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Autore: Antonia_P    13/02/2024    1 recensioni
«Lui non c’è più» bisbigliò. Aggrottai la fronte, mi scostai una ciocca di capelli ribelle e mi piegai sulle ginocchia doloranti. Allungai una mano per toccarle la spalla, ma rimasi paralizzata alla vista del suo viso: era identico al mio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dark/Yami Yuugi, Nuovo personaggio, Seto Kaiba
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Your face is like a melody. It won't leave my head. Your soul is haunting me and telling me that everything is fine but I wish I was dead. Il tuo viso è come una melodia. Che non lascia la mia testa. La tua anima mi perseguita dicendomi che va tutto bene, ma vorrei essere morta - Dark Paradise, Lana Del Rey.

*
*

 
Sospirai, mi sedetti alla scrivania a e iniziai a lavorare su alcuni documenti inviatomi da Nancy. Lavorai fino a che l’orologio non segnò l’ora in cui la mia migliore amica sarebbe uscita da scuola. Mi alzai in piedi, mi sistemai gli abiti e me ne andai dall’ufficio che iniziava a starmi stretto. Salutai la mia segretaria con una mano, entrai nell’ascensore e cliccai sul pulsante che segnava l’ultimo piano. Quando giunsi nel parcheggio sotterraneo, uscii dall’abitacolo e mi avvicinai alla macchina che mi aveva portato fino a lì.
 
«Miss Suzuki» disse Paul uscendo dalla macchina immediatamente «Dove vuole che la porti?».
 
Paul aprì lo sportello dell’auto ancora spenta e, quando vi entrai, lo chiuse con un tonfo rumoroso. Mi strinsi nelle spalle coperte dalla giacca scelta quella mattina, abbassai il finestrino e lasciai che l’aria mi accarezzasse il visto stanco: «A scuola» dissi soltanto.
 
Paul annuì, mise in moto l’auto di servizio e iniziò a guidare per le strade trafficate della città. Passammo davanti a vari negozi, ma anche vari appartamenti finché non intravidi qualcosa: del fumo. Abbassai ancor di più il finestrino, allungai il collo e cercai di capire meglio cosa stesse succedendo. Un edificio stava andando a fuoco e le forze dell’ordine stavo provando a contenere l’incendio. E se ci fossero delle persone all’interno? mi domandai mentre facevo segno al mio autista di accostare.
 
«Vuole che intervenga, Padrona?» mormorò una voce maschile che non apparteneva all’uomo seduto al volante.
 
Distolsi lo sguardo dal luogo affollato e lo puntai sulla persona, sullo spirito di fronte a me. Un ragazzo bellissimo dal capo piegato di lato, capelli dorati, gli occhi del medesimo colore ma molto espresivi e le labbra sottili: «Ra» bisbigliai soltanto.
 
Mi passai una mano nei capelli e scesi dal mezzo di trasporto prima che arrivasse la mia guardia del corpo. Feci segno di aspettarmi all’interno dell’abitacolo, attraversai la strada e cercai di farmi spazio: «Desidera che lo spegna, Padrona?» ripeté Ra.
 
Schioccai la lingua rumorosamente indecisa sul da farsi e attenta a non farmi notare feci il giro per poter entrare all’interno. Mi accorsi che per mia fortuna i vigili del fuoco stavano ancora organizzando una modalità di attacco: «Forse sì» risposi.
 
Diedi un calcio abbastanza potente ad una porta chiusa da lucchetto completamente rovinato. Quest’ultimo cadde e io potei entrare nel cuore dell’incendio senza destare troppo sospetti. Lo spirito che mi stava seguendo in silenzio con un movimento della mano lanciò un incantesimo, un vero incantesimo, per proteggermi dalle fiamme sempre più insistenti.
 
«C’è qualcuno?» gridai.
 
Inizialmente non rispose nessuno alla mia richiesta: ero circondata da fuoco, cenere e fumo asfissiante. Quando fui sul punto di andarmene, lo sentii: lo stesso tintinnio che mi aveva distratto quella mattina. C’è qualcosa! Presi coraggio, mi strinsi nelle spalle e continuai a muovermi in mezzo alle fiamme sempre più alte finché non intravidi un campo utilizzato per duellare. Attaccato ad esso un oggetto in oro che sembrava emettere una luce alquanto misteriosa, magica. Ra, al mio fianco, impallidì per qualche secondo e aggrottò la fronte segno che qualcosa non quadrava.
 
«Sai che cos’è?» domandai.
«No» mentii spudoratamente.
 
Storsi il naso davanti a quell’atteggiamento un po’ restio, ma decisi di non soffermarmi al momento. Ero in un edificio sul punto di crollarmi addosso quindi non mi sembrava il caso di litigare con lui. Sospirai, presi un respiro profondo e mi avvicinai all’oggetto sconosciuto che smise di brillare. Lo recuperai a fatica essendo bollente e raccolsi a terra quelli che sembravano pezzi di un puzzle antico. Ra non fiatò. Io passai davanti a lui, evitai alcune fiamme e tornai alla porta che avevo utilizzato per entrare. Una volta accertata che non ci fosse nessuno, diedi le spalle all’edificio e mi diressi verso l’auto.
 
