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Autore: lady lina 77    16/02/2024    1 recensioni
Una AU con protagonisti i personaggi di Poldark creati dal meraviglioso W. Graham.
Siamo in Germania, negli anni neri del nazismo, nell'affascinante Annaberg-Buchholz, in Sassonia, fra boschi, miniere, case a graticcio e antiche tradizioni. Ross Poldark è un giovane tenebroso, volenteroso, proprietario di alcune miniere lasciate in eredità dal padre. Non è ricco ma ha tanta voglia di fare, da lavoro a molte persone che lo aiutano e rispettano ma questo non può bastare: è ebreo, anche se non praticante. E nella Germania di quegli anni questo potrebbe non essergli perdonato.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Dwight Enys, Elizabeth Chynoweth, George Warleggan, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Al ritorno a casa, Demelza trovò Nampara insolitamente buia e silenziosa. Certo, c’era ancora luce ed era primavera, il suo padrone non era solito accendere il lume se non era necessario e poteva anche essere uscito, però la situazione le sembrò ugualmente strana.
Trovò Garrick che sonnecchiava davanti al recinto (ben chiuso) delle galline ma di Ross nessun segno. Era forse uscito nonostante non avesse impegni e non si sentisse affatto bene?
Demelza entrò in casa e in cucina trovò totalmente intatto ciò che aveva lasciato preparato per pranzo al suo padrone. Il cuore prese a battere più forte, stava forse così male da non potersi alzare dal letto per mangiare?
Di corsa salì al piano di sopra e aprì la porta della stanza patronale immersa nella penombra dovuta alle imposte semi-chiuse. Ross Poldark era ancora a letto, avvolto nelle coperte, piuttosto pallido in viso.
L’uomo, sentito l’uscio che si apriva, sollevò il capo. “Non si usa più bussare prima di entrare nella stanza di qualcuno?”.
Demelza si morse il labbro e arrossì. A quanto sembrava lui era ancora di cattivo umore come quella mattina. “Beh ecco, sì… Ma di sotto ho visto il cibo intatto e mi sono preoccupata per un aggravamento delle vostre cond…”.
Ross la bloccò con un gesto della mano, mettendosi a sedere. “Ti ho detto che sto benissimo! Un uomo potrà pur decidere di voler stare a letto nel suo giorno di riposo, no? Sono sano come un pesce!”.
E io ribadisco che è una bugia!” – sbottò lei, picchiando il piede sul pavimento.
Ross la fissò con irritazione. Sapeva di non aver motivo di avercela con lei, che Demelza durante la sua giornata libera poteva fare ciò che voleva ed era abbastanza grande per fare le sue scelte ma era irritato. Forse con se stesso più che con lei perché in quella giornata solitaria non aveva fatto altro che chiedersi cosa Demelza stesse facendo e se quel bell’imbusto inglese le avesse messo le mani addosso. Anche quello non doveva essere affar suo ma l’idea gli faceva ribollire il sangue. Demelza era in grado di tenere alla larga qualsiasi persona a lei sgradita ma se quel ragazzo non le fosse stato sgradito affatto? La osservò in viso chiedendosi se lo avesse baciato, se fosse in qualche modo diversa dalla ragazza che era uscita da quella stessa casa quella mattina ma non riuscì a leggere nulla nella sua espressione. Si sentì in colpa, una sorta di guardone della vita altrui e non capiva perché gli importasse tanto. Ma Demelza era cresciuta con lui, davanti ai suoi occhi si era trasformata in una giovane e bella donna e l’istinto di protezione e il ruolo padrone/domestica facevano ormai a pugni con l’attrazione che provava verso quella ragazza che stava sbocciando. Non la amava, non voleva più amare nessuno dopo essersi scottato con Elizabeth ma la desiderava e sarebbe stato sciocco non ammetterlo a se stesso. E questo lo confondeva perché non capiva da cosa nascessero questi istinti verso una persona che fino a poco tempo prima vedeva come una pestifera ed impertinente ragazzina. Non poteva cedere a certi istinti, farsi avanti… Intanto non era detto che lei nutrisse un qualche genere di interesse per lui, non aveva nulla da offrirle, era tedesca e lui ebreo e un rapporto fra loro non avrebbe fatto altro che metterla in pericolo ed inoltre non sarebbe stato giusto. Demelza meritava ben altro, amore e affetto sinceri e non un uomo che provava per lei pura e semplice attrazione. Non che non le volesse bene, gliene voleva molto e rispettava la sua intelligenza e il suo acume, adorava il rapporto amichevole e famigliare che si era instaurato fra loro ma questo non poteva bastare. Non per lui e i suoi dettami morali. “Quando fai così, sembri proprio una mocciosa. Solo i mocciosi picchiano il piede a terra”.
