io, Capitano della Seconda squadra, prenderò accordi personalmente col Comandante della Black Dragon, essendo questo un problema che riguarda il mio Vice.” Disse a voce chiara, di fronte a tutti gli Ufficiali.
Si erano radunati all’interno di quel vecchio capanno polveroso e cadente che ormai sembrava essersi rimpicciolito, da quante persone si ritrovava ad ospitare, tra Capitani e Vice di sei squadre e ovviamente il Comandante e il suo Vice. L’assenza di Kan si sentiva, anche se nessuno lo avrebbe ammesso a voce alta. Nemmeno lui era in grado di farlo, eppure grazie alle informazioni e alla sua sana preoccupazione per l’amica, lui ora sapeva cosa fare e come congedarsi da quella riunione.
Mikey, con la sua tipica aria svogliata, appollaiato sopra delle travi accatastate, gli rispose. “Hai il mio consenso, occupatene tu. Poi mi farai rapporto.”
Mitsuya fece un cenno col capo e uscì dal capanno senza voltarsi indietro. All’esterno, la luce del sole lo colpì, era incredibilmente caldo per una giornata di dicembre. Si portò una mano davanti agli occhi per ripararsi, mentre i raggi lo riscaldavano piacevolmente.
La vecchia porta gigolò dietro di lui e comparve Hakkai, con sguardo tremante. “Taka-chan, non puoi farlo! Tu non sai di cosa è capace Taiju! Ti ucciderà!”
Mitsuya si voltò lentamente, accennando un sorriso tranquillo. “Fammi un favore, Hakkai. Chiama tuo fratello e digli che richiedo un incontro ufficiale.”
Hakkai rimase a bocca aperta. “Ma che…? Sei serio…?” Non aggiunse altro, lo vide avvolto dalla luce del sole come fosse stato un dio e in qualche modo questo gli diede un po’ di fiducia. Mise mano alla tasca dove teneva il cellulare e si allontanò di alcuni passi.
Mitsuya non lo disturbò, rimase in attesa lì sotto al sole, adesso col volto rivolto alla luce per lasciarsi baciare da quel calore gentile. Era consapevole di essersi assunto un’enorme responsabilità, ma era spreranzoso che sarebbe andato tutto per il meglio. Perso in quel tepore, non si rese conto del tempo che passava, ed ebbe un piccolo sussulto nel sentirsi agguantare una spalla.
“Ah Hakkai, mi hai fatto prendere un colpo!” Ridacchiò.
Lui invece non rise, anzi era tremendamente serio. “Mio fratello…ha detto che potete incontrarvi subito, nel suo appartamento.”
“Nel suo appartamento???” Chiese Mitsuya, spalancando gli occhi. “Ma quanto cazzo siete ricchi voi Shiba? Lascia, non dirmelo, non sono affari miei.” Si corresse subito, rendendosi conto che in quel momento avere un attacco d’invidia era fuori luogo. Si ricompose. “D’accordo, portami da lui. Fammi strada e non preoccuparti.”
Hakkai era tutt’altro che convinto, ma obbedì. Essendo arrivati lì a piedi, camminarono fino alla metro più vicina e presero il treno. Una volta scesi alla fermata, si inoltrarono per strade impeccabili ed edifici lussuosi che facevano da ingresso alla zona dei grattacieli. Per Mitsuya era una vista incantevole, non tanto per la maestosità delle strutture che si innalzavano alte verso il cielo, quanto più perché la luce oro e arancio del tramonto ormai prossimo rendeva quel luogo magico e pittoresco.
“Taka-chan?”
Il richiamo di Hakkai lo riportò al presente. “Sì?” Rispose, voltando leggermente il capo.
“Non credo che dovresti parlare con Taiju. Qualsiasi cosa tu dica non servirà a niente. E’ un pezzo di merda.”
Di nuovo… Più lo ascoltava, più era convinto che quanto stava per fare era la cosa migliore. Hakkai era davvero troppo ansioso e pessimista, ormai lo conosceva abbastanza bene. Dovette rassicurarlo ancora una volta, in effetti in quel momento la cosa che lo scocciava di più erano quei due intrusi che si erano uniti alla spedizione, Takemichi e Chifuyu.
Dopo un altro buon tratto di strada, Hakkai indicò un grattacielo. “Vive lì.”
Entrando, passarono per la portineria senza problemi e presero l’ascensore. Mitsuya dovette trattenersi dal fischiare, vedendo il numero del piano che premette Hakkai. Un appartamento dove vivere da solo, in un quartiere di affari e per di più ai piani alti di un grattacielo. Tanto di cappello!
In ultimo, usciti dall’ascensore, il gruppetto seguì Hakkai fino davanti a una porta con una targhetta dorata a cui lui suonò. Pochi istanti e ad aprire fu un ragazzo biondo con gli occhi chiari e una vistosa macchia sul viso.
“Unui.” Hakkai fece un piccolo inchino e, una volta che il ragazzo si scostò, loro entrarono nell’appartamento.
