Questa OS partecipa alla Valentine's Day Challange (II
Edizione) indetta dal forum Siate Curiosi Sempre. Prompt scelto: n. 7 (2023) Cena al lume di candela (ma solo perché c'è stato un blackout). Si colloca temporalmente fra Come prima mai e Qui, ora - Il domani può attendere. N.B. Nessuna spia tedesca è stata maltrattata in questo scritto ù_ù |
Mace
si massaggia le tempie con le dita, prima di chiudere gli occhi e
lasciarsi
andare ad un sonoro sospiro. «Se avessi saputo che avresti
combinato tutto
questo casino, Schmidt… » Dice, riaprendoli
appena, anche se non le serve
granché. «Mi sarei rivolta a qualcun altro.
»
Non riesce a vedere Marie, rintanata com’è nel
sottoscala, dove si trova il
quadro elettrico, ma il tonfo della sua testa contro al legno lo sente
benissimo.
«Scheiße![1]
»
L’imprecazione le arriva forte e chiara, non
può fare a meno di sorridere.
«Ti vorrei ricordare che è di esplosioni che sono
esperta,
Browne… » La sente rispondere:
c’è
una piccola nota piccata nel suo tono di voce.
Incrocia le braccia al petto. «Mi stai dicendo che ti dovrei
essere
riconoscente per avermi solo lasciata completamente
al buio perché, in
alternativa, avresti potuto farmi saltare
in aria la casa? »
Avverte uno scatto e un fiotto di luce la costringe a chiudere di nuovo
gli
occhi verdi con una smorfia: il fatto che l’altra abbia
saputo perfettamente
dove recuperare una torcia, nonostante tutto, le infonde un calore che
non sa
spiegare.
«Visto che sei così spiritosa, la prossima volta
perché non chiami Khadijah? »
Le chiede ironica, lanciandole contro un panno che ha visto momenti
decisamente
migliori: per cosa diamine l’abbia usato lo sa solo lei.
I riflessi di Mason non la tradiscono e la sua mano intercetta rapida
la stoffa
prima che possa finirle addosso. Scuote la testa e le si avvicina: la
torcia
ancora la illumina, neanche fosse sotto interrogatorio. E’ a
meno di mezzo
passo da lei adesso, si alza sulla punta dei piedi e le lascia un
piccolo bacio
sul naso. «Quanto sei permalosa, mein Schätzchen.
[2]»
Il sorriso di Marie muta, fino a diventare un furbo ghigno
laterale. «Il tuo tedesco fa schifo. » Colpisce,
prima di posare la bocca sulla
sua.
La torcia che ha fra le mani smette di ronzare, singhiozza due colpi di
luce e,
in un ultimo rantolo, si spegne.
«Cazzo… » Mason impreca direttamente
sulle labbra di Marie. Le loro fronti si
toccano e si lasciano andare, con un sospiro divertito,
all’assurdità della
situazione.
«Altre torce? » La sente chiedere.
«No… » Confessa: è una delle
tante case di appoggio, in un piccolo paese della
Normandia, e c’è arrivata solo il giorno
precedente, al momento contiene giusto
il minimo indispensabile. «Forse ho delle batterie di
ricambio da qualche
parte… »
I telefoni usa e getta, che sono costrette ad usare da quando sono
diventate
ricercate internazionali, non possono venire in loro soccorso.
«Aspetta! » Un’idea improvvisa la folgora
e si allontana: gli occhi sono ormai
abituati all'assenza di luce, muoversi in quelle stanze
che conosce non le è
particolarmente difficile, arriva al cassetto che le serve in un attimo.
Quando posa sulle mani di Marie quello che ha trovato, percepisce
chiaramente
il suo sopracciglio alzato, anche se non riesce a vederlo bene: tutte
le tende
completamente tirate non aiutano a mitigare
l’oscurità creata dal blackout.
«Una candela? » Chiede, infatti.
«Una candela, sì! » Conferma,
strusciando con decisione un cerino sul bordo
della scatola che ha nell’altra mano.
I loro volti s’illuminano alla luce calda della fiamma: il
fiammifero si
estingue ma passa il suo calore allo stoppino ed impedisce ad entrambe
di
piombare, di nuovo, nel buio.
«Quindi che si fa? » Le chiede Marie, spostando
appena il peso del corpo dal
lato opposto di quello che regge il cero.
