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Autore: fiddle    18/09/2009    2 recensioni
Finalmente sono tornata (anche se con un'altro account...)!! Ecco la mia storia:
i Deirdhi sono degli esseri umani creati artificialmente con l'ausilio di magia e tecnologia. Jaques incotra per caso Alba, la Deirdha che si è ribellata al suo padrone.
Genere: Science-fiction, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Deirdha ribelle

Incontrarsi

Il corpo di una fanciulla era appoggiato al tronco di una quercia. I capelli della giovane – non le avrebbe dato più di 20 anni – erano castano chiaro, mossi, la pelle chiara, ma stranamente priva di sfumature. La frangia copriva la fronte e parte degli occhi chiusi. I vestiti erano una semplice maglia rosso scuro un po’ troppo larga e pantaloni di tela grigia. Vestiti poveri. A vederla Jaques alzò lo sguardo verso il cielo, mentre tre uccellini passavano danzando per caso proprio sopra di lui: qualche nuvola candida e innocua sbiancava un poco il cielo altrimenti terso. La luce dorata che passava fra gli sprazzi degli alberi fece venire anche a Jaques voglia di riposarsi un po’ appoggiato a un albero, e pensò che si sarebbe lasciato cadere dalla parte opposta della quercia rispetto alla ragazza. A quel pensiero il giovane uomo abbassò lo sguardo allegro ma il sorriso che il bel tempo aveva influenzato si spense: il petto della giovane si contraeva e si allargava irregolarmente, e il suo respiro era affannato. Si rese conto che il corpo non era appoggiato all’albero, vi era abbandonato.
Come la rivelazione si fece strada nella sua mente, Jaques corse verso la ragazza, che evidentemente aveva sentito il rumore dei suoi passi, perché aveva aperto gli occhi. Il suo sguardo – dato da occhi di un verde chiaro straordinario – non mostrava dolore, anzi era calmo, così come la sua voce: « Grazie per esserti preoccupato di me, ma non ho bisogno di aiuto. Ho solo percorso tanto spazio senza respirare, e il corpo ha bisogno di aria per funzionare. »
Jaques in un primo momento si stupì solo del fatto che la fanciulla riuscisse a parlare così tranquillamente nonostante l’affanno. Poi capì il senso della frase… Ho percorso tanto spazio senza respirare… Spalancò gli occhi. Possibile che quella fanciulla fosse…
Lei si accorse che il giovane uomo stava pensando il peggio. « Non pensare male! », si affrettò a dire. « Io… odio combattere. Non ho intenzione di Distruggere, e il mio Padrone è distante da qui, non può ordinarmi di Distruggere. »
« Quindi tu sei… sei… ». Il terrore per quello che credeva che la fanciulla fosse impedì a Jaques di proseguire.
« Sì, io sono una Deirdha. »
Jaques sapeva cos’erano i Deirdhi: erano persone create artificialmente. Gli scienziati della città-zattera erano riusciti a trovare, dopo anni e anni di studi e ricerche, un modo di riprodurre attraverso magia e tecnologia le funzioni del corpo umano, migliorando però intelligenza, forza e altre doti, in modo che fosse possibile usare queste “creature” nei lavori più duri e umilianti, al posto di importanti vite umane. Il Governo della città-zattera decise di tenere per sé la modalità di costruzione dei Deirdhi, nonostante li vendesse agli altri 3 Paesi di Rephiae. Nel Paese di Firey, tuttavia, un Governatore riuscì a modificare la natura profonda dei Deirdhi, tramutandola da pacifica a malefica e distruttiva. Questi Deirdhi furono esportati in tutto il mondo di Rephiae e impiegati nella Guerra tra i 3 Paesi del continente, mentre la città-zattera rimaneva neutrale a causa della legge emanata dal Governo che bandiva i Deirdhi malefici. La Guerra durò 5 anni, 5 anni di crisi, 5 anni di terrore, 5 anni che fecero capire che era stato commesso un errore. La Guerra si concluse con un accordo di pace fra i 3 Paesi, i quali restituirono gli uni agli altri i territori che possedevano prima della guerra. I Deirdhi “buoni” rimasero a fare i lavori degli schiavi come prima della Guerra. La città-zattera, però, smise di fabbricarne e di commerciarne, perché i Deirdhi erano immortali. Non vi furono più guerre in cui utilizzare i Deirdhi malvagi. Tuttavia, probabilmente su pressione dei nobili dei Paesi, non vennero banditi.