Mitsuya si guardò attorno, era un luogo abbastanza spazioso, ben pulito e ordinato, ma anche dall’atmosfera fredda. Non sembrava l’abitazione di un adolescente. Dopo l’ingresso e la cucina, c’era il salotto con due divani, separati al centro da un tavolino. In piedi attendeva un altro ragazzo, dagli occhi felini e un taglio di capelli stiloso che mostrava parte della testa rasata a zebra, mentre su un lato scendeva la chioma leggermente mossa e scura.
“Mitsuya, accomodati sull’altro divano. Gli altri attendano là dietro.”
Fecero quanto detto. Hakkai, Chifyu e Takemichi si postarono dietro il secondo divano, in piedi, mentre Mitsuya si accomodò. E in quel momento, finalmente, sollevò lo sguardo sul padrone di casa. Gli era capitato di sbirciare alcune foto in casa Shiba, ma quelle immagini di Taiju erano completamente diverse dalla persona che adesso aveva di fronte. Davvero aveva sedici anni quell’ammasso di muscoli? Ovunque lui posasse lo sguardo, era tutto fuori misura, compresi le mani e i piedi che stava esibendo usando il tavolino come appoggio. Dal tokkofuku rosso aperto faceva bella mostra un’invidiabile tartaruga e dei pettorali da urlo, il tutto decorato da numerosi tatuaggi. I capelli folti erano colorati a ciocche blue e azzure alternate. E poi quel viso affilato e lo sguardo feroce di chi è pronto a mangiarti in un boccone. Avrebbe dovuto esserne intimorito, invece…tu-tum. Il cuore gli batté in petto in modo strano. No, non era paura, ma qualcosa di completamente diverso… E a cui ora non doveva pensare. Forse… Peccato che la sua faccia non ascoltò il comando del cervello e si ritrovò a sorridere, mentre dalla bocca gli uscì un cordiale: “Piacere di conoscerti, Taiju!”
Se ne rese conto da solo di aver fatto una cazzata. Era lì per affrontare una questione seria, per di più in divisa da Capitano…eppure si stava comportando come se si trovasse ad un Gokon.
*
 
“Mitsuya, passa per casa mia visto che hai terminato!”
Aveva dato un colpo di telefono a Mikey per avvisarlo che l’incontro era andato a buon fine, lui e Taiju avevano stabilito un accordo e Hakkai aveva potuto lasciare la Toman a testa alta per entrare nella Black Dragon, come suo fratello voleva. Nel sentire Mikey fargli quella proposta, aveva creduto che volesse vederlo per farsi raccontare i dettagli, e invece…
“Altro che passare, ho dovuto prendere due metro e farmi il resto a piedi, il tutto con la divisa addosso, tsk!” Disse tra sé, sorridendo, mentre si avvicinava al garage che da diversi anni era diventato la camera da letto di Mikey. Bussò alla porta e, ricevuta la voce dall’interno, entrò.
“Ehi Mitsuya, vieni a sederti!” Lo invitò subito Mikey, stando sdraiato sulla parte più lunga del divano, con fare totalmente pigro. Aveva addosso una vecchia tuta color crema e i capelli scompigliati.
Mitsuya lasciò gli stivaletti all’ingresso e attraversò la stanza per raggiungere un posto libero sul divano. Il suo sguardo non mancò di sbirciare attorno, notando elementi che ormai non credeva più di trovare. Alcuni pigiami colorati su uno scaffale, un babydoll rosa e vestiti a gonna lunga appesi alle stampelle, un fiocco e forcine per capelli abbandonati su un angolo del tavolino e via dicendo… Erano tutti oggetti appartenenti a Kan.
Mikey si accorse del suo sguardo, attese che prendesse posto e poi gli parlò. “E’ tutto come lo ha lasciato lei… Così mi da l’impressione che sia ancora qui o che stia per tornare da un momento all’altro.” Di nuovo guardò i suoi occhi dispiaciuti, ma stavolta gli scappò una mezza risata. “Tranquillo, non sono impazzito! Ho accettato la sua decisione, ma…non riesco a smettere di essere innamorato di lei. Non è un sentimento che si può spegnere con un interruttore.”
“Sì, lo capisco bene…!” Confermò lui. Se Mikey avesse saputo del suo amore impossibile per Draken, chissà cosa avrebbe detto!
Preso dai ricordi e dal sentimentalismo, Mikey continuò a parlare. “Un giorno scioglierò la Toman e allora le chiederò di tornare con me. Abbiamo così tanti ricordi insieme! Solo in questa stanza potrei elencartene per ore!” Puntò il dito sul letto dal morbido e vaporoso piumino bianco. “Lì abbiamo perso la verginità!”
“Va bene, ho capito!” Lo interruppe Mitsuya, portando una mano in avanti come supplicandolo di dargli tregua. Non ci teneva a sentire certe confessioni, per quanto gli volesse bene e fossero amici da anni. “Mi hai fatto venire qui per parlare dell’incontro, giusto?”