«Cena al lume di candela? » Propone. «Lo
so che è tardi ma bisognerà pur
evitare che la roba in frigo vada a male. Io non ho ancora mangiato e,
credo,
neanche tu. »
L’altra conferma, scotendo il capo: metterebbe volentieri
qualcosa sotto ai
denti, se non che si ritrova costretta a fare una più che
logica obiezione. «E
come pensi di cucinarla? » E la sua domanda ha perfettamente
senso, dato che
l’induzione è - per forza di cose - fuori uso.
Mason, però, non si scompone. «Questo non
è un problema mio. »
Marie apre la bocca, sgomenta. «Vuoi dire che sarebbe mio?
»
«Ovvio: » Le risponde. «Tuo il danno, tuo
il rimedio. » La guarda con aria di
sfida. «O vuoi davvero rischiare di mangiare qualcosa
preparato da me e, per di
più, nemmeno cotto. »
Il terrore scurisce un paio di occhi azzurri, ora sgranati per la
paura. «Per
carità, no! Faccio io. »
La supera decisa e sparisce in cucina: prima di girarsi e seguirla,
Mace non
può fare a meno di ridacchiare. La raggiunge che sta
già armeggiando con
qualcosa, va verso il frigo spento e ne tira fuori due birre ancora
fredde. Ne
apre una e la lascia sul bancone accanto a Marie, che la ringrazia con
un cenno
del capo, l’altra la porta con sé ed inizia a
sorseggiarla, mentre si siede
sullo sgabello della penisola.
Guardarla armeggiare con i coltelli è un piacere per
gli occhi: con le
lame ha un dono, non solo quando si tratta di usarle in maniera letale.
«Invece che star lì a far niente,
perché non ti alzi e vai ad apparecchiare
fuori? » Le dice, dandole le spalle. «Non fa
più tanto freddo e, magari,
qualche lampione può venire in nostro soccorso. »
Mace sospira ma fa come dice. Quando scosta le tende, per uscire nel
piccolo
giardino sul retro, ha due tovagliette all’americana sotto
braccio, le posate e
la sua bottiglia di birra in mano: per poco non le scivola tutto sul
pavimento. «Non ci credo… » Sbotta,
incredula.
«A cosa non credi? » Marie è
già lì, proprio dietro di lei. Porta due piatti
di caprese,
graditissima reminiscenza di più di una missione in Italia:
uno in bilico sul
braccio e uno sulla mano; le dita stringono la sua di bottiglia, mentre
dall'altra parte regge la candela. A quanto pare, ha doti anche da
equilibrista.
Mason non sa se ridere o piangere. «Guarda tu stessa.
»
La vede mettere fuori la testa nell’aria della sera, se
così ancora si può
chiamare, dato l’orario: è frizzante ma non
fastidiosa. Si irrigidisce ma non dice
niente.
Curiosa, si sporge un pochino per vederla in viso. Quando i loro
sguardi
s’incrociano, scoppiano a ridere: il blackout non
è circoscritto solo alla casa
ma tutto il paese è completamente al buio, ad eccezione di
qualche generatore
di emergenza sparuto. Fortunatamente è tardi, la maggior
parte degli abitanti è
anziana e tanti dormono già da un bel pezzo.
Decidono comunque di cenare fuori perché l’assenza
di luce artificiale rende
quel cielo limpido uno spettacolo incredibile ed è un vero
peccato rientrare.
Marie fa scivolare qualche goccia di cera sul legno delle scale e fissa
la
candela: si siedono direttamente lì, col riparo del piccolo
patio a proteggerle
dall’umidità che sta pian piano scendendo.
Mangiano in silenzio, completamente
rapite da quella trapunta di stelle che le sovrasta.
Mace dà l’ultimo sorso alla sua birra, lo sguardo
rivolto all’insù: non sa bene
perché ma le costellazioni l’hanno sempre
affascinata. Con la coda dell’occhio,
vede Marie alzarsi e sente il rumore dei piatti che vengono portati
via. Non
ritorna fino in cucina, però, perché non fa in
tempo a muoversi per aiutarla che è di nuovo lì,
con un morbido plaid che le avvolge
sulle spalle: una premura che accetta con piacere.
«Grazie. » Le dice, infatti. Poi, allarga un poco
la coperta e la invita a
sedersi con lei.