Jaques aveva anche sentito come funzionavano: una volta creati erano come in stand-by, poi attraverso dei legami magici il Deirdhus veniva collegato al Padrone, cioè all’acquirente. Dopodiché il Padrone poteva ordinare al Deirdhus qualunque cosa, con richieste precise, fra cui Distruggere, Vendicare e Salvare, ma solo se erano abbastanza vicino. Se il Deirdhus aveva eseguito gli ordini del Padrone e, per così dire, aveva del “tempo libero”, poteva svolgere azioni liberamente, pensare da solo.
Però c’era una cosa che solo i creatori di Deirdhi conoscevano: se i corpi dei Deirdhi erano tutti uguali per la tecnologia, le loro menti erano una diversa dall’altra, a causa della magia con cui erano stati costruiti.
Per questo la Deirdha era fuggita. La magia che le aveva determinato la mente era pacifica, ma gli ordini che le venivano imposti erano malefici.
« Allora, adesso mi ucciderai, non è vero? », chiese Jaques, preoccupato.
« No! », rispose scandalizzata la Deirdha. « No, certo che no. Ma mi hai sentita, prima? Ho detto che io odio uccidere o distruggere. Senza contare che i Deirdhi Uccidono solo coloro che intralciano il loro percorso, mentre tu volevi aiutarmi. », aggiunse con un sorriso cortese.
Jaques tacque, e la Deirdha rispettò la sua pausa di riflessione guardando altrove.
« Qual è il tuo nome? », gli chiese infine.
« Jaques Folth. Tu… hai un nome? », aggiunse, pentendosene subito per paura di sembrare maleducato.
Lei però sorrise ancora con quell’aria di malinconia. « Mi chiamano Alba. Alba e nient’altro. Invidio molto il vostro diritto ad avere cognomi. E’ un modo di distinguersi, no? », non aspettò nemmeno che annuisse. Evidentemente conosceva tutto degli umani e quella che aveva posto era una domanda retorica. « Noi invece siamo una massa di creature tutte uguali. »
Jaques di nuovo tacque. Poi chiese: « Stai eseguendo un Ordine? »
« Oh, no », disse Alba compiaciuta. « Sono scappata! »
« Potete scappare? », chiese incuriosito il giovane uomo. La curiosità era sempre stata una qualità e un difetto principali del suo carattere.
« Beh, teoricamente no, ma finchè nulla ce lo vieta formalmente... »
« Da dove vieni? »
Subito Jaques intuì di avere toccato il tasto sbagliato, perché dal viso della Deirdha scomparve l’espressione briosa da poco conquistata. « Questo non lo posso dire. E’ nelle Regole. », rispose mortificata.
« Oh… le Regole? »
Un nuovo timido sorriso stirò il viso perfetto di Alba. « Ti piace conoscere, eh! », commentò, e Jaques arrossì. « Le Regole sono una serie di Ordini che sono fissati nella nostra Memoria e sono incancellabili. Per fare un esempio, non posso dirti da dove vengo, o chi è il mio Padrone, nemmeno sotto tortura o attraverso magie. Semplicemente non sono capace. »
Un nuovo termine aveva punto la curiosità di Jaques. « Magie… Tu sai fare magie? »
« Sì », rispose. Jaques si chiese se non stesse diventando insolente. Ma sapeva di essere già diventato amico di quella creatura… Nulla in lui urlava di allontanarsi, non c’era un solo istinto che lo avvertisse, anzi! Sentiva che non c’erano pericoli, e lui si fidava dell’istinto. «Ognuno di noi sa fare magie. Io ne conosco molte – sai, esisto da molto tempo – ma la maggior parte sono distruttive, come evocare incendi, o cose del genere. Però so anche fare questo. » Posò lo sguardo sul terreno. Un bocciolo di margherita era proprio ai piedi dell’albero. Lei vi mise la mano sopra e chiuse gli occhi, concentrandosi. Un alone di luce verdastra si intravide fra le dita, e lei le scostò. Una margherita dai petali argentati si ergeva maestosa ai piedi della quercia, al posto del bocciolo.
Jaques era meravigliato. Alzò gli occhi verso il cielo, e si rese conto solo in quel momento che la luce era rossastra di tramonto. « Oh! », esclamò. « Io devo tornare a casa! ». Si alzò, e si incamminò.
« A domani, cacciatore! », sentì Alba gridare, e si chiese come aveva fatto la sua nuova amica a intuire che era un cacciatore. Poi capì che aveva l’arco e la faretra alla spalla e due conigli legati alla cintura.

