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Autore: Ranma789    04/02/2024    1 recensioni
E se Ranma arrivasse al Ryozampaku, il dojo dei folli Maestri di Kenichi, per addestrarsi?
Come la prenderebbe Kenichi, e che rapporto avrebbe Ranma con Miu, una persona con la quale ha molto in comune?
E perché Ranma, un anno dopo il matrimonio fallito, vive da solo con sua madre e non ha più rapporti con Genma, con i Tendo e, soprattutto, con Akane?
Cosa lo ha spinto a rinnegare la sua vita passata a Nerima?
Allenarsi al Ryozampaku potrebbe aiutarlo a crescere e ad assumersi quelle responsabilità che ha sempre rifuggito, accettando il suo destino di diventare un Maestro.
Ma quando Kenichi e l'Alleanza Shimpaku si troveranno in pericolo, sarà solo collaborando che potranno salvarsi tutti...sempre che il cuore non ci metta lo zampino, e che la gelosia non rovini tutto. Ancora una volta.
Nota: per Kenichi, la fiction si svolge circa tre mesi dopo la fine del manga, per Ranma un anno dopo il diploma
[CROSSOVER RANMA 1/2 e KENICHI THE MIGHTIEST DISCIPLE]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nodoka Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un giorno Nodoka aveva detto a Ranma che era curiosa di conoscere il posto dove suo figlio passava tutto quel tempo e, parole sue “vedere se poteva fidarsi delle persone che ci abitavano” (anche se Ranma ebbe la netta sensazione che fosse soltanto curiosa marcia di conoscere Miu, essendosi fatta delle strane idee sul rapporto che la legava a lui).


Non potendosi rifiutare, aveva chiesto all’Anziano se sua madre potesse venire una sera a cena, nella speranza che rifiutasse, ma ovviamente Hayato, incoraggiato da tutti gli altri (e dagli stessi Miu e Kenichi che origliavano da dietro la porta ma che poi, per l’entusiasmo, erano saltati fuori ad incitarli senza alcuna vergogna) non solo aveva accettato, ma aveva rilanciato: dopo la cena, si sarebbero potuti fermare anche a dormire.


Incastrato in questo modo, Ranma, che avrebbe preferito tenere separate vita privata ed allenamento (e che era un po’ preoccupato a far conoscere a Nodoka tutti quei pazzoidi), poté al massimo mettere la condizione che la cena si tenesse di sabato, giorno migliore per tutti e specialmente per lui, dal momento che nel week end non era impegnato ad allenare Kisara.


Erano passate infatti altre due settimane (quindi un mese e mezzo da quando aveva accettato, visto che per quattro settimane l'aveva sottoposta ai test) da quando aveva iniziato ufficialmente il suo “lavoro part time”, del quale aveva solo accennato a sua madre, per rassicurarla che non si trattasse di nulla di illegale, ma senza fornirle altri dettagli (perché non voleva confessarle che per svolgerlo doveva volontariamente trasformarsi in donna).
In quel periodo, aveva messo alla prova duramente la Valkiria, ma si era anche reso conto che la ragazza aveva del potenziale, ed era deciso a farglielo sviluppare.


Al tempo stesso, da quando aveva cominciato, non gli era più possibile passare del tempo al Ryozampaku nel pomeriggio, e dunque vedeva pochissimo Kenichi (del quale avrebbe voluto monitorare i progressi) e Miu (che sembrava un po’ rammaricata dalla sua assenza).


Il ragazzo col codino ebbe anche l’impressione che il fatto che Renka vivesse e si allenasse al dojo con loro avesse causato qualche piccola tensione nel rapporto tra i tre ragazzi, certamente per questioni di gelosia.


Beh, e perché dovrebbe importarmene? Le questioni di cuore non portano mai a nulla di buono


“Ehi, Ranma, cento yen per i tuoi pensieri”


Il ragazzo col codino si riscosse dal suo fantasticare, mentre trasportava un enorme sacco di provviste lungo la strada.
“Non mi tentare, Sakaki, potrei chiederteli per davvero”


“Oh, abbi pietà di me-lo canzonò il Maestro di Karate di Centesimo Dan-abbiamo già da spendere abbastanza denaro per fare questa maledetta spesa. Vediamo, la prossima tappa dovrebbe essere…”


Ma in quella, Ranma si accorse che, ad una cinquantina di metri di distanza, due ragazzi che gli parevano familiari stavano…litigando?
No, non era esatto. Però di sicuro discutendo. Come se parlassero di qualcosa di molto importante per entrambi.


Erano il pugile dell’Alleanza Shimpaku, Ikki Takeda, e l’utilizzatrice di bastone, Kaname Kugatachi, detta Freya.


Ranma ne osservò il gesticolare da lontano, senza comprendere le parole.
Poi entrambi si fecero più calmi.
La ragazza, con aria triste, si voltò ed iniziò ad allontanarsi lentamente. Takeda alzò una mano come per tentare di fermarla, ma rinunciò quasi subito, abbassando lo sguardo.


Ranma si rese conto che Sakaki, uscito dal negozio, li stava osservando a sua volta.
Con discrezione, caricate le provviste in spalla, si allontanarono per non farsi vedere e solo dopo qualche decina di metri il karateka commentò la cosa.


“E così, sembra che quello che sboccia in primavera, muoia in autunno”


“E’ così? Li ho visti solo una volta, ma non sapevo che si frequentassero”


“Da quello che dice Miu-riprese Sakaki-è una cosa recente, risale a poco prima la pausa estiva delle scuole. Inoltre, pare che lo stessero tenendo segreto a tutti gli altri; ammesso che sia possibile riuscirci, naturalmente”


“Non sapevo che vi interessaste di gossip al Ryozampaku” lo canzonò Ranma.


“Cosa vuoi farci, la vita riesce ad essere così noiosa…se Miu è entusiasta di qualcosa, comincia a parlare anche da sola…ed a volte, sto persino ad ascoltarla” concluse, con semplicità.


“E quindi…tra loro non ha funzionato” Ranma si sentì inspiegabilmente triste, come se col ricordo stesse spaziando verso altri lidi, verso altri volti…


“Già, ma non è detto che sia per forza un male. A quanto diceva Miu, la situazione era un po’ più complessa”


“Uh? E cioè?”


“A quanto pare, a quella Freya, prima di frequentare il pugile, piaceva il suo amico, quello grosso che pratica Judo, che ultimamente si sta facendo massacrare da Akisame lì da noi…a proposito, non pensavo che avrebbe retto, invece sta continuando a venire”


“Davvero? Freya era attratta da Ukita?”


“Così pare, ma lui a sua volta è sempre stato cotto di quell’altra, Kisara Nanjo, ed a furia di starle addosso, l’ha convinta ad uscire con lui, alla fine”.


Ranma ebbe un sussulto, e si ricordò di una cosa successa la settimana prima.


<< Mentre attendeva l’arrivo di Kisara, era arrivato un po’ in anticipo.
Sbucato fuori, già trasformato in ragazza, dal vicolo dove nascondeva il secchio d’acqua e la teiera d’acqua calda, stava passeggiando su alcuni muri di cinta, senza una meta.
Accortosi di altre persone, si era nascosto dietro le fronde di un albero.
Così si era ritrovato, involontariamente, ad osservare una scena molto strana.
Anche lì’ non aveva potuto udire le parole esatte, ma Kisara stava chiaramente parlando con Ukita, il quale non sembrava molto felice della cosa.
Alla fine, lui sembrava disperato, mentre lei si era voltata ed aveva preso a camminare a grandi passi, un po’ malfermi, guardando verso il basso, col berretto calcato in testa.
In seguito, allenandosi con “Ranko”, la Valkiria non aveva accennato alla cosa, ma aveva gli occhi lucidi… >>


“Uhm-riprese il ragazzo col codino-allora è probabile che a breve Freya riesca a realizzare il suo desiderio originale…”


“Come?-Sakaki si allungò come una vecchia comare-allora tu sai qualcosa in più sulla faccenda”


“Può darsi, non ne sono sicuro…”


Ma in quella, furono interrotti dallo stridìo di gomme sull’asfalto, un suono chiaramente anormale.
Veloci come il lampo, quattro persone si precipitarono fuori dall’auto per fiondarsi in banca.
Avevano dei passamontagna ed erano tutti armati.


A nessuno dei due marzialisti occorse altro per capire la situazione.
Sakaki si fece di colpo serio, il suo viso era una maschera di pietra. Si voltò verso Ranma e gli disse:


“Forse è meglio rimandare il resto della spesa. Tieni e resta qua fuori. Controlla che quello in macchina non scappi”


“Come? Non vuoi che intervenga? Ti posso dare una mano!”


