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Autore: lila_ferri    08/02/2024    0 recensioni
Dal prologo: Ogni volta che Harry Potter si affacciava da una delle finestre della casa dei suoi zii, si ritrovava a guardare la solita strada ben asfaltata e, dall’altra parte della via, il numero 5 di Privet Drive. (...) Non c’era niente di strano, se non forse chi ci viveva dentro: zia Petunia la chiamava “la donna soldato” e lo diceva con un tono che a Harry era sempre apparso un po’ denigratorio.
Dal capitolo 1. (...) - Cosa ci fai qui? - (...)
Lui sorrise con quel fare imbarazzato di sempre, come se fosse rimasto il ventenne che aveva visto per l’ultima volta molti anni prima. Poi mostrò la copia della Gazzette del Profeta che teneva in mano. - Devo farti vedere una cosa. Spero di non averti svegliata, ma non potevo aspettare. - Disse.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Prologo

 

Luglio 1989

 

Ogni volta che Harry Potter si affacciava da una delle finestre della casa dei suoi zii, si ritrovava a guardare la solita strada ben asfaltata e, dall’altra parte della via, il numero 5 di Privet Drive. 

Si trattava di una casa uguale a tutte le altre case che si susseguivano lungo tutta la via: una casa squadrata, con un vialetto fatto di sassolini su cui era parcheggiata un’auto BMW dall’aria piuttosto costosa e un giardino con l’irrigazione automatica tutt’attorno. 

Non c’era niente di strano, se non forse chi ci viveva dentro: zia Petunia la chiamava “la donna soldato” e lo diceva con un tono che a Harry era sempre apparso un po’ denigratorio. 

Si trattava di una donna sulla trentina, carina nonostante non si curasse molto del suo aspetto esteriore, con quella zazzera di capelli scuri e scompigliati in testa e i vestiti comodi addosso. Delle volte, davanti agli occhi chiari, la donna portava un paio di occhiali che le davano una vaga aria da mosca, altre invece, quando la mattina usciva di casa per andare a lavorare, gli occhiali le sparivano dal naso dritto, probabilmente grazie all’uso smodato che la donna faceva delle lenti a contatto. 

Per quanto ne sapeva Harry, la donna soldato viveva lì da sempre, eppure lui non aveva idea di quale fosse il suo nome, dato che si era sempre riferito a lei come la signora Hewitt, perché era quello il cognome del marito, anzi, dell’ex marito, ora che ci pensava bene. 

Il signor Hewitt se ne era andato da qualche mese e zia Petunia aveva molte teorie a riguardo: la prima, nonché la più gettonata da tutto il vicinato, si basava tutta sulla convinzione che la donna soldato fosse una poco di buono: il marito aveva scoperto l’ennesimo tradimento e quindi se ne era andato via.

- È una sgualdrina, si vede da come si muove, da come parla! Dobbiamo stare molto attenti a lei, Vernon, caro! - 

Un altro pettegolezzo, invece, puntava sulla diceria che la signora Hewitt fosse in realtà segretamente lesbica:

- Una donna di quell'età, senza figli, con quell’auto da uomo parcheggiata nel vialetto, e con due gatti in casa invece che dei bambini deve di certo avere qualche seria problematica! - Diceva zia Petunia, scuotendo la testa con aria di disgusto. 

A quel punto zio Vernon faceva un verso e diceva: - E persone come lei avrebbero il compito di proteggere noi cittadini per bene? Roba da matti! Mostri! Invertiti! - 

Harry ovviamente non era d’accordo con nessuna delle parole degli zii, tuttavia aveva notato anche lui delle stranezze nella donna soldato. 

Ad esempio sembrava essere amica della signora Figg, ma non amica tanto per dire, no no, loro avevano per davvero un ottimo rapporto: la signora Hewitt andava a prendere il tè dalla signora Figg ogni giovedì, di tanto in tanto la aiutava a fare la spesa o faceva per lei delle commissioni, si prendeva cura dei suoi gatti e la aiutava con il giardinaggio. Spesso le vedeva passeggiare a braccetto lungo la via, e in quelle occasioni aveva visto la signora Hewitt sorridere mentre la signora Figg parlava di chissà che. 

Delle volte Harry l’aveva vista fare dei balletti imbarazzanti e cantare a squarciagola nella privacy della sua casa, dall’altra parte della strada, sulle note di musica risalente a qualche anno prima, quando probabilmente lei era ancora una adolescente, sparata a tutto volume da uno stereo. Di solito, quando ciò accadeva, zio Vernon si ritrovava a borbottare, infastidito da quella musica degenerata, mentre Harry passava il resto della giornata a canticchiare nella sua testa David Bowie, i Queen, i Black Sabbath e, se era un periodo particolarmente allegro per la signora Hewitt, gli ABBA o Elton John. 

Poi c’era il fatto che la donna soldato fosse solita dire “ciao Harry” ogni qual volta in cui incrociava lo sguardo del ragazzino, cosa strana dato che tutti nel vicinato lo consideravano una sorta di appestato. Lo diceva con timidezza, di sfuggita, senza mai fermarsi a guardarlo troppo. Eppure in lei c’era qualcosa di molto familiare, come il ricordo di un sogno… come quel sogno della motocicletta volante che Harry faceva di tanto in tanto.