Anche far finta di essere un uomo di ferro che non si ammala e che invece se ne sta a letto come un cencio stropicciato, bianco come un fantasma, è da mocciosi”.
Colpito e affondato. Ecco, c’era un’altra cosa che apprezzava in lei, la sua mancanza di peli sulla lingua. Quando Demelza metteva in luce questo lato del suo carattere davanti agli altri lo trovava divertente, un po’ più difficile era gestirlo quando lo faceva con lui migliorando la sua tecnica di volta in volta. “Sembro un cencio stropicciato?”.
Sembrate uno con la febbre”.
Ho mal di testa, tutto qui”. Era vero ed era atroce, un dolore fisso sulle tempie che pulsava senza sosta e forse aveva anche la febbre ma ostinatamente non voleva ammetterlo.
Demelza si sentì in colpa per essere uscita perché benché lui minimizzasse, era palese che fosse malato. “Volete che chiami Dwight?”.
No”.
Signore, ma…”.
NON-HO-NULLA!”.
La ragazza non si scoraggiò e si avvicinò, appoggiandogli dolcemente la mano fresca sulla fronte. Faceva così quando era bambina e i suoi fratelli parevano malati… “Scottate. Non molto ma un po’ si”.
Ross sentì un brivido a quel contatto. Demelza era gentile, era palese che si preoccupasse per lui e in cambio stava ricevendo solo scortesia e saccenza. “Non è nulla, domani starò meglio”.
Demelza si sedette al suo fianco. “Se mi aveste detto di non stare bene stamattina, non sarei uscita. Non avete nemmeno toccato cibo e non è da voi”.
Era il tuo giorno libero e avevi un appuntamento!”.
Demelza arrossì. “Non era un appuntamento!”.
Certo, non era un appuntamento come io non ho la febbre” – rispose Ross, sarcastico.
Demelza sospirò, divertita nonostante tutto. “E’ così importante definire la nostra giornata?”.
Si trovò d’accordo con lei. Lui aveva indubbiamente la febbre e lei era uscita con un ragazzo, tutto banalmente qui, senza motivo di recriminazione. “Non sei obbligata a stare a casa, sei una persona libera e hai diritto al tuo giorno di riposo”.
Sarei rimasta a casa volentieri”.
Non sapeva se crederle o no ma sapeva che era sincera per quanto riguardava il suo stato di salute. “Non ho nulla di grave, una buona dormita e domani sarò come nuovo”. Avrebbe voluto aggiungere che le era mancata e che sì, le avrebbe fatto piacere saperla in casa quel giorno ma ovviamente non poteva farlo, andava oltre al loro rapporto che doveva rimanere strettamente professionale. “Com’è stata la tua giornata?” – chiese infine, cambiando discorso volontariamente.
Lei si trovò in imbarazzo. Non sapeva perché ma raccontare a Ross Poldark di Hugh Armitage la metteva a disagio. “E’ stata bella… più o meno”.
Ross entrò in allarme. L’inglesino aveva tentato qualche approccio esagerato? “Più o meno?”.
Durante il pic-nic sono stata costretta a fare un brindisi al furher” – rispose, sospirando.
Ross si trovò a mascherare un sorriso, trovava a suo modo divertente l’avversione di quella ragazza puramente ariana per Adolf Hitler. “Capisco…”.
Demelza si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra. “A parte questo però, è stata una giornata piacevole, divertente. Non mi capita spesso di uscire con ragazzi della mia età e a parte Caroline, non vedo mai praticamente nessuno dei miei coetanei del paese. E’ bello ogni tanto essere solo una ragazza…”.