Mikey lasciò ricadere la mano a peso morto e si fece mogio. “No… Mi hai già detto come è andata… L’unica cosa che voglio sapere è come hai fatto a scoprire che la sorella di Hakkai era in  una situazione pericolosa. Mi sembra di aver capito che non è stato Hakkai a chiedere aiuto.”
“Infatti… Se mi avesse detto che sua sorella subiva abusi e veniva costretta a ritirare buste di denaro, sarei intervenuto molto prima.” Abbassò il capo e si guardò le mani che teneva intrecciate fra le gambe. “In verità è stata Kan a dirmi che qualcosa non andava. Era preoccupata per Yuzuha e me ne ha parlato per trovare una soluzione insieme…” Risollevò la testa, con sua sorpresa vide che le labbra di Mikey erano leggermente arcuate in un lieve sorriso.
“La mia ragazza è la migliore! Quando qualcuno a cui tiene è nei guai, si fa in quattro per aiutare!”
Continuava a definirla la sua ragazza, ma Mitsuya non aveva il cuore di correggerlo. Si limitò a fare un cenno col capo. “Vero… Anche se qualcosa di lei è cambiato, credo che nel profondo sia rimasta la stessa.”
E in quel momento… “Etchu!”
Kan starnutì, coprendosi la faccia con l’interno del braccio. “Qualcuno starà parlando di me!”
“Ahah sicuramente! Qui dentro fa troppo caldo per prendersi un raffreddore!”
Lei e Hanma si trovavano nella stanza al centro massaggi ed erano in piena vestizione per la serata che li aspettava. Altrimenti detto, erano stati invitati a cena dal padre di lui. La loro relazione procedeva bene e in breve tempo quella stanza era diventata il loro nido d’amore, perciò non era insolito che nell’ampio armadio ci fossero degli scomparti con la biancheria e i vestiti di Hanma. E perfino una divisa scolastica. Spesso trascorrevano la notte lì ed era comodo avere tutto il necessario per la mattina dopo.
Vedendo che lui si stava guardando i capelli allo specchio con aria indecisa, Kan pensò bene di intervenire. “Non mettere il gel, li hai appena lavati. Tanto stiamo andando da tuo padre e domani c’è anche scuola.”
“Dici? Bah forse hai ragione…”
Kan gli andò alle spalle e lo abbracciò avvolgendogli il girovita. “Ti stanno bene anche al naturale. Non devi sempre spararli su col gel! Sei già bellissimo!” Gli poggiò al testa contro la spalla, come era solita fare, essendo quello il punto in cui arrivava data l’altezza di lui.
Hanma sorrise riflesso allo specchio. “Non rubarmi le battute! Sono io a dirti che sei bellissima!”
“Ok, ma adesso sbrighiamoci o faremo tardi! Lo sai che tuo padre preferisce quando lo aiuto a cucinare, così ne approfitta per raccontarmi le novità della palestra!”
“Ahah il mio vecchio ti ha preso in simpatia! Neanche con me parla così tanto!” Si voltò e lasciò che lei gli desse un’ultima sistemata alla nuova maglia con scollatura a ‘v’, che lui di recente aveva preso ad acquistare per una nuova passione. Aveva scoperto che quella scollatura gli donava grazie al tokkofuku della Toman e adesso non riusciva più a farne a meno, nonostante fosse inverno.
“Sai…un po’ mi rompe non poter venire alla riunione di domani sera… L’argomento principale sarà la Black Dragon ed ero curiosa…”
“Io sono contento di andarci solo perché si svolgerà in un family restaurant a spese della gang!” Era risaputo che amasse farsi offrire i pasti, quando mangiava fuori. Decisamente non faceva nulla per nasconderlo!
Kan ridacchiò. “Approfittane per ingozzarti, tanto sei uno spilungone che non ingrasserà mai!”
Hanma rise a sua volta, per poi farsi più serio e accarezzarle una guancia. “Scherzavo, non ci vado solo per quello. Sto aspettando che Kisaki organizzi qualcosa. Da quando faccio parte della Toman mi sto annoiando!”
Kan rimase in silenzio alcuni istanti, prima di mettere il broncio. “Mi hai accarezzata per dirmi questo? Io credevo volessi fare il romantico!”
“Ahah, ti sto proprio viziando!” Le cinse il viso a coppa con le mani e si chinò per baciarla. In realtà sapeva che era lui a farsi viziare e non passava giorno che non ringraziasse gli dei per avergli fatto trovare una ragazza così speciale. A parte questo, era vero anche quello che aveva detto. Stava punzecchiando Kisaki, impaziente com’era di essere coinvolto in un nuovo piano che portasse scompiglio nella vita di quei fessi che gli stavano attorno.