Marie le si accomoda accanto e le fa passare un braccio attorno alla
vita, in
modo da rimanere entrambe riparate e disperdere meno calore possibile.
A Mace posarle il capo sulla clavicola viene quasi naturale.
«Grazie. » Le dice
ancora.
Avverte la mandibola dell’altra muoversi, capisce che sta
sorridendo anche
senza vederla. «Mi hai scoperta, vero? »
Annuisce. «Per quanto strano, che avessi fatto saltare
accidentalmente la
centralina elettrica di questa casa potevo anche crederlo: ma tutto il
paese… »
«E’ un modo contorto per farmi un complimento,
Browne? »
«Che ho piena fiducia nelle tue capacità,
già lo sai, Schmidt. » Le dice,
seria. «O non ti metterei la mia vita in mano ad ogni
missione che facciamo
assieme. » La guarda da sotto in su: magari è
colpa della luce della candela,
ma giurerebbe che la glaciale spia tedesca sia appena arrossita.
Marie non dice niente, si sporge un poco e con un soffio deciso le fa
piombare
nel buio della notte: ci sono solo loro e le stelle del cielo.
«Abbiamo ancora dieci minuti, prima che la corrente venga
ripristinata. »
Risponde a quella domanda che non c’è stato
bisogno di farle.
Mason sorride. «Hai pensato proprio a tutto. »
Allaccia una mano alla sua.
«Dov’è stato nascosto il tuo
romanticismo per tutto questo tempo? »
Questa volta, l’altra non abbassa la guardia. «Era
troppo impegnato a prendere a
calci il culo di diverse spie nemiche. » Fa una pausa.
«Il tuo compreso. »
Vuole giocare? Molto bene.
«Ho come l’idea che la tua opinione sul
mio culo sia recentemente cambiata.
» Rilancia.
Un ghigno malizioso si allarga sulle labbra di Marie. «No,
» Contrattacca, piegando
appena il capo. «In realtà, la mia opinione
è sempre la stessa. »
Non serve che dica altro: nei suoi occhi, quello che intende
è palese.
Ha colpito e ha affondato.
Per
una volta Mace è rimasta senza parole e avverte un leggero
calore che dalla
bocca dello stomaco le si irradia verso le guance.
Solo l'assenza di luce la salva dalla sua totale disfatta ma, proprio
in quel
momento, i
cavi elettrici tornano a ronzare in lontananza ed un lampione
lì vicino si
accende.
Merda!
Marie si morde appena le labbra e trattiene a stento una
risata.
«Gongola di meno, Schmidt. » La redarguisce,
dandole una leggera pacca sullo
sterno.
«Gongolo quanto mi pare e piace, Browne. » Ribatte,
prima di posare vittoriosa
le labbra sulle sue. «Rientriamo? » Le chiede, non
appena si stacca.
Mace annuisce e si alzano insieme.
Marie ha decisamente un rapporto migliore con le basse temperature,
perciò le
cede di buon grado la totalità della coperta. La fa entrare
per prima e, poi,
richiude con cura la portafinestra. «Comunque, se vuoi che
venga a trovarti,
non hai bisogno di stupide scuse come queste, lo sai, sì?
» Le dice,
improvvisamente.
Mason sgrana gli occhi: l’ha sempre saputo.
Si stringe un pochino di più
nella coperta. «Scusa. » Le dice. «Pare
che dopo una vita di sotterfugi, non ne
possa più fare a meno. » Piega le labbra in un
sorriso privo di calore.
L’altra le si avvicina. «Sotterfugi che usi anche
adesso per non dirmi quello
che veramente vorresti? »
«Perché devi essere così dannatamente
perspicace? » Sospira: questa volta è
più
divertita che rassegnata. Riporta lo sguardo nel suo. «Sapevo
che saresti
rientrata oggi dalla missione in Portogallo, ma non avevo idea di quale
rifugio
avresti scelto. » Le confessa. «Così ti
ho chiamata per farmi raggiungere e,
per paura che avresti potuto rimandare, ho finto di avere un problema
con
l’impianto elettrico, così da solleticare il tuo
spirito cavalleresco. » Non la
guarda più. «Volevo avere la conferma che stessi
bene. »
Marie scuote appena il capo. «La parte della damigella in
pericolo non ti si
addice affatto. » Le fa presente, confermandole che la
fiducia che ripone in
lei è assolutamente reciproca. «Sto bene.