Qualche passo più indietro Alba la Deirdha guardò il giovane uomo dai capelli castani e dai curiosi occhi nocciola che rispondeva al nome Jaques Folth, che aveva da poco conosciuto allontanarsi, mentre aspettava con ansia il tramonto del giorno dopo, per poterlo incontrare di nuovo, pensando che probabilmente sarebbe stato interessante avere per amico un essere umano.

Famiglie

Jaques arrivò alla porta di casa quando il sole era in procinto di nascondersi dietro la collina. La sua casa era piccola, in legno e a un piano. Dentro c’erano un piccolo ingresso, una cucina, dove anche si mangiava, e una stanza da letto. Spinse la porta mentre abbassava il pomolo in di ottone ed entrò. Finalmente, pensò, casa dolce casa, e si lasciò cadere su una sedia, la quale fece rumore strisciando le gambe sul pavimento.
« Ciao caro, sei tornato a casa. », commentò una voce, ed Alice uscì dalla cucina asciugandosi le mani in un grembiule che portava legato sotto la pancia allargata.
Jaques si alzò e le andò incontro, tendendo le braccia per poi stringerla con delicatezza e darle un bacio. « Come sta il campione? », le chiese con leggerezza, riferendosi al bambino che alloggiava nel pancione di Alice.
La donna abbassò gli occhi e portò le mani al rigonfiamento. « Bene, direi. E’ felice e scalcia. Non vede l’ora di uscire per poter vedere il tuo viso », aggiunse guardando il marito.
« Avete intenzione di continuare? », chiese una voce scherzosa dalla cucina, e i due si girarono verso Anne, la sorella maggiore di Alice. « O possiamo cucinare quello che ci hai portato dalla caccia, Jaques? », aggiunse avvicinandosi. « Conigli! Dai, che mangiamo come l’Imperatore, oggi! »
Gli altri due risero e la seguirono. Si misero all’opera chiacchierando della giornata, del bambino… Come si sarebbe chiamato? Jaques esigeva che si dovesse chiamare Adonis, se maschio, anche perché la tradizione voleva che il figlio maschio avesse l’iniziale della madre e viceversa la bimba del padre; Alice riusciva a produrre solo nomi femminili: Jane, Juno, Janet, Jennifer, Jessica, Juliet, Judith… Anne semplicemente ne stava fuori.

Qualche chilometro più a sud-est Alba pensava alla sua, di famiglia, a quella che aveva lasciato nella periferia della capitale del paese di Firey, Rockcity, la città scolpita nella pietra. Infatti, lei era un Deirdha del pronipote Governatore che aveva alterato la natura dei Deirdhi, e viveva nella sua magione, appena fuori la città vera e propria. Alba era stata la prima Deirdha del Governatore, e dopo di lei ne erano seguiti quattro: Josephine, Sole, Notte e Incendio. Alba e Josephine avevano cominciato a lavorare come Deirdhe “buone”, facendo lavori servili e faticosi, che però a loro non pesavano per niente, purchè il loro Padrone fosse contento: questo, infatti, era il loro più potente istinto, la Regola scolpita dentro di loro, ciò per cui esistevano (Alba era andata contro quella regola fuggendo, ma l’aveva potuto fare perché non era una regola “obbligatoria”, come quelle dettate dal Padrone). Poi il Governatore aveva acquistato un Deirdhus, e su di esso aveva iniziato i suoi esperimenti malefici e perversi. Dunque, non appena gli esperimenti erano andati in porto, aveva riprodotto gli stessi lavori su Alba e su altri due nuovi Deirdhi, tenendo Josephine come “servetta”. Ad ognuno aveva dato un nome che centrasse con il loro aspetto fisico e con qualcosa di naturale, o per lo meno di comune – tranne a Josephine, perché non era “preziosa” quanto gli altri quattro, perciò aveva un nome comune –; e quindi una ragazza dagli occhi verdi, come l’erba coperta di brina, i capelli castano chiaro e una carnagione pallida ricordava un poco l’alba; un giovane uomo dallo sguardo di un penetrante azzurro turchese, i capelli biondi e la pelle abbronzata portava il pensiero a un giorno di sole; una giovane donna bruna di pelle, dai ricci capelli neri e con profondi occhi del medesimo colore faceva sentire il brivido della notte; infine, un ragazzo con capelli rossi accesi e occhi neri che contrastavano il viso chiaro coperto di lentiggini faceva immediatamente pensare a un incendio. Poiché i Deirdhi erano immortali (e inoltre “congelati” nel loro aspetto iniziale) – a meno che non ricevessero ferite al loro punto debole, il cuore, che si trovava esattamente all’altezza del cuore umano, ma esteriormente era coperto da una fascia di una lega metallica fra bronzo, argento e un altro metallo proveniente dalle miniere gelate del Paese di Icey circondante il petto, particolarmente dura, trafiggibile solo con il diamante, molto raro –, allora i cinque erano stati tramandati di padre in figlio, ed era per questo che adesso appartenevano al propropro… pronipote del loro originale Padrone. E a lui dovevano Obbedire, perché l’ultimo Ordine espresso dal primo Padrone era di Obbedire al figlio, e questi aveva seguito il suo esempio, e così tutti i successori, fino all’attuale Governatore di Firey.
Alba pensava con nostalgia agli altri Deirdhi, soprattutto a Incendio, che per lei era più o meno come per gli umani era un fidanzato, se non di più, come un marito, insieme a un confidente, un amico… Infatti, grazie alla cosiddetta Sfera, i Deirdhi potevano provare emozioni, esattamente come gli uomini. Si erano stabiliti legami simili a quello fra Incendio e Alba anche fra Notte e Sole, ma i primi due si “amavano” – se amore poteva essere chiamato quel legame – di più: qualcosa li legava anche se erano distanti, qualcosa faceva capire a Incendio che Alba lo stava chiamando o pensando, quando accadeva, e viceversa. Notte e Sole non si “amavano” ancora così tanto, e probabilmente era una questione di tempo e maturità. Josephine, invece, non “amava” nessuno, né ne sentiva la mancanza. Nessuno sentiva la mancanza di un legame tale finché non l’aveva e gli veniva poi tolto. Ed era quello che sentiva Alba, anche se era lei stessa ad aver deciso di allontanarsi. La Deirdha, in tutti quegli anni dopo il mutamento da normale a maligna aveva cambiato solo il tipo di Ordini, non la Sfera che determinava i suoi più profondi pensieri, al contrario degli altri Deirdhi “malvagi”, ai quali non pesava affatto il dover Uccidere, Distruggere o Combattere. E credeva di conoscere anche il perché: lei, prima di essere stata alterata, aveva vissuto del tempo da Deirdha “buona”, mentre Sole e gli altri avevano subito la modifica prima di venire attivati, cioè prima che cominciassero a pensare.
Alba socchiuse gli occhi fissando le prime stelle che iniziavano a trapuntare il cielo del crepuscolo, pensando all’”amato”, e sentendo che anche lui faceva la stessa cosa e che la sentiva a sua volta.

