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Autore: Ranma789    21/02/2024    1 recensioni
E se Ranma arrivasse al Ryozampaku, il dojo dei folli Maestri di Kenichi, per addestrarsi?
Come la prenderebbe Kenichi, e che rapporto avrebbe Ranma con Miu, una persona con la quale ha molto in comune?
E perché Ranma, un anno dopo il matrimonio fallito, vive da solo con sua madre e non ha più rapporti con Genma, con i Tendo e, soprattutto, con Akane?
Cosa lo ha spinto a rinnegare la sua vita passata a Nerima?
Allenarsi al Ryozampaku potrebbe aiutarlo a crescere e ad assumersi quelle responsabilità che ha sempre rifuggito, accettando il suo destino di diventare un Maestro.
Ma quando Kenichi e l'Alleanza Shimpaku si troveranno in pericolo, sarà solo collaborando che potranno salvarsi tutti...sempre che il cuore non ci metta lo zampino, e che la gelosia non rovini tutto. Ancora una volta.
Nota: per Kenichi, la fiction si svolge circa tre mesi dopo la fine del manga, per Ranma un anno dopo il diploma
[CROSSOVER RANMA 1/2 e KENICHI THE MIGHTIEST DISCIPLE]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nodoka Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le cose al Ryozampaku sembravano essere tornate alla normalità.
Era Mercoledì pomeriggio, Kenichi si stava allenando con Renka sotto la guida di Kensei e Ranma li osservava, sgranocchiando patatine stando sdraiato sulla pancia sopra ad una grossa ruota di pietra che veniva usata per l’allenamento. Anche Shigure faceva lo stesso, guardandoli però dalla grondaia.

Per quel giorno, “Ranko” aveva imposto a Kisara di passare l’intero pomeriggio a tirare calci dentro una piscina, per vincere la resistenza dell’acqua, quindi non doveva supervisionarne l’allenamento.

Tuttavia, mentre osservava gli esercizi dei suoi amici, non poteva fare a meno di ripensare a tutto quello che era successo al porto. Ben DUE Gran Maestri con i rispettivi Discepoli, chiamati come scorta. Scontri due contro uno. Scontri due contro quindici. Un duello Gran Maestro contro Gran Maestro. La polizia in forze, come se ci fosse una sommossa. Tre elicotteri. Lui che rischiava di venire visto in forma femminile. Il bandito con la spalla trapassata da un proiettile. Il perfetto lavoro di squadra dei due discepoli del Pugno che Uccide. E poi…quella tecnica, che Hermit non era riuscito ad eseguire su di lui.

Un sacco di cose da metabolizzare. Ma, se non altro, la missione si era conclusa con successo.
In quella, quasi a rispondere ai suoi pensieri, Hayato arrivò a passeggio, seguito da Miu, in tenuta da allenamento. Presto si radunarono intorno anche gli altri Maestri, per sentire cosa avesse da dire. Il Decano del Ryozampaku alzò appena la voce.

“Come sapete, la Missione dell’altro giorno si è conclusa con un grande successo. Rinnovo i miei complimenti a tutti i partecipanti. E li faccio anche a Kensei e Renka per aver sedato la guerra tra gang nel quartiere cinese” detto questo, però, scambiò un rapido sguardo con Kensei ed Akisame.

A Ranma (come del resto, alla maggior parte dei presenti) non sfuggì il significato recondito di quello sguardo: qualcuno aveva causato quei disordini per tenere impegnati padre e figlia ed accertarsi che almeno loro non si recassero al porto.
Di sicuro il motivo era impedire che i due fratelli si incontrassero. Chi aveva assunto Sougetsu, temeva che il Ryozampaku potesse interferire con il contrabbando e sapeva che il legame fra i due praticanti, sebbene divisi dagli ideali, avrebbe reso più difficile al mercenario cinese di fare il suo lavoro.
Come facevano i mandanti a saperla così lunga?

< Questo, unito alla stranezza che due Gran Maestri fossero stati assunti per proteggere un singolo carico, gettava ombre sinistre sul vero significato dell’avventura, su chi ci fosse dietro, e sollevava l’inquietante dubbio se la storia fosse finita per davvero. Ma Hayato non disse nulla di ciò.

“Tuttavia-riprese invece-gli scontri al porto hanno dimostrato, una volta di più, l’importanza del lavoro di squadra. Sia l’eccellente collaborazione di Miu e Kenichi nello sconfiggere ben quindici avversari armati; che il fatto che persino Ranma sia stato trattenuto per vari minuti da due Discepoli dello Yomi senza poter contrattaccare, dimostra che, da questo momento in avanti, le battaglie che affronterete saranno raramente dei duelli uno contro uno; e spesso, non potrete sperare di farcela da soli, ma dovrete contare sui vostri compagni.

Perciò, ritengo imperativo che i nostri Discepoli si allenino non soltanto per sostenere dei duelli, ma anche delle vere e proprie battaglie.
E poiché spesso non potranno scegliere con chi affrontarle, voglio che si esercitino a lavorare in coppia, con tutte le combinazioni possibili: Miu con Kenichi, Renka con Kenichi, Miu con Renka”

“Come?” i Discepoli parevano sorpresi.

“Non ho finito-continuò Hayato-per poter conoscere al meglio le rispettive capacità, e sviluppare al massimo le proprie, è necessario anche che si scontrino fra di loro.
Il programma di Ranma prevedeva un duello al mese tra Miu e Kenichi, ma…credo dovremo accelerare.
Diciamo che, invece che di Domenica, organizzeremo i duelli il Sabato Pomeriggio, dopo gli allenamenti…ed ogni settimana, ci sarà un avversario diverso: prima Kenichi contro Renka, poi Miu contro Renka, poi Miu contro Kenichi”

I ragazzi erano ancora più sbigottiti.
“Ma…Anziano” provò a protestare Kenichi.

“So cosa vuoi dirmi, Kenichi-kun, che è contro il tuo credo affrontare le donne. Anche se, in allenamento, hai affrontato spesso Miu. Tuttavia, questa tua convinzione sta diventando un vero punto debole. Non soltanto i tuoi nemici la conoscono e ne possono approfittare…ma man mano che salirai di livello, incontrerai moltissimi avversari del Pugno che Uccide…e parecchi di loro sono donne”

Ah! E’ vero-Kenichi ripensò ad alcuni membri delle Otto Lame Lucenti Esecutrici, ed anche a Kushinada Mikumo-in effetti, prima o poi…potrei dover affrontare qualcuna di loro

“Tutti hanno dei punti deboli-concluse l’Anziano-tuttavia è necessario impegnarsi per superarli, perché ad alti livelli, non ci si possono permettere errori”

A Ranma parve che il vecchio guardasse lui. Ha scoperto la mia fobia per i gatti?

“Però non capisco una cosa-intervenne Renka. Lei e Miu si erano guardate, imbarazzate, per varie volte, quando avevano sentito le intenzioni dell’Anziano-come si colloca Ranma in questo nuovo schema di allenamento? E’ vero che è ad un livello diverso dal nostro, ma…”

“Un’osservazione intelligente, Renka-concesse Hayato-in effetti, anche Ranma dovrebbe imparare a combattere di concerto con un alleato, ma per ora ha più probabilità di voi di essere attaccato da molti avversari alla volta, ed anche se ultimamente se l’è cavata, anche grazie al mio…interessamento-e qui fece un ghigno ripensando all’allenamento infernale che gli aveva impartito-ha più bisogno di perfezionare questo, che non il lavoro di squadra.
Non solo, voglio anche approfittare della SUA disponibilità per allenare meglio voi”

Io non ho dato nessuna disponibilità-precisò mentalmente il ragazzo col codino, aggrottando le sopracciglia

“Infatti, mentre per tre Sabati di fila, duellerete in singolo gli uni contro gli altri, nella quarta settimana, uno dei vostri team dovrà affrontare Ranma in modalità due contro uno”

“COOME?”

“Non è un’idea geniale?-riprese l’Anziano, chiaramente molto soddisfatto di sé stesso-in questo modo, prenderemo due piccioni con una fava: voi imparerete il lavoro di squadra, e lui a difendersi da avversari multipli. E’ perfetto. E non correrete grandi rischi: solo una delle coppie lo affronterà una volta al mese, quindi passeranno tre mesi prima che la stessa coppia lo affronti di nuovo. Non potete proprio lamentarvi della mia magnanimità”

I ragazzi, tutti, reagirono con vari tipi di espressioni alla magnanimità loro espressa.