“Questo non è un gioco-lo redarguì il karateka-per quanto tu sia in gamba, quelli sono armati, e nella banca ci sono dei potenziali ostaggi. Fidati, so come gestire queste situazioni, è il mio lavoro”


Ranma si ricordò improvvisamente che Sakaki per vivere faceva il cacciatore di taglie.
E’ vero, anche lui aveva affrontato cose ben peggiori dei banditi…ma i proiettili sono pericolosi per chiunque, e non sapeva combattere proteggendo al tempo stesso dei civili.


Di malincuore il ragazzo accettò con un cenno, poggiò a terra la spesa e si avvicinò di soppiatto alla macchina del pilota, mentre Sakaki si fiondava nella porta e da dentro la banca iniziava a scatenarsi l’inferno.


Il bandito alla guida non era sicuro di aver visto l’energumeno entrare nella banca-era stato troppo veloce-quindi si domandò se i suoi occhi gli avessero fatto uno scherzo, quando…un pugno lo raggiunse alla testa, e l’unica cosa che vide furono stelle e poi il buio.


Ranma tranciò rapidamente tutte e quattro le gomme col taglio della mano; poi, preoccupato, si avvicinò alla porta a vetri per sbirciare dentro.


Sakaki aveva già sistemato due dei quattro banditi che ci erano entrati.


Uno era stato lanciato in alto e stava girando sulle pale del ventilatore, svenuto, mentre il secondo aveva subito un pugno che lo aveva incastrato dentro una colonna di marmo.
I fucili a pompa che entrambi avevano all’entrata erano stati annodati l’uno con l’altro come fossero asciugamani.


“Niente da dire, il buon Sakaki è efficiente, ma…ehi!”


Il bandito sulla destra aveva un fucile mitragliatore, un vecchio Ak-47, e minacciava di sparare ad un gruppetto di ostaggi.
Di Sakaki si poteva vedere il bianco degli occhi, e l’aura minacciosa che gli gonfiava i vestiti; infatti l’ultimo bandito, quello sulla sinistra, che aveva una semplice pistola ed aveva appena iniziato a riempire la borsa di banconote, era praticamente paralizzato dal terrore.


“IO FOSSI IN TE NON LO FAREI…” minacciò il karateka al bandito di destra.


“Tu…tu non ci fermerai, maledetto mostro!”


Una scarica di “BRRRTT” iniziò immediatamente, ma, ad una velocità irreale, i terrorizzati clienti della banca vennero spostati di peso, uno per uno, ed i proiettili attraversarono le sagome di dove stavano fino ad un minuto prima, come fossero fantasmi, per piantarsi nella parete retrostante.


Quando la polvere si posò, il bandito non vedeva più nessuno, e credette di sognare.
Invece, dalla polvere emerse una figura gigantesca, gli occhi iniettati di sangue.


Strinse tra due dita la canna del suo mitragliatore e la piegò come fosse fatta di carta.


“QUELLO NON AVRESTI DOVUTO FARLO”


Subito dopo, un calcio frontale esplose contro il bandito, che sfondò la vetrata dei cassieri e venne sbalzato come un missile verso la porta della cassaforte, schiantandocisi contro.


Il bandito di sinistra crollò in ginocchio a terra, in stato di shock, la schiuma alla bocca, lasciando cadere la pistola. Se l’era anche fatta addosso.


Ranma tirò un sospiro di sollievo. Sakaki ritornò alla sua espressione abituale e rivolse agli ostaggi un sorriso rassicurante “Non vi preoccupate, è tutto finito”


Ma in quella, uno dei finora terrorizzati cassieri, mentre i suoi colleghi applaudivano, ammirati, decise che fosse ora di premere il pulsante d’allarme. Il bandito di sinistra, nel sentire la sirena, si riprese dallo shock, raccolse la pistola e gliela puntò contro, gridando
“Tu, bastardo! Fatti i cazzi tuoi!”


“NO!” Gridò Sakaki


In quella, un’ombra rossa schizzò dentro la banca.
Ranma afferrò con una mano la pistola del bandito, stringendogliela in alto, sull’otturatore, con la sinistra, mentre con la destra lo colpì forte al viso con il dorso del pugno, mandandolo nel mondo dei sogni.


Dopo un istante di terrore, nella banca tornò la calma, e gli ostaggi proruppero in un secondo applauso.


Sakaki fu un po’ stupito, ma anche soddisfatto. Si avvicinò a Ranma e gli rivolse un sorriso.


“Mi hai disubbidito, ma comunque ben fatto, ragazzo. In queste situazioni, un imprevisto può sempre capitare”


“Eheh. Grazie. Riconosco che non me ne intendo di armi da fuoco, ma non è stato troppo difficile”


“Ho visto, ma ti do un consiglio per la prossima volta: per come è fatta una pistola, bloccare l’otturatore può servire, ma non garantisce che un colpo non parta comunque per sbaglio. Per essere sicuro che non spari, devi bloccare il cane…ecco, vedi, questa parte qui”


“Oh, capisco. Lo terrò a mente”


Sakaki lo osservò per un momento. Poi, gli disse, con un ghigno:
“Sai, se ti può interessare, posso insegnarti una o due cosette che ti permetteranno di guadagnare qualche soldo extra. Ma per il momento, recuperiamo la spesa: siamo già in ritardo per la cena con tua madre”.


◊◊◊◊◊

Invece sistemare tutte le formalità con la polizia richiese più tempo del previsto.
Ranma scoprì che, se non altro, ad occuparsene fu un ispettore che Sakaki conosceva bene, un certo Honmaki, il quale aveva un’enorme opinione della virtù del Maestro del Ryozampaku e fece anche un commento sul fatto che il loro dojo non si smentisse mai se avevano trovato un nuovo allievo come lui.


Fu così soltanto dopo un’altra oretta che poterono tornare di corsa al Ryozampaku per permettere a Miu di preparare la cena e dovettero giustificarsi raccontando della rapina.


Quando infine Nodoka arrivò al dojo, fu Apachai ad andare ad aprirle-una cosa che rese Ranma giustamente preoccupato-ma poi vide sua madre entrare a braccetto col gigante thailandese, lodando “la simpatia e la gentilezza di quel giovanotto straniero”.


I Maestri si erano schierati in ordine per l’occasione, e la persona più emozionata di tutti era probabilmente Miu, che non doveva vedere spesso donne adulte (a parte Shigure che era sicuramente un caso a parte…).


Nodoka sfoggiava un kimono arancione e blu e per qualche dannata ragione portava sulla spalla la katana di famiglia, come una volta.


“Buonasera a tutti-disse con un breve inchino-sono Nodoka Saotome, la madre di Ranma. Sono onorata del vostro gentile invito, e spero che questo piccolo presente possa contraccambiare la vostra gentilezza” disse porgendo un pacchettino.



Hayato si fece in avanti, fece a sua volta un inchino e raccolse il pacchetto “Signora, le assicuro che il piacere è tutto nostro. Non abbiamo molte visite di piacere, qui, e tantomeno da parte di una signora così raffinata-aggiunse facendo arrossire leggermente Nodoka, ed alzare un sopracciglio a Ranma-Mi chiamo Hayato Furinji, e sono il capo di questo dojo. E’ la benvenuta. Posso chiedere di che si tratta?”


“Dolcetti fatti in casa”


Tutti i Maestri si presentarono a turno: Akisame facendo un baciamano alla occidentale; Kensei iniziando a decantare la bellezza della loro ospite, che sembrava impossibile avesse un figlio di vent’anni (e perciò prese una botta in testa, in simultanea, da Ranma e da Renka); e Sakaki Shio che sembrava imbarazzatissimo, come non fosse abituato alle occasioni formali, iniziò a balbettare mentre diceva proprio nome, così che Nodoka, per una buona metà della cena, credette si chiamasse “Shikaki Kao”.


La presentazione più strana fu con Shigure: Nodoka da un lato sembrò giudicare “poco femminile” il fatto che la ragazza fosse una guerriera, mentre il Prodigio delle Spade pareva interessatissima al fatto che la madre di Ranma portasse sempre appresso una katana e le chiese se la sapesse usare. In quella Nodoka, si schermì, un po’ imbarazzata, e l’arma le scappò di mano, uscendo dal fodero, e piantandosi sul muro a dieci centimetri da Kenichi, causando un mezzo infarto a lui ed a Ranma.


“Oh, scusatemi-si schermì la donna come nulla fosse-si tratta di un cimelio di famiglia, ma non la so usare molto bene!”


Nel conoscere Kenichi dopo l’incidente, la madre di Ranma sembrò positivamente sorpresa di conoscere un giovane così bene educato, che voleva diventare scrittore ed era appassionato di botanica, ma dovette sfuggirle di bocca un mezzo accenno al fatto che non fossero attitudini troppo virili, causando un po’ di perplessità.