Questo è un addio

Il giorno dopo Alba e Jaques si incontrarono sotto lo stesso albero, mentre il giovane si addentrava nella foresta per cacciare. Alba però insistette che lui stesse a parlare con lei all’ombra della maestosa quercia prima di proseguire.
Parlarono soprattutto di Alba, che rispose a quasi tutte le curiosità di Jaques: ovviamente non poteva violare la Regole, e ogni volta che Jaques le chiedeva qualcosa alla quale per rispondere doveva disubbidire, l’atmosfera nella piccola radura coperta dalla quercia l’atmosfera cambiava radicalmente, così come l’espressione di Alba, il cui sorriso veniva sostituito da una linea perfettamente dritta e le cui palpebre calavano leggermente sugli occhi, come a cercare una soluzione, un modo di superare o aggirare quell’ostacolo, che era però stato costruito apposta perché non potesse accadere mai una cosa del genere.
« No, non abbiamo bisogno di cibo », stava dicendo la Derida, ridacchiando.
« Mangiate l’aria? », chiese allora Jaques, con un lieve rossore di imbarazzo che si faceva strada sul suo viso.
Alba, incapace di trattenersi, scoppiò a ridere forte, talmente forte che un paio di usignoli che alloggiavano placidamente sopra di loro se ne volarono altrove indignati alla ricerca di una quercia meno rumorosa dove far udire il loro canto a persone più degne. «Ma non puoi pormi una domanda del genere! » esclamò quando si fu ripresa e gli usignoli furono lontani. « E’ impossibile mangiare l’aria! L’azione del mangiare implica qualcosa di solido. Bisognerebbe solidificare l’aria, ed è impossibile!! »
« Sottigliezze », borbottò lui, facendo ridere ancora Alba, meno forte di prima.
« Noi non ci nutriamo » rispose la Deirdha. « Tutto ciò che necessitiamo è respirare. Il nostro corpo ha bisogno solo di quello. Credo che nel primo Deirdhus non ci sia semplicemente stato lo spazio per lo stomaco: probabilmente era stato occupato da altri circuiti più utili e questo nostro aspetto sia stato definito dalla magia. Ma è tardi, il sole ha già superato lo zenit da qualche ora. », soggiunse.
Jaques subito si preoccupò, ma Alba gli intimò di restare lì, mentre lei « andava e tornava », e subito si teletrasportò altrove, lasciando uno Jaques leggermente sconvolto per la sua sparizione.
Passarono pochi minuti, forse dieci, ma al giovane uomo sembrarono di più; poi la Deirdha tornò teletrasportandosi un poco più distante dal giovane e con alcuni passi strascicati si avvicinò a lui. Infatti stava trascinando per le zampe dietro di sé un daino, non grandissimo, probabilmente femmina, morto. « Per te, dato che sei gentilmente rimasto a tenermi compagnia in questa giornata. », gli sorrise. « Spero che anche domani e altri giorni ci siederemo sotto questo albero a parlare ». Concluse facendogli l’occhiolino.
E così fu: per giorni e giorni la scena si ripetè; Jaques partiva da casa poco dopo che il sole era sorto e trovava puntualmente Alba sotto la quercia, con gli occhi chiusi e i vestiti ogni giorno più laceri e sporchi. In quella maniera Jaques imparò tutto ciò che si poteva sapere sui Deirdhi, tranne quello che Alba non poteva dire; la Deirdha venne invece a sapere che il giovane era sposato, che sua moglie aspettava un bambino, e molte tradizioni locali. Al tramonto Alba si teletrasportava altrove a caccia e, al suo ritorno, Jaques si allontanava verso casa dove l’aspettavano Alice e Anne, e qualcuno che ancora doveva nascere.
Così fu per poco più di una settimana, finchè un giorno Jaques si avviò di buon umore verso la solita quercia. La sera prima era nato Adonis, e non vedeva l’ora di dirlo ad Alba. Ma nessuno lo salutò o lo invitò a sedere per tenergli compagnia. Preoccupato, si guardò inutilmente intorno, alla ricerca della Deirdha. Vide invece due persone, un uomo e una donna, poco più grandi di lui, entrambi abbigliati elegantemente. L’uomo era molto alto, biondo e dalla carnagione olivastra, che fissava con occhi celesti la quercia dove erano soliti a chiacchierare Jaques e la Deirdha; indossava una casacca blu chiaro, dai bordi dorati e con ricami geometrici fatti con fili neri, azzurri, bianchi, argentei e dorati, un paio di semplici pantaloni grigio chiaro, anch’essi bordati d’oro; le sue scarpe di morbido cuoio