Poi Koetsuji prese la parola: “Inoltre, è stato deciso che per permettervi di prepararvi, ogni settimana, per due giorni, dal lunedì al sabato, sacrificherete mezz’ora dal normale allenamento per allenarvi col vostro partner. Kenichi e Renka possono dedicare a ciò i due giorni la settimana nei quali si allenano già insieme”

Una ragnatela di sguardi e pensieri contrastanti intercorse fra i tre Discepoli.
“Naturalmente, mi auguro che i vostri sentimenti personali non interferiscano mai con l’allenamento. Ed ora…tornate al lavoro!”


◊◊◊◊◊

Ranma in versione femminile si stava allenando in solitaria presso il campo di allenamento dove attendeva l’arrivo di Kisara.
Aveva preso l’abitudine di non trascurare l’allenamento della propria versione femminile (più bassa, leggera, agile e veloce della versione maschile, ma meno forte, con meno Ki e portata dei colpi) per sfruttarne meglio le peculiarità e adeguarsi ai progressi conseguiti in forma maschile, specie da quando stava evolvendo rapidamente grazie agli allenamenti del Ryozampaku.
Non voleva trasformarsi all’improvviso solo per combattere con goffaggine e sprecare tutta la fatica fatta.


Ad occhi chiusi, eseguì, col massimo della concentrazione, una serie di mosse rapide ma precise ed eleganti. Improvvisò al momento quali eseguire, immaginandosi situazioni specifiche da affrontare. Raffica di pugni verso sinistra, poi parata, spazzata di piede e gomitata verso destra, quindi ritorno in posizione frontale e calcio saltato verso l’alto, concluso con una giravolta per atterrare in guardia dal lato opposto.


Sentì applaudire.
“Oh, sei già arrivata”


“Scusatemi, Maestra, per caso vi ho disturbata? E’ stato un impulso spontaneo”


“Tranquilla, avevo comunque finito. Piuttosto, sei stata brava a cancellare la tua presenza”

Kisara sorrise soddisfatta. Era raro che la sua maestra le facesse dei complimenti.

“Beh, in fondo, io prendo ispirazione in tutto e per tutto dai gatti, e loro sono discreti. Oggi, poi, ho portato questo tesoruccio a farmi compagnia nell’allenamento-e da un cestino che aveva poggiato a terra tirò fuori un adorabile micino marrone-vero, che te ne starai buono qui a guardarmi? VERO; TESORUCCIO?”

Si sentì distintamente uno “swiiish” nell’aria.

Kisara si voltò e vide la sua maestra seduta sul muretto, ad una decina di metri di distanza, con le mani in tasca, intenta a guardare qualcosa con grande interesse.

“Uh? Maestra, qualcosa non va?”

“Uhm…no, niente, niente, stavo notando…ma sai che quella nuvola assomiglia ad un unicorno?”

“Davvero? Da qui non sembra”

Però da lì sopra, Ranko notò qualcos’altro.
In una stradina a qualche decina di metri, stavano passeggiando, uno accanto all’altra, Kaname Kugatachi, detta Freya, e Kozo Ukita, dello Shimpaku.
A Ranma sembrò che gli allenamenti di entrambi li avessero resi ancora più in forma, ma soprattutto…chiacchieravano amabilmente tra di loro.

E così alla fine hai messo ordine nel tuo cuore, eh, Freya? E quanto a Kisara…lo saprà? Avrà portato il gatto all’allenamento perché si sentiva depressa?

“Vengo lì a vedere meglio” continuò Kisara, avvicinandosi con il micio in braccio.

“EH? Uh? No, NON PUOI! Cioè, volevo dire…”

Di fronte al viso perplesso della sua allieva, Ranko dovette arrendersi e sospirare, con una mano sugli occhi.
“La verità è che io…” iniziò, solenne, stringendo un pugno e guardando il cielo.
Kisara la osservava senza capire, accarezzando il gatto

“…sono TERRIBILMENTE ALLERGICA AI GATTI!” dichiarò, con dei finti lacrimoni urlando dentro un microfono preso da chissà dove.

Lo sguardo di shock della sua allieva fu impagabile.
“Ooh, ma…ma io non lo sapevo, ma…questo vuol dire…che Brown non può stare qui?” domandò, facendo LEI degli occhioni da cucciolo smarrito, le lacrime che scendevano a profusione.

Ranma non poteva tollerare di vedere una donna piangere, neanche quando era donna lui.

“Coff, coff…beh…a dire il vero…se lo lasci lì in fondo nel cestino…magari dandogli una tazza di latte, perché non si muova…potrebbe anche restare”

“Grazie mille, maestra, sapevo che sarebbe stata comprensiva” esclamò l’allieva, raggiante.
La maestra, intanto, aveva una gocciolona d’imbarazzo sulla tempia.
Pff…continuo a farmi fregare…ho ancora un sacco di strada da fare…

Poi gli tornarono in mente i due piccioncini.
Però, almeno, Kisara…tu non li hai visti.
In fondo, è meglio così…l’amore porta soltanto sofferenze, alla fine.
Meglio lasciarsi il passato alle spalle
Definitivamente.


◊◊◊◊◊

 

 
Una domenica mattina, molto presto, al Ryozampaku avvenne un fatto molto strano.
Il computer che gestiva le difese e gli antifurto del dojo iniziò a brillare ed a suonare come un albero di Natale, ma nessuno poté capire cosa succedesse, perché Akisame era andato (come Kensei) a gestire la sua clinica.
Sakaki stava smaltendo la sbronza della sera prima ed Hayato era andato di nascosto a comprare i suoi lecca lecca.
Solo un paio di Maestri erano vigili ed attivi al Ryozampaku.

Shigure trovò Apachai che si affannava intorno al computer centrale.
“Cosa…fai?” domandò la donna col suo abituale ritmo lento.

“APA! Non è colpa di Apachai! Apachai non ha fatto niente!-esclamò il gigante thailandese-il computer si è messo a fare le lucine ed a suonare, da solo! E non riesco a spegnerlo!”
“Secondo…Akisame…questo è…il segnale…di un’intrusione…”

In quella, in un punto del cortile, avvenne un’esplosione.
La terra si sollevò dal basso all’alto, ricadendo tutto intorno.
Intorno al ricadere della polvere, si poteva notare un cratere, un tunnel.

Dal tunnel spuntò la testa di un ragazzo dai capelli neri con una bandana gialla.
“Ma dove sono finito?”


◊◊◊◊◊

Ranma e Kenichi stavano tranquillamente tornando a casa dalla loro uscita.
Erano entrambi in abiti civili, il secondo con una camicia verde ed il primo con uno dei suoi abiti di foggia cinese, ma di colore azzurro.
Avevano passato tutto il giorno, sin dalla mattina, insieme a Miu, Renka ed ai membri dell’Alleanza Shimpaku.

Era già la seconda volta che uscivano come un normale gruppo di amici, e se la prima volta gli Shimpaku erano stati un po’ imbarazzati di vedere Ranma, dopo lo scontro alla loro sede, l’atteggiamento rilassato del ragazzo col codino aveva presto stemperato la tensione.

Ranma si era anche reso conto che non aveva fatto spesso cose del genere-uscire con ragazzi all’incirca della sua età, senza motivazioni o secondi fini particolari, tantomeno con un gruppo così ampio-e si rese conto che, da un lato aveva sacrificato molte cose nella sua vita, dall’altro che…un po’ di leggerezza gli piaceva.
Che ne aveva bisogno, persino.

Fu pertanto riconoscente a Kenichi per aver insistito tanto, entrambe le volte.

Si era reso conto che quel ragazzo aveva davvero dentro una luce particolare.
Poteva capirlo ancora meglio vedendolo interagire con gli altri.
Erano tutti felici di vederlo, grati per aver cambiato le loro vite…eppure lui manteneva un contegno aperto e rilassato, come se la cosa che volesse di più al mondo fosse quella, non vincere le battaglie, non allenarsi per essere il Discepolo più Forte della Storia, bensì stare con loro, avere degli amici.

Già, amici. Da quanto era che Ranma non ne aveva? O poteva dirne di averne, davvero, mai avuti? Ripensò al passato con tristezza, poi scacciò quel pensiero.