Quando infine Nodoka fu presentata a Miu e Renka, sembrò squadrarle come per farsi un’idea di quale fosse la migliore, come se fossero state esposte in un banco frigo, ma poi sorrise dolcemente a Miu, sussurrandole di aver sentito molto parlare di lei.
La ragazza sembrò felicissima, senza minimamente comprendere il sottinteso, mentre Ranma era diventato rosso come il suo camiciotto, Kenichi tendeva le orecchie ed i Maestri sghignazzavano tutti.


La cena si rivelò invece decisamente conviviale e piacevole, contro ogni previsione.
Miu si era davvero superata ed aveva preparato sashimi di tonno, salmone e pescespada come antipasto; poi zuppa di miso con alghe e funghi, tofu in brodo con zenzero, ramen di manzo e uova e yaki udon sia al pollo che ai gamberi come primi piatti; poi riso al curry, anguilla arrosto, polpo alla griglia, spiedini di pollo yakitori e tempura di gamberi come secondi, con contorni di verdura e frutta intagliate secondo le tecniche mukimono*.
La cena venne innaffiata con vini bianchi occidentali, in particolare un Pinot Bianco italiano, e si concluse con i dolcetti di Nodoka, che erano Manju, Anmitsu e Warabimochi**.


Per tutta la durata della cena, i Maestri si scambiarono aneddoti di vario tipo, ma soprattutto, cercavano di fare a Nodoka quante più domande possibili sul passato di Ranma, alle quali però lei tendeva a rispondere con semplicità, ma senza rivelare troppo.


A sua volta, la donna sembrava curiosa e fece con la massima naturalezza molte domande a tutti, del genere se avessero qualcuno nella loro vita, e cose simili, causando un certo imbarazzo.
Kensei provò a declamare di come si fosse dovuto tragicamente allontanare dalla sua famiglia in Cina per venire al Ryozampaku ad aiutare i suoi amici a lottare contro il Male: Nodoka per un momento lo guardò ammirata, ma poi Renka gli tirò addosso un piatto chiedendogli se “non si vergognasse a raccontare tutte quelle balle”.


Anche i ragazzi non furono risparmiati dalla curiosità della madre di Ranma: Kenichi e Miu sprizzarono gocce di imbarazzo da ogni poro ad una innocente allusione che ci fosse del tenero tra di loro, mentre a Renka venne raccomandato di non distrarre troppo il suo Ranma dall’allenamento…la ragazza divenne praticamente bollente, e cominciò a gesticolare a profusione che lei non aveva nessun interesse per suo figlio, suscitando anche le proteste dell’interessato.


Nel fare questo, Ranma si lasciò sfuggire un “proprio ora che non ho più tutte quelle aspiranti fidanzate tra i piedi…” il che fu come scavarsi la fossa da solo, perché a quel punto tutti lo tempestarono di domande cercando di cavargli qualcosa di bocca, mentre Nodoka, che cominciava ad essere un po’ brilla, lanciava riferimenti apparentemente casuali “ma sì, c’era quella cinesina graziosa…come si chiamava? Shampoo…e quell’altra che faceva ginnastica ritmica…mi pare Kodachi…oh, e poi c’era quella che faceva gli okonomiyaki…eh, quella mi piaceva…Ukyo, mi pare”.


Il povero Ranma provava a protestare di non essere mai stato realmente fidanzato con nessuna di loro, ed ecco che Miu parve essere molto contrariata nel sentire quelle storie, Kenichi lo fu nel notare la reazione di Miu, e Renka lo divenne nel notare quella di Kenichi.


Però, è strano-rifletté il ragazzo col codino-prima mia madre era convinta che mi piacesse Miu, ed invece mi ha attribuito qualcosa con Renka, ed ha chiesto se ci sia qualcosa tra Miu e Kenichi…cioè, tutto a rovescio…ed ora, invece racconta queste cose
…a meno che…NO! In realtà voleva osservare…come avremmo reagito tutti quanti? Possibile?


Il povero Ranma sentì un brivido lungo la schiena: l’universo femminile rimaneva un vero mistero per lui.


L'altra cosa che notò fu che sua madre non aveva nominato Akane, che non solo era stata davvero l'unica per lui, ma che anche la stessa Nodoka considerava giusta per suo figlio...non poteva essersi trattato di una dimenticanza...sua madre sapeva quanto lui ci stesse ancora male ed aveva voluto essere delicata, ed anche riservata...poteva nominare le altre per fare i suoi giochetti perché sapeva che per lui non avevano mai contato davvero...ma lo rispettava abbastanza da lasciar decidere a lui se parlare o meno di lei con i suoi nuovi amici.


Al secondo giro di saké per tutti, e mentre Sakaki scolava a garganella una bottiglia di whiskey Jack Daniel’s, arrivò invece il momento davvero imbarazzante.
Incuriosito dal fatto che Ranma parlasse spesso di suo padre come suo Maestro, ma che non fosse lì, fu Akisame, la persona più insospettabile, a fare l’osservazione più scabrosa:


“A proposito, signora, sono spiacente per il suo lutto. Ranma parla costantemente di suo padre Genma come dell’uomo che lo ha allenato, ma se non è qui, immagino che…”


“Oh, ma mio marito non è morto!” rispose Nodoka con semplicità


TOMBOLA! Pensò subito Ranma “E-ehm, sì, il fatto è che…”


Nodoka riprese con nonchalance: “L’ho soltanto cacciato di casa dopo aver scoperto che, per anni, mentre addestrava Ranma in giro per il Giappone, per anni non gli aveva affatto parlato della mia esistenza” disse con la massima naturalezza e si versò un altro bicchiere di saké, mentre nella stanza calava un gelo polare.


Più tardi, tutti quanti provvedevano a rigovernare, Nodoka si stava appisolando (Ranma le aveva messo un cuscino sotto la testa ed una coperta addosso), farfugliando-nel dormiveglia e perché era brilla-alcune brevi frasi su quanto fosse contenta che Ranma si fosse trovato delle persone così simpatiche ed a modo tra le quali stare.
Il ragazzo non poté che osservare, nonostante tutto, che non era davvero abituato al concetto di famiglia…anche se, notare che sua madre fosse contenta perché lui stesse bene, in qualche modo gli scaldava il cuore.


C’era stato un certo imbarazzo dopo quella dichiarazione di Nodoka e, ad un certo punto, Miu gli si era avvicinata e gli aveva messo una mano sulla sua, guardandolo in viso con un’espressione come per dire: non ti preoccupare, capisco, non siamo qui per giudicarti; ma ora non era più con lui perché stava da qualche parte in giardino a bisticciare con Kenichi perché, apparentemente, si lasciava mettere troppo le mani addosso da Renka.


Fu così che Ranma si avvicinò, per la prima volta da quando la conosceva, alla suddetta Renka, che stava seduta su una panchina, sotto un gazebino, rossa in viso, non si sa se più per il bere al quale non era abituata, o per l’imbarazzo accumulato.


Badando che i suoi gesti non venissero equivocati, il ragazzo col codino si sedette a qualche distanza e guardandola di sottecchi le disse: “ehi…”


“Sì…” rispose lei guardando in un angolo.


“E-ehm, riguardo a quello che ha detto prima mia madre…mi dispiace, io..”


“Sì, lo so”


“Uhm…ok”


“Ranma-prese poi Renka dopo una pausa di qualche minuto-tu sei davvero fortunato”


“Cosa? E…come ti viene un’idea del genere? Non mi definirei davvero così, sai”


“Beh, le persone che sono interessate a te non mancano, mi sembra…io, invece, non riesco a farmi notare da quella che mi piace…”


“M-ma, sai, in realtà…sono tutte situazioni che mi sono cascate addosso, non ho mai davvero…beh, approfittato di esse, come dire. E non sono…mai stato con chi avrei voluto davvero” concluse con una nota triste nella voce.


“Ah sì? Quindi c’è un’altra ragazza con la quale saresti voluto stare?”


Il ragazzo col codino si rabbuiò “Scusa, ma non mi va di parlarne”


“Certo, lo capisco, figurati”


Poi, dopo un’altra pausa, la ragazza riprese “Senti…io, lo capisco che…non ci conosciamo molto, ma…tu pensi che…ci sia qualcosa che…non vada in me? Come donna, dico”


Ranma divenne paonazzo “I-in che senso? Io…non credo di essere la persona giusta per giudicare…ma…no, non direi. Voglio dire…sei molto carina, la maggior parte degli uomini sarebbe felice di uscire con te”


Non seppe neanche lui come fece a dirlo senza esplodere.
Cavolo, adesso fraintenderà tutto, come al solito


Invece Renka si voltò, con un sorriso spontaneo e colmo di gratitudine, un accenno di lacrime agli occhi


“Dici davvero? Grazie! Grazie sul serio!”