marrone sembravano comode. La donna era dalla pelle scura e anch’ella alta, e mentre conversava a bassa voce col compagno guardava nella stessa direzione degli occhi di lui; fra i sottili riccioli erano intrecciati fili e nastri d’argento, gli stessi che le ricamavano l’abito blu notte da viaggio e le ornavano i bordi delle maniche che finivano poco sopra al gomito e della larga gonna a pieghe dai riflessi neri e blu tipici di un certo genere di seta, con piccole stelle e mezze lune. Le scarpe, in tinta con l’abito, erano appena visibili. Alle orecchie portava orecchini d’argento, due semplici cerchi larghi con stelle di madreperla; il collo era adornato da una collana con la stessa fantasia degli orecchini, e così i polsi da bracciali: il destro con tre cerchi larghi, il sinistro con un’unica lamina che le copriva tutto l’avambraccio.
Jaques rimase quasi a bocca aperta tanto era stupito da quella ricchezza e opulenza, che lui vedeva solo l’ultimo giorno della settimana, cioè quando andava in città per vendere le verdure al mercato e comprare ciò che gli serviva. Allora, occasionalmente, gli capitava di vedere degli esponenti dell’alta borghesia, vestiti di abiti non dissimili da quelli delle due persone di fronte a Jaques. Quest’ultimo, distratto com’era dal nobile aspetto dei due estranei, non si era reso conto che il loro petto si contraeva in respiri irregolari e faticosi. Ma, non appena si accorse di questo singolare fatto, il sangue gli si gelò nelle vene mentre la consapevolezza si faceva strada nei suoi pensieri: quei due erano Deirdhi, ed era probabile che avessero “ucciso” Alba. Jaques cercò comunque di non mostrare il proprio timore; dopotutto, non sapeva se fosse come pensava, o se i due erano Deirdhi malvagi. Si avvicinò loro e chiese con tono gentile se avessero bisogno di qualcosa, sperando che scambiassero la paura che era certo trasparisse dalla sua espressione per riguardo nei confronti di loro due, nobili viandanti.
L’uomo e la donna si guardarono per un istante e il primo si rivolse alla compagna: « Questo giovane uomo ha addosso il suo odore »
Lei annuì. « Deve aver avuto a che fare con lei, e per parecchio tempo, a giudicare da quanto si sente l’odore di Alba » Alba. I due Deirdhi quindi la conoscevano. Jaques era sempre più sicuro che l’avessero uccisa, ma adesso aveva più paura di prima, perché da quello che avevano appena detto il giovane aveva capito che loro sapevano che era stato con lei, e con tutta probabilità avrebbero ucciso anche lui, ora. Jaques ricordò con rammarico che il pomeriggio prima Alba gli aveva chiesto se era in grado di consolarla perché era lontana dall’”amato”, e lui l’aveva abbracciata di slancio. Ovviamente, non era innamorato della Deirdha, per quanto bella e perfetta potesse essere. Era consapevole del fatto che quell’amore non era possibile. Senza contare che lui amava Alice, e l’avrebbe sempre amata.
« Sei stato con Alba in questo periodo? », gli chiese l’uomo. Sapeva benissimo che non c’era bisogno di chiedere in primo luogo se il giovane uomo conoscesse Alba.
« Sì. », rispose Jaques cercando di non far tremare la voce, ma senza successo. La sua voce si ruppe in quella breve sillaba e lasciò trasparire la sua paura. Aspettando la morte, il giovane impallidì, pensando ad Alice e al piccolo Adonis, e chiuse gli occhi.
La Deirdha rise. « Non ti uccideremo, umano! », disse. Jaques riaprì gli occhi. « Stiamo cercando Alba, e forse tu sai dove possiamo trovarla. E’ molto brava a nascondersi, e il suo Intuito basta a neutralizzare quello di Sole, il mio compagno », aggiunse indicando il Deirdhus. « Io sono Notte » si presentò, seguita da Jaques.
« Mi spiace, ma non ho idea di dove sia andata. Perché la cercate? » chiese lui.
I due si guardarono. Poi risposero in coro: « Ordini. »
Sole però si illuminò all’improvviso, come se avesse avuto una rivelazione. « Di qua », disse, e indicò l’ovest, il folto della foresta. Poi si rivolse al giovane. « Noi andiamo. Speriamo che le nostre strade non si incrocino mai più. »
Ma Jaques chiese loro di portarlo con sé alla ricerca dell’amica.
I due non trovarono nulla che glielo impedisse e Sole lo prese in spalla. Fu così che iniziarono la corsa verso Alba, la Deirdha ribelle.