» La rassicura, un'espressione dolce
sul viso. «E’ andato tutto liscio questa volta, non
ho neanche un graffio. »
Ghigna. «Non posso dire lo stesso degli altri. »
Mace, finalmente, torna a sorridere, questa volta per davvero: la
preoccupazione sparita. «Andiamo a dormire? »
Propone. «Sarai a pezzi. »
«Un po’ di riposo mi farebbe proprio comodo.
» Ammette l’altra e un paio di
lacrime le arrossano gli occhi, per via di uno sbadiglio trattenuto.
«Come minimo, la signora Dumont verrà questa
mattina all’alba a portarti la
colazione. »
Mace ridacchia. «Perché mi abbia preso
così a cuore non l’ho ancora capito. »
«Perché tu piaci a tutti, Mace. »
Se sia per quello che ha detto o per il fatto che l'abbia chiamata
per nome, Mason non lo sa ma si ritrova a scuotere la testa,
per
impedirsi di arrossire di nuovo.
«Sono
ragionevolmente convinta che, se mai dovesse scoprire con chi divido
il mio letto, le
piacerei meno. »
Marie inarca entrambe le sopracciglia. «Ah, sì?
»
«Ha più di novant’anni, che ti aspetti?
» Le chiede, cingendole la vita con le
braccia.
«Quindi preferirebbe un bel giovanotto a scaldare le tue
notti? E sentiamo:
magari ti vorrebbe persino presentare a qualche aitante nipote?
»
Le spalle di Mace sobbalzano appena, a ritmo del suo divertimento.
«Sei
completamente fuori strada. » Le dice, stringendola di
più e allungandosi un
poco. «Ti stupirebbe sapere quanto è avanti sotto
quel punto di vista… »
«E allora cosa? »
«Ti ricordo che siamo in Normandia, Schmidt... » Le
soffia sulle labbra. «Et
t'es une putain d'espionne boche. [3]»
Prompt numero 7 per il 7
Febbraio! Ciao! Continuo a non poter fare a meno di cavalcare l'onda di passione che questa ship mi ha instillato nel cuore ♥ Per la nascita di questa OS, che spero sia riuscita nell'intento di essere sia fluffosa che divertente, devo ringraziare l'iniziativa di Agnese Kogami ♥ (M a k o, qui su EFP) nel suo Forum Siate Curiosi Sempre: l'idea della cena al lume di candela dovuta al blackout mi ha fatto pensare immediatamente a loro due e, non so, la storia si è scritta da sé. Ho questo personalissimo headcanon di Mace non particolarmente dotata ai fornelli (un po' perché non le è mai interessato, un po' per conflitto naturale), mentre credo che Marie se la sappia cavare piuttosto bene, come in tante altre cose, per via del fatto di essersi sempre sentita con la necessità di dimostrare al resto del mondo di non essere come suo padre, dando sempre il meglio in tutto ciò che fa. Eh insomma, ho abbandonato l'ambientazione AU per ritornare sul (post) canon e, come detto, penso che questa storia si possa collocare in mezzo al percorso fra la prima storia che ho scritto su loro due, dove Marie e Mace vengono finalmente a patti con i loro sentimenti, e la seconda, dove hanno un rapporto già, come dire, rodato. Perché sì, qui, sanno cosa provano e se lo sono dette, ma devono ancora imparare a farci i conti, in una vita difficile come la loro. Prima di chiudere, ringrazio doverosamente anche _Lightning_ per la sua graditissima consulenza sulla lingua tedesca, che mi ha fatto mettere parole impronunciabili sulla bocca di Mace XD, e per aver pure chiesto l'aiuto di una fanwriter francese per l'ultima frase: spero di averti ripagato con una delle otto shot fluff che ti devo. Grazie ancora. ♥ Infine, ringrazio voi per aver letto fin qui: qualsiasi segno del vostro passaggio vorrete lasciarmi sarà ben gradito e ve ne sarò immensamente grata. Alla prossima, Cida |
[1] Merda in tedesco.
[2] Aggiungete tutti i vezzeggiativi possibili alla parola Tesoro e avrete la vostra traduzione.
[3] Più o meno il concetto di sei una spia crucca fottuta in francese.