A Ranma batté forte il cuore, ma fu grato che l’avesse capita correttamente “uh..beh, figurati”


“Eheh, non è assurdo…chi potrebbe avere tutto…non ha proprio quello che vorrebbe di più…anche in quello, mi sa che noi due ci assomigliamo” contemplò la ragazza.


“Beh, sì, ma…sai, io penso che…se tieni davvero a qualcuno…tu dovresti lottare. Non dovresti arrenderti finché non avrai realizzato il tuo sogno! Od almeno finché non ci avrai provato davvero! Così almeno…potrai vivere senza alcun rimpianto!”


Ranma, nel dire questo, l’aveva presa per le braccia e le parlava accoratamente, faccia a faccia.
Renka era basita.


“Tu…non dovresti commettere il mio stesso errore. Se Keni…cioè, quella persona, voglio dire…non sa dei tuoi sentimenti…dovresti dirglielo…finché non è troppo tardi”


Renka parve comprendere.
“Grazie Ranma. Davvero” disse, dolcemente.
“E per quanto mi riguarda…spero che un giorno anche tu…”


Ma proprio in quella, sbucò fuori Miu, con un’aura fiammeggiante intorno ai capelli


“REEEENKA…cosa state combinando voi due? Non che la cosa mi riguardi, sia chiaro…” domandò, con un nervo in rilievo sulla tempia.


Ranma e Renka si allontanarono l’uno dall’altra con un balzo, come se avessero il colera ed iniziarono a parlarsi sopra


“NO-MA-SAI-PERCHE’-NOI-IN REALTA’…”


In quella, Kenichi, un po’ pesto, si stava trascinando sul prato verso di loro…”Miu-san…ma…quindi, sei gelosa…di quale dei due? AAAH, non ci capisco più niente”.


◊◊◊◊◊

La mattina dopo avvenne una scena insospettabile. Dopo colazione, e dopo aver salutato e ringraziato tutti (ignara di tutto il macello che aveva causato la sera prima) Nodoka venne riaccompagnata a casa da Sakaki in moto (lui aveva dato a lei il suo casco, e guidava solo con gli occhiali da sole).
Ranma era un po’ preoccupato, ma aveva imparato a fidarsi del maestro di Karate, anche se si tranquillizzò davvero solo quando lo vide tornare indietro, con la conferma che sua madre era sana e salva.


Ma quella non fu l’unica sorpresa della giornata.
Sakaki gli lanciò il casco e gli disse “salta su” con un tono che non ammetteva repliche.
Dubbioso, il ragazzo obbedì (era la prima volta che saliva su una moto, si rese conto) e sfrecciarono via a tutta velocità verso quartieri che non aveva mai visto.


“Dove mi stai portando?”


“A fare un giretto di piacere” fu la risposta.


Dopo altri 20 minuti buoni di corsa e di svolte varie, parcheggiarono in un quartiere periferico e smontarono.


“Che ci facciamo qui?”. Sakaki abbassò gli occhiali da sole ed indicò un edificio dietro di sé.


“Lo vedi quel palazzo? Lì ci abita Kazuhide Noyamura, ricercato per creazione e traffico di documenti falsi, complicità in traffico internazionale di droga, falsa testimonianza e porto abusivo di armi da taglio”


“E che cos’ha a che fare questo tizio con noi?”


“Con TE, pochissimo, per ora. Forse molto, in futuro. Per ME; parecchio, dal momento che mi guadagnerò lo stipendio dei prossimi due mesi pedinandolo perché ci conduca ai suoi amichetti, facendoci scoprire tante cose interessanti”


Ranma lo guardò sbigottito, ma Sakaki gli fece un sorriso complice.
Aveva deciso di coinvolgerlo nella sua attività di investigatore, o quantomeno di farlo provare, per vedere se potesse piacergli.
E senza nemmeno consultarlo.


L’appostamento si rivelò lungo e noioso.


“YAAAWN! Ma dobbiamo proprio aspettare che quel tizio esca? E’ sempre così il tuo lavoro?”


“Non sempre, ma a volte sì. Anche io sono una persona impulsiva, ma per fare questo mestiere, ho dovuto imparare la pazienza”


“Se vuoi sapere il mio parere, è una perdita di tempo. Non sappiamo nemmeno se al momento sia in casa. Potrebbe essere uscito dal retro prima che arrivassimo, per quanto ne sappiamo”


“Secondo i miei informatori, dovrebbe avere una grossa commissione da svolgere: preparare almeno 30 passaporti falsi per dei contrabbandieri che arriveranno il mese prossimo. Con un lavoro del genere, non uscirà mai di casa, è già un miracolo se riuscirà a mangiare e dormire…il nostro compito è appunto seguirlo per vedere a chi li consegna…però, in effetti è strano…non esce ormai da due giorni, e non mi risulta gli abbiano consegnato del cibo da asporto…non vorrei che avesse cambiato i suoi piani”


“Se vuoi, posso andare a controllare che sia in casa. Da quell’albero che dà sulla sua finestra, posso vedere l’interno dell’appartamento. Non preoccuparti, so essere molto discreto”


“Va bene, ma dai solo un’occhiata e torna subito a riferire”


Ranma si arrampicò sull’albero, ma poté confermare che la sua ipotesi era giusta: lo squallido monolocale al primo piano era completamente vuoto, e qualcuno doveva aver usato il tubo della grondaia per scendere nel giardino, dove si notavano orme fresche.


“Allora?” gli chiese Sakaki quando fu di ritorno.


“Il nostro uccellino ha preso il volo!”


“Dannazione! Questa non ci voleva! Se ne dev’essere andato stamattina prima che arrivassimo”


“Cosa intendi fare, ora?”


“Mostrarti un altro piccolo trucco del mestiere”


In breve Sakaki stava armeggiando con la porta dello stabile con degli attrezzi da scasso che portava nascosti in una tasca interna del giubbotto di pelle.


“Sai, non me ne intendo, ma sono proprio sicuro che quello che tu stia facendo sia illegale”


“Un piccolo sacrificio per una giusta causa”.


Dopo la porta d’ingresso, salirono una scala ed inforcarono un corridoio pieno di stanze dove la gente si faceva i fatti suoi.
Poi Sakaki si inchinò per ripetere l’operazione con la porta dell’appartamento di Noyamura, che scattò rapidamente, ma senza lasciare tracce.


Scivolarono all’interno e l’appartamento era un disastro.
Sacchetti di patatine, confezioni di cibo da asporto e bottiglie vuote sul pavimento. Un odore acre di sudore e di chiuso.
Un grande tavolo con accatastati una ventina di passaporti già pronti, una decina ancora da preparare, e tutti gli arnesi del mestiere: pennelli, pennini, taglierini ed altro ancora.


L’attenzione di Sakaki fu però rapidamente attirata da una boccetta di inchiostro multicolore rovesciato sul pavimento.


“Bingo!” esclamò.


“Puoi spiegare anche a me?”


“Ora sappiamo perché il nostro uomo è uscito in tutta fretta.
Era così disperato di finire il lavoro in tempo, e così stanco, che ha rovesciato questo raro inchiostro tipografico per passaporti ed ora non ne ha abbastanza per finire il lavoro.
Devi sapere che per fare un lavoro perfetto, occorre lo stesso tipo di inchiostro dei passaporti originali…quindi, sarà uscito a procurarsene dell’altro”


“Ma…non sarà il genere di roba che si compra in cartoleria”


“Direi proprio di no, ma per fortuna io so dove reperire questa informazione”


“Quindi vuoi proseguire l’indagine? Non potremmo restare qui ed aspettare che torni?” propose Ranma, pensando di aver avuto un’idea brillante.


“Non è un ragionamento sbagliato-concesse Sakaki-ma in questo caso, preferisco non farlo.
Primo, perché anche se la porta non presenta segni di scasso, potrebbe comunque accorgersi di noi e fuggire.
Secondo, perché poi intendo dargli una sbatacchiata per fargli sputare i nomi dei committenti e preferisco farlo lontano da occhi indiscreti…in questo palazzo, anche i muri hanno orecchie”


“Ok, capisco-confermò Saotome-ma non avevi intenzione di pedinarlo per trovare i mandanti?”


“I piani si modificano in base alle circostanze-precisò Sakaki-in questo caso, visto che è uscito di casa, preferisco rintracciarlo fuori di qui, piuttosto che aspettare e rischiare che ci scappi, per qualunque motivo. Tanto-affermò scrocchiando le nocche-ho metodi persuasivi per farlo parlare”.