L’Intuito di Alba le indicò di correre. Questo avvertimento a livello sensoriale le arrivò durante la notte, mentre pensava con nostalgia a Incendio. « Corri. », gridava una voce agitata dentro la sua testa, e ostacolava i pensieri razionali. In ogni caso, lei seppe dominare l’Intuito, e ragionò prima di scappare a ovest, dove le gambe premevano di andare. Stavano venendo a prenderla, ecco perché doveva fuggire. Sole, sicuramente, la cercava. Il Padrone, tuttavia, non avrebbe permesso che fosse uno solo a cercarla, ma chi c’era nella comitiva? Incendio certamente no; sarebbe potuto essere tentato dallo scappare via con Alba, anche se gli veniva ordinato il contrario: casi rari provavano che certe volte la Sfera prevaleva sugli Ordini. Josephine era solo una domestica. Quindi a cercarla erano Sole e Notte. Ma non poteva lasciare semplicemente la quercia senza una traccia, qualcosa che indicasse a Jaques perché se ne era andata da lì. Non sapeva se l’amico sapesse leggere, perciò, mentre l’Intuito le gridava nella mente fece crescere altre margherite argentate, lei obbedì sperando che il giovane capisse che erano preziose, e che potevano essere rivendute al mercato per molto denaro. Poi corse, e finalmente i pensieri ricominciarono a fluire normalmente e l’Intuito tacque.
L’Intuito era frutto della magia. In alcuni Deirdhi, la magia aveva sviluppato delle specie di “sesti sensi”, che facevano parte della Sfera. Il Padrone di Alba possedeva tre Deirdhi con il “sesto senso”: Alba stessa, con il suo Intuito, non dissimile dall’empatia e dall’intuito degli animali; Sole, con una forma più specifica di Intuito, più similare all’odorato dei cani e alla loro abilità nel seguire le tracce; e Incendio, che occasionalmente aveva sprazzi e visioni del passato, del presente e del futuro.
L’Intuito di Alba era nato con lei; inizialmente era un consiglio che le veniva dato raramente, ma sempre in casi di necessità.
Poi, durante la Guerra, esso si era sviluppato fino a diventare un grido pressante che sia negli accampamenti che nei campi di battaglia o durante le imboscate persisteva e non taceva mai. All’inizio di questa rivoluzione della Sfera, la Deirdha aveva avuto problemi a governarla, perché era una novità. Addirittura, la primissima volta non era riuscita a governarlo, e, in preda a una rabbia non sua, aveva cercato di uccidere Incendio che l’aveva presa alle spalle per calmarla, poiché continuava a urlare.
Infine, dopo qualche mese dalla fine della Guerra, decise di iniziare a provare a controllare l’Intuito. Ci aveva messo 3 anni e 4 mesi, tutto sommato, ma ce l’aveva fatta: l’Intuito era sempre presente in lei, ma la voce agitata urlava solo nei momenti di pericolo o necessità, proprio come inizialmente, con la differenza che era più forte. Ma anche Alba era più forte, e ogni volta che la voce agitata si metteva a strillare consigli dentro la sua testa, lei sapeva intimarle di calmarsi e pensare ragionevolmente.
A proposito di ragione… Proprio su quella era fondato l’Intuito di Sole: lui lo poteva consultare ogniqualvolta ne aveva bisogno; cioè era il Deirdhus a cercare l’Intuito, non viceversa, come nel caso di Alba. Sole poteva cercare meglio di quanto potesse fare chiunque o qualunque Deirdhus qualcuno, come un cane del soccorso cercava nella frana dei terremoti la gente. Infine, Incendio non aveva nulla del genere. Forse, l’unica cosa che poteva essere definita analoga era la casualità delle sue visioni: cioè non avvenivano quando lui lo desiderava, o in determinati momenti del giorno, della stagione o dell’anno, così come Alba riceveva visite dall’Intuito “casualmente”; tuttavia, mentre l’Intuito della Deirdha si faceva sentire quando più c’era bisogno, le visioni non rispettavano nemmeno questo “criterio”. Molto semplicemente, quando meno se l’aspettava, Incendio chiudeva gli occhi e sulle palpebre vedeva un’immagine.
La prima in assoluto che aveva visto era stata quella di Rockcity, una semplice panoramica. Però, la Rockcity che aveva visto era quella che sarebbe diventata dopo la Guerra. L’ultima che Alba aveva saputo era quella della moglie del Governatore che partoriva tre gemelle e un gemello. Purtroppo, non l’aveva ancora vista avverarsi.

