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Autore: GLaDYS_Vakarian    26/01/2024    0 recensioni
[https://it.wikipedia.org/wiki/Demon%27s_Souls]
"Il primo giorno
all'uomo fu concessa un'anima
E con essa, la comprensione.
Il secondo giorno
sulla Terra fu seminato
un irrimediabile veleno
Un demone divoratore di anime."
~
Boletaria, il Regno del Nord, è stata improvvisamente inghiottita da una bizzarra Nebbia incolore. Nessuno di coloro che hanno osato penetrarla ha fatto ritorno. Ma ora, un vagabondo solitario tenta di attraversarla...
~
Demon's Souls 2009
Genere: Dark, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Re Allant XII, incanalando il potere delle anime, portò una prosperità senza precedenti a Boletaria, il Regno del Nord.
Fino a che una densa Nebbia incolore avvolse la terra.

Boletaria fu isolata dal resto del mondo, e coloro che osavano penetrare nella Nebbia non facevano ritorno.
Ma Vallarfax delle nobili Zanne Gemelle, uscì dalla Nebbia, e disse al mondo della situazione in cui Boletaria versava.
Che il Vecchio Re Allant aveva svegliato l’Antico, la grande bestia che dorme eternamente sotto il Nexus,
e che una Nebbia incolore era apparsa, e con essa terribili Demoni.

I Demoni cacciano gli umani e si prendono le loro anime.
Coloro che perdono l’anima, perdono la ragione. I pazzi attaccano i sani, e il caos regna sovrano.
Vallarfax parlò del potere contenuto nelle anime di Demone.
Ogni volta che un Demone reclama un’anima umana, l’anima del Demone è rinvigorita dalla sua forza vitale.
E il potere di un’anima di Demone matura supera l’immaginazione umana.

La leggenda si sparse velocemente.
Potenti guerrieri partirono per la terra maledetta… ma nessuno ha fatto ritorno.
Biorr delle Zanne Gemelle.
Yurt, il Capo Silenzioso.
Sant’Urbain.
Scirvir il Viaggiatore.
La Sesta Santa Astraea e il suo cavaliere Garl Vinland.
E Saggio Freke, il Visionario.

La Nebbia incolore si espande poco a poco oltre i confini di Boletaria.
L’umanità rischia un’estinzione lenta ma sicura: un giorno la Nebbia inghiottirà tutte le terre, vicine o lontane che siano.
Ma Boletaria ha un’ultima speranza: un combattente solitario che ha oltrepassato la tremenda Nebbia…

Un eroe venuto a salvare questa terra,
o un nuovo schiavo per i Demoni?

 

~

 

Anima del perduto, dal suo involucro partita.
Lascia che la forza ti sia concessa,
così che il mondo possa essere riparato…

 

~

 

Oltre i Cancelli di Boletaria si estendeva un’epidemia di silenzio e di morte. Dinanzi alle mura della roccaforte a difesa dei quartieri nobiliari giacevano macerie, rottami e carcasse di uomini e animali, sfigurate e maleodoranti, e sulle quali i corvi banchettavano. Il resto veniva lasciato a marcire. Il ponte sovrastava le sponde di un fiume plumbeo e impetuoso che si diramava e andava a perdersi nei meandri delle alture rocciose; poco oltre i battenti, scolpiti nelle pareti della montagna, vi erano i resti di quella che una volta fu la grande fontana del Palazzo di Boletaria, che accoglieva i nuovi ospiti e i viaggiatori in visita al castello, nonché dimora della celebre Arcipietra del Piccolo Re, ora giacente abbandonata e dimenticata.
L’aria era ferma, opprimente, gonfia di suoni flebili: perfino il vento sembrava essere fuggito da quel luogo. Avanzò cautamente verso lo spiazzo circolare in cui giacevano i resti della sorgente con l’Arcipietra, e sollevò lo sguardo per rimirare la fortezza silenziosa che si stagliava dinanzi, abbarbicata lungo il bordo pressoché spoglio della montagna. Benché fosse rimasta lasciata a sé stessa oramai da molto tempo, anche se decadente e grigia, conservava ancora tutta la sua magnificenza agli occhi di chi giungeva dal ponte, come congelata da allora. Sul ponte c’erano diversi carri abbandonati, barili e mucchi di sacchi poggiati a terra o stipati in casse, le merci destinate agli abitanti della reggia, e innumerevoli barricate di legno, poste in fila lungo il passaggio a difesa dei cancelli che conducevano alla cittadella e ai rioni dei nobili. Alcuni falò sparsi ricavati dalle barricate distrutte divampavano indisturbati ai lati e agli angoli del ponte.
Spostò ancora lo sguardo, e questa volta lo abbassò. Vide la preziosa gemma verde, liscia come l’alabastro e pura come la luce, fissata a terra da una spada rituale, lunga e sottile, avvolta da una curiosa aura azzurrina tra le macerie della vecchia fontana.
L’area rimase quieta, tranne per un paio di corvi che si alzarono in volo dai resti deturpati di un cavallo e la superarono gracchiando. Lei con lo sguardo li seguì finché non scomparvero oltre i merli della roccaforte, prima di continuare ad esaminare ciò che le stava dintorno.
Dall’odore e dalla luce si poteva dire che era mattino presto; anche se il tempo, dopo l’arrivo della Nebbia, sembrava aver perso ogni significato, ogni certezza, come molte altre cose lì, come se tutto fosse impazzito. La quiete che regnava, rotta solamente dal rimbombo di sottofondo delle correnti del fiume, era innaturale, inquieta. Il silenzio era divenuto un lusso sinistro e ingannatore: se c’era silenzio, probabilmente qualcosa attendeva nell’ombra.
I suoi vestiti erano umidi ma non la facevano rabbrividire, anche se le sarebbe piaciuto asciugarsi al più presto. Strinse la lancia che teneva in una mano, lo scudo runico nell’altra, e s’incamminò verso l’androne scuro che si apriva oltre la scalinata in fondo al ponte e che l’avrebbe condotta al Sentiero della Rupe.