La giornata era stata splendida.
Mattinata divisa tra giardino botanico (dove Kenichi aveva spiegato a tutti i nomi di tutte le piante) e zoo.
Poi pranzo al fast food.
Quindi biliardo, bowling e conclusione prendendo bibite e gelati in un altro bar.
Tutti erano allegri, entusiasti, persino. Non finivano mai di parlare, si scambiavano battute, racconti, aneddoti.
Venne fuori la storia dei combattimenti clandestini di Takeda, il quale raccontò tutta la vicenda con trasporto.


Ranma notò anche che Ukita e Kaname stavano spesso vicini, ma con discrezione, come se non avessero ancora deciso di dirlo agli altri.
Lo stesso Takeda, invece, sembrava averlo capito, ma era come se non gli importasse: era solo contento che il suo migliore amico stesse con la sua ex, oppure anche lui frequentava già qualcun altro?


Ranma invece si scoprì preoccupato per Kisara, ma non poteva darlo a vedere.
Con suo sollievo, la ragazza chiacchierava molto con Miu e le altre Valkirie e non sembrava dare peso al fatto che la persona che ammirava di più stesse con il suo ex.
La ragazza con lui aveva un atteggiamento ambivalente: alla sede dello Shimpaku si erano lasciati male, ma ora lei si comportava col ragazzo col codino come se non importasse, anzi con atteggiamento di sfida (e solo Ranma sapeva il vero motivo, che era felice di aver ottenuto comunque, “in barba a lui”, quello che voleva, ma non poteva dirlo).

Il ragazzo col codino ripensava a molte di queste cose mentre passeggiava con calma con Kenichi per tornare al Ryozampaku, alle cinque di pomeriggio di un giorno stupendo di sole, malgrado la stagione.
Miu, Renka e Kisara erano andate tutte al rifugio per gatti abbandonati e non sarebbero tornate prima dell’ora di cena.

Kenichi stava dicendo qualcosa su quanto si fossero divertiti, e si lasciò sfuggire una cosa.
"Sai, Ranma-kun, sono contento che tu sia arrivato al Ryozampaku. Ho l'impressione...che le nostre vite siano tutte migliorate da allora".

Ranma si fermò di colpo, sul marciapiede, stupito.
Per lui era praticamente una novità che qualcuno fosse felice della sua presenza.
Kenichi si voltò, non capendo.

Il ragazzo col codino si accese di un bel sorriso e disse:
“Io…ti ringrazio, Kenichi. Per me…è raro poter fare queste cose. Vivere una vita normale, dico. Ed è ancor più raro…avere degli amici. O comunque, frequentarli in modo normale”

Shirahama si rasserenò.
Eh, già, lui ha vissuto come Miu, eh…prima ne vedevo solo i lati positivi...ma quelli negativi sono parecchi, non è vero?
“Non c’è niente per cui ringraziare Ranma-kun”

I due ragazzi si osservarono per un lungo momento, sorridendo.
Dopotutto, dalle battaglie possono davvero nascere delle belle amicizie.
Ranma si stirò le braccia dietro la testa.
“Aah, davvero una splendida giornata. E’ raro averne una così serena. Per una volta penso…che niente possa davvero rovinarla”


◊◊◊◊◊

 << QUALCHE ORA PRIMA, QUELLA STESSA MATTINA >>

Il ragazzo con la bandana ed un enorme zaino sulle spalle uscì con fatica dal buco che aveva creato.
“Che posto strano…sembra un dojo, ma sui muri vedo molte statue bizzarre, ed un giardino fin troppo curato…e perché sento degli allarmi?”
In quella, Shigure arrivò sul tetto come un fulmine.

“L’ho trovato!” gridò, più a sé stessa che altro, o forse a Tochoumaru, il suo topolino-ninja, che la seguiva, con una spada formato stuzzicadenti.

Sette shuriken rifulsero nel sole mattutino e saettarono contro l’intruso.

Ma questi, aggrottando le sopracciglia, estrasse da dietro la schiena un grosso ombrello rosso, di foggia cinese, lo aprì, ed iniziò a correre lateralmente, usandolo per parare le armi da lancio in arrivo.

“Uhm…se la cava” soppesò la donna.

Il ragazzo-avrà avuto l’età di Ranma, e gli assomigliava per corporatura e pettinatura-afferrò rapidamente qualcosa dietro alla sua testa, dove teneva la bandana, poi la scagliò in avanti, urlando:
“Donna, fai male a sottovalutare Ryoga Hibiki!”

Presto qualcosa come cinque oggetti rotanti che si muovevano in direzioni imprevedibili sfrecciarono contro di lei e Tochoumaru.
Il topino ne tagliò a metà uno con la sua spadina, mentre Shigure ne schivò un paio, defletté un terzo con la mano ed afferrò al volo l’ultimo.
“Ma…sono altre…bandane?”
Non dirmi che…ha usato il ki per irrigidirle e lanciarle come dei boomerang?

Il ragazzo aveva approfittato della distrazione per girare l’angolo.
Shigure fu lesta nel lanciare la sua catena con peso, facendole eseguire una curva, per voltare l’angolo.
“Non mi…scappi!”

Ed in effetti, sentì il peso di avergli afferrato la caviglia, e lo strattone di averlo fatto cadere a terra.
Ma poi, quando tirò, non sentì più nulla, come se non avesse peso.
Voltò rapidamente l’angolo e…vide uno spettacolo alquanto bizzarro. ​

Il sistema automatico d’irrigazione progettato da Akisame si era attivato come ogni mattina e stava irrigando tutto il prato.
Una delle cose che stava bagnando era…i vestiti del ragazzo, vuoti ed accasciati a terra, ancora disposti nella forma del suo corpo, con la catena stretta intorno al pantalone sinistro ed accanto il pesante zaino, l’ombrello e le bandane (che erano minimo ancora una decina).

“Ma…dove…sarà…andato?” si domandò la donna, con sincero stupore.
“E poi…è fuggito…nudo…che sia…un maniaco?”

Tochoumaru, nel frattempo, si era messo ad esaminare il terreno con una lente di ingrandimento ed un cappellino da Sherlock Holmes e presto cominciò a squittire.
La sua padrona si avvicinò per notare delle impronte di un piccolo animale che si dirigevano verso la foresta che cresceva sul retro del Ryozampaku.

“Ma…Tochoumaru, lui…era un ragazzo…a meno che…non fosse…uno Youkai…”

Poi si riscosse, fece un “Oh”
“Comunque…quando ci siamo…divisi…Apachai è andato…proprio di…là”

Dopo un momento, sospirò.
“Peccato…quell’intruso…sarebbe potuto diventare forte…ma purtroppo…morirà oggi”


◊◊◊◊◊

Pi-Chan stava trotterellando, con frenesia, a zig zag, nella giungla tropicale che cresceva sul retro del Ryozampaku ed era, comprensibilmente, confuso di trovarsi lì.
Malgrado la sua totale assenza di senso dell’orientamento, neppure LUI avrebbe potuto sparire dalla periferia di Tokyo e ritrovarsi, nel giro di pochi secondi, ad Okinawa…od in Malesia…giusto?

In quella, vide quello che sarebbe potuto essere uno del luogo che si voltò e gli sorrise.
“APA! Un maialino nero! Che carino! Apachai ama gli animali, anche se non glieli fanno mai tenere qui…”

Emanava un’aura che pareva calmarlo, ma poi provò ad abbrancarlo con le sue manone ed a Pi-Chan sembrò improvvisamente terrificante.
Sgusciò via come un’anguilla e schizzò verso il fitto della foresta. Il gigante lo inseguì.

“APA! Cosa fai, piccolino? Non vuoi stare con Apachai? Ehi…non andare di là, è pericoloso!”

E lo era davvero.
Una serie di trappole mortali cominciarono a scattare al suo passaggio: frecce avvelenate gli sibilarono sopra la testa, una gabbia di bambù per poco non lo intrappolò, un tronco legato a delle corde non lo schiacciò per un pelo, un grosso masso rotolò a pochi metri da lui…il povero maialino, praticamente impazzito dalla sorpresa e dalla paura, non poté che evitarle tutte, a zig zag, e continuare ancora più veloce.

“APA! E’ in gamba! Vedi, maialino, Shigure prepara queste trappole per catturare Kensei quando lui cerca di spiarla mentre si bagna nella…”

SPLASH!

“…sorgente termale!
Ops…il maialino ci è caduto dentro…uhm…chissà se è buono cotto? Miu potrebbe preparare del Katsudon* stasera, quando torna…”

Ma in quella, un uomo sui vent’anni, bollito come un’aragosta, praticamente volò fuori dall’acqua, urlando come un ossesso per il caldo e per il terrore di essere mangiato.