*
 
Era quasi fatta!!! Portando un po’ di pazienza, alla fine le novità erano arrivate! La riunione al family restaurant era stata più proficua di quanto sperasse. Chi si aspettava che un’informazione pallosa come quella di Hakkai che progetta di uccidere il fratello maggiore avrebbe portato alla nascita di una collaborazione segreta! Ancora una volta Kisaki si era mostrato un passo avanti muovendosi nei retroscena della vicenda ed ecco che in un battito di ciglia stava nascendo una nuova squadra pronta ad agire in segreto. Non che gli fregasse qualcosa il fatto che oltre a loro due gli altri componenti fossero Takemichi e Chifuyu, l’unica cosa che gli importava era…dare un nome alla squadra! Per questo Hanma durante la mattinata non era riuscito a seguire le lezioni. Aveva trascorso tutto il tempo a riflettere e scarabocchiare parole su un foglio, in cerca dell’idea giusta. E adesso che la campanella era suonata e lui si stava incamminando per uscire, tenendo la cartella sollevata oltre la spalla, aveva ancora fra le mani quel foglio. In evidenza si notavano i nomi che più gli piacevano, mentre qua e là erano disegnati piccoli martelli a riempire gli spazi vuoti.
Ad un tratto sentì qualcosa balzargli sulla schiena e un paio di braccia gli si intrecciarono attorno al collo.
“Sorpresaaa!” Gridò allegra Kan, per poi liberarlo e rimettere i piedi a terra con un altro piccolo balzo. Gli andò di fronte e sgranò gli occhi. “Ti ho spaventato?”
“Ah…no! Non ti aspettavo! Non eravamo d’accordo di vederci stasera?”
“Sì, ma avevo voglia di vederti, così sono uscita un po’ prima da scuola per venire fin qua!”
Era così bella e sorridente, coi capelli sciolti un po’ arruffati, i paraorecchie pelosi, il cappotto scolastico e i scaldamuscoli tutto in tinta senape.
“Oh, cos’hai in mano?”
Neanche il tempo di risponderle che gli strappò il foglio dalle mani e lo lesse con curiosità.
“Conciati per le feste? Squadra massacro? Hanmas? Shu, ma cosa sono???”
Hanma esitò timidamente, cosa strana da parte sua! “Ehm... Se stasera Takemichi e Chifuyu accetteranno di collaborare con me e Kisaki…ecco…saremo ufficialmente una nuova squadra e…”
“E questi sono i nomi che vuoi proporre? Sei un genio!” Confermò lei, entusiasta.
“Uh? Davvero? Un genio? Io?”
“Sì!” Scrutò nuovamente il foglio, riflettendo. “Hai disegnato tanti martelli… E’ perché il tuo cognome assomiglia a quella parola inglese?”
Wow…l’aveva capito al volo! Adesso sì che si stava emozionando…
“Ecco…sì…”
“Allora spingi su questo quando proporrai il nome! Hanmas ha un bel suono, mi piace! Potrei fare degli schizzi per un logo!”
“Eh? Un logo? Mica dobbiamo indossare nuovi tokkofuku o creare una bandiera!”
“E allora? Se questa cosa ti rende felice, falla fino in fondo! Anche se state organizzando una missione solo per la notte di Natale!”
Non ci aveva pensato… Era vero che quella collaborazione, sempre ammesso che si facesse, sarebbe finita entro quella data, però creare un ricordo tangibile non era una cattiva idea. La cosa gli diede il buon umore.
Prese sottobraccio la sua ragazza e insieme ripresero a camminare allontanandosi dalla scuola. “Hai ragione! Pensaci tu al logo! Adesso ti va di mangiare un buon ramen?”
Buttata lì, proprio!
Mangiarono all’abituale ristorante, dove si fermarono un’oretta per chiacchierare col proprietario bonaccione, poi Kan dovette andare a casa a studiare, ma non mancò di augurare ad Hanma buona fortuna per l’incontro. Dopo un periodo decisamente difficile, non le pesava più di tanto tornare nella casa dei genitori adottivi, più che altro perché grazie agli ottimi voti a scuola sembravano essersi un po’ calmati. Aveva raccontato del nuovo fidanzato, ovviamente, anche per giustificare le numerose uscite e le notti passate al centro massaggi, però se l’era giocata d’astuzia evitando di dire loro che anche lui era un teppista, risparmiandosi così nuove scenate. Sapevano solo che era uno studente delle Superiori, che viveva a Kabukicho col padre divorziato e che era uno spilungone dalla piccata simpatia. Per ora questo bastava, fino alle presentazioni ufficiali. Chiuse il libro di giapponese classico, il suo sguardo si perse fuori dalla finestra, nel cielo color arancio del tramonto. Le presentazioni ufficiali… Mancava solo una settimana a Natale e lei ancora doveva trovare il coraggio di dire ad Hanma che i suoi genitori lo avevano invitato a pranzo per conoscerlo… Avrebbe accettato? E soprattutto, se la sarebbe cavata? Ci aveva pensato… Poteva chiedergli di togliere l’orecchino per salvare le apparenze, mentre i tatuaggi sulle mani era inutile nasconderli, magari potevano giocare sul fatto che lui fosse talmente appassionato dell’opera di Dostoevskij da tatuarsi il titolo… Il pensiero la sconfortò e si ritrovò a battersi una mano sulla fronte. Altro che appassionato, quel libro non l’aveva neanche letto, aveva solo trovato figo il titolo e fatto la pazzia di tatuarselo sulle mani. Fine.
