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Autore: lady lina 77    25/02/2024    1 recensioni
Una AU con protagonisti i personaggi di Poldark creati dal meraviglioso W. Graham.
Siamo in Germania, negli anni neri del nazismo, nell'affascinante Annaberg-Buchholz, in Sassonia, fra boschi, miniere, case a graticcio e antiche tradizioni. Ross Poldark è un giovane tenebroso, volenteroso, proprietario di alcune miniere lasciate in eredità dal padre. Non è ricco ma ha tanta voglia di fare, da lavoro a molte persone che lo aiutano e rispettano ma questo non può bastare: è ebreo, anche se non praticante. E nella Germania di quegli anni questo potrebbe non essergli perdonato.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Dwight Enys, Elizabeth Chynoweth, George Warleggan, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo che Ross l’aveva allontanata da se dopo il bacio che si erano scambiati, su Nampara era calato un fitto gelo e le conversazioni fra i due si erano come congelate in uno stato di tensione e risentimento. Ross usciva al mattino presto, rientrava la sera tardi, cenava, spiegava freddamente a Demelza i suoi compiti per il giorno successivo e poi si chiudeva o in camera o nel suo studio. Delle loro chiacchiere e risate serali non vi era più traccia e ognuno pareva essersi chiuso in se stesso, rifugiandosi nei rispettivi ruoli di padrone e domestica. Questa era stata infatti l’unica cosa che Ross aveva detto il giorno dopo quel bacio. “Io sono il tuo padrone, tu la mia domestica, i ruoli sono quelli. Ricordalo”.
Demelza era amareggiata ma ancor più, si sentiva ferita. Non tanto per il rifiuto di Ross Poldark di affrontare la situazione che si era creata fra loro, quanto per il fatto che sembrava aver dimenticato la parte amichevole e bella del rapporto costruito da entrambi fino a quel momento, quel rapporto che non la faceva sentire una normale domestica ma parte di quella casa. Tutto finito, tutto dimenticato… Ma in fondo di cosa si stupiva? Alla fine cos’era se non davvero una banale domestica arrivata dal nulla? E lui non era forse un proprietario minerario discendente di una antica e blasonata famiglia? Davvero lei aveva rivestito una qualche importanza nella sua vita? Come aveva potuto illudersi?
Anche se non era nella sua natura, Demelza stessa si era irrigidita e si limitava a poche parole con lui, a semplici scambi verbali relativi unicamente al lavoro da svolgere. “Sì signore, va bene signore”. Tutto semplice, tutto facile, nessun coinvolgimento. Non era così che doveva comportarsi una brava domestica?
C’erano stati momenti in quelle settimane in cui aveva pensato che forse sarebbe stato meglio andarsene. Ma dove? Non aveva altri lavori, non voleva tornare da suo padre e soprattutto non voleva lasciare lui e Nampara. Ross Poldark significava tanto per lei e da quando era nata era stato l’unico a trattarla con rispetto, a interessarsi a ciò che voleva dire, a cosa avesse fatto durante la giornata, al suo mondo e ai suoi pensieri… E anche se ora tutto sembrava finito e lui sembrasse semplicemente distante ed indifferente, per lei non era finita affatto. E quindi, finché non fosse stato il suo padrone a cacciarla, lei sarebbe rimasta al suo posto e avrebbe quanto meno svolto al meglio il suo lavoro senza dargli disturbo.
Era ormai giugno e il tempo era caldo e piacevole.