“AAAAH!”

“AAAAAAAAAAAAAH!” replicò Apachai, tenendosi il viso tra le mani.

E poi lui e l’intruso corsero via, a zig zag, in direzioni diverse, mentre il praticante di Muay Thai gridava:
“Il Katsudon è un uomo! No, il ragazzo è un katsudon! Cioè, volevo dire…”


◊◊◊◊◊

Poco più tardi, Shigure lo notò, mentre, trafelato, stava martellando una bambola vudù ad uno dei muri.

“Apachai, cosa…fai?”


“APA! L’Anziano non vuole che rovini gli alberi, ma non ha detto niente sui muri! Quello vuole farmi il malocchio! L’uomo-maiale, od il maiale-uomo, non ho capito bene…”

“Hai trovato…l’intruso?”

“Sì, è una specie…di maiale che si trasforma in uomo. Dopo che è caduto nelle terme”

“Ah…capisco…quindi, come uno…Youkai”

“APA! Oh, giusto, Shigure! Se è uno Youkai…Apachai lo può battere. Dopotutto, Apachai…è il DIO DELLA MORTE DELLA MUAY THAI CLANDESTINA!” e con gli occhi illuminati da delle lucine, si mise a cercarlo, gridando “Yu-huuu, signor Youkai-katsudon…vieni fuori…”

Shigure si allontanò con calma, pensando “Bene, spero…solo che…non lo massacri…troppo. Gli altri vorranno…interrogarlo

Poi un flash le attraversò la mente.
Trasformato in un uomo cadendo nella sorgente termale? Cioè in acqua calda. Proprio come aveva detto Ranma quella volta

Si voltò e si mise a correre. “APACHAI!”


◊◊◊◊◊

Ryoga si stava rivestendo rapidamente, approfittando dell’assenza della donna ninja, ed aveva un diavolo per capello.
“Se pesco quel thailandese che voleva farmi arrosto…lo concio per tutta la settimana. O non mi chiamo più…”

“MAIALINO!” Esclamò qualcuno.

Era il gigante, che scrocchiava le nocche ed aveva l’aria di voler combattere.

“Oh, giusto te cercavo, gigante! ADESSO ME LA PAGHI!”

E gli balzò addosso, rifulgendo di ki dorato.

Ma ogni colpo sembrava andare a vuoto.
Quella montagna di muscoli si muoveva con l’agilità di un ballerino e gli dava persino dei consigli mentre schivava.

“OH! Lo Youkai non è molto abile! E’ forte, ma non tira colpi abbastanza veloci o con buona forma! Ed usa il Dou come Apachai, ma lui…si lascia possedere da esso e non si controlla bene. Non come Apachai, che ha sempre tanto riguardo per Kenichi!”

In quella arrivò Shigure, trafelata. Iniziò a dire:
“Aspetta, Apachai! Non ucciderlo! Penso che sia…”

Ma la frase le morì in gola.
Il ragazzo stava venendo posseduto dal proprio Ki del Dou, come se la frustrazione di non colpire Apachai accelerasse il processo.
Gli occhi erano sbiancati, i canini parevano allungarsi ed il Ki aumentava d’intensità, mentre ringhiava e schiumava dalla bocca.

Quella è…modalità Ashura?


“APA! Apachai deve punire lo Youkai cattivo! E lo farà con una tecnica che non potrebbe usare quando ci sono i Discepoli!” gli occhi rifulsero mentre sorrideva, sadico.

Ryoga lo assalì, selvaggiamente.

Il thailandese esclamò:
<< PUGNO CHE NON PUOI FAR VEDERE AI BRAVI BAMBINI! >>

Ed una scarica micidiale di qualche dozzina di pugni colpì l’intruso, come una barriera, in ogni parte del corpo, dalla testa ai piedi.
Il ragazzo schizzò all’indietro, fracassò una delle statue di Akisame e si incastrò profondamente nel muro, con una ragnatela di crepe, come un bottone premuto in un pupazzo di neve.
Il suo Ki si dissolse interamente.
Era svenuto.

Apachai, sorridente, si voltò verso la sua amica “Dicevi Shigure? Chi pensi che sia?”

“Un…amico…di…Ranma”

“APAAAA???”


◊◊◊◊◊

 

<< DI NUOVO ALLE CINQUE DEL POMERIGGIO >>

Quando Ranma lo vide, non poté credere ai suoi occhi.
Gli pareva di aver visto un fantasma e cominciò a sudare freddo. ​

Eppure era lì, non c’era da sbagliarsi.
Fasciato come una mummia, sdraiato su un futon a dormire al centro della stanza.
Mentre tutti i Maestri erano seduti in posizione di seiza su dei cuscini intorno a lui.

Ryoga Hibiki.

Ebbe un sussulto.

Hayato esordì: “Dunque, l’ipotesi era giusta. Tu lo conosci”.


Ranma abbassò lo sguardo, digrignando i denti e stringendo forte i pugni.
Kenichi avrebbe potuto giurare che avesse le lacrime agli occhi, e non avrebbe potuto immaginare il perché.


“Tsk! Sì, potremmo proprio dire che io lo conosco” berciò, con la voce colma di disprezzo.
“Quell’uomo si chiama Ryoga Hibiki-esclamò, tremante, indicandolo con il dito-ed è colui che MI HA ROVINATO LA VITA.
Se ho perso tutto quello che avevo…è solo colpa sua”.


◊◊◊◊◊

Circa quindici minuti dopo, Ranma stava appoggiato con un gomito ad una delle colonnine di legno del dojo, guardando il tramonto incendiario con espressione assente.

Certo che il destino fa degli scherzi strani.

Kensei, invece, stava posizionando sul ragazzo svenuto i suoi aghi da agopuntura, per farlo riprendere così che potesse raccontare la sua versione della storia.

“Quindi-esordì Sakaki per stemperare la tensione, mentre sorseggiava una birra-è stato solo un caso che si sia intrufolato da noi. Voglio dire, non è una spia dello Yami?”

“No-rispose Ranma-a meno che non abbiano abbassato i loro standard e non reclutino anche i ritardati”

“Ho quasi finito-affermò Kensei-tra poco dovrebbe svegliarsi e dovrebbe poter parlare, anche se non garantisco. Il ragazzo è di fibra molto resistente, persino più di Ranma, però ha preso un sacco di botte”

“Certo che, ogni volta che capita qualcuno di nuovo al dojo, fa sempre questa fine…” osservò Akisame, sconsolato.

“APA! Apachai non ha colpe! Il ragazzo lo ha spaventato ed attaccato per primo! E poi, Apachai ci è andato molto piano! A differenza di Sakaki, che ha quasi ucciso Ranma combattendo al 40%, Apachai si è trattenuto. Ha tirato i pugni massimo al 30% della potenza!”

“Sì, PECCATO CHE IO ABBIA TIRATO UN PUGNO; TU NE HAI TIRATI TRENTA!”

Il gigante thailandese si mise seduto in un angolino, depresso per il rimprovero. ​

Kenichi non riusciva ad immaginare cosa fosse successo di così spiacevole tra quei due.
Ma non attese molto, perché il ragazzo iniziò a svegliarsi.

“Ooh…che male…ma…dove sono?”
Aprì gli occhi e sbatté le palpebre.
Poi vide, intorno a lui, una serie di facce strane.
In un angolo, un ragazzo che non conosceva.
Ed in fondo…no, non era possibile.

“R-Ranma? Sei…davvero tu?”

Il ragazzo col codino si voltò a guardarlo, con espressione severa.
“Sì, sono proprio io. Mi sto allenando da qualche mese in questo dojo, il Ryozampaku, dove tu ti sei intrufolato di sfroso, venendo scambiato per un intruso e pestato per bene”

“Io…ah, sì, forse ricordo…che male”

“Quello che però voglio capire è-affermò Ranma avvicinandosi e stringendo gli occhi in due fessure-COSA ci sei venuto a fare qui? E’ una specie di coincidenza? Oppure sei venuto a cercarmi? E nel caso, perché? Non credi di aver già fatto abbastanza, l’ultima volta?”

Ryoga gli rivolse uno sguardo mortificato, poi abbassò il viso e cercò di mettersi seduto, malgrado i propri gemiti e le proteste di Akisame.