Ross la osservò, trovandosi a pensare a quanto, da sempre, la vita di quella giovane donna fosse stata dura. Orfana di madre da piccolissima, sei fratellini di cui prendersi cura, un padre alcolista e violento, un lavoro presso di lui come domestica e forse mai un vero sogno o ambizione da perseguire. Demelza era stata cresciuta con l’idea che fosse adatta solo a lavorare e ora che stava iniziando a formare una personalità propria – una forte personalità – sentiva giustamente il bisogno di vivere la spensieratezza della sua età. La capiva, in fondo nemmeno lui aveva avuto una infanzia e una giovinezza libere da pensieri e anche se in fondo aveva potuto trovare il tempo di fare il ragazzino e cacciarsi nei guai vivendo i rischi dell’età, sentiva su di se il peso di una madre assente e un padre con la mente addolorata e lontana. Né lui né Demelza erano cresciuti attorniati dal cosidetto ‘focolare domestico’ e questo gliela faceva sentire incredibilmente vicina in quel momento. “Capisco, davvero. Forse dovresti uscire più spesso”.
Demelza, a quelle parole, ripensò a quanto dettole da Hugh. “Può essere pericoloso. Per via di Hitler, sapete…”.
Sei tedesca e ariana, puoi fare ciò che vuoi”.
Ma non so fingere troppo bene. Il mio scarso entusiasmo per il furher prima o poi mi tradirà!”.
Ross scoppiò a ridere a quelle parole. “Chi ti ha detto una cosa simile?”.
La ragazza sospirò. “Quel ragazzo, Hugh” – sussurrò, arrossendo.
Hugh… Nel sentire quel nome, Ross si irrigidì. Ecco il punto del discorso, il tarlo che lo aveva divorato tutto il giorno. Quel nome sentiva di detestarlo anche se non conosceva il proprietario. Ma era giovane, inglese, non ebreo e acculturato. Tutto ciò poteva apparire estremamente seducente agli occhi di una giovane ragazza. “Che gli hai detto?” – chiese, allarmato che lei si fosse sbottonata troppo nel parlargli dei suoi sentimenti verso il nazismo.
Nulla di compromettente, sono stata attenta”.
Lui la bloccò. “Ci sono spie ov…”.
Anche lei lo fermò. “Ovunque, lo so”. Avrebbe voluto aggiungere che secondo lei Hugh non lo era affatto ma qualche cosa del suo istinto la bloccò. In fondo le spie non erano mica abili a cammuffarsi? Difficilmente un giovane studente inglese poteva esserlo ma sapeva anche che perorare quella causa davanti a Ross Poldark l’avrebbe condotta a una cocente sconfitta. Lui avrebbe trovato mille valide ragioni per farglielo sembrare sospetto e sapeva che quelle mille ragioni potevano essere plausibilissime.
Ross si accorse che quel silenzio nascondeva imbarazzo. “E’ andato tutto bene con lui? Ti sei divertita?”.
Demelza sorrise. “Sì, siamo stati al cinematografo a vedere quel film di animazione di Walt Disney, Biancaneve. Ohh, è stato così magico!”.
Ross alzò un sopracciglio. Un maschio, UN RAGAZZO, che andava a vedere cartoni animati per bambini? Iniziava a provare curiosità per questo Hugh… “Non che mi intenda di cinema ma questo Disney non fa mica cose per ragazzini?”.
Gli occhi di Demelza brillarono. “Oh, no, non solo! Lui crea magie e la magia è bella per tutti!”.
Per una ragazza di certo” – obiettò Ross – “ma un giovane uomo…”.
Demelza lo bloccò. “Sembrate il furher”.
Scusa?”.
Lei alzò le spalle e ironicamente imitò la voce di Hitler. “Gli uomini devono fare la guerra con nervi di acciaio, essere pronti a morire per la patria e non possono permettersi debolezze e sentimentalismi”. Annuì, fiera della sua interpretazione. “Lui direbbe così!”.
Ross rise, in effetti il ragionamento non faceva una piega. “Ok, magari un uomo potrebbe essere una buona via di mezzo fra un combattente ariano e uno che va a vedere un cartone animato”.