Erano passate più di tre settimane da quella domenica incriminata e quel pomeriggio era andata in bicicletta in piazza per comprare scorte per la dispensa. E visto che la sfortuna non arriva mai da sola, giunta a destinazione le era caduta nuovamente la catena della bicicletta. Imprecò fra se e se, come faceva da bambina. Poteva fare tutto ma odiava sporcarsi le mani con l’olio nero degli ingranaggi e siccome capitava spesso, era sempre stato Ross a sistemarle la bicicletta. La prendeva amabilmente in giro per questo aspetto del suo carattere che trovava divertente ma ora le cose erano cambiate e non se la sentiva di chiedergli più niente. Quindi optò per portare la bicicletta dal ciclista di Annaberg-Buchholz, il signor Spieldarman, fece la spesa e poi tornò a piedi a casa. La bicicletta, aggiustata, le sarebbe stata restituita dopo due giorni al costo di pochi spiccioli. Soldi ben spesi, pensò…
Arrivò accaldata, con le borse in mano, percorrendo a lunghe falcate il sentiero che dal villaggio portava a Nampara e quando aprì l’uscio, scoprì che Caroline e Dwight erano venuti a far visita e con Ross stavano conversando amabilmente in salotto.
Quando entrò Ross non la salutò nemmeno, al contrario di Dwight e Caroline che le andò incontro. “Mia cara, che fine hai fatto? E’ un po’ che siamo qui”.
Demelza sorrise, poggiando le borse della spesa in terra. “Sono stata al villaggio a fare compere e la catena della bicicletta mi ha di nuovo tradita. L’ho lasciata dal signor Spieldarman per farla riparare e sono tornata a piedi, per questo ci ho messo tanto”.
Dwight rise. “Oh, quindi Ross si è stancato del lavoro di ciclista!”.
Per un attimo calò un silenzio imbarazzato che però Demelza fu veloce a stoppare. “No, è che ero troppo lontana da casa e non ce l’avrei fatta a tornare con la bicicletta rotta e le borse della spesa, quindi ho deciso di rivolgermi a Spieldarman”.
Caroline e Dwight si guardarono brevemente negli occhi, avvertendo una strana tensione che mai avevano avvertito nel rapporto rilassato fra Demelza e Ross. Ma non chiesero nulla e Demelza gliene fu grata.
La ragazza prese le borse, dirigendosi verso la cucina. “Vi preparo del tè?”.
Ci siamo arrangiati mentre tu non c’eri e abbiamo bevuto del sidro, non ci serve nulla!” – rispose Ross, freddamente.
Demelza si irrigidì. “Sì signore. Allora vado a sistemare e se avete bisogno, sono di la”.
Caroline e Dwight si fissarono nuovamente. Che stava succedendo? Quando arrivavano a Nampara, quello fra loro era un incontro fra quattro amici, non c’erano ruoli, non c’erano ospiti, padrone e domestica mentre in quel momento avvertivano un forte distacco fra Ross e Demelza, quasi che ognuno non volesse avere a che fare con l’altro. Avevano discusso? Demelza in fondo era molto portata a rispondere a tono e Ross era una persona che si accendeva facilmente quando colpito nel vivo…
Caroline strinse i pugni, decisa a far terminare subito quella situazione strana e incomprensibile. “Aspetta! Volevo giusto che ci fossi anche tu! Io e Dwight abbiamo due notizie importanti da darvi! Una bella, una brutta!”.
Dwight sospirò alzando gli occhi al cielo mentre sia Ross che Demelza sembrarono assumere un atteggiamento più curioso.
Demelza poggiò nuovamente le borse. “Che succede?”.
Caroline le si avvicinò. “Partiamo dalla bella notizia! Clarke Gable ha appena firmato il contratto per il film dell’anno, anzi, DEL SECOLO!!! Con Vivien Leigh sarà il protagonista dell’adattamento di Via col vento! Prevedo un successo planetario, prevedo un film che resterà per secoli negli annali del cinema, prevedo di piangere tutte le mie lacrime quando lo vedrò”.
A Demelza scappò da ridere, Caroline era davvero spassosa quando parlava di Gable con quella venerazione, quasi quanto lo era lei quando parlava di Chaplin. “Ottimo! E la notizia brutta?”.
Caroline sbuffò. “La notizia brutta è che non so quando potrò vederlo visto che un mini-Enys è in arrivo e accidenti, romperà le scatole proprio all’uscita del film!”.