“No, Ranma-disse infine-non sapevo che tu fossi qui, anche se…in effetti, ti stavo cercando. Ti stavo cercando per farti le mie scuse.”

Ranma, di solito calmo, esplose, stupendo molto tutti i presenti.

“AH! LE TUE SCUSE; EH? E PENSI CHE POSSANO BASTARE? COSA DOVREI FARMENE? HO PERSO TUTTO CIO’ CHE AVEVO PER CAUSA TUA; MALEDETTISSIMO BASTARDO!”

Per chi lo avesse conosciuto, sarebbe stato altrettanto strano anche vedere Ryoga starsene buonino a subire la sfuriata.
Sembrava sentirsi molto in colpa.

“Ranma-kun-esordì Akisame, in tono calmo-non so cosa sia successo tra di voi, ma forse dovreste parlarne con calma, non credi? E se è necessario…possiamo anche lasciarvi la vostra privacy”

“Oh, no, Akisame-shishou, non è necessario. Preferisco che tutti quanti sappiate con che persona avete a che fare. Dopotutto, voi ormai fate parte della mia vita…e conoscete già molti miei segreti, quindi tanto vale che conosciate anche questo. Anzi-aggiunse con tono triste-è a causa dei segreti che è iniziata tutta questa storia”.

Kenichi non poté fare a meno di riflettere che però, in questo modo, Miu e Renka sarebbero rimaste le uniche all’oscuro della verità, come del resto già lo erano della trasformazione di Ranma. Ma in questo caso si trattava di una coincidenza, ed in fondo non spettava a lui forzare gli altri a rivelare i propri segreti. E' anche vero che avrebbero potuto ragguagliarle in seguito.

“Vediamo, da dove comincio…come sapete, io e mio padre abbiamo passato la vita a zonzo per il Giappone per allenarci…tuttavia, frequentavo regolarmente la scuola, anche se ogni anno in una località diversa. L’ultimo anno delle medie l’ho frequentato in una scuola tutta maschile ed ho conosciuto questo tizio…”

“Ryoga Hibiki-esordì il ferito, con un breve inchino-lieto di fare conoscenza di tutti voi e scusatemi per l’incidente di stamattina”.

Ranma procedette a raccontare, per sommi capi, tutta la storia: di come Ryoga lo avesse sfidato a duello, di come, a causa del suo inesistente senso dell’orientamento fosse arrivato sul luogo con ben quattro giorni di ritardo, di come avesse avuto la faccia tosta di prendersela con lui ed inseguirlo fino in Cina per vendicarsi.

Il ragazzo col codino non omise di specificare che Ryoga-che, come tutti ormai sapevano, si trasformava in un maialino nero-era finito nelle Sorgenti Maledette a causa sua, anche se si era trattato di un incidente.

“Sì, certo, come no” sbuffò il ragazzo con la bandana.

“Tu non avresti neanche dovuto trovarti lì, pezzo d’asino!”

Fu così che Kenichi venne a sapere, per la prima volta, che Ranma si era stabilito nel distretto di Nerima per vivere nel dojo dei Tendo, dal momento che suo padre ed il patriarca di quella famiglia avevano deciso di combinare un matrimonio con la figlia dell’uomo, Akane Tendo, per riunire le due Scuole di Arti Marziali Indiscriminate e veder prosperare la scuola, come dicevano loro…o per poter vivere senza lavorare, come sosteneva Ranma.

Un matrimonio combinato? Nel ventesimo secolo? A 16 anni? Capisco che Ranma e quella Akane fossero irritati

Ranma procedette a spiegare che Ryoga lo aveva raggiunto a Nerima, e che intendeva-non omise questo particolare-ucciderlo, per vendicarsi della maledizione.
E poi spiegò che, in forma di maialino nero, aveva fatto la conoscenza di Akane, la quale, trovandolo adorabile e ribattezzandolo P-Chan…lo adottò come animaletto domestico, facendolo anche dormire con lei. ​

A questa dichiarazione, Ranma tacque in modo calcolato per qualche momento, per permettere ai Maestri di realizzare la cosa e rivolgere una legittima dose di disprezzo al ragazzo con la bandana, il quale, da parte sua, stava guardando il suo futon, era diventato praticamente viola e sembrava in procinto di sprofondare sotto terra.

“Ma…che razza di…” iniziò Sakaki, strabuzzando gli occhi.

Kenichi era abbastanza sconvolto. Quel ragazzo non sembrava capace di una cosa simile.

Kensei, invece, finse stupore, ma poi ebbe una palese fantasia su come sarebbe stato trasformarsi in maialino per dormire abbrancato alle grazie di Miu e di Shigure, ma smise subito quando quest’ultima sguainò giusto cinque centimetri di spada, guardando verso il ragazzo con la bandana, con espressione omicida.

“Io…non ho scuse…” confessò Ryoga, iniziando a piangere “sono un verme, e mi merito tutto questo disprezzo”

“Già, OGGI è comodo dirlo, vero?-interloquì Ranma-peccato tu l’abbia fatto per un mucchio di tempo. Ed io-e qui Ranma sembrò molto combattuto-scemo che non sono altro, pur avendo cercato in tutti i modi di impedirtelo…non ho mai fatto la cosa più semplice: non ho mai detto ad Akane la verità. Non ti ho mai sbugiardato con lei, perché, pensate che idiota, mi sentivo in colpa per te e mi facevi pena. Sto pensando a tutte le volte nella mia vita che avrei risolto qualche problema facendomi meno scrupoli sin dall’inizio”.

“Comunque-riprese dopo una pausa-dal momento che Ryoga passava la maggior parte del suo tempo in viaggi d’addestramento, stava pochissimo con Akane in quel modo.
E devo ammettere…che nel corso degli anni…io e lui siamo stati buoni rivali…ed abbiamo combattuto insieme contro gli stessi nemici…e, pensate che cretino, mi ero persino illuso…che noi…che noi fossimo…”

“LO ERAVAMO; RANMA! AMICI! LO ERAVAMO! ERA REALE!”

“GLI AMICI NON FANNO CIO’ CHE TU HAI FATTO A ME!”

Ryoga non rispose.
Kenichi provava molta pena per entrambi, ma più per Ranma.

Quest’ultimo si calmò e proseguì.
“Comunque, per farla breve, io ed Akane…beh, il nostro rapporto è sempre stato altalenante. Litigavamo spesso, ma ci siamo aiutati spesso l’un l’altra, e potrei dire che…”

“Non riesci a dirlo nemmeno adesso, non è vero? Tu la amavi, Ranma, perché è così difficile? La amavi proprio come la amavo io”

A quella dichiarazione, si sarebbe potuto sentire lo stupore dei presenti nel silenzio assoluto che era piombato nella sala.

“Non credo proprio-riprese Ranma, rifulgendo di rabbia gelida-che uno che ami una ragazza si comporti con lei come hai fatto tu. Vorresti farti passare per quello ONESTO coi propri sentimenti? SUL SERIO?”

“No…non posso davvero dirlo”.

“E non è finita-riprese Ranma, che stava provando un piacere sadico, inusuale per lui, nello spiattellare tutti i peccati di Ryoga a quelle persone che l’avrebbero, inevitabilmente, vista come lui-perché anche questo idiota, alla fine, pur non avendo confessato mai ad Akane i suoi sentimenti…ha trovato un’altra ragazza. Dolce, adorabile e, per ragioni che mi rimangono tuttora ignote, innamorata persa di lui. Akari Unryu”.

Ryoga ebbe un sussulto a quel nome.

“Pensate che scemo-riprese Ranma-io l’ho AIUTATO a mettersi con lei. Ero persino FELICE per loro”

“Ed io invece…ho rovinato tutto” concluse Ryoga, con amarezza.

“Ma c’è un ultimo fatto da raccontare. Mio padre ed il padre di Akane avevano infine provato a combinare il matrimonio, ma poi la cerimonia è andata a rotoli, perché…beh, sia io che Akane avevamo degli altri spasimanti che hanno trasformato il ricevimento in una battaglia, pur di impedircelo”

Kenichi si rese conto che era esattamente il genere di follia che sarebbe potuta capitare ad uno dei Maestri.

“Raccontala giusta-lo rimbeccò Ryoga-sarebbe andato tutto a rotoli COMUNQUE, perché Akane voleva sposarti, ma tu non eri pronto ad ammettere i tuoi sentimenti”

Ranma sembrò sul punto di esplodere.
Poi si calmò.