Dopo una rapida perquisizione-ma non tanto rapida che Ranma non potesse osservare ed apprezzare i metodi di Sakaki, che gli appariva in una luce diversa rispetto sia al bruto ubriacone che al maestro di Karate che conosceva-trovarono una bella mazzetta di yen (di sicuro l’anticipo del lavoro), un coltello a serramanico, un walkie talkie spento, una mappa del porto senza segni, un taccuino scritto fittamente in codice cifrato ed una fondina vuota.


Nel notare quest’ultima, Sakaki si accigliò, ma non disse niente. Invece infilò tutto il resto in una borsa a tracolla di pelle che teneva sulla moto ed uscirono.


Il viaggio stavolta fu un po’ più lungo e li condusse in un’altra zona di Tokyo che Ranma non conosceva.
Si trattava di un quartiere-manco a dirlo, malfamato-che sembrava costituito esclusivamente da negozi dall’apparenza abusiva, coperti di cartelloni pubblicitari come un albero di Natale lo è di luci.
La spazzatura giaceva rovesciata per la strada, dove sciamavano un numero incalcolabile di persone, con tutte le combinazioni possibili ed immaginabili di abiti e di acconciature di capelli e barba.
Ranma notò che parecchi di loro non erano giapponesi, ma-ipotizzò-coreani, vietnamiti e filippini. C’erano anche alcuni sudamericani e perfino qualche occidentale.


Sakaki gli raccomandò di restargli vicino, e dopo aver legato la moto con un lucchetto grande quanto il suo braccio, si avviò con sicurezza in una direzione.


Dopo essere scesi lungo le scale di un seminterrato, entrarono in un locale dal soffitto basso, male illuminato e fumoso come una ciminiera.
Era zeppo di gente che chiacchierava a bassa voce, in crocicchi di quattro o cinque persone, posizionati lungo le pareti.
Ranma non avrebbe saputo dire se fosse un bar, una sala ricevitoria per scommesse sui cavalli-stavano infatti trasmettendo delle corse su dei video alle pareti-od una sala slot.
Probabilmente tutte e tre le cose


Sakaki si mimetizzava perfettamente nell’ambiente.
Con lo sguardo truce, la cicatrice sul viso, gli occhiali da sole ed il giubbotto di pelle aperto sui muscoli scolpiti, sembrava un criminale fatto e finito.
Si avvicinò al bancone del bar e disse al barista con nonchalance:


“Una birra, amico…e delle informazioni” aggiunse, facendo scivolare una banconota da diecimila yen (circa 64 euro, NDA) sotto il bancone.


“Puoi avere l’una ma non necessariamente le altre-affermò il barista, un uomo grassoccio e calvo con gli occhi a fessura-ed a seconda del tipo, non per quel prezzo”


“Tu inizia a cantare, e vediamo se ti concedo il bis-sogghignò il karateka affondando le labbra nella schiuma del boccale-in fondo, il vecchio Matsui mi diceva che questo è il posto migliore della città, per certi servizi”.


“Ti manda Matsui?-domandò l’uomo, squadrandolo-beh, allora si può fare, ma non garantisco di sapere quello che cerchi”


Renma, nel frattempo, a differenza del suo Maestro, dava le spalle al bancone ed osservava mollemente tutti gli altri sfaccendati, per evitare che qualcuno potesse prenderli alle spalle, in caso di necessità. Sakaki gli fece un rapido cenno di approvazione.


“Io invece dico di sì-proseguì il karateka dopo un'altra sorsata-voglio sapere dove è possibile trovare un certo tipo di inchiostro…del tipo del quale risulta un ammanco alla Tipografia di Stato, per intenderci”


“Uhm! Non una richiesta che si sente tutti i giorni. Eppure, tu sei la seconda persona che oggi mi chiede la stessa cosa. Che cos’è, una specie di scommessa?”


“Più che altro, una sorta di gara. Vedi, il tizio che ti ha fatto quella domanda prima di me, è un concorrente del mio capo. Entrambi stanno cercando di guadagnarsi un grosso appalto con gente che paga bene…e sarebbe un peccato se lui arrivasse prima di noi, mi capisci. Ho l’impressione che, di norma, si serva di altri fornitori, ma…di recente c’è stata una scarsità di materia prima”


Il barista parve soddisfatto “Beh, non ti posso garantire che riuscirai ad anticiparlo, ma siete fortunati. C’è un solo mercante in tutto il quartiere che rivende quel genere di roba-oltre ad un mucchio di altra-ed è Raiden, che ha un magazzino a tre isolati da qui. Ma non aprono mai prima delle tre del pomeriggio, perché di solito…lavorano di notte”


L’uomo col ghigno da lupo annuì “Chiaro”


“Quando il tuo…concorrente l’ha saputo, è sembrato disperato. Doveva avere davvero fretta. Ha fatto una mezza scenata, ed i ragazzi hanno dovuto minacciarlo un po’ per farlo calmare. Ha passato un po’ di tempo qui da noi. Ha bevuto un rum e cola, giocato alle macchinette-ma non credo abbia avuto molta fortuna-ed è uscito un’ora fa. Secondo me è andato al magazzino in anticipo per importunare Raiden nel momento stesso che apre-tra parentesi, non una buona idea, quello è uno che non scherza-ma se uscite subito, potete raggiungerlo, credo”.


“Grazie mille, amico. Come arrivo a quel magazzino?”


“Ecco, vi disegno una mappa”


“Perfetto. Quanto ti devo?”


“Nient’altro. Gli amici di Matsui sono miei amici. Ma-aggiunse tenendo la mano premuta sulla mappa invece di lasciarla-se a quel tizio dovesse…succedere qualcosa. Oppure se Raiden fosse…infastidito dalla vostra presenza…io non voglio saperne niente, sia chiaro”.


“Puoi contarci”


Sakaki infilò la mappa in tasca, scolò di colpo il resto della birra e si avviò all’uscita con Ranma senza dire una parola.


Il ragazzo col codino, tornato all’aria aperta, sentiva il bisogno di lavarsi.


“Fiuu. Che bei posticini che frequenti”


“A volte, è necessario, per il lavoro. Dopo un po’ di tempo che svolgi questa attività, gli amici giusti, i nomi giusti da dire, una buona rete di contatti…possono fare miracoli”


Ranma fu contento di avere una mappa perché altrimenti in quel quartiere si sarebbe perso senza speranza e per un attimo capì cosa volesse dire essere Ryoga.


Quando arrivarono al magazzino-un edificio a due piani, in una strada laterale stranamente deserta, con una grossa saracinesca per far passare i camion al piano terra ed enormi vetrate al primo piano-iniziarono ad essere guardinghi.


Prima di entrare, Sakaki gli raccomandò “Qualunque cosa succeda lì dentro, ricorda…lascia parlare me…se succede qualcosa, obbedisci ai miei ordini. Il nostro obiettivo è Noyamura, nessun altro. In caso di problemi, concentrati su di lui, è chiaro?”


“Limpido. Ma perché entrare, e rivelare che lo stiamo cercando, per di più in mezzo a tutti quei banditi? Potremmo aspettare che esca”


“Sì, se non ha già finito, e non se n’è andato di nuovo da un’altra uscita secondaria…nel qual caso, dovrò interrogare quel Raiden, per sapere in che direzione sia andato. Se tornasse a casa sua prima di noi e si accorgesse della porta, o se qualcuno degli inquilini lo avvisasse della visita-improbabile, ma non impossibile-leverebbe le tende e non lo beccheremmo più”


Detto questo, si infilarono sotto la saracinesca mezza sollevata.


Davanti a loro, ad una decina di metri, stava il loro uomo.
Noyamura indossava un vecchio impermeabile beige ed aveva la barba non fatta e gli occhi di chi non dorme da due giorni.


Davanti a lui, i capelli a spazzola e la barba tinta di rosso, un energumeno che doveva essere Raiden, il capo.
Tutto intorno a loro, a semicerchio, non meno di una decina di scagnozzi.


“E voi chi diavolo siete?” berciò uno di loro, vedendo i due sconosciuti.


“Ehi, cosa sono queste maniere?-esordì Sakaki con un sorriso sardonico-è questo il modo di rivolgersi a due clienti paganti?”


“Con quali maniere rivolgersi a chi entra nel mio negozio, lo decido io-dichiarò Raiden, autoritario-anche perché non mi fido dei clienti che non conosco, specie quando ne arrivano ben tre in poche ore. La cosa…mi puzza”


Il ragazzo col codino non riuscì a trattenersi
“Ah, ed io che pensavo che la puzza provenisse da questo postaccio. O da…qualcuno di voi”


Noyamura gettò un rapido sguardo ai nuovi arrivati, poi si rivolse di nuovo al capoccia. Ranma notò che tremava.
“Se-senti, Raiden, tutto questo non mi interessa. Io voglio soltanto pagare e andarmene. Prendi i miei soldi e…”


“NON COSI’ IN FRETTA”


Era Sakaki, che aveva espanso l’aura quel tanto che basta da mettere tutti sull’attenti. Gli scagnozzi sudavano freddo.