Ross spalancò gli occhi e Demelza ci mise un attimo a capire. Poi scoppiò a ridere e col consueto entusiasmo con cui si approcciava sempre alle belle notizie indipendentemente dal suo stato d’animo, abbracciò quella brontolona della sua cinica amica che, poteva scommetterci, era felice anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
Caroline sbuffò. “Sei incaricata di venire a salvarmi da un mondo fatto solo di pannolini e latte! Le nostre uscite al cinematografo devono rimanere immutate!”.
Demelza sospirò, divertita. Era da giorni che non provava sensazioni tanto belle ed era felice perché quel bimbo sarebbe stato amato e accudito con mille cure e tanto amore. “Farò del mio meglio”. E così la vita andava avanti, con le sue meraviglie, i suoi dolori, i suoi cambiamenti. La gente cresceva, si evolveva, abbracciava nuove esperienze e chissà quando questo sarebbe potuto succedere anche a lei…
Ross poggiò la mano sulla spalla di Dwight. “E così seguite i dettami del regime e contribuite alla politica militare di Hitler con un futuro piccolo soldato. Eppure, sono comunque felice per voi”.
A quelle parole, Caroline lo bloccò. “Spero sia femmina, altro che soldato! Mi ci manca solo di avere per casa un marmocchio che saluta alzando il braccio e brinda col biberon alla salute del furher o che mi diventa una piccola copia sputata delle scimmiette dei Goebbels! Che dannato incubo!”.
E Demelza bloccò lei, trattenendosi dal ridere, con l’animo improvvisamente più leggero. “Santo cielo, povera bambina! Costretta a mettere per anni quella dannata divisa della gioventù hitleriana e a danzare sulle note di canzoni naziste”.
Fu una battuta leggera, tipica di Demelza che riusciva a sdrammatizzare anche le situazioni che riteneva più antipatiche. Ross avrebbe voluto sorriderne, come aveva sempre fatto, ma si impose di voltare il viso, rimanere neutrale e far finta di non averla nemmeno sentita. Alzò semplicemente il calice col sidro e fece per accennare a un brindisi quando qualcuno bussò alla porta.
Postino, ho una missiva per Fräulein Demelza Carne”.
Ross parve sorpreso, da quando Demelza era stata assunta non le aveva mai scritto nessuno e anche la ragazza sembrò incerta sul da farsi. Con un cenno, l’uomo la intimò ad aprire. “E’ per te, a quanto pare”. Era assolutamente curioso, chi diavolo poteva averle scritto? Ovviamente non le avrebbe chiesto niente.
Fu Caroline a venirgli in aiuto, interrogando subito Demelza appena la ragazza ebbe in mano una busta colorata dalle tenui tonalità pastello. “Chi è?”.
Demelza rigirò la busta, lesse il nome del mittente e sorrise osservando il disegno e il timbro sul francobollo. “Allora ci è andato!”.
Caroline parve non capire. “Allora! Non fare la misteriosa, chi è?”.
Demelza mise la busta nella tasca del vestito, decisa a leggere la lettera con calma, da sola, quella sera. “E’ una cartolina di Hugh Armitage. A quanto pare prima di tornare in Inghilterra è stato a Fussen per visitare i castelli di re Ludwig. Ne avevano parlato quando siamo usciti”.
Caroline si esibì in una espressione maliziosa. “L’inglesino?”.
Già!”. Demelza non aggiunse altro, non voleva parlare di cose personali davanti a tutti e sentiva di voler tenere gli aspetti della tenera amicizia nata con Hugh per se. Non che ci fosse qualcosa da nascondere o di cui vergognarsi ma nelle ultime
settimane aveva maturato la necessità di tenere le sue cose personali per se. Fosse stata sola con Caroline, forse avrebbe raccontato di più ma non le andava di parlare di Hugh in presenza di Ross dopo quanto detto tre settimane prima.