Jaques si meravigliava della velocità a cui riuscivano ad andare i Deirdhi. Ma ciò che più lo stupiva era il fatto che riuscissero a parlare tranquillamente, come lui e Alba sotto l’ombra della quercia.
« Qual è il tuo nome, umano? », gli venne chiesto dalla Deirdha.
Jaques glielo disse e chiese il loro.
« Io sono Notte, lui è Sole. », disse la donna. « Come hai conosciuto Alba? », domandò.
« Ci siamo incontrati sotto la quercia poco più di una settimana fa. Lei era appena scappata… »
« Appena? », intervenne Sole. « Ma se è da un mese quasi che la cerchiamo! Forse era appena giunta lì… Ma di sicuro ti ha detto una bugia, Jaques. »
Il giovane rifletté un momento. « Ora che ci penso… » disse poi. « Alba non mi ha mai detto di essere appena scappata. Non mi ha mentito », aggiunse con un sorriso.
Sole rise (Incredibile!, pensò Jaques). «Se credi che Alba sia tua amica, Jaques, ti sbagli. Una cosa del genere non è possibile! »
« Io credo che Alba ne sarebbe capace », ribattè Notte. « Dopo l’affronto che ha fatto al Padrone, può fare qualunque cosa! »
Tacquero, cosicché Jaques ebbe il tempo di pensare. Secondo il Deirdhus, Alba lo aveva solo preso in giro, ma allora perché trattenersi così a lungo con lui? Non seppe darsi risposta, e pensò ad Alice e al piccolo Adonis, e un sorriso stirò le sue labbra. Il piccolo aveva i capelli castani di Alice, una piccola dunetta sul nasino e gli occhi grandi proprio come la mamma, ma questi ultimi erano nocciola come i suoi, e fin da subito con un espressione di immensa incredula curiosità: ammirava tutto ciò che gli stava intorno avido di vederlo, dopo essere stato al buio per tanti mesi, e si stupiva di quanto meraviglioso e bello fosse il mondo, o, per meglio dire, quella piccola stanza di una piccola casa che ne faceva parte. Aveva 10 dita alle mani e ai piedini, e pesava poco più di tre chili. Anne sarebbe rimasta lì ancora un mese, poi sarebbe partita con la carovana di inizio inverno e sarebbe tornata a Low Edge, nel Firey, cioè dove abitava.

Alba fermò la corsa e guardò il cielo, mentre riprendeva fiato. Il sole ormai era sorto da circa tre ore, quindi, considerato che lei era partita circa quattro ore prima dell’alba, erano 7 ore che correva senza mai fermarsi. Decise quindi di farlo ora. Si sedette a gambe incrociate esattamente dov’era, di fronte a un faggio, e chiuse gli occhi. Il respiro si fece irregolare come sempre dopo una grande corsa, ma non la disturbava. Così, poté ascoltarsi dentro: l’Istinto urlava?, si chiedeva. Ma nessuna risposta concitata le giunse, solo il silenzio dei suoi pensieri e l’onnipresente consapevolezza che parte dei pensieri di Incendio erano rivolti a lei, così come viceversa. Attese guardando il faggio; non sapeva di preciso cosa aspettava, ma lo attese con pazienza.

Si erano fermati. Sole stava in piedi a pochi metri da loro ad occhi chiusi con il petto che si contraeva irregolarmente, in sintonia con quello di Notte, seduta vicino a Jaques. Dopo una manciata di minuti, il viso di Sole si illuminò. «Di qua!», esclamò, indicando il nord. « Lei è andata dritta a ovest, poi ha curvato a U, e infine è corsa verso nord per un paio di chilometri, forse per seminarci. Tuttavia non sa che questa è una scorciatoia. In un’ora, credo, dovremo arrivare dov’è Alba. »
Quindi si rimisero in marcia, e per due ore corsero – Jaques in groppa a Sole – in direzione nord, invece che per una come diceva il Deirdhus.
Dopo due ore si fermarono entrambi, prima lui, poi l’altra. Poco più in là ci scorgeva un faggio, ma ciò che c’era di fronte, e cioè ciò che indicavano concitati i Deirdhi, era invisibile a Jaques, in piedi. « Resta qui. », sussurrò Notte.
Poi si voltò, e insieme al compagno corse silenziosamente verso Alba, che li aveva sentiti ed era schizzata via nella direzione opposta. Sole e Notte si guardarono un istante, poi la Deirdha sparì dalla vista di Jaques. Qualche secondo, poi anche Sole svanì, e Jaques rimase solo. Tornarono tutti e tre poco dopo, Alba che non sembrava molto contenta, ma che li seguiva docilmente, senza corde o bisogno di Sole che la tenesse.
In poco tempo, ansimanti, lo raggiunsero e Alba guardò l’amico: nel suo sorriso non vi era nulla di falso o forzato, solo sincera amicizia. Sole la guardava in un misto fra orrore e stupore, mentre Notte sembrava intangibile.