“In qualche modo faremo, inutile fasciarsi la testa ora.” Disse tra sé, abbandonando la questione. Spostò da parte libro e quaderno e aprì il cassetto della scrivania per estrarre un quadernone per gli schizzi e l’astuccio con le matite da disegno. Era il momento di pensare al logo per gli Hanmas! Decisa a fare del proprio meglio, sollevò la copertina e…il cuore le mancò un battito.
*
 
La serata per lui era iniziata bene e prometteva di migliorare ancora. Prima di tutto era passato a prendere Kisaki a casa, a bordo di quella moto che un po’ alla volta stava diventando sua a tutti gli effetti. L’amico/senpai che gliela prestava ogni volta, era riuscito a mettere le mani su un nuovo modello, perciò era sul punto di dare via quella e…ovviamente Hanma gli stava lisciando il pelo perché fosse lui a riceverla! L’aveva anche già personalizzata dipingendo una vistosa riga viola, il suo colore preferito, sulle fiancate. Altra buona notizia, l’incontro era stato rapido e favorevole, la squadra era stata formata e lui aveva buttato lì la proposta dei nomi con naturalezza, anche se nessuno degli altri tre membri gli aveva dato corda. Nessun problema, lui aveva già deciso che la squadra si chiamava ‘Hanmas’ e non vedeva l’ora di incontrare la sua ragazza per vedere quale logo avesse creato. Il tempo di riportare Kisaki a casa e fare una sosta al konbini e si diresse a tutto gas fino al centro massaggi, dove si erano dati appuntamento per passare la notte insieme. Un luogo dove si era ambientato e che non gli creava più imbarazzi o tensioni come le prime volte. Era diventato normale salire fino al quarto piano con l’ascensore, scambiare qualche parola col Direttore al bancone e salutare le ragazze che incrociava nei corridoi e che gli sorridevano in quel modo piccante o facendogli l’occhiolino. Erano una bella vista e lui non faceva niente di male. Per sicurezza ogni tanto se lo ripeteva, assieme alla frase “guardare e non toccare”. Comunque, ancora gasato per l’incontro, entrò nella stanza di Kan e, sollevando una busta di carta con la mano, annunciò fieramente: “Gli Hanmas sono diventati realtà! E io ho comprato le birre per festeggiare!”
Il suo entusiasmo però si sgonfiò nel rendersi conto dell’atmosfera blu che c’era. Trovò Kan inginocchiata davanti all’armadio aperto, attorno a lei numerose lettere e fotografie, di cui alcune incorniciate, e una scatola gialla che ricordava di averla aiutata a trasportare fino a lì.
“Ehi bellissima, che succede?” Le chiese, andandole incontro e abbandonando la busta sul comodino. Si inginocchiò dietro di lei e l’abbracciò. Ora che era vicino, vide chiaramente che le foto ritraevano tutte quante Kazutora, da quelle più recenti di lui coi capelli folti e le meches simili a banane, a quelle più vecchie quando portava i capelli acconciati alla ‘panchi’ che gli stavano da cani. E poi le lettere, sicuramente erano quelle del periodo in cui lui era stato in riformatorio. Erano tante. Sapeva del loro legame, ma vederlo coi propri occhi lo lasciò spiazzato.
“Shu… Scusami, non ho fatto quel disegno…” La sua voce era bassa e triste.
“Non fa niente! Tanto non mi ha dato retta nessuno! Gli Hanmas sono una cosa mia!” Minimizzò lui, dicendo la pura e semplice verità, per quanto dura.
“Io…ero a casa… Ho tirato fuori il blocco da disegno per creare un logo, ma quando ho aperto…ho trovato questo.” Prese dal mucchio di roba un foglio e lo sollevò davanti a lui. Era un disegno ritraente l’angelo senza testa della Valhalla, ma molto più bello di quello originale, in quanto i tratti erano spessi, ed era caratterizzato da un effetto di scuro tutto attorno che catturava l’occhio, come se l’angelo stesse sorgendo dal buio degli Inferi. O vi stesse precipitando. Era un’immagine di forte impatto.
“Non so perché, guardandolo ho iniziato a ricordare i pomeriggi alla sala giochi e…al fatto che Kazutora era con me. Mi sono lasciata trasportare, nella mia testa sono tornate numerose immagini di lui e…sniff! E sono corsa qui, dove c’era la scatola con dentro le sue foto e le sue lettere.” Si portò una mano alla bocca, mentre calde lacrime le scendevano dagli occhi e le solcavano il viso.
Hanma la strinse un po’ più forte a sé. “Ti manca?”
Lei fece un cenno positivo con la testa.
“Mi ero accorto che non parlavi mai di lui...era strano, sapevo che era il tuo migliore amico. Per paura di riaprire una ferita ho preferito stare zitto e non tirare fuori il discorso.”