Ross la osservò silenzioso, con sguardo duro, ma non disse nulla. Si chiese se Demelza stesse cercando di provocarlo o se semplicemente avesse deciso, come le aveva chiesto, di mantenere le distanze fra loro. Non era stato forse lui a ribadirle che non erano altro che il padrone e una cameriera? Che non c’era spazio per altro? Che non le aveva più rivolto la parola se non per darle ordini? Quindi che diavolo aveva per sentirsi irritato? Alla fine strinse nuovamente il calice, lo alzò e guardando Caroline e Dwight accantonò i suoi pensieri e l’argomento-Hugh di cui non gli importava NIENTE! “Brindiamo! Al piccolo o alla piccola Enys che sarà sicuramente – alla faccia di Hitler – motivo di gioia per tutti i presenti”.
Caroline sospirò, fece per riprendere in mano il bicchiere ma l’occhiataccia di Dwight la fermò. “Lo so, lo so, niente alcolici”. Osservò poi Demelza. “Sai mia cara? Forse lo gradirei davvero un buon tè”.
Demelza le sorrise. “Te lo preparo subito”.
E sparì in cucina.
...

Cara Demelza, dopo il nostro bel pomeriggio insieme non ho potuto che andare a visitare i castelli di Re Ludwig a Fussen prima del mio ritorno in Inghilterra. Non ho fatto altro che pensare alla piacevole chiacchierata avuta in merito con te e il mio animo artistico e forse sognatore non ha potuto che rimanere estasiato davanti alla bellezza di tali opere che racchiudono in loro una magica visione della vita, un animo estroverso, il giusto mix di egocentrismo, arte, storia e fiaba. E’ stata una piacevole disgressione dai miei studi e mi auguro di tornare in quei luoghi quanto prima. Magari con te come compagna di avventura per un’altra piacevole gita. Ti lascio, unito alla presente, il mio indirizzo inglese in modo che potrai, se vorrai scrivermi, trovarmi senza problemi. Sperando tu possa stare sempre bene in questo mondo difficile che ti circonda, ti saluto con profondo affetto.
Il tuo fedele amico, Hugh Armitage”.

Dopo che Dwight e Caroline se n’erano andati, Demelza aveva sistemato la spesa, aveva cucinato a Ross quello che lui aveva chiesto, aveva riordinato la sala da pranzo e la cucina e una volta finito tutto il suo lavoro si era seduta sulla panca fuori casa, che dava verso il bellissimo bosco che si estendeva fino al paese e si era concessa quel momento di pace per leggere quella missiva prima che facesse buio e fosse ora di andare a letto.
C’era una piacevole tranquillità attorno a lei e il culmine dell’estate che faceva tramontare il sole ad ora tarda le donava la luce necessaria per leggere.
Era stata felice di ricevere quella lettera, un balsamo per il suo animo triste e in subbuglio. Si era sentita sola in quelle settimane e la situazione creatasi col suo padrone le aveva fatto dimenticare il piacevole pomeriggio con Hugh, la spensieratezza di quella giornata da normale ragazza che si viveva la sua età, la dolce sensazione che ci fosse qualcuno che trovava piacevole la sua compagnia.
Divorò quelle poche righe avidamente, ormai era diventata piuttosto brava nella lettura e impegnandosi, anche nella scrittura. Gli avrebbe scritto presto che sì, le sarebbe piaciuto andare a scoprire con lui i castelli di Fussen. Un giorno vivere sarebbe diventato più semplice, un giorno forse avrebbe visto altro, avrebbe scoperto il mondo o quanto meno ciò che c’era fuori da quel villaggio dove era nata e dal quale non si era mai allontanata. Un giorno, forse…
In realtà nel suo animo non era così ottimista circa il futuro e ogni volta che era costretta a vedere segni del nazismo che si faceva spazio attorno a lei, veniva colta da foschi presagi che le suggerivano che ci si stava incamminando verso un sentiero pericolosissimo. Ma quella lettera di Hugh le alleggeriva il cuore tanto da renderla serena in un momento della sua vita strano.