Demelza ci pensò su. “Non c’è niente di male ad andare al cinematografo a vedere un cartone animato”. Ne era estremamente convinta e sapeva che anche Hugh lo aveva trovato divertente.
Ross sospirò. Nonostante la conversazione fra loro fosse diventata improvvisamente piacevole, stavano avvicinandosi a un livello di confronto troppo personale. “Demelza, sicuramente Hugh ti ha accompagnata unicamente per compiacerti”. Non voleva dirlo ma non riuscì a frenarsi…
Lei parve non capire. “Perché avrebbe dovuto farlo? Se non fosse stato interessato, sarebbe bastato dirlo e avremmo cambiato programma. Hugh è un artista, un poeta, uno studioso… Credo trovi affascinante la tecnica dell’animazione”.
Ancora una volta, Ross non riuscì a trattenersi. “Credo trovi più affascinante te… Per questo ti ha chiesto di uscire”.
Quelle parole la riempirono di imbarazzo e non riuscì a trattenersi dall’arrossire. “Vi… sbagliate. Come potrebbe interessarsi a me un giovane colto come Hugh?”. Era impossibile anche solo pensarlo!
Perché non dovrebbe?” – insistette Ross – “Avete circa la stessa età, siete liberi e abbastanza grandi per questo genere di cose”. Dirlo ad alta voce faceva male, così come la consapevolezza che stava spingendosi troppo oltre, forse per metterla in guardia, forse per farle capire qualcosa di se stesso oltre che di Hugh. I sentimenti e le pulsioni di un uomo verso una donna erano uguali ad ogni latitudine del mondo dopo tutto e un giovane ventenne bombardato dagli ormoni della pubertà non poteva che desiderare carnalmente una giovane ragazza in fiore come Demelza.
La risposta di Demelza interruppe il flusso dei suoi pensieri. “E’ uno studioso, signore. Inglese, colto, un universitario che presto tornerà a casa. Cosa potrebbe trovarci di interessante in una domestica quasi analfabeta che non ha mai messo il naso fuori da questo paesello?”.
Ross provò un momento di gioia. “Sta per tornare in Inghilterra?”.
Sì, a fine semestre”.
Quindi non lo rivedrai più?”.
Lei scosse la testa. “No, non credo, non lo so… Mi ha detto che mi scriverà però. Devo esercitarmi meglio nella lettura e nella scrittura, la sera. Almeno saprò rispondergli in modo comprensibile”.
Ross abbassò il capo, pensieroso. Improvvisamente in mal di testa era aumentato. “Quindi ci tieni al fatto che ti scriva?”.
Credo di sì, è un ragazzo così piacevole e gentile. E sa così tante cose anche del nostro paese che è bello parlarci e discuterne”.
Solo per questo?”. D’accordo, stava andando decisamente troppo sul personale, Ross lo sapeva. Ma interrompere quella conversazione stava diventando una impresa sempre più impossibile.
In che senso?”.
Ross scosse la testa. “Avanti Demelza! Lui è quasi un uomo, tu quasi una donna, non siete più ragazzini e alla vostra età, se si desiderano la compagnia di qualcuno e le sue attenzioni, non è certo per andare al cinema a vedere un cartone animato. Non solo per questo, almeno…”.
Lo sguardo di Demelza si indurì, le dava fastidio che lui sentisse il bisogno di farle quella ramanzina. “Non sono una ragazzina e so bene cosa succede fra un uomo e una donna! Ma Hugh è stato un gentiluomo educato e semplicemente ha provato piacere a passare un pomeriggio con me! Non so se l’abbia fatto per compiacermi, forse sì ma sicuramente ha fatto qualcosa che piaceva anche a lui. E voi non siete mio padre per dirmi queste cose!”.
Spesso, quando le cose fra loro diventavano personali, Demelza gli ricordava che lui non era suo padre e se fino a poco tempo prima in effetti a volte si sentiva in dovere di essere la figura adulta che guidava le azioni della ragazza, ora le cose erano diverse. Era bella, desiderabile, per lui quanto sicuramente per Hugh e qualsiasi altro ragazzo. “Non mi sento decisamente tuo padre e questo vorrei che fosse chiaro una volta per tutte!”.