“Sniff! …non gli ho più scritto, non so nemmeno come sta… Però non ce la faccio, Shu. Non posso rivivere quell’Inferno un’altra volta. Sniff! Scrivergli le stesse parole, fingendo che vada tutto bene…quando invece lui è rinchiuso là dentro e io non posso fare niente per aiutarlo…”
Hanma sospirò. “E stavolta si è beccato dieci anni… Poveretto…”
“Per quanto io ami stare coi ragazzi, i nostri amici, mi rendo conto che non è la stessa cosa! Indossano uno schifo di tokkofuku nero invece della bella giacca grigio bianca! E stare in un parcheggio davanti al Santuario non è come quando eravamo alla sala giochi a divertirci! E…e… Kazutora non c’è!!!”
Vedendola in quello stato, era pronto a lasciar perdere i progetti iniziali e consolarla da bravo fidanzato, invece lei lo sorprese reagendo in modo inaspettato. Con un’incredibile forza interiore, trovò il coraggio di asciugarsi le lacrime, quindi rimise ogni cosa in ordine dentro la scatola e chiuse il coperchio con decisione, per poi spingerla dentro l’armadio e chiudere l’anta. Si alzò in piedi e lo guardò, cercando di sorridere. “Non ti rovinerò la serata! Dobbiamo festeggiare la nascita degli Hanmas, che cazzo!”
Hanma la guardò con tanto d’occhi, prima di mettersi a ridere. “Ahah, così mi piaci!”
“Hai portato delle birre, giusto? Ci ubriachiamo?”
“Ne ho prese solo due! E’ impossibile ubriacarsi con così poco!”
“Però se mio fratello sapesse che mi fai bere alcol, ti romperebbe il culo!” Le venne da ridere al solo pensiero, si stava impegnando davvero per scacciare la malinconia.
“Ah…sono certo che lo farebbe con una scusa molto più banale!” Rispose lui, rialzandosi da terra. Le andò vicino e le cinse i fianchi con le grandi mani tatuate. “Quindi? Te la senti di bere?”
Kan gli portò le braccia al collo. “Assolutamente sì! Ho voglia di allegria! Fanculo tutto il resto! E poooiii…” Avvicinò il viso al suo. “Quando sarò brilla, possiamo fare quella cosa che mi avevi chiesto l’altra volta…!”
Momento di riflessione… Hanma spalancò gli occhi. “Quella? Cioè, fare sesso nella doccia senza usare il preservativo?” Era così speranzoso che gli brillavano gli occhi!
“Sì! Il mio spilungone si merita un premio!” In realtà non ce n’era motivo, ma ok!
E mentre lui si sentiva il più fortunato del mondo, lei pensava che dopo averlo accontentato sarebbe stato più facile dirgli del pranzo di Natale a casa dei suoi!
*
 
Come voleva la tradizione nipponica moderna, la sera della Vigilia i fast food erano gremiti di gente e sui tavoli abbondavano i cestini di pollo fritto accompagnati da bibite frizzanti. Più che confusione c’era vivacità e questo rendeva tutto più leggero. O forse Draken era semplicemente felice di trascorrere la Vigilia con sua sorella gemella, chi può dirlo? Averla così vicino a sé, vedere la sua espressione gioiosa mentre ammirava uno dopo l’altro i pezzetti di pollo dalla crosta dorata come se fossero stati preziosi, era una sensazione unica.
Kan si accorse del suo sguardo divertito e gli lanciò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?”
“Niente, stavo solo interpretando la tua espressione! Sembra che tu tenga in mano un gioiello di valore e poco dopo te lo lanci in bocca senza rimorso!”
“Non prendermi in giro!” Rispose lei, stando allo scherzo del fratello.
Draken si passò la punta della lingua sulle labbra e smise di ridere. “Sono felice di essere qui con te! E’ la prima volta che possiamo trascorrere la Vigilia insieme senza l’intromissione di qualcun altro!”
“Ah è solo che questa sera Shu doveva incontrarsi con…” Attenzione, non poteva dire nulla della squadra segreta o dell’ultima riunione per puntualizzare il piano che avrebbero messo in atto durante la sera di Natale. “Ehm…Kisaki e altri amici!” Con la mano fece un gesto di noncuranza. “Non c’è problema! Oggi abbiamo pranzato con suo padre e domani verrà lui a pranzo a casa dei miei! Possiamo stare separati per qualche ora!”
“Mi fa piacere sapere che vai così d’accordo con suo padre… E se addirittura i tuoi vogliono conoscerlo…si può dire che tra di voi è proprio una cosa seria?” Non era sicuro di averlo detto in un modo abbastanza corretto, gli bastava essere riuscito a mascherare il disappunto per quella relazione che continuava a non approvare.
“Eccome se è seria! Vogliamo stare insieme e se le nostre famiglie approvano è segno che siamo sulla pista giusta!” Assottigliò lo sguardo. “Sei solo tu a odiarlo. Eppure lui cerca in ogni modo di fraternizzare con te!”