Piegò la lettera dopo averla riletta per l’ennesima volta e rimase ad osservare la cartolina del castello di Neuschwanstein che Hugh vi aveva allegato, sognando di principi, favole ed epiche avventure. Solo quando fu davvero buio si decise ad entrare in casa per andare a dormire.
Giunta in salotto, si accorse che Ross era ancora sveglio ed era intento ad osservare alcune mappe delle sue miniere.
L’uomo alzò lo sguardo, poi lo riabbassò. Non le rivolgeva la parola da ore… “Hai letto la lettera del tuo spasimante?”.
La stava provocando? Beh, non ci sarebbe riuscito stavolta. “Sì, l’ho letta”.
Quella risposta lo spiazzò. “E ora hai fretta di chiuderti in camera per rispondergli?”.
Può darsi”.
Ross strinse la matita che teneva fra le mani. Che diavolo gli veniva in mente di chiederle qualcosa? E soprattutto, che diavolo di risposte stava ricevendo? Si sentì irritato perché rispetto a tre settimane prima dove Demelza aveva negato qualsiasi coinvolgimento con Hugh, ora sembrava voler affermare l’esatto opposto.
Demelza si fermò davanti alle scale, aspettando che chiedesse altro. “Posso andare? O avete bisogno di me per qualcosa?”.
Non ho bisogno di niente!” – fu la gelida risposta.
La ragazza gli voltò le spalle, salì al piano di sopra di nuovo di cattivo umore ed entrò nella stanza. Si sedette sul letto, improvvisamente stanca di tutto, di tutti e di quella situazione assurda che si era creata. Nampara era stata l’unico luogo in cui si era sentita a casa e improvvisamente non lo era più…
Dopo aver appoggiato sulla scrivania la lettera di Hugh si sciolse i capelli, fece per pettinarseli ma fu interrotta da un forte bussare alla sua porta.
Demelza, apri!”.
La voce di Ross la fece trasalire, poi fece quello che le era stato chiesto. “Signore?”.
Voglio del ruhm. Adesso!” – le ordinò appena la ebbe davanti.
V… Va bene… Ve lo devo portare nella vostra stanza o in salotto?”.
Lui si morse il labbro. Non sapeva nemmeno perché fosse andato da lei e non aveva bisogno e voglia nemmeno di bere alcolici. Che diavolo gli prendeva? Cosa aveva in se di così magnetico quella dannata ragazzina per confonderlo così? Perché lo scambio verbale di poco prima fra loro lo aveva spinto a salire da lei? Non era solo la sua domestica? “Ho cambiato idea, non voglio più il ruhm!” – disse solo, sentendosi decisamente idiota.
Demelza sospirò. “E cos’altro volete, signore?”.
Non so, qualcosa”.
Si sentì irritata. La stava prendendo in giro? Voleva mancarle di rispetto prendedosi gioco di lei? Era la sua domestica, certo, ma era abbastanza grande per comprendere quali comportamenti fossero leciti e quali no anche per un padrone. “Beh, quando lo avrete deciso tornate e fatemelo sapere”. Irritata fece per chiudere la porta, che lui facesse quello che voleva. Che la licenziasse per la sua impertinenza, che si decidesse a chiedere cosa volesse bere, pazienza! Se doveva vivere così, tanto valeva tornare da suo padre.
Ross bloccò l’uscio, il suo viso sembrava furibondo. “Non ti permetto di rispondermi con quel tono!”.
E io a voi di prendervi gioco di me!”.
Lei glielo disse adirata, guardandolo negli occhi in un modo in cui lui non era più capace di fare. Si sentì in colpa, in realtà non voleva prenderla in giro, in realtà non sapeva nemmeno cosa diavolo lo avesse spinto lì. “Non era quello che stavo facendo”.