E allora perché mi dite queste cose?”.
Ross la fissò a lungo, non sapendo come uscirne. Era stato lui a portare la conversazione verso binari che sarebbe stato meglio evitare ed ora non poteva tirarsi indietro nascondendosi con mezze frasi e allusioni generiche. “Perché… forse… un po’ ero preoccupato dal saperti sola con quel ragazzo straniero”.
Preoccupato?”.
Forse non è la parola giusta Demelza… E forse non dovremmo nemmeno avere questa conversazione”.
Lei si morse il labbro, con il cuore che le martellava nel petto. C’era qualcosa di altamente personale fra loro, qualcosa a cui forse non aveva mai osato sperare e pensare e che magari non aveva la maturità per comprendere appieno ma sentiva che doveva insistere visto che Ross sembrava non riuscire a essere sincero del tutto e pareva frenarsi. “L’avete iniziata voi questa conversazione, non io!”.
Lo so, non ricordarmelo”.
Demelza strinse la stoffa della sua gonna, stropicciandola con la mano. “Ma dubito si possa tornare indietro, quindi forse dovreste dirmi quello che sentite e che volete intendere”.
Io credo che forse non dovrei! Magari straparlo, magari ho davvero solo la febbre!”.
Demelza scosse la testa. “Non siete moribondo!”.
Ross sorrise, nonostante tutto era affascinante il suo strano sarcasmo. Prese un profondo respiro, forse affrontare il nocciolo della questione lo avrebbe aiutato a vedere le cose in una prospettiva più innocente e meno compromettente per entrambi. “Credo mi desse… fastidio… saperti al cinema con quel tizio”.
Demelza rimase in silenzio alcuni istanti dopo quelle parole. Poi prese un profondo respiro. “Avreste potuto venirci voi al suo posto… Ve l’ho chiesto tante volte, tante volte mi avete promesso che lo avreste fatto e invece avete sempre trovato una scusa”.
Non amo il cinema, lo sai! E inoltre le leggi mi vietano di venire nei luoghi pubblici destinati agli ariani”.
Demelza scosse la testa, stava trovando mille scuse patetiche. “Le leggi che lo vietano esistono, è vero! Ma non da così tanto tempo e fino a poco fa avreste potuto…”.
Non è una cosa che mi appassiona… Nemmeno la radio, nemmeno tutte le cose tecnologiche che stanno inventando e che invece voi sembrate apprezzare tanto!” – tentò di giustificarsi.
Come fate a dirlo se nemmeno le avete provate? Molte di quelle invenzioni aiutano a renderci la vita meno pesante e difficile. Non parlo del cinema ma gli elettrodomestici… E comunque non è un peccato divertirsi con musica e cinema, ogni tanto. La vita non deve essere fatta di solo lavoro e doveri” – ribatté lei.
Ross alzò lo sguardo su di lei che in quel confronto pareva schiacciarlo dimostrando una maturità decisamente superiore ai suoi anni. Continuava a ostinarsi nel volerla trattare da ragazzina, si sentiva in colpa per l’attrazione che provava verso di lei e non riusciva ad accettare di avere davanti una donna ormai fatta e finita, intelligente, scaltra, saggia oltre che molto bella. “Mio padre mi diceva sempre, in effetti, che la mia cocciutaggine non mi permetteva, a volte, di guardare oltre…”.