E così, non era riuscita a fuggire per molto. Ma, dopotutto era contenta di tornare a casa. Era sì preoccupata per la punizione che il Padrone le avrebbe inferto, ma la voglia di rivedere Incendio e gli altri superava quel pensiero.
Guardò Jaques, felice di poterlo salutare per l’ultima volta. Gli sorrise e subito ottenne risposta. Poi si voltò verso Sole e gli disse: « Complimenti per avermi battuto » e lo abbracciò. Se avesse potuto piangere, qualche lacrima sarebbe sicuramente scesa fra i faggi e i tassi. Strinse forte anche Notte, felice di rivederla.
Infine si volse verso Jaques. « E’ ora e tempo che ci salutiamo, amico mio », gli disse, abbracciandolo. « Sono così contenta di averti conosciuto, di aver passato dei giorni meravigliosi con te. »
Dopo pochi secondi il giovane uomo le rispose. « Sai, questa mattina ero partito per darti una notizia, e sono venuto con Notte e Sole a cercarti perché ritenevo necessario dartela di persona: Adonis è nato. »
Alba si scostò dalla stretta e guardò Jaques. Poi diede in una risata e lo strinse di nuovo e più forte, ricambiata. « Addio, Jaques, mio amico! Prenditi cura del tuo Adonis e della tua Alice. Sono felice di salutarti con una notizia così felice nel cuore e il sorriso sulle labbra. Addio! »

Lo riportarono alla radura della quercia con il teletrasporto, poi, dopo che Alba gli ebbe spiegato delle margherite d’argento, i tre Deirdhi si teletrasportarono altrove. Jaques tornò a casa e decise di raccontare tutto alla moglie, quando Anne se ne fosse andata. Lei si mostrò sorpresa, ma comprensiva, e perdonò al marito l’averle tenuto nascosto un avvenimento del genere.

Era domenica e Adonis doveva andare al mercato con sua sorella. Si alzò presto, mattutino come sempre, e andò a svegliare Jennifer, che alla mattina era il suo opposto, ancora distesa a letto che protestava mentre lui spalancava le imposte e le toglieva la coperta di lana. Quando la ragazzina fu sveglia e pronta, i due salutarono il padre e la madre con un bacio, e si incamminarono.
Arrivarono alla città in mezz’ora e, riconosciuti dalle guardie al Cancello Nord-Ovest, entrarono.
In quel periodo la città era più festosa del solito, perché erano i Tre Giorni del compleanno del Re di Windey. Nobili e borghesi sfoggiavano i vestiti più colorati e ricchi che possedevano, e anche i più poveri indossavano gli abiti migliori, serbati per questo genere di occasioni. Con la folla che c’era, i due fratelli si strinsero forte la mano, per non dividersi e perdersi, e andarono in fretta al mercato, che si teneva nella Piazza Nord. Lì la gente in una qualche maniera sembrava troppa per lo spazio disponibile, ma ci stava, anche se molto stretta.
Avevano fatto tre o quattro bancherelle, quando sul braccio di Adonis si posò una mano. Il giovane alzò lo sguardo sul proprietario e vide che era una ragazza di più o meno la sua età, dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi. Indossava un abito verde con ricami di nastro rosso e giallo, tale che, visto da lontano, poteva sembrare un campo di papaveri e bocche di leone, e sopra ad esso un mantello viola con il cappuccio posato sulle spalle. Vicino a lei c’era un giovane uomo sui 25 anni con capelli rossi, molto evidenti, occhi neri e il viso pallido coperto da lentiggini. Indossava un mantello identico a quello della ragazza, ma bordeaux, e sotto un completo blu con ricami arancioni.
« Ciao, Adonis », disse lei. « Io sono Alba. Potresti dare questa lettera a tuo padre », gli porse una busta bianca.
« Certo, come… », iniziò lui, ma fu subito interrotto da Alba.
« Se Jaques vorrà, te lo dirà lui », gli sorrise. « Addio! »
Poi vide Jennifer. « E’ tua sorella! Come ti chiami? », le chiese chinandosi verso di lei.
Quella rispose, e si nascose un po’ dietro al fratello.
« Jennifer », mormorò l’altra, come assaporando il nome.
« Alba… », disse il Rosso.
« Sì, Incendio. Addio! », li salutò.

Fine.
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Ecco, finalmente, l’ho finita, la shot sulla quale ho lavorato tanto… E che tanto la mia la, la mia mery e la mia emma hanno atteso, perché continuavo a dar loro false speranze. ^^’ Sorry!! Chiedo umilmente perdono per l’immenso ritardo, avrei dovuto finire questa storia circa due o tre mesi fa, e invezze… Però! Ora è fatta! E’ finita! Conclusa! Banzaiiii!!! XD Pardon, sono euforica (non sapete che salti di gioia ho fatto. Ho rischiato di rompere un vetrino appeso al muro…) per essere finalmente riuscita a mettere la parola fine al racconto… Molto spesso sono arrivata vicina a farlo, ma ogni volta mi veniva un’idea nuova e mi sembrava troppo presto, troppo presto, una storia troppo corta… Ma ecco, questo era il momento giusto.
Spero vivamente che la storia di Jaques (che coloro che meglio mi conoscono, come la my la, avranno capito che è il mio gemello *) e Alba (che è solo frutto della mia invenzione) vi sia piaciuta. Ringrazio in anticipo chi leggerà in silenzio, chi leggerà e commenterà, in negativo e in positivo. Grazie anche a Flavio =)
dorothy_
  
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