Per essere una abitante di Little Whinging, la signora Hewitt era indubbiamente un soggetto fuori dall’ordinario: nessun marito, nessun figlio, un lavoro che veniva ritenuto da uomo, una vecchia stramba per amica e un paio di gatti di nome Gin e Tonic a farle compagnia quando tornava a casa. Aveva persino una moto parcheggiata in garage e con cui ogni tanto sfrecciava via per andare chissà dove, non proprio una cosa da signore per bene, almeno secondo zia Petunia. 

La signora Hewitt si faceva gli affari suoi, non si interessava ai pettegolezzi tanto amati dal resto delle donne del vicinato, cosa che la rendeva dunque il soggetto perfetto di cui sparlare. 

Certo, lei non faceva proprio niente per integrarsi, ora che Harry ci pensava su…

Era l’ultimo giorno di luglio, era il suo compleanno, e lui se ne stava seduto da solo sul prato in giardino, gli occhi puntati dall’altra parte della strada. 

La macchina della donna soldato si era appena fermata nel vialetto del numero cinque, l’impianto stereo che suonava Smooth Criminal di Michael Jackson a volume che zio Vernon avrebbe definito “alto in modo inappropriato”. Harry guardò la signora Hewitt scendere dall’auto con un cartone di pizza a seguito e gli venne da sorridere senza un perché. Lei non sembrava avere molti amici, a parte la signora Figg, ma chissà, magari le andava bene così. Magari lei non si sentiva sola.

Come se avesse sentito gli occhi del ragazzino sulla sua nuca, la signora Hewitt si voltò verso il numero quattro di Privet Drive canticchiando e, non appena notò Harry, alzò la mano libera facendo un cenno di saluto. 

Harry ricambiò; almeno qualcuno in quella città lo degnava di essere visto. Poi, dopo un attimo di esitazione, la donna attraversò la strada avvicinandosi. 

Quando fu abbastanza vicina sospirò e si sedette sul prato proprio davanti a lui, lasciandolo un po’ interdetto.

- Ti piace la pizza? - Gli chiese lei, facendo un sorrisetto. 

Harry si limitò ad annuire e allora la donna aprì il cartone che aveva in mano, mostrandone il contenuto. 

- Che sciocca, a chi non piace la pizza, vero? Forza, prendine un pezzo. - Lo esortò. 

Harry sgranò gli occhi dietro le lenti degli occhiali tenute insieme dallo scotch. - Davvero? - Domandò. 

- Davvero. - Fece lei. 

Il bambino la guardò con perplessità e curiosità insieme. Quel giorno lei non portava gli occhiali da vista e i suoi capelli erano legati in una treccia un po’ arruffata. 

Quella donna era strana ma anche… gentile. Quindi erano così le persone gentili? 

Alla fine Harry prese una fetta e la addentò e poco dopo la donna soldato fece lo stesso. 

- Oggi è il tuo compleanno. - Gli disse, dopo aver mandato giù il primo boccone. - Otto anni sono tanti, ormai sei un ometto. - 

- Come fai a saperlo? - Chiese Harry. 

Lei fece un sorrisetto furbo. - Io so tante cose. - Rispose placidamente. Poi allungò una mano verso il viso di Harry, scostando delicatamente i capelli scuri in modo da vedere la cicatrice a forma di saetta che il ragazzino aveva sulla fronte. - Ti fa mai male? - Gli domandò. 

Lui scosse la testa e basta. 

- Molto bene. - Disse prima di alzarsi in piedi, lasciando il cartone di pizza sull’erba. - Mangiala tu, ne hai decisamente molto più bisogno di me. - 

Harry esitò. Probabilmente Petunia e Vernon si sarebbero arrabbiati… 

- Non posso. - Disse. - I miei zii… - 

La signora Hewitt sospirò, ma poi annuì e raccolse il cartone da terra. Poi con la mano libera cercò qualcosa nella borsa che teneva appesa al braccio. Tirò fuori da lì un vecchio portafogli in pelle e poi una banconota da cinquanta sterline. - Puoi comprarci tutta la pizza che vuoi con questi, puoi comprarci anche… che ne so, quello che ti pare, puoi mettere i soldi da parte per una scopa da corsa magari. Ma non farli vedere ai tuoi zii, d’accordo? - 

Harry aggrottò la fronte, incredulo. Aveva otto anni, ma il valore dei soldi non gli era poi così vago. - Una scopa da corsa? Che cosa significa? - La interrogò poi, dopo averci pensato un attimo. 

- Be’... è una scopa, solo che da corsa. - Rispose lei, come se questo potesse spiegare tutto quanto. - Adesso non ci pensare, un giorno capirai… forza, non farti pregare, ragazzino, prendili e basta. - Insistette, con una certa e improvvisa fretta. 

- Perché? - 

La signora Hewitt sbuffò. - Perché è il tuo compleanno e questo è un regalo. - 

Ecco, adesso Harry ne aveva la certezza: la donna soldato era davvero pazza e strana come dicevano tutti. 

Tuttavia prese quella banconota e se la mise timidamente in tasca. 

- Grazie. - Mormorò con fare incerto. 

Lei alzò i lati della bocca. - Buon compleanno, Harry Potter. - Disse poi. 

Si voltò, attraversò di nuovo la strada e, dopo aver preso le chiavi di casa nella borsa, aprì la porta e sparì al di là di essa. 

   
 
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