“Eheh, scusate la maleducazione, ma…se i miei occhi non mi ingannano, quello è inchiostro tipografico. Scommetto che persino per il famoso Raiden è raro metterci le mani sopra, quindi…non vorrei che fosse l’ultimo che avevi, mi capisci? Che ne diresti…di lasciar perdere quello scricciolo e fare una piccola asta? Te lo pago il triplo di quello che lo paga lui”


Per quanto spaventato, Noyamura protestò “Ehi, ma…non vale! C’ero prima io! E comunque, voi…perché volete quest’inchiostro? Non fate il mio mestiere, si vede lontano un miglio!”


Raiden squadrò i nuovi arrivati. Strinse la presa che aveva su una sbarra di ferro che teneva in mano e la puntò su di loro.


“Sì, in effetti, tutto quest’interesse improvviso mi sembra sospetto. Uno di voi è una spia. O magari tutti e tre lo siete. La vendita è sospesa, vi impacchetterò e vi interrogherò per bene. RAGAZZI! PRENDETELI!”


Ranma non poté che notare come il piano stesse andando a carte quarantotto.
Eppure, Sakaki sembrava aver soppesato la possibilità fin dall’inizio.
Continuava ad espandere l’aura, disintegrando il suo giubbino di pelle, e dai suoi occhi a fessura non si vedevano più le pupille, mentre sorrideva, famelico.


“OH; DAVVERO? Beh, che peccato…speravo di risolverla tra amici, ma in fondo…”


E non appena il primo bandito gli fu addosso, lo fece volare via con un colpo terrificante dato col dorso della mano


“….AVEVO GIUSTO VOGLIA DI SCATENARMI!”


Altro che “potrebbe essere fuggito dall’uscita secondaria”-pensò Ranma-voleva menare le mani fin dall’inizio!


Tutti gli altri furono loro addosso come un sol uomo, circondandoli con atteggiamento minaccioso. I contrabbandieri non avevano armi da fuoco, ma quasi tutti avevano in mano coltelli, bastoni e catene.


Noyamura approfittò della confusione per divincolarsi e fuggire a perdifiato in una direzione qualsiasi.


“RANMA! RICORDATI IL PIANO!”


“Lo seguo!” dichiarò il ragazzo col codino, scavalcando con un balzo i banditi e mettendosi sulle tracce del falsario


“Ma fa’ attenzione! Ha preso una pistola!”


“Ehi! Il ragazzo è veloce!” protestò uno degli scagnozzi.


“Non preoccupatevi, lo riprenderemo dopo-affermò Raiden, saggiando la sbarra di ferro con una mano-ed anche quel piccolo verme che è scappato senza pagare. Il magazzino non ha altre uscite”


“OH, davvero?-disse Sakaki, che ormai emanava fumo dalla bocca-un vero peccato…PER VOI!”


“Basta! Prendetelo!”


Ma mentre i nove banditi lo attaccavano tutti insieme, Sakaki eruppe in una serie di mosse di karate a corta distanza: pugni, parate di avambraccio, colpi col dorso del pugno e col taglio della mano, eseguiti in una guardia molto stretta e ruotando rapidamente in varie direzioni.


<< TETSUKI HYAKUDAN >>***


I contrabbandieri vennero respinti in tutte le direzioni e crollarono a terra, sbaragliati Nessuno di loro aveva una prognosi inferiore alle tre settimane.
Raiden, stranamente non impressionato da quello spettacolo, si avvicinò, soppesando la spranga di ferro tra le mani come se la usasse per applaudire.


“Niente male davvero…non ci sono tanti combattenti di quel livello…quello era Karate, non è vero? Tu non sarai, per caso…?”


“IL KARATEKA DI CENTESIMO DAN; SHIO SAKAKI. PER SERVIRTI”


“Oh-oh, questa volta sono stato scovato da una bestia famelica. Ma non credere che sarà così facile, Shio Sakaki. Il vecchio Raiden non ha studiato le arti marziali, questo è vero-e nel dire questo, quasi a smentirsi, sollevò la spranga con un braccio in quella che sembrava una guardia-ma nelle Risse da Strada è quello che definiresti…di livello Maestro!”


Umpf! Sembra che sarà divertente. Solo Ranma, nel frattempo…vedi di non farti ammazzare dal giocattolo di quel pivellino


●●●●

Ranma stava inseguendo Noyamura per una serie di scale a chiocciola e poi lungo dei corridoi che sembravano infiniti, composti da scaffalature altissime piene di casse di legno. Ogni tanto, il falsario si voltava, isterico, gridandogli di lasciarlo stare.


Ranma lo stava per raggiungere, quando quello si voltò di nuovo, stavolta con una rivoltella a tamburo nella sinistra, e sparò in rapida successione tre colpi.


Ranma non aveva mai affrontato un’arma da fuoco prima.
Vedendo i movimenti dell’uomo, però, ebbe dei riflessi abbastanza pronti da balzare via dalla traiettoria di tiro non appena vide il dito sul grilletto.


Pur avendo velocità e riflessi sovrumani, le pallottole sibilarono e gli passarono vicino…troppo vicino, pensò.


Sudando freddo, intimò all’uomo di fermarsi.
“Finiscila, Noyamura! Conosciamo tutta la storia-mentì-questo posto non ha uscite, ed hai molte più probabilità di cavartela con noi che con quei tizi laggiù…o con i tuoi committenti, se è per quello”


“LASCIATEMI STARE!”


Ranma capì che l’uomo non era abituato all’azione, perciò era diventato isterico.
Però era un isterico con una rivoltella…ed altri tre colpi nel tamburo, almeno. Il ragazzo sperò non ne avesse anche un quarto in canna.


Poiché i corridoi non avevano uscita, nel vedere l’uomo svoltare in una curva, invece di seguirlo, si gettò sulla destra, si arrampicò sulle casse e sbucò dall’altra parte, per tagliargli la strada.


Si calò giù senza far rumore e quando fu abbastanza vicino…


Una pistola. L’arma dei vigliacchi


“FERMO! ULTIMO AVVERTIMENTO!”


Il falsario fu sconvolto di ritrovarselo a tagliargli la strada, appeso alle casse come una scimmia, a dieci metri da terra. Sollevò la pistola e fece fuoco ancora.
“MUORI!”


Ranma si lasciò cadere giù appena vide la pistola sollevarsi.
Il primo proiettile colpì dove si trovava un attimo prima.


Atterrò a terra ed il secondo proiettile passò a mezz’aria, un paio di metri sopra di lui.


Effettò una capriola in avanti, rotolando verso il criminale, ed il terzo ed ultimo proiettile sibilò venti centimetri sopra il suo corpo.


Balzò in piedi davanti a Noyamura, l’espressione insolitamente feroce.


L’uomo per poco non ebbe un infarto, sollevò l’arma un’ultima volta…


…e Ranma la afferrò in una mano e la accartocciò come carta stagnola.


“BASTA con i giocattoli” dichiarò gelido.


Noyamura svenne.


●●●●

 

In altre circostanze, Sakaki si sarebbe divertito, ma in quel momento aveva fretta.


Raiden non millantava la propria fama, ma dopo circa un minuto, con la sua sbarra, aveva solo procurato dei lividi superficiali agli avambracci che il Karateka usava per parare i colpi.


Sakaki sollevò le braccia, piegate ad angolo retto, una sopra il viso, ed una in basso, a coprire le viscere.
Tutta la parte centrale del corpo era scoperta.


<< MOUSOU GAMAE >>****


“Tsk!-sputacchiò Raiden-quella guardia mi sembra…PIENA DI BUCHI!”


Ed attaccò con un affondo molto potente.


Shio abbassò di scatto il braccio destro ed alzò contemporaneamente il sinistro.
L’arma del contrabbandiere rimase incastrata tra i suoi possenti avambracci e si spezzò di netto in tre parti, prima di poter solo sfiorare il suo corpo.


Raiden rimase esterrefatto.


“LA TUA TESTA sarà piena di buchi, vorrai dire…
Sai, mi spiace…vorrei ancora giocare con te…” dichiarò il karateka, caricando il pugno
“…ma purtroppo, ORA HO DA FARE!”


<< DOTSUI SAJIN THRUST! >>*****


E rilasciò un singolo diretto destro, potentissimo, che spaccò la mascella del bandito, gli fece saltare vari denti e lo fece volare, svenuto, sul mucchio di corpi che costituiva la sua ormai ex banda.