Mi sembra di sì”.
E io ti dico di no”.
Demelza sospirò, si sentiva così stanca. “Cosa desiderate, signore?”.
Anche Ross si sentì improvvisamente stanco del gelo che si era creato fra loro e che MAI avrebbe desiderato. “Non lo so… Dirti qualcosa, non so cosa però. Sono salito e basta”.
Demelza rimase in silenzio, poi uscì nel corridoio e lo fronteggiò. Il suo sguardo era serio e sembrava decisamente più maturo dei suoi 18 anni. “Io non so cosa vogliate dire voi ma per quel che mi riguarda ho tanto da dire io, da tre settimane a questa parte. Non mi parlate o se lo fate, lo fate a malapena quasi aveste paura di me. Non mordo, non chiedo nulla, non faccio nulla di male e cerco di lavorare al meglio. Più di questo non so fare e se ritenete che non lo faccia al meglio, cacciatemi e trovatevi un’altra domestica. Se la mia presenza vi infastidisce, la soluzione rimane quella che vi ho appena suggerito. Siete il mio padrone, questa è la vostra casa, dite cosa volete e io lo farò”.
Ross si sentì turbato da tanta risolutezza che lui, in preda a mille dubbi, non riusciva ad avere. Allargò le braccia. "Solo fare la cosa giusta. E non so come farla".
"La cosa giusta? Relativa a cosa?".
"Lo sai, Demelza!".
La ragazza gli si avvicinò di alcuni passi. Ross Poldark non le aveva mai chiesto cosa pensasse, cosa sentisse, come guardasse a quel mondo che attorno a loro stava cambiando in modo feroce. Erano diversi e diversi erano i loro ruoli all'interno della società che Adolf Hitler aveva creato ma dannazione, a LEI lui aveva mai chiesto qualcosa in merito? "Sapete qual'è per me la cosa giusta?".
Ross sembrò confuso. "No".
Demelza si guardò attorno, indicandogli poi una finestra del corridoio. "Pensate che Hitler, Goebbels o Himmler o chiunque altro siano quì fuori a sbirciare cosa facciamo?".
"Beh, no! Ma decidono delle nostre vite in modo pericoloso" - rispose lui.
Demelza scosse la testa. "Certo, non dovete spiegarmelo! Voi signore siete ebreo e siete PER FORTUNA esentato dalla vita del partito nazist. Ma io quello che dicono e fanno lo conosco e lo capisco bene!".
Ross rise, sarcastico. "Esentato? Per fortuna? Demelza, noi ebrei non siamo ben accetti da nessuna parte ormai!".
Anche Demelza parve diventare sarcastica. "E gli permettete di farlo, anche noi gli permettiamo di farlo, questo è il problema. Hitler parla e i tedeschi obbediscono come burattini, Hitler vi distrugge la vita e voi ebrei gli spalancate le porte di casa e gli permettete di farlo".
Ross si sentì irritato. Stava dandogli del codardo? "Che pretendi che faccia? Che inforchi un fucile, vada a Berlino e spari a tutto il Bundstag? Sto cercando di sopravvivere Demelza e ti assicuro che stare zitto è la cosa più difficile per me e se mi conosci almeno un pò, sono certa che lo sai! Rimanere in vita, per noi ebrei, è più difficile che per te e quelli come te. Non voglio, non posso trascinare nessuno nell'inferno in cui sta piombando la mia vita, lo capisci?".
La ragazza scosse la testa, fingendo di non sentirlo. "Non mi avete mai chiesto cosa si dice, cosa ci fanno vedere al cinematografo quando la sera ci sono le proiezioni propagandistiche di Goebbels".
Ross alzò le spalle. "Parlerà male di noi ebrei, che c'è da chiedere?".