“Beh, FORSE avevamo bisogno di tempo per capire meglio cosa provassimo l’uno per l’altra. FORSE non sarebbe stato giusto sposarsi quando, dove e perché deciso da qualcun altro e non da noi, per giunta così giovani. FORSE non sono i cazzo di affaracci tuoi!”

Ryoga incassò il colpo.

“E…poi?” azzardò Akisame. Tutti gli altri erano concentrati ed assorti nella storia, con espressioni di comprensione e malinconia in volto.

“E poi-ricominciò Ranma, con un sospiro-io ed Akane abbiamo, paradossalmente cominciato ad avvicinarci di più. Ci siamo diplomati, io continuavo ad allenarmi, lei studiava per l’esame di ingresso all’università…per una volta ho pensato che le cose sarebbero andate bene”.
“Ed invece…QUESTO QUI ha rovinato tutto”.

“Io…non avrei voluto. Sul serio!” provò a giustificarsi Ryoga.

“Ryoga, raccontaci con calma cosa è successo” lo tranquillizzò Akisame.

“Quando loro…si sarebbero dovuti sposare, io…ero felice per loro, dico davvero. Alla fine mi ero davvero convinto che fossero fatti l’uno per l’altra.

Poi però…Akari mi chiese di sposarla. Lo chiese lei a me

Calò il silenzio di nuovo.

“Ed in quel momento, io…mi resi conto che la stavo ingannando. Non amavo affatto Akari, malgrado fosse dolce e gentile, e meritava di stare con qualcuno che la apprezzasse davvero, non con uno che l’avrebbe ingannata per semplice convenienza.
Io...ero ancora innamorato di Akane

“AMORE? Lo chiami amore? Passione, ossessione, fissazione, semmai!-sbottò Ranma-ma lo sapete-proseguì-che in più di un’occasione questa testa di legno mi ha sfidato con l’intento di uccidermi, pensando che avrebbe avuto Akane in palio come trofeo? Che pensava davvero questo di lei? Che sarebbe caduta per magia tra le sue braccia se io fossi sparito? Che la considerava un oggetto da conquistare?”

Tutti i Maestri rivolsero a Ryoga sguardi ancora più severi di prima.
L’oggetto di tanto disprezzo si contorceva dal rimorso, ma non protestava, perché sapeva che era tutto vero.

“E’ così…io…ero un’altra persona, a quei tempi…ma…le persone cambiano! Possono cambiare! E me lo hai insegnato proprio tu, Ranma! Io…sono diventato una persona diversa…migliore…proprio grazie a te, credo.
E…quanto ad Akane…con il tempo, l’ho apprezzata per davvero per le sue qualità.
Non pretendo che mi crediate, ma è così” concluse, sconsolato.

“Va bene-disse poi Hayato, che era sempre rimasto in silenzio-e poi cosa successe?”

“Mi recai al dojo Tendo per dichiararmi ad Akane-confessò Ryoga-ho pensato che, se Ranma non lo aveva mai fatto, per piccole che fossero le mie speranze, avrei dovuto farlo.
Lei meritava di sapere la verità. Così avrebbe potuto scegliere con cognizione di causa.
E se mi avesse rifiutato, tanto meglio. Mi sarei tolto un peso dal cuore, me ne sarei fatto una ragione e sarei stato libero.
Ed avrei augurato loro tutta la felicità possibile, sinceramente”

Ranma sembrava sul punto di piangere.
Dal tono, credeva alla sua buona fede.
E questo lo intristiva ancora di più, ripensando al seguito.

“E poi-esordì il ragazzo col codino-io e lui abbiamo litigato.
Mi sfidò a dichiararmi ad Akane, dicendo che ero un vigliacco se non lo facevo, e che lei meritava qualcuno che fosse onesto con lei. Quella volta, vidi rosso. Mi seccava che venisse a parlarmi proprio di onestà.
Gli rinfacciai di essere P-Chan, e lui mi aggredì, e…”

Tutti lo guardavano, aspettando la prossima frase.

“…proprio mentre Ryoga affermava di amare Akane, lei spuntò fuori, lo sentì, e noi due, avvinghiati, cademmo nel laghetto delle carpe”.

TOMBOLA! Pensarono tutti, contemporaneamente.

Per un lungo momento nessuno disse niente.
Poi parlò Ryoga.

“Non scorderò mai quel momento, campassi cent’anni. Lo rivedo tutte le notti nei miei incubi.
Quando riemergemmo, lui come ragazza, ed io come…P-Chan…Akane ci guardò, stranita, per un lunghissimo momento.
Poi ebbe un mancamento e svenne”.

“Quando rinvenne-riprese Ranma-ci eravamo ritrasformati, ma lei ci chiese cosa fosse successo e confessammo la verità, una buona volta.
Seguì un lungo momento di realizzazione da parte sua: che Ryoga l’aveva sempre amata, quindi lei non aveva capito le sue attenzioni; ma anche che lui era P-Chan e quindi si era sempre approfittato di lei, che aveva…dormito con lei, con quella scusa”.

Ryoga parlò, la voce rotta e gli occhi spiritati.

“Credetemi, non c’è…nulla che…Ranma o voi, o chiunque…possiate dirmi, o farmi, che mi farà stare peggio…di quanto mi sia sentito nel vedere lo sguardo di Akane, più gelido dei ghiacci del Polo Nord”

“Nel frattempo, a peggiorare le cose-aggiunse Ranma-si erano affollate intorno al cortile TUTTE le persone che facevano parte della nostra vita: parenti, amici, rivali, scocciatori generici…come capitava spesso, ed assistettero a tutto lo spettacolino”

“Però-riprese Ranma, con furia trattenuta-dopo aver detto a Ryoga il fatto suo, Akane si rivolse a ME.
E non come avrei pensato.
Io ero mortificato, mi ero scusato per non averglielo detto, spiegando che avevo sempre provato a separarla dal maialino, e che il vero motivo era che mi sentivo in colpa per il ruolo avuto nella trasformazione di Ryoga, ma…”

Il ragazzo col codino soffocò un singhiozzo e Kenichi si domandò cosa ci fosse di ancora peggiore.

“Akane mi disse che…non riusciva a credere che non gliel’avessi mai detto.
Che prima si fidava di me, ma che ora…non avrebbe mai più potuto fidarsi.
Che non credeva che potessi scegliere la dignità di Ryoga prima della sua.

MI MOLLO’ PER COLPA DI QUESTO IDIOTA!”

Calò di nuovo il silenzio.

Ora, a tutti, erano chiare molte cose.
La reticenza di Ranma nel parlare del suo passato, il fatto che “avrebbe dovuto ereditare un dojo” ma non era accaduto…

Kenichi provò tanta, tantissima pena.
Ma anche gli altri espressero, ciascuno a modo loro, quel sentimento.

Quindi, è davvero possibile? Che fare la cosa giusta…aiutare un amico…ti si ritorca contro?

“Ranma, penso di parlare a nome di tutti se dico che siamo sinceramente dispiaciuti-affermò l’Anziano-ma credo la storia non sia finita. Cosa successe dopo, vuoi dircelo?”

Ranma sembrò combattere un impulso.

“Sì. Io…per la prima volta in vita mia…sbottai.
Del tutto. Ero disperato. ​

Mi era caduto il mondo addosso. ​

Quindi... Dissi esattamente TUTTO quello che pensavo. ​

Che non mi stupivo che mi fosse successa l'ennesima mazzata, considerando quanto la mia vita facesse ed avesse sempre fatto schifo. ​

Avevo passato tutta la vita a girare il Giappone ed allenarmi, senza poter mantenere rapporti di amicizia duraturi; con mio padre che mi aveva tenuto nascosta persino l'esistenza di mia madre. ​

Tra parentesi, fu allora che lei lo venne a sapere e decise di lasciarlo. Fu per colpa del mio sfogo". ​

Ranma dovette fermarsi un momento per riordinare le idee. ​

"E dopotutto-riprese-a quanto pare il destino non aveva fatto altro che usarmi come punching ball per tutti quegli anni, dunque, in fondo, perché no? ​

Perché non avrei dovuto perdere anche il suo amore? L'unica cosa alla quale avessi mai tenuto davvero? ​

A quanto pare, era il mio destino. ​

Ma non sopportavo...che ciò avvenisse in questo modo. Che avvenisse sentendomi sotto processo, per l'ennesima volta. ​

Dovete sapere che, per anni, il senso di colpa, o meglio, la simulazione di esso, sono state le tattiche predilette usate dalle persone intorno a me per manipolarmi. ​

A Nerima si era raccolta la peggiore massa di irresponsabili ed egoisti che si fosse mai vista sul pianeta Terra.
E ciascuno di loro usava qualunque pretesto-cercando di farmi sentire in colpa, specie per cose che non avevo fatto-per ottenere ciò che volevano, ed al tempo stesso erano indifferenti rispetto alle proprie, di responsabilità.