Demelza si avvicinò alla finestra, osservando il bellissimo tramonto primaverile che si dipanava fuori dalla stanza. La natura era un tripudio di colori e il cielo, terso e limpido, sembrava quasi beffardamente appoggiarsi su un mondo e su anime in subbuglio. La ragazza pensò al suo padrone, un uomo che, da quando l’aveva conosciuto, aveva venerato. Affascinante, gentile, giusto, dal carattere a volte complicato ma che non poteva non colpire chi sapeva e voleva conoscerlo bene. Era testardo, spesso diventava un mulo e se si fossilizzava sulle sue idee era difficile fargliele cambiare ma anche questo faceva parte del suo fascino ai suoi occhi. Per Demelza, negli anni, l’ammirazione infantile si era trasformata pian piano in profonda riconoscenza e fiducia incrollabile nonché in un totale senso di appartenenza a lui e a quella casa. Era un uomo che, quando la guardava, le faceva ribollire il sangue come nessuno e che giudicava bello come e più di un divo del cinema. Se ne sentiva attratta certe volte e forse avrebbe dovuto dirgli che nessun Hugh Armitage avrebbe potuto competere con la visione che aveva di lui, ma… Aveva senso aprirsi a lui, al suo padrone, in quel modo? Lei, una misera piccola stracciona presa per pietà come domestica come poteva anche solo pensare di esporre certi pensieri a un uomo come Ross Poldark? Un uomo un tempo – e forse anche adesso – innamorato di una dea vivente come Elizabeth, che cosa poteva vedere in una ragazzina come lei? La verità era che negli anni Ross per lei era diventato tutto,  tanto da non toglierselo dalla testa nel suo giorno di riposo a spasso con un altro uomo, sapendolo malato. Ma l’altra faccia della medaglia era che sicuramente per lui non era così. Però sapere che era stato preoccupato sapendola in compagnia di un giovane che magari poteva non essersi comportato un gentiluomo, le aveva scaldato il cuore. Improvvisamente i ricordi del piacevole pomeriggio con Hugh sparirono lasciando spazio a un forte desiderio di dirgli anche solo in parte come si sentiva. “Se mi aveste chiesto, detto, di voler venire al cinematografo con me, io ne sarei stata felice. Non ci avrei messo mezzo secondo ad annullare l’uscita con gli altri ragazzi e con Hugh. Me lo avete promesso un sacco di volte ma non lo avete fatto mai! E lo so, a volte le bugie si raccontano per far star zitti i bambini troppo insistenti e quindi da un po’ non ve lo chiedo più ma ci sarei venuta davvero, con voi, oggi, a vedere Biancaneve o qualunque altra cosa voi aveste proposto”.
Parlò senza voltarsi, con lo sguardo rivolto verso la finestra, dandogli le spalle, in un tono decisamente serio. Difficilmente lui ricordava di averla mai sentita parlare in modo tanto serio…
D’istinto Ross si alzò dal letto e la raggiunse, poggiandogli le braccia sulle spalle e costringendola a voltarsi. “Non ti vedo e non ti tratto come una bambina, tutt’altro. Forse un tempo è stato così ma ti assicuro che da un po’ le cose sono decisamente cambiate. Ed è questo il problema”.
Demelza sussultò. “Cosa intendete?”.
Ross alzò la mano, sfiorandole d’istinto una ciocca di capelli che le sfiorava la guancia. Forse era giusto essere onesti visto che Demelza lo era e si stava dimostrando abbastanza adulta per quella conversazione. “Intendo che vederti come una bambina era molto più facile. Ma ora non è più così e no, non ti voglio fare da padre o da mentore o fratello maggiore. E a volte certo di mantenere le distanze per evitare di essere troppo vicino a te. Hugh, io, chiunque altro siamo uomini, nient’altro che uomini con istinti a volte forti per essere tenuti a bada. Proviamo desiderio quando guardiamo una donna e spesso quel desiderio è guidato puramente da istinti egoistici”.
Demelza sussultò, arrossendo. “Desiderio? Parlate di…”.
Ross le si avvicinò ulteriormente, ormai i loro visi erano a pochi centimetri. “Parlo di ciò che è evidente. A me, a Hugh e sicuramente a qualcun altro. Sei cresciuta, sei bella e noi uomini ci sentiamo attratti davanti a una giovane che diventa donna come lo sei diventata tu. Ma quel desiderio è un bene o un male? Nel mio caso lo avverto e lo sento come un male”.
Demelza si sentì vorticare il mondo attorno. Lui stava dicendo che era attratto da lei? Aveva davvero capito bene? Perché conosceva l’amore solo da quanto visto nei film al cinematografo ma non ne aveva esperienza e non era certa di aver compreso appieno quello che il suo padrone le stava dicendo. Ma di una cosa era certa, però! “Credo che voi pensiate troppo” – si azzardò a dire.