“Frater-?” Rischiò di mandare di traverso il pezzetto di pollo che aveva in bocca, quindi afferrò il bicchiere di Cola e ne bevve un lungo sorso per mandare giù tutto. Posato il bicchiere, si fece mortalmente serio e guardò la sorella di sottecchi. “Quello mi chiama ‘cognatino’ ogni volta che mi vede… E a me viene voglia di rompergli i denti con un pugno.”
“Ecco! Lo vedi? Sei scontroso! Perfino Masawey non ha problemi con lui, quindi non capisco perché tu sia così ostinato!” E concluse la frase sorseggiando la bibita con la cannuccia, elegantemente.
Che pazienza ci voleva. Entrambi erano convinti di essere nel giusto e ci sbattevano la testa ripetutamente. Erano gemelli e pure del Toro, figurarsi!
“Comunque…all’inizio ti dicevo… Ogni tanto ripenso a te e Mikey e al fatto che stavate appiccicati ogni Vigilia, perché era il vostro anniversario! E io mi sentivo dannatamente tagliato fuori per colpa di quel nanerottolo!” Il ricordo lo divertiva, però non ebbe lo stesso effetto sulla sua interlocutrice. Kan non disse nulla al riguardo, dalla sua faccia si vedeva che l’argomento non le era gradito. Infatti si ficcò tre pezzi di pollo in bocca per avere la scusa di non parlare. Neanche troppo strano, tanto avevano praticamente finito di cenare. Terminarono di bere le bibite quasi contemporaneamente e solo allora lei ritrovò il sorriso.
“Andiamo a passeggiare fra le luminarie?”
Ecco, quella era la sua sorellina adorata.
Vista l’occasione, Draken aveva tenuto i capelli sciolti e indossato un cappotto nero di feltro che teneva appunto per determinati momenti, mentre Kan aveva optato per un completo totally white composto da gonna lunga di lana, stivali con un medio tacco quadrato, cappotto aderente foderato di pelliccia, berretto cosacco e guanti. Non era tanto esagerato come look, visto che stava nevicando già da alcune ore e non dava segno di smettere. La cosa più bella era che guardandoli sembravano la versione umana dello Yin e dello Yang! Perfino i loro sguardi erano molto simili mentre camminavano a braccetto per le vie illuminate a festa.
“Sembra di essere dentro una favola di Natale! Vero?” Disse lei, con sguardo sognante.
Più che una favola, per Draken era pura magia. Stava per risponderle quando sentì il telefono vibrare nella tasca. Lo estrasse e vide che era arrivato un messaggio.
Kan sbirciò con la coda dell’occhio. “Chi è?”
“Emma…”
Se avesse sparato un colpo di pistola l’avrebbe fatta agitare meno.
“Emma??? E che cavolo vuole???”
“Ha cucito un berrettino di Natale per l’orsetto che le ho regalato! Guarda!” Alzò il telefono verso di lei per mostrarle appunto la foto di un orso di peluche rosa con in testa un berrettino rosso con tanto di pon-pon.
“Aspetta, hai detto che glielo hai regalato? E quando?”
“Ah vero, non te l’ho detto. Per il suo compleanno, a novembre! E’ stata una faticaccia vincerlo alla sala giochi, ma sapevo che lei ci teneva tanto e allora…”
“Cioè hai speso un capitale per uno stupido orsacchiotto?”
“Non faccio così schifo a ufo-catcher!” Punto sul vivo…
Kan cominciò ad alterarsi, vista la pericolosità della situazione. “Tu non capisci, Ken! Quella avrà frainteso il tuo gesto e penserà di essere importante per te!”
Lui arrossì leggermente e scostò lo sguardo. “Lo spero…”
“Ma che cavolo dici? E’ una ragazzina, si starà facendo mille film mentali! Tu forse non te ne sei reso conto, ma quella ha una cotta per te e così le stai dando delle false speranze!”
“Non sono false…” Draken rialzò lo sguardo. “Io provo qualcosa per Emma. Non sono pronto a dichiararmi, però…”
No…questo non doveva succedere.
“Cosa. Cazzo. Stai. Dicendo.”
“Che lei mi piace. Sei la prima a cui lo confesso.”
“Vorrai scherzare? Ken, cambia idea. Ti prego. Chiunque ma non lei. Non farti mettere un collare come Mikey faceva con me. Non farti fregare.”
“Ma quale collare!” Sospirò spazientito. “Senti, le cose stanno così. Non so perché ce l’hai tanto con lei, ma vedi di fartela passare.”
E intanto i toni diventavano sempre più alti…
“Che faccia tosta! Non fai che criticare Shuji e dopo perdi la testa per quella troietta?”
“Vacci piano con le parole, stai parlando della ragazza che mi piace.”
“Ahaha! Già, la stessa che si è spogliata in un karaoke per provarci con Takemichi!”