«Ora puoi spegnere l’incendio, Ra» mormorai.
 
Attraversai la strada, aprii la portiera dell’automobile e mi infilai al suo interno silenziosamente. Paul si girò verso di me con uno sguardo che sembrava gridare: che cosa è successo lì dentro? Ma non disse nulla. Mise in moto e lasciò indietro le case, la folla e lo spirito antico che con un movimento della mano spense tutto. Aggrottai la fronte nel vedere un ragazzo dai capelli bianchi, dalla maglia a righe e da un collana dorata dallo stranissimo aspetto.
 
Chi…
 
Strinsi l’oggetto tra le mie mani in segno di protezione, lo infilai in un sacchetto nero trovato in un angolo del sedile e attesi di raggiungere la scuola di Emy. Io e Paul la raggiungemmo in meno di dieci minuti e aspettammo in silenzio finché la mia amica non sbucò dal nulla. Gli occhi sembravano molto più sereni e la mano destra alzata indicava che aveva fatto amicizia con qualcuno. Quando si accorse della mia presenza saltò sul posto, attraversò la strada e raggiunse l’auto.
 
«Sei qui!» esclamò contenta.
«Sono qui» mormorai.
 
In realtà ero arrivata appena in tempo. Se fossi stata qualche minuto in più nell’edificio in fiamme, sarei arrivata in ritardo. Tirai un sospiro di sollievo nella mia mente, aprii lo sportello e lasciai entrare la mia migliore amica. Quest’ultima buttò la cartellina di pelle a terra, si sedette al mio fianco e poggiò la testa sulla mia spalla.
 
«E’ stato faticoso?» indagai.
 
«Abbastanza» fece spallucce «Ma i miei compagni di classe sono stati gentili. Si sono presentati tutti. Tea, una delle ragazze, mi ha prestato persino i suoi appunti per mettermi in pari. Non me lo aspettavo considerato che mi ha conosciuto solo oggi».
 
Sorrisi: «Tutto bene quel che finisce bene».
 
Emy ridacchiò giocherellando con una ciocca di capelli bionda «E tu? Come è andato con quel delegato della Kaiba Corporation?».

Schioccai la lingua mentre mi rendevo conto che non avevo pensato fino a quel momento al mio incontro con Seto Kaiba. Ero stata talmente presa dall’incendio, dallo strano oggetto dorato e dal ragazzo dai capelli bianchi che… non avevo pensato a nient’altro.
 
«Non è venuto nessun delegato» borbottai, passandomi una mano nei capelli castani «In compenso è passato Seto. Seto Kaiba. In persona. Non è cambiato molto, a parte per l’altezza».
 
Emy non proferì parola, poi scoppiò a ridere come se avesse percepito qualcosa a me invisibile: «Prevedo fulmini e saette». Aggrottai la fronte insicura su cosa dire, ma alla fine optai per accarezzarle i capelli biondi. Lanciai un’occhiata al paesaggio esterno che aveva iniziato a cambiare: il sole stava tramontando e i raggi arancioni illuminavano la strada. Tutto sommato il primo giorno in città non era andato male come avevamo immaginato. Emy aveva fatto amicizia ed io ero riuscita a tenere testa a Seto Kaiba.
 
«Siamo arrivati!» esclamò Paul.
 
Svegliai Emy che si era appisolata durante il tragitto sulla mia spalla e assieme a lei uscii. Attraversammo il cancello, il cortile fiorito ed entrai con la mia amica nella casa immersa nell’oscurità. Paul lasciò la borsa in pelle della mia amica a terra e il sacchetto nero sul mobiletto del corridoio e scomparve alla stessa velocità di un fantasma.
 
Accesi la luce, mi trascinai con la mia amica in cucina e mangiai con lei ciò che aveva preparato la governante. Dopo di che parlammo del più e del meno davanti una vasca di gelato al cioccolato e stracciatella. Alla fine del nostro piccolo incontro, ci salutammo per andare a dormire ognuna con i propri pensieri. Prima di salire al piano superiore recuperai il sacchetto nero che sembrava avermi chiamato per tutto il tempo. Quando entrai in camera da letto, mi avvicinai alla scrivania e rovesciai il contenuto del sacchetto.
 
«E ora?» mormorai.


*
*


Buonasera a tutte e tutti coloro che leggeranno questo mio quinto capitolo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Detto ciò ringrazio infinitamente chi ha letto questa nuova versione e chi la commenterà facendomi sentire la sua presenza. Ringrazio chi ha inserito la mia storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.Se tutto va bene, salvo imprevisti o impegni improvvisi, ci sarà un aggiornamento a breve! Grazie ancora per le vostre meravigliose parole.
   
 
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