Come?”. Era sarcastica o seria? “Hai idea di chi sono, della mia età e della politica di questo dannato paese?”.
Demelza alzò lo sguardo su di lui e i suoi occhi azzurri erano di fuoco. “Sì, pensate troppo a cose in cui forse dovreste farvi guidare dall’istinto. Avete dieci anni più di me, non così tanti. Siete un uomo onesto e vivete sentimenti umani e sì, so anche cosa vive questo paese visto che devo indossare da anni quella dannata divisa da ragazza della gioventù hitleriana che odio. Ma so anche che questa è la vostra casa, che ci vivo da anni e qui comandate voi, non Hitler e le sue leggi! Di certo quelle leggi non hanno mai comandato ME! Sto dicendo che, se ho compreso bene, ciò che mi avete detto mi rende felice e che se è quello che sentite, non sarò io a fermarvi, tutt’altro…”.
Ross dovette far resistenza a se stesso per non baciarla, spingerla sul letto e farla sua. Con gli ultimi brandelli di coscienza che gli rimanevano prima dell’oblio, tentò una ultima difesa. “Non sono l’uomo per te, non lo sono più per nessuno dopo Elizabeth e i miei sono sentimenti tutt’altro che romantici. Non fa per me l’amore e non voglio provarlo. Provo desiderio, davvero questo ti basta?”.
Sì, le bastava perché sapeva che Ross era troppo severo verso se stesso e aveva tanto da dare ad una donna anche se sembrava aver chiuso il suo cuore. Sapeva che non l’amava, non era tanto sciocca da illudersi di una cosa del genere, ma sapeva di volerlo e che essere desiderata da lui era quasi come un sogno che si avverava. Se pensava alla sua prima volta, a quel rapporto fra uomo e donna spesso accennato ma mai spiegato fino in fondo da Caroline, era con lui che voleva avvenisse, era un desiderio che aveva cullato segretamente anche da se stessa da tanto. “Mi basta, sì”.
Non essere sciocca!”.
Lei alzò lo sguardo, decisa. “Non sono sciocca e non mi getto via. So bene del vostro rapporto con  Elizabeth e di certo non posso competere con lei ai vostri occhi. Ma so che tenete a me, so che non volete ferirmi e lo so perché avete mille preoccupazioni a mio riguardo. Mi basta, mi basta solo questo, davvero! E’ più di quanto chiunque abbia provato per me da quando sono nata”.
Ti farò del male!”.
No, non credo!”.
Ross scosse la testa, tentò di resisterle ma dovette cedere. Le strinse la vita, la attirò a se e poi la baciò furiosamente sulle labbra. Labbra mai toccate da nessuno, era felice che Hugh non le avesse violate.
Demelza rispose al bacio, tremando per quelle sensazioni nuove e quel contatto fisico mai vissuto prima. Santo cielo, si sentiva ribollire e Ross altrettanto.
Ma quando lui la strinse a se facendole avvertire il suo corpo e la sua virilità, si irrigidì e avvertendolo, Ross si staccò da lei.
Demelza, vattene!”.
Signore, io…”.
Lui si allontanò, con notevole fatica. Non poteva permettere che succedesse, troppi erano i rischi e troppo poco ciò che poteva offrirle. “Vattene! Vai nella tua stanza e restaci!”.
Ferita, Demelza indietreggiò. “Non voglio!”.
Lo sguardo di Ross si fece furioso, doveva cacciarla, per il suo bene! “Vattene e dimentichiamoci di tutto questo! Vattene o dovrò rimandarti da tuo padre!”.
A quella minaccia, gli occhi di Demelza si riempirono di lacrime. Indietreggiò, si avvicinò alla porta e sparì dietro all’uscio.
Ross la lasciò andare prima di chiudere la porta e dare un pugno alla parete. Il corpo gli faceva quasi male e il bisogno di allontanarla faceva a botte con il suo desiderio per lei. E ora che ne sarebbe stato del loro rapporto e della loro amicizia? Come avrebbero potuto proseguire come se nulla fosse stato? Come avrebbe potuto resisterle?
Non doveva succedere, non doveva!!!


  
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