Tornato a respirare normalmente, Sakaki dichiarò, tra sé e sé
“Uff! Be’, è stato facile…spero solo che Ranma se la sia cavata”


“Ranma se l’è cavata!” dichiarò l’interessato, saltando giù dalla scala con il falsario appoggiato di traverso su una spalla ed un sorriso soddisfatto.
Sul viso di Sakaki si dipinse un’espressione di sollievo.


“Bene, bene. Quando ho sentito quegli spari, ho temuto il peggio”


“Beh, in effetti non è che non ci abbia provato-concesse il ragazzo col codino-ma non aveva una grande mira. Possiamo dire che mi sia servito come allenamento per imparare a schivare i proiettili col tempismo giusto”


“Sì, forse-disse Sakaki pensieroso-ma ora dobbiamo sbrigarci. Gli spari avranno attirato la polizia-una delle poche cose che può spingerla a venire in forze in quartieri come questi-e fatto scappare tutti gli altri delinquenti nel raggio di un miglio.
Non voglio che questi banditi la passino liscia-non che possano muoversi per tutta la prossima settimana, in effetti-ma non voglio consegnare Noyamura agli agenti prima di averlo fatto cantare.
Facciamo così: io resto qui per parlare con gli sbirri-non ti preoccupare, se faccio il nome dell’ispettore Honmaki e lo chiamano alla radio, non mi arresteranno-e tu porta il nostro prigioniero fino alla mia moto, ed aspettami lì. Non dovrei metterci più di un’ora o due”


Ranma obbedì al suggerimento del Maestro di karate, trasportando il falsario svenuto da sotto le spalle (come se stesse aiutando a camminare un amico che ha avuto una sbronza) con tutta la nonchalance della quale era capace, mentre i residenti fuggivano in tutte le direzioni ed una mezza dozzina di auto della polizia si dirigeva a sirene spiegate verso il magazzino dal quale provenivano.


●●●●

 

Stette seduto nel vicolo sulla moto di Sakaki-tra parentesi, scoprì che gli piaceva-dopo aver legato il prigioniero con la sua stessa cintura, per circa un’ora e mezza, prima di veder arrivare il suo Maestro, a torso nudo, ma con gli occhiali da sole.


“Tutto a posto?”


“Tutto a posto. La polizia non riusciva a crederci. Quel Raiden ha talmente tanti precedenti, ed hanno trovato tante di quelle prove dei suoi traffici che passerà un secolo prima che riveda la luce del sole. Ed ora vediamo…non ha ancora ripreso conoscenza?”


“No. Ed io non l’ho svegliato, era più comodo così che se si fosse messo a strillare”


“Già, un vero cuor di leone” e lo svegliò schiaffeggiandolo leggermente.


Kazuhide Noyamura avrebbe preferito restare nel mondo dei sogni, perché quando si svegliò, si ritrovò in un incubo.
Sakaki riusciva ad essere incredibilmente intimidatorio quando voleva…e spesso, anche quando non voleva.


Nel vedere le lucine sugli occhi, Ranma gli mise una mano sulla spalla “Sakaki…magari anche un po’ meno” mentre il prigioniero sussultava e tremava.


“Non ti preoccupare, facciamo solo due chiacchiere…vero Kazuhide, amico mio?”


“Io…non sono vostro amico! Non vi ho mai visto in vita mia! Cosa volete da me?”


“Informazioni” dichiarò semplicemente il karateka, scrocchiando le nocche.


Il falsario deglutì.


“Cosa…cosa vi serve sapere?”


“Oh, solo un paio di cosette…come ad esempio chi sono gli amici per i quali stai preparando ben trenta passaporti, quando approderanno in Giappone, qual è il loro carico, come si chiama la nave, quando avverrà lo scambio…cose così”


Il falsario, ad ogni dichiarazione, sbiancava sempre di più, rendendosi conto di essere fregato.


“Oh, ed un altro paio di cose-aggiunse, tirando fuori dalla bisaccia le cose che aveva sequestrato in casa sua-voglio conoscere il significato di questa mappa; so che non può essere il luogo nel quale approderanno, perché è il porto civile, non quello commerciale; e naturalmente voglio che tu traduca per noi questo codice cifrato”


“Io…non posso farlo! NON POSSO FARLO!
Voi…non avete idea di chi sia quella gente! Se scoprono che ho parlato, sono un uomo morto!”


Sakaki tirò un pugno dritto davanti a sé, sfondando uno dei mattoni del muro, a dieci centimetri dal viso di Kazuhide.
“MA SE NON PARLI, PRESTO DESIDERERAI DI ESSERE MORTO”


Il poveretto ebbe un sussulto. Ranma sospirò.


“E…e va bene-disse infine, dopo essersi calmato un po’-loro…non so chi siano, mi hanno contattato tramite casella di fermo posta, come faccio con tutti i clienti. Qualcuno doveva averglielo detto.
Arriveranno qui in nave il mese prossimo e non si fidavano a far fare dei passaporti all’estero, volevano un professionista locale. Perciò devo consegnarglieli soltanto il giorno prima che approdino qui”


“Uhm, comincio a capire-disse Sakaki, che era tornato di espressione normale-c’entra qualcosa questa mappa del porto, non è vero?”


“Esatto, loro in questo momento…beh, per tutto il mese, a dire il vero, stanno stazionando appena fuori dalla giurisdizione della Guardia Costiera, pochi chilometri oltre l’inizio delle Acque Internazionali. Quando saranno pronti, entreranno nelle acque territoriali giapponesi ed è allora che consegnerò i passaporti. Un loro complice qui mi porterà da loro nottetempo con un motoscafo, mi pagheranno e tornerò indietro. La mappa serve per sapere dove andare, ma non me l’hanno ancora detto, solo il quadrante: sarà il complice stesso a telefonarmi nel pomeriggio del giorno stabilito”.


“Ingegnoso-commentò Sakaki-ma perché rimanere così a lungo tanto vicino alle coste giapponesi?”


Noyamura esitò un momento, poi pensò che ormai tanto valesse vuotare il sacco del tutto


“A quanto pare, ci sono iniziative internazionali contro il contrabbando che Giappone e Corea del Sud svolgono nel Pacifico in collaborazione con la Marina Statunitense…quindi, per evitare di incappare in una nave da guerra, loro non sono salpati da…da dovunque siano partiti già con un carico illegale, ma faranno uno scambio con altre navi in alto mare”


Ranma fece tanto d’occhi “Davvero? Si tratta di una banda estremamente organizzata, allora”


“E’ così-confermò il falsario-da quanto ho capito, trasportano un carico di pesce surgelato ed è con questa scusa che intendono approdare a Tokyo. Dichiareranno via radio di aver avuto un guasto appena fuori dalle acque territoriali giapponesi per avere la scusa di restare fermi per alcune settimane, fingendo di ripararlo.


Invece, ci saranno una serie di barche più piccole-alcune che fingeranno di essere navi da riparazione, altre sono piccoli pescherecci salpati da tutto il sud est asiatico-che li raggiungeranno, ogni notte, per trasportare a bordo il carico illegale”.


“Un momento-intervenne Ranma-c’è una cosa che non capisco. Se impiegheranno un mese a fare queste operazioni, perché sei così disperatamente di corsa per terminare il tuo lavoro? Da come ti comporti, si direbbe che tu debba consegnare i passaporti tra pochi giorni”


Sakaki scoccò uno sguardo di rispetto per l’osservazione intelligente del ragazzo.


“Perché…loro stessi non sono sicuri di quanto impiegheranno ad effettuare il trasbordo. Se uno solo dei barchini ritarda per qualsiasi motivo, hanno ordine di aspettarlo. Il destinatario giapponese della merce sembra essere inflessibile: se manca anche una sola cassa, non pagherà il pattuito.
Quindi anch’io devo preparare i passaporti il prima possibile e poi restare in attesa di ordini: potrebbero arrivare dopodomani…o fra tre settimane. Ma se non ho pronti TUTTI e trenta i passaporti quando mi chiamano…beh, mi faranno fuori”


Ora era tutto chiaro. Ranma e Sakaki provarono pietà per il falsario e ne capirono, finalmente, lo stato emotivo. Poi l’uomo finì la spiegazione.


“Infine, quando avranno finito, approderanno a Tokyo in piena notte-ma scegliendo uno dei porti più piccoli, di quelli che non lavorano per tutta la giornata”


“Il resto lo immagino-intervenne Sakaki-quella notte stessa, approfittando magari di una mancia all’ufficiale di guardia, arriveranno dei camioncini a portare via il carico illegale e lasceranno a bordo il pesce surgelato che sarà regolarmente scaricato il mattino successivo, come se niente fosse. Non è così?”


“Esatto”


“Bene, bene, un piano davvero geniale. Non vedo l’ora di stringere la mano all’autore di questo capolavoro. Ma c’è solo una cosa che non mi torna…”


Kazuhide chiuse gli occhi, aspettandosi la mazzata.