 

 

Anima coraggiosa che non teme la morte.
Ti guiderò, cosicché tu possa far addormentare ancora una volta l’Antico.

 

La voce le risuonava nella mente, un eco incessante come il vento che si perdeva nel vuoto. Non era mai stata lì prima, né sapeva quanto tempo era passato dal giorno della sua partenza; eppure avanzava, nell’oscurità pungente della tempesta guidata dal flebile bagliore del suo cristallo incantato che le apriva l’ignota via, verso la sua meta. Non aveva incontrato nessuno lungo la strada, neanche un animale selvatico, sembrava che all’improvviso tutto fosse morto o fuggito, che la Nebbia inarrestabile avesse già inghiottito l’intero mondo, e che i Demoni si fossero divorati tutti gli umani. Era sola, in quell’oscurità senza fine che costituiva quello spazio aperto triste e solitario che stava attraversando: ma continuava ad avanzare, determinata a proseguire nella missione che aveva deciso di intraprendere. L’acqua le arrivava quasi fin sopra le caviglie, quando infine scorse un muro di luce bianca in lontananza a squarciare il buio. Aveva raggiunto la Nebbia.
Si fermò e la guardò per qualche attimo. Ricordò di quando le prime voci sulla leggenda si fecero sentire dalle bocche dei mercanti e dei viaggiatori, della Nebbia incolore che incombeva su Boletaria, il regno nordico. Che il destino del mondo era segnato, poiché la Nebbia si sarebbe estesa, e con essa i Demoni si sarebbero cibati delle anime degli umani per rafforzare le proprie. E che tutti quelli che avevano tentato di rimettere al posto le cose non avevano più fatto ritorno da quella terra nefasta. Quando, infine, la leggenda si sparse ovunque nei reami del mondo, portando paura e un grande movimento; famiglie povere e ricche abbandonavano le loro case per partire alla ricerca di un posto in cui sopravvivere, lontano dalla bizzarra Nebbia, sperando che essa non li avrebbe mai trovati. Nessuno sapeva se l’incubo avesse mai avuto fine.
I popolani vedevano la Nebbia in lontananza avanzare lentamente come una terrificante onda densa che inghiottiva qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino. Sembrava quasi viva, animata dalla cieca bramosia dei Demoni e dei pazzi in agguato che la infestavano. Aveva allora deciso di mettersi in viaggio verso la capitale di Boletaria, il fulcro del potere dell’antica bestia padrona dei Demoni, la città in cui risiedeva il Vecchio Re, cullando la speranza che il mondo poteva ancora essere salvato.
E così, eccola lì. Una vagabonda che errava in un eterno limbo con la sola compagnia di poche e anonime parole. Sapeva bene che quel viaggio era una follia, che probabilmente avrebbe fatto la stessa misera fine di tutti gli altri venuti prima di lei, ma almeno sarebbe morta provandoci. Il giorno che partì non portò neanche una mappa con sé per orientarsi, né una bussola: strani suoni solcavano l’aria ferma e densa di quei giorni, come una sorta di richiamo che era la forza sprigionata dai Demoni per reclamare a sé le anime dei mortali. Era l’agnello attirato nella tana del lupo. Uno dei tanti.
Senza timore alzò una mano per pararsi gli occhi, ed entrò nella fenditura che illuminava il nulla.

 

 

Angolo dell'autrice:
 

Salve a tutt*!
Rieccomi con una nuova storia. Che non sarà una storia lineare, né avrà una trama definita, ma saranno solo momenti a sé all'interno di una storia.
Giocai (e gioco ancora) a Demon's Souls del 2009 (sulla mia amatissima Play 3, che mi dovrà sopravvivere nei secoli dei secoli), che per me è incomparabile con il remake, che invece ha perso le atmosfere dell'originale... sì, bella grafica e tutto, ma a mio modesto parere ha molto perso lo spirito dell'originale. Chi lo ha conosciuto solo adesso con il remake non sa cosa si perde... Ed è proprio quello che mi ha sempre colpito e affascinato di Demon's: l'atmosfera, le musiche, l'ambientazione, i sottofondi... una storia semplice ma profonda che adoro e che mi dà l'ispirazione per scrivere sui singoli momenti che puoi vivere all'interno del gioco.

Lasciatemi un feedback, mi farebbe molto piacere sapere la vostra :3 miao <3

   
 
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