<< Ranma, devi sposarmi, siamo stati promessi da bambini >>
<< Ranma, è colpa tua se Shampoo non mi vuole >>
<< Ranma, tratti sempre male Akane, perché non esaudisci il desiderio del tuo vecchio e la sposi, così potremo vivere a scrocco dei Tendo per il resto della vita? >> ​

<< Ranma, perché tratti male la mia piccola Akane? Dovreste sposarvi e fare tanti bei bambini per portare avanti il mio dojo, che l'età, gli acciacchi e l'incompetenza non mi permettono di gestire >> ​

<< Ranma, mi hai sconfitta, ora per la legge della mia tribù, mi dovrai sposare, altrimenti sarò disonorata >> ​

<< Ranma, è colpa tua se mi trasformo in un maiale, e non certo del fatto che sono un idiota, quindi ti farò fuori >> ​

Ho sentito questi discorsi...fino alla nausea. ​

E la cosa peggiore è che…per tanto tempo…ingenuamente, io mi sono lasciato…manipolare da queste persone.
Cercavo di comportarmi da persona decente e loro se ne approfittavano, mentre facevano le peggio schifezze e dipingevano me come un mostro.
Ma in quel momento...nel momento in cui Akane mi mollava per non aver disonorato Ryoga, qualcosa in me...si spezzò. ​

Mi resi conto che non mi importava davvero del parere degli altri. ​

Che non mi sarei più lasciato manipolare. ​

E soprattutto, che ero stufo di essere sempre usato come capro espiatorio. ​

Quindi dissi a ciascuno di loro esattamente TUTTO quello che pensavo di TUTTI loro”

Sakaki fischiò come per dire “però


“E poi-riprese Ranma dopo una pausa per riprendere fiato-ne ebbi anche per Akane.

Lei…spesso mi insultava. Era sempre disposta a pensare male di me, in qualunque situazione. Mi picchiava ogni volta che la facevo arrabbiare. Era capricciosa ed egoista. Non ammetteva mai i suoi sbagli. Eppure, io...
Nonostante tutto…io, mi sentivo realmente in colpa per quello che le avevo fatto, questa volta.
E soprattutto, per lei provavo...

Però…ad un certo punto, mi venne in mente una cosa.
Una frase che aveva detto, non mi tornava.

<< Io non potrei mai nasconderti qualcosa di così importante per te >>

Mi ricordai che…non era vero.
Lei MI AVEVA nascosto una cosa di importanza capitale. Proprio pochi mesi prima”.

“Di che si trattava, se possiamo chiedere?” fece Kensei

“Durante il…matrimonio fallito, tra i doni, c’era una botte d’acqua. Proveniva dalle Sorgenti Maledette di Jusen.
Poco tempo prima eravamo stati in Cina ed avevo reso un grosso servigio, ma non eravamo potuti passare dalle Fonti. Perciò, la guida, per ricompensarmi, me la spedì a casa.
L’acqua della Fonte dell’Uomo Annegato”

Akisame ebbe un sussulto. “Ma certo! Anche se non esiste una cura, se ci si bagna una seconda volta con un’acqua che ti farebbe trasformare nella versione originale di te stesso…”

“…si rimarrebbe per sempre uomini, con acqua fredda o calda, esatto.

Akane…SAPEVA quanto avessi bramato quell’acqua.
Quanto detestassi trasformarmi in donna e quanto volessi liberari della maledizione.
Non solo; c’erano altre persone che avrebbero potuto beneficiarne: mio padre, che si trasforma in un panda gigante, Ryoga-anche se lei all’epoca non lo sapeva-ed un’altra persona del nostro gruppetto”

“Vuoi dire Mousse?”

“Uh? Sì, come fate a saperlo?”

“Si è trasformato una mattina, un paio di settimane fa, a causa dell’impianto di irrigazione”

“Oh, già, certo, capisco. Tipico.
Beh, per farla breve, il padre di Akane MI TENNE NASCOSTA quell’acqua…deciso a darmela solo se e dopo che avessi sposato sua figlia…mentendo persino a mio padre, il suo migliore amico.

Ed…anche Akane lo sapeva.
E questo mi ferì. Non me lo sarei aspettato da lei. ​

Me lo aveva tenuto nascosto.
Quell’acqua era MIA DI DIRITTO. ERA DESTINATA A ME”

Ranma tremava di rabbia.

“Quindi…visto che vi trasformate ancora tutti, immagino che…”

“Esatto, Koetsuji-sensei. Nel macello che scoppiò dopo-i pazzoidi che cercarono di impedire il matrimonio-l’acqua andò distrutta. E così perdemmo la speranza di tornare tutti normali”.
"Akane...alla fine mi aveva detto la verità, ma...troppo tardi. E solo perché stavamo litigando riguardo al matrimonio, altrimenti non lo avrebbe fatto. L'acqua si trovava a casa Tendo da una settimana"

Il ragazzo col codino tremava dal nervoso e dal rimpianto.

Per l’ennesima volta, calò un silenzio pesante.
Sentire raccontare quella storia era già abbastanza dura. Figuriamoci viverla

“Quindi-concluse Sakaki-hai fatto l’uomo ed hai detto a questa Akane che neanche lei poteva fare la santarellina, giusto?”

“Esatto. E mi sembrò che la cosa la colpisse, per una volta.
Le dissi che lei per prima si era dimostrata indegna di fiducia, quindi non aveva alcun titolo per rimproverarmi.
Ed in ogni caso, la verità è che...non si era mai fidata di me neanche prima. Quindi, forse, non avevamo mai avuto speranze, dopotutto.
Queste mie parole la fecero soffrire, credo.
Anche se…a quel punto sapevo che era finita, comunque e non me ne importava più di nulla”.

“E poi?” fece Hayato.

Ranma si voltò verso Ryoga con sguardo furente.
Il ragazzo con la bandana piangeva copiosamente, vergognandosi per quello che sapeva essere il seguito.

“Come? C’è dell’altro ancora?” esclamò Kenichi.

E’ troppo terribile. Povero Ranma, credo bene che non si fidasse più di nessuno

“Oh, Kenichi, ma adesso viene LA PARTE MIGLIORE!
Perché vedete, QUESTO TIZIO-ed indicò ovviamente Ryoga-
Ha avuto anche il…coraggio? Spudoratezza? Non so neanche come definirla…di PRENDERSELA CON ME PER AVER LITIGATO CON AKANE!”

Una serie di sguardi stupiti spuntarono sui visi dei Maestri.

“Esatto, lui è sempre stato un tipo…emotivo.
Alcune delle sue tecniche si basano sulle emozioni, rabbia o depressione, usando quello che oggi conosco come Ki del Dou.
E quella volta…per quanto si sentisse in colpa…voleva continuare a considerare Akane la sola vittima, e nel sentirmi risponderle con rabbia…in qualche modo, ritenne di doverle qualcosa...come se questo potesse discolparlo un po'...ed entrò in modalità Ashura.
E CERCO’ DI UCCIDERMI”.

I Maestri e Kenichi erano al culmine dello stupore.

Ryoga ormai era scoppiato in un pianto a dirotto e non se ne vergognava neanche.

Un suo amico…ha cercato di ucciderlo? Ora capisco perché era così arrabbiato con lui

“Cioè, rendiamoci conto-precisò Ranma-dopo TUTTO quel macello, dopo aver causato la rovina della vita in OGNI modo possibile ed immaginabile…LUI cercò di uccidere ME”

Era raro vedere Ranma in ira con qualcuno, ma in questo caso, nessuno se ne stupiva.

Tutti rivolgevano al ragazzo con la bandana sguardi di disprezzo.
Ovviamente, nel feudo del Pugno che Salva, non amavano chi si abbandonava ai metodi del Pugno che Uccide.

Ryoga non riusciva quasi a parlare, tra le lacrime.

“Io…mi vergogno così tanto…ma…ultimamente…se evocavo il Ki per potenziarmi…non riuscivo più a…controllarmi…mi è successo anche stamattina”

“E’…vero” confermò Shigure.