“Il carico illegale…in che cosa consiste?” sussurrò Sakaki avvicinandosi un po’, con espressione seria.


Il falsario gettò lo sguardo da un lato, non osando guardarlo negli occhi.


“Sono delle casse…sono casse di fucili automatici”


“CHE COOOSA?” Sakaki lo prese per il bavero e lo sollevò di peso.


“HO CAPITO BENE? FUCILI MITRAGLIATORI? E TU LI STAI AIUTANDO A PORTARE ARMI DA GUERRA NEL TUO PAESE; MALEDETTISSIMO BASTARDO?”


Ranma era sconvolto dalla notizia, ma ebbe comunque la prontezza di provare a fermare Sakaki.


“Fermati, Shio! Così lo strozzi!”


Quando il falsario venne rimesso giù, ed ebbe finito di tossire, Sakaki, che lo guardava con espressione spietata, riprese a parlare con più calma.


“Ed il tuo quadernetto in codice cifrato? Cosa c’è scritto?”


“Quello…coff…non è direttamente collegato a loro. Beh, non solo a loro, almeno. Ho preso appunti su ogni lavoro che ho svolto nella mia carriera…sin da quando…mi hanno cacciato dalla Zecca di Stato per i miei problemi col gioco e mi sono messo in proprio…ho segnato gli acquirenti, cosa ho fatto per loro, quanto mi hanno pagato, ogni cosa”.


“Molto bene-riprese Sakaki, di umore migliore-allora adesso ti dico cosa faremo d’ora in poi. Primo, ti riaccompagneremo a casa tua, con l’inchiostro che hai preso da Raiden e tu…finirai il tuo lavoro come se niente fosse”


“Come?”


Anche Ranma era stupito, ma intuì che Sakaki doveva avere un piano.


“Secondo. Quando ti contatteranno per la consegna, tu risponderai normalmente dal tuo walkie talkie, solo che…faremo una piccola modifica”.


Il cacciatore di taglie tirò fuori dalla bisaccia il radiotelefono preso a casa di Kazuhide, ne svitò rapidamente la cassa usando il coltello a serramanico che aveva ivi sequestrato, e lasciò scivolare in mezzo alle componenti elettroniche un piccolo aggeggio che Ranma aveva visto solo nei film, ma che intuì essere una microspia. Poi richiuse il tutto, come prima.


“Terzo. Eseguirai la consegna come previsto, solo che quando il corriere ti avrà lasciato andare…tu verrai preso in consegna dall’Ispettore Honmaki, della polizia di Tokyo”


Kazuhide annuì, troppo emotivamente stanco per preoccuparsi per il suo futuro.
E poi, finire in cella era sempre meglio che finire in una cassa da morto.


“Quarto. Tu rivelerai all’Ispettore il codice cifrato e confesserai TUTTI i tuoi crimini-poi, nel vedere la faccia inorridita del falsario, alzò un po’ la voce, ma al contempo la sua espressione si raddolcì-e testimonierai contro TUTTE le persone alle quali hai venduto documenti falsi, compresi questi ultimi trafficanti d’armi. In questo modo, entrerai nella Protezione Testimoni e nessuno riuscirà a torcerti un capello”


Ora Noyamura lo guardava in modo diverso, come fosse un faro di speranza.


“E poi-aggiunse in tono neutro-una volta che sarai uscito di galera, ti consiglio di farti aiutare per i tuoi problemi col gioco e trovarti un lavoro onesto, per sfruttare i tuoi talenti. Tu non hai la stoffa per fare il criminale, Kazuhide. Se vai avanti con questa vita, prima o poi finirai male”.


L’uomo abbassò lo sguardo. Era quasi commosso
Ranma non aveva mai visto Sakaki comportarsi in modo così ammirevole e la cosa gli scaldò il cuore.


“ED INFINE-riprese il Karateka, cambiando ancora tono-QUINTO: se per caso, in questi giorni, dovesse saltarti lo sghiribizzo di PROVARE a fuggire, raccontare a CHIUNQUE del nostro patto, o lasciarti sfuggire il MINIMO segnale di un problema con i tuoi clienti…finirai come questo giocattolo”


E nel dire questo, Sakaki prese tra pollice ed indice il coltello a serramanico che aveva richiuso e lo pressò, trasformandolo in un tubo di metallo estremamente denso, alto non più un paio di centimetri.


Se Ranma sudò freddo a quella vista, il falsario sbiancò del tutto, facendo “no” freneticamente con la testa.


Qualche decina di minuti dopo, riaccompagnato Kazuhide nel suo quartiere e dopo aver osservato da lontano che l’uomo rientrasse regolarmente nel palazzo, Sakaki si voltò verso Ranma e gli fece un sorriso caloroso.


“Beh, cosa ne dici Saotome? E’ stata una buona giornata di lavoro, non trovi?”


“Sì, varia ed intensa-approvò il ragazzo col codino-ma immagino che il lavoro dell’investigatore non sia sempre così”


“No, in effetti no-ammise il Karateka di Centesimo Dan-come ti dicevo, a volte può essere molto noioso. Ma può comunque dare delle soddisfazioni”


I due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa.


“Allora, cosa ne pensi? Potresti essere interessato a questa carriera? Anche part-time?”


Ranma incrociò le braccia dietro la testa e si stirò.


“Forse. Non ne sicuro. Di certo sarebbe un modo per mettere a frutto alcuni miei talenti…ma dovrei imparare a fare molte altre cose. Però, magari…”


Sakaki fece un ghigno.
“Tutto quello che c’è da imparare posso insegnartelo io, beninteso nei week end. E sei fortunato, ragazzo, perché impareresti dal migliore.
Inoltre-aggiunse-questa indagine non è mica finita. Hai visto l’inizio della storia, vorrai mica perderti la fine?”


Ranma si limitò ad annuire, sorridendo.


◊◊◊◊◊

Quando furono tornati al Ryozampaku erano ormai le sette di sera-Ranma intendeva salutare tutti visto che era sparito all’improvviso, ma anche telefonare a sua madre per avvisarla che sarebbe tornato tardi per cena, prima di farsi riaccompagnare da Sakaki-ma prima di tutto, il ragazzo col codino ebbe una strana sorpresa.


Nel cortile del dojo, in piedi, a parlare con i Maestri, c’era una persona appartenente al suo passato di Nerima, una che pensava non avrebbe mai più rivisto.


Il suo vecchio rivale.


◊◊◊◊◊

 

 
Nota dell'Autore:


Come anticipato, questo capitolo porta Ranma ad esplorare il mondo del crimine con un maestro d'eccezione...avevo voglia di far sviluppare di più il rapporto tra Ranma e Sakaki e non vedo male il codinato ad imparare la sua professione.


L'indagine che stanno seguendo avrà dei risvolti ben più interessanti ai fini della trama, anche se non immediatamente evidenti...aspettate e vedrete.


Non ho resistito alla tentazione di avere Nodoka fare emergere il quadrangolo amoroso tra i ragazzi, per ricordarci che ci deve sempre essere un po' di sano caos, ma mi piaceva l'idea che lo facesse di proposito, con finta ingenuità.
Volevo anche che Ranma avesse un qualche tipo di rapporto con Renka, ma non banale...confidente che fa il tifo per lei e quasi fratello maggiore mi piaceva di più che "finto interesse amoroso n° 478923"


Infine, sono stato cattivello, nel non rivelare chi sia la persona arrivata al Ryozampaku...ma lo scoprirete tra pochi giorni ;)


Legenda


Mukimono*: la maniera tradizionale giapponese di tagliare frutta e verdura in modo decorativo


Manju, Anmitsu, Warabimochi**: i Manju sono dolcetti di farina e riso in polvere con ripieno di marmellata (anko) di fagioli dolci (azuki); l’Anmitsu è un dessert a sua volta composto da anko, che ricopre pezzi di frutta tipo macedonia, servito con agar agar (un gel derivato dalle alghe rosse) disciolto in succo di frutta; il Warabimochi è un dolce di pasta di soia, ricoperto di polvere di sesamo


Tetsuki Hyakudan***: una delle tecniche di Sakaki nel manga; è come l’ho descritta, si traduce come “Demone di Ferro di Centesimo Livello”. Visivamente, ricorda un po’ certe mosse dei Kata Tekki, dello stile Shotokan


Musou Gamae****: una posizione di guardia come descritta, che significa “posizione di guardia suprema/senza rivali”. Sakaki nel manga la usa ad Okinawa, per affrontare la Lancia del Centro


Dotsui Sajin Thrust*****: una delle mosse di Sakaki, un pugno diretto da Karate, però molto più potente del normale 


 
Mini-Guida per il manga di Kenichi:

Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Ranma e Mousse usano il Sei.


Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
 

   
 
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