Non poteva negarlo, tra l’altro quella faccenda ancora gli prudeva dall’estate. “Senti non so cosa sia successo quella volta, ma è stato solo un malinteso. E io non cambierò idea.”
A quel punto Kan gli lasciò il braccio in malo modo e pose fine alla questione. “Allora vattene a fanculo insieme a lei!” Girò sui tacchi e se ne andò furibonda.
Mentre si allontanava, Draken non mancò di rispondere per le rime. “Frequentando quel coglione sei andata fuori di testa!”
Il tutto nel bel mezzo della strada, fra la gente che guardava sbigottita.
Kan prese la metro e andò dritta al centro massaggi, non avendo voglia di rincasare e rischiare che i suoi la vedessero così e si mettessero in mezzo come al solito. No, meglio evitare, soprattutto perché l’indomani c’era il pranzo di presentazione del suo fidanzato e doveva tenere le acque tranquille. Però si concesse un capriccio. Quando il Direttore la vide entrare con un viso scuro come una bestia incazzosa e le chiese se stesse bene, lei gridò isterica. “Appena vede Ken lo prenda a ceffoni!”
*
 
Una sensazione nostalgica, un tepore in fondo all’anima, la serenità nel cuore…
“Ahhh mi sembra di parlare da ore! Non ti stanchi mai di ascoltarmi?”
Non potrei mai! Sentire la tua voce al telefono è un modo per sentirti vicina anche se non sei qui con me…
“Che sdolcinato!”
E poi è bello chiacchierare così, al caldo sotto il piumino, la testa appoggiata sul cuscino...
“Sì, fin che non ti addormenti! Mi è già capitato di sentirti russare nel bel mezzo della conversazione!”
Ops, colpa mia! Eh eh!
“Però…ogni volta restavo un po’ ad ascoltare e dopo ti sussurravo ‘buonanotte’ anche se non mi sentivi…”
Magari per questa volta possiamo salutarci prima che io mi addormenti!
“Mmh…e dopo? Non riuscirò ad agganciare per prima, lo sai! E tu continuerai a temporeggiare fino ad addormentarti! Ahah!”
Hai sempe ragione tu! Allora salutiamoci e poi riagganciamo insieme, va bene?
“Ci sto! Quindi… Buonanotte, amore! Dormi bene!”
Buonanotte, amore mio! Fai sogni d’oro… Al mio tre riagganciamo! Uno…due…tre!
“…”
“…”
“…sei ancora lì, vero?”
Anche tu! Hai barato!
“Senti chi parla! Ah lo sapevo che era impossibile! E adesso?”
Sono un vero uomo, quindi lo farò io! Ma prima…lasciamelo dire… Ti amo tanto, Kan…
“…sniff…hic…”
Amore, non piangere! Ci vediamo presto!
“Sì…lo so… Scusa, sono una scema!”
Va tutto bene…! Adesso riaggancio, ma tu prometti di non piangere più!
“Mh… Ce la faccio! Buonanotte! E…ricorda… Ti amo tanto…Mikey…”
Kan si svegliò all’improvviso. Anche se aveva capito subito che si era trattato di un sogno, il suo cuore era ancora immerso in quel sentimento e le lacrime continuavano a scivolarle dagli occhi, così calde mentre le bagnavano il viso e così fredde subito dopo aver toccato la federa del cuscino.
Nel buio totale, un corpo caldo la avvolgeva dolcemente, sentì un bacio sulla fronte e una voce gentile sussurrare. “Sono qui, sorellina… Non piangere…”
Draken? Ma quando…?
“Tu che…?”
“Ero venuto a fare pace… Non voglio che restiamo arrabbiati, soprattutto in un giorno di festa… Quando sono entrato nella stanza ti ho trovata addormentata…allora sono rimasto qui…” Le diede un altro bacio sulla fronte. “Scusa se ho alzato la voce, prima…”
Si stava scusando lui, al posto suo. In realtà era lei ad aver fatto una scenata e a doversi scusare. Si sentiva così miserabile in quel momento… Si strinse più forte a lui, la faccia premuta contro il suo petto, e disse qualcosa di ovviamente incomprensibile.
“Facciamo finta che ho capito! Pace fatta!” Disse lui, con tono divertito, per poi lasciare un sospiro tranquillo. “E’ presto, dormiamo ancora un po’… Però la mezzanotte è passata quindi…buon Natale, sorellina!”
Anche se le ultime parole di lei non le aveva capite, aveva sentito il resto… Si era svegliato sentendola piangere nel sonno e aveva udito chiaramente il nome di Mikey. Era presto per dirlo ma, poteva significare che nel profondo Kan era ancora innamorata di lui? Aveva troppo sonno per pensarci… Dopotutto, la notte della Vigilia qualcosa di buono lo aveva portato.


Continua prossimamente nel Capitolo 28: Piece by piece!
Dicono che i sogni abbiano un significato... Ma mentre il cuore di Kan sembra vacillare, il suo ragazzo e Kisaki stanno per combinare qualcosa che avrà un impatto negativo anche su di lei...
 
  
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