Demelza scosse la testa. "No...Cioè, non solo... E' che lui, loro... ti parlano attraverso dei video su quanto sia bello essere tedeschi puri, di come Hitler ci ami, di come sarebbe bello morire per lui e per la patria. E tutto quello che mi viene da pensare, quando ascolto, è che ci stia preparando per una guerra, che ci stia rendendo mansueti in modo da mandarci al macello come agnelli sacrificali, felici di morire per seguire la sua follia".
Ross spalancò gli occhi, non poteva credere a qualcosa del genere. "Avanti Demelza, sicuramente Hitler non sarebbe tanto folle da distruggere tutto ciò che ha ricostruito a livello economic...".
Demelza lo fermò, con un gesto stizzito della mano. Poi scosse la testa, esasperata dal fatto che lui fingesse di non voler capire. "Credete che si fermerà alla Germania? Credete che si accontenterà di essere al governo di una sola nazione? Judas, quando farà scoppiare l'apocalisse e le bombe cadranno su questo disgraziato paese, che cosa credete che succederà? Credete che avergli obbedito fedelmente ci salverà? Questo paese sarà distrutto, sarà raso al suolo fra non molto e molti di noi non saranno quì a vederlo ricostruire! E allora ho deciso che non mi comanderà, che se deve distruggere la mia esistenza, prima di morire voglio vivere! Come voglio io, secondo ciò che provo io! Che finché ci sarà qualcosa di bello e buono che mi rende felice, io ne godrò! Io ho scelto di non farmi comandare da Adolf Hitler, ho scelto di maledirlo in silenzio ogni volta che vedo una svastica, di prendermi gioco di lui con Caroline, di continuare a fare le cose che amo! Non mi dirà chi frequentare, cosa fare, come devo pensare! Non lo farà fino alla fine. Se per la sua follia dovrò morire, quanto meno sarà dopo che ho vissuto! Voi fate ciò che credete giusto ma non scegliete per me! Non servirà a salvarmi e non salverà nemmeno voi probabilmente! Non dovete andare a Berlino a fare una strage nella sede del partito nazista, nessuno ve lo chiede! Ma se volete un consiglio, cercate di rendere felice il vostro piccolo angolo di mondo finché potete!".
Ross rimase totalmente spiazzato. Chi diavolo aveva davanti? Una ragazzina? Santo cielo, Demelza era più matura di lui di almeno dieci anni, era una sognatrice ma era anche estremamente consapevole di cosa la circondava. Aveva in se una lucidità rara in una persona tanto giovane, osservava tutto e forse aveva capito più di lui tutto ciò che stavano succedendo.
Davanti al suo silenzio, Demelza si riavvicinò alla porta. "Beh, ora credo che andrò a dormire! Se avete bisogno di qualcosa, sapete dove trovarmi".
Sparì dietro la porta, fece per chiuderla e a quel punto una forza sovrannaturale si fece più forte di qualsiasi resistenza si fosse imposto. Le prese il polso, la afferrò fermamente e la costrinse a tornare indietro e voltarsi. Demelza aveva dannatamente ragione, perché si rifiutava di vivere e seguire ciò che di buono l'esistenza gli offriva, finché poteva farlo? Aveva davanti una giovane donna bella, intelligente, che lo attirava come una calamita. Al diavolo tutto, al diavolo Hitler, al diavolo la legge!
Le lasciò il polso, la afferrò per la vita, la spinse contro la parete e la baciò sulle labbra e sul collo, affamato di lei. La voleva, come non credeva possibile. Dopo baci lunghi, passionali e profondi, si staccò da lei per un'ultima fievole resistenza. "Non ho nulla da offrirti se non questo! Non posso prometterti alcun futuro, solo la mia compagnia e la passione che sento per te! So che ti voglio, che queste settimane senza parlarci mi hanno distrutto e che non posso andare avanti così. So che sono un uomo passionale con esigenze forti, non sono come il tuo inglesino che parla di arte e castelli e che ti desidero come donna. Totalmente! Quindi ora Demelza sta a te, se vuoi mandarmi via è l'ultima possibilità che hai per scegliere".