“Uhm…ora capisco tutto-fece Hayato-beh, Ranma-kun, il tuo risentimento è pienamente giustificato, non voglio negarlo.
Però da quando sei qui ne sai un po’ di più sul Ki del Dou e sugli effetti che ha sui non iniziati, anche quelli…con una migliore capacità di giudizio, rispetto a costui.
Quindi, forse, almeno per quest’ultimo peccato, Ryoga può essere sia pure parzialmente, non dico giustificato, ma compreso, non trovi?”

Ranma ripensò a Miu, il primo giorno che era arrivato al Ryozampaku. Anche lei era trasformata in una belva assassina, epure...
Si rabbonì un po’.

“Sì, forse” ammise con riluttanza.

Ryoga sollevò lo sguardo, un barlume di speranza, per la prima volta.
“Volete dirmi…che quella condizione…si può curare?”

“Parzialmente, sì-precisò Kensei-è possibile evitare di farsi controllare da essa e poi diventare in grado di potenziarsi con il Ki del Dou, come fanno i qui presenti Sakaki ed Apachai, senza diventare bestie assassine”

“Oh, io…Maestro, la prego! Mi aiuti! Sono disposto a fare qualunque cosa!”

“Uhm…vedremo”

“Concludi la storia, Ranma. Immagino che siamo verso la fine” lo esortò Akisame.

“Sì-espirò il ragazzo col codino. Raccontare tutto a qualcuno gli aveva fatto bene. Specialmente, perché, per una volta, erano persone che lo sostenevano, anziché dargli contro per partito preso, come era SEMPRE abituato a Nerima-come vedete, non sono morto.
Ho sentito, al contrario, il mio Ki diventare freddissimo e…HO SPACCATO LA FACCIA A QUESTO IDIOTA SENZA ALCUN RIMPIANTO.
Poi ho raccolto le mie cose e me ne sono andato per sempre da Nerima.”

Per l’ultima volta, il silenzio calò nella stanza.
La tragedia si era conclusa.


Tutti quanti dovevano metabolizzare tutte le cose che avevano scoperto.
E non erano poche.

“Beh, ora sapete tutto-affermò Ranma-a dire il vero, parlarne, mi ha fatto bene.
Ed ora-riprese indicando con un dito il suo ex amico-voglio che sia molto chiara una cosa, Maestri: io vi sono riconoscente per tutto, e qui mi trovo benissimo.
Diamine, Kenichi, Miu, Renka e tutti gli altri sono i primi veri amici che ho da…da sempre, credo, ora che ci penso.
MA, se QUESTO TIZIO, rimarrà qui…ME NE ANDRO’ IO”

Ed inforcò l’uscita del dojo.

“Aspetta, Ranma-Kun-provò a farlo ragionare Akisame-non decidere in modo impulsivo”

“Oh, le assicuro che non lo sto facendo, Akisame-shishou.
Si tratta della decisione più ragionata della mia vita.
Semplicemente, mi sono reso conto…che TUTTE le cose negative che mi sono capitate nella vita…sono COLPA MIA.
Io HO PERMESSO che mi accadessero.
Ho LASCIATO che le persone mi manipolassero e mi trattassero male.
Ma ora basta. Per il mio bene, per la mia salute mentale, devo eliminare le persone tossiche dalla mia vita.
Naturalmente, questo non è un ultimatum. Con il vostro dojo potete fare quello che volete.
Tuttavia, devo precisare che questa è la mia decisione.
E se deciderete di tenerlo qui…per aiutarlo, me ne rendo conto…nessun rancore, dico davvero.
Semplicemente, separeremo le nostre strade più rapidamente del previsto e serberò sempre un bel ricordo di tutti voi”

Ed in quattro salti, fu fuori.

Tutti volevano dire qualcosa, ma in quella entrarono Miu e Renka, completamente giulive per la scorpacciata di coccole che avevano fatto ai gattini, e dissero:

“Eccoci qui! Scusate, siamo un po’ in ritardo per la cena. Cosa ci siamo perse?”

◊◊◊◊◊


 ​


Legenda

 Katsudon*: piatto tipico giapponese, una cotoletta di maiale fritta, di solito collocata su una ciotola di riso bianco


Nota dell'Autore:


Eccoci qui. Posate le torce ed i forconi, per favore.
Mi rendo conto che questo non fosse ciò che avreste voluto leggere.
Tuttavia fin dal primo momento nel quale avevo deciso di scrivere una fanfiction con Ranma lontano da Nerima, avevo stabilito che dovesse accadere per un motivo molto grave.
Che Ranma non se ne sarebbe mai andato, altrimenti. Non avrebbe mai CONSIDERATO di avvicinarsi ad una ragazza che non fosse Akane, senza che prima avvenisse qualcosa di drammatico. ​

E se ci pensate, di nodi irrisolti che avrebbero potuto far scoppiare una bomba, ce ne sono sempre stati parecchi. ​

Mi è sembrato che, tra tutti, la trasformazione di Ryoga fosse l'evento potenzialmente più importante.
Come avrebbe reagito Akane?
Bene, no di sicuro.
Ma al tempo stesso, sarebbe emerso un problema di fiducia per il fatto che Ranma glielo avesse tenuto nascosto.
E Ranma ha UN MUCCHIO di ragioni per provare rancore nei confronti di tutti gli altri, solo che è talmente di buona pasta, che alla fine perdona sempre.
Ma io VOLEVO che una buona volta emergessero tutte le magagne. Se ci fate caso, la Takahashi tende a buttarla sull'umorismo, sul fatto che tutti tendano sempre a scaricarsi le colpe
Ma se accadesse a noi? Ad una persona reale? Come reagiremmo? ​

Di sicuro, avremmo dello stress da sfogare. ​

A Ranma sono andate male le cose una volta di troppo. ​

E per lui, Ryoga è un simbolo. E' colui che ha causato tutto questo. ​

Detto ciò. Potrebbe non piacere il trattamento di Akane. Beh, la questione dell'acqua l'ho sempre trovata piuttosto grave.
Aggiungo che la Akane del manga, quella degli ultimi 10-15 volumi, è un bel personaggio. Proprio per questo, il fatto che fosse stata complice di Soun mi ha sempre fatto storcere il naso. ​

Ma per una volta, sarebbe giusto anche che Ranma rispondesse, non che stesse passivamente a subire. ​

Tornando a Ryoga. Il fatto che cada nella modalità Ashura e diventi una bestia assassina è perfettamente coerente con il fatto che potenzia il suo Ki con depressione e rabbia, come per lo Shishi Hokodan.
In questo caso, gli universi di Ranma e Kenichi sono perfettamente coerenti. ​

Oltretutto, il Ki del Dou viene qui visto come una sorta di dipendenza, e chi ne fa uso, se non si sa controllare, è una vittima, come Miu. ​

Al tempo stesso, Ryoga è un personaggio del quale tendiamo a vedere solo i pregi. Anche a me piace, ma all'inizio era losco, voleva far fuori Ranma pensando che avrebbe avuto Akane come premio, sia nelle prime apparizioni che più avanti, quando impara la Tecnica dell'Esplosione. ​

Ed anche se si è evoluto, ancora nel volume 24, nella saga di Herb, lui e Mousse, inizialmente, volevano approfittarne per uccidere Ranma, nel volume 29 usa la canna da pesca per far innamorare Akane (ma sbaglia e colpisce Ranma), e poi, di nuovo, cerca di UCCIDERE Ranma. ​

Quindi, come dire, non è un santo. Ha delle cose da farsi perdonare. ​

Ma tende alla depressione e si sente molto in colpa per tutto. ​

Perché in fondo è una brava persona. ​

Ma quelle contraddizioni ci sono. Vanno affrontate. Vanno risolte. ​

Ranma in questo caso è deluso che uno che ormai considerava suo amico si sia rivoltato contro di lui per ammazzarlo, non per il fatto in sé che Akane lo abbia lasciato a causa sua.
Di certo Ranma se la sta prendendo con Ryoga, ma soffre ancora per Akane. E' stato strano scrivere di un Ranma che prova rancore. ​

Ma è umano. Sono tutti umani.
Soffrono, piangono e si arrabbiano.
Come si svilupperà la cosa?
I due torneranno amici?
Per scoprirlo...continuate a leggere


 

Mini-Guida per il manga di Kenichi:

Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou

Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.

Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere

Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
 

   
 
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