Mandarlo via? Judas, era pazzo? Tutto ciò che sognava stava avverandosi e lui le chiedeva se voleva mandarlo via? Sapeva che non poteva offrirle nulla ma anche lei aveva sofferto quelle settimane di silenzio e ora non desiderava che di essere sua, totalmente. Non credeva, anche se lo adorava, che la sua lontananza emotiva avrebbe potuto farla soffrore così ed ora era come se la spada che aveva nel cuore da settimane si stesse sciogliendo come neve al sole. Era inesperta e forse un uomo come Ross non avrebbe trovato chissà quali soddisfazioni da lei ma era pronta a donarsi a lui. A lui soltanto. "Nemmeno io ho nulla da donarvi, signore! Ma so che questo è esattamente ciò che voglio e al diavolo il futuro, il presente, tutto. Non vi manderei via per tutto l'oro del mondo".
"Ci stiamo cacciando in un grosso guaio".
Lei sorrise. "Beh, almeno non potremo dire di vivere esistenze noiose e condizionate da altri".
"Potrei farti male".
"Mi fido di voi...".
Ross non disse più nulla, lei aveva detto tutto ciò che aveva bisogno di sentirsi dire. Si chinò su di lei, tornò a baciarla e non staccandosi fra loro, giunsero fino al letto. Lui le sollevò il vestito che Demelza aveva iniziato a slacciarsi prima che piombasse nella sua stanza, glielo sfilò e poi le sollevò la sottoveste. Era inebriato da quel corpo giovane che nessuno aveva mai sfiorato. Quando gliela tolse, la invitò a sdraiarsi sul letto e prima di stendersi su di lei la osservò inebriato. Si baciarono, si toccarono, lui le baciò il seno e il petto prima di tornare alle sue labbra. Poi le tolse anche gli ultimi indumenti intimi prima di spogliarsi a sua volta. Lei lo aiutò a sfilarsi la camicia e lui fece da solo coi pantaloni. Poi si guardarono, completamente nudi, lui le accarezzò il viso sentendosi responsabile per quella ragazzina che stava per far diventare donna. "Se ti farò male, dimmelo".
"Va bene..." - mormorò lei.
La fece stendere, con delicatezza forzò le sue ginocchia ad aprirsi e poi si stese fra le sue gambe. La osservò negli occhi verdi e trasparenti, era bella davvero... Poi la baciò, entrando in lei con tutta la delicatezza di cui era capace. Per alcuni istanti la sentì irrigidirsi e aggrapparsi a lui e si sentiì in colpa per averle provocato quel dolore inevitabile... Cercò di di rassicurarla, le accarezzò i fianchi e con baci gentili cercò di farla abituare a quella nuova realtà che stava scoprendo con lui.
E quando la sentì rilassarsi iniziò a muoversi dentro di lei, prima lentamente e poi man mano più forte. E dopo pochi istanti entrambi si resero conto che i loro corpi sembravano fatti per incastrarsi fra loro perfettamente e persino Ross, che di donne ne aveva avute molte ed esperte, sentì che nessuna gli aveva mai dato sensazioni tanto forti.
Demelza chiuse gli occhi, il dolore sparito e una valanga di sensazioni nuove tutte da scoprire. Era quindi questo il piacere di cui parlava Caroline, la massima espressione di intimità fra uomo e donna? Era tutto così sconvolgentemente bello che le veniva voglia di urlare...
Si concentrò sulle spinte di Ross, cercò di seguirne il ritmo ed entrambi persero la percezione del tempo, dello spazio, di cosa li circondava. E si fusero in un amplesso sconvolgente.
Sulla scrivania, come muta testimone, la lettera di Hugh Armitage... Probabilmente ci sarebbe voluto molto tempo prima che Demelza si ricordasse di rispondergli...
  
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