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Autore: Dorabella27    25/02/2024    14 recensioni
Normalmente, una storia intitolata "I visitatori della notte" evocherebbe un racconto di vampiri. E invece, qui (con chiara ispirazione da "Il visitatore della sera"), troviamo una visita notturna, come ormai siete abituati a leggere, di tre personaggi di RoV. Tre personaggi non dei più amati, diciamolo: ma ognuno ha il diritto di dire le sue ragioni, no? E dunque, ecco a voi un inedito terzetto "made in RoV".
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bernard Chatelet, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I VISITATORI DELLA NOTTE
Notte fonda.
Tenebre quiete.
Silenzio assoluto.
E per fortuna, grazie alle cuffie (sante, sante, santissima invenzione!) posso dilettarmi con i vecchi film per tutta la notte, senza disturbare nessuno.
E proprio per questo non sento subito i colpi alla porta. Ma, a un certo punto, diventano tanto insistenti che non posso illudermi che si tratti del buon Jack Torrence che cerca di sfondare a colpi di ascia la porta del bagno del grazioso appartamento assegnato al custode all’Overlook Hotel.
“Ancora?”, mi chiedo, disponendomi ad alzarmi dal divano, col maggior malumore del mondo, e premendo il tasto STILL sul lettore dvd (sì, ce l’ho ancora, e lo uso ancora, e anche il lettore Vhs, ormai raro e preziosissimo).
Vado verso la porta, speranzosa: hai visto mai, penso, che siano tornati Alain e, soprattutto, André e Oscar; un po’ di tempo, in fondo, ne è passato, e dovrebbero avere soddisfatto, ormai, il proposito di smettere di soffrire, almeno per un po’. Senza contare che anche per chi regge gli alcolici egregiamente, come mi pare, a occhio, che sia il caso di Alain, due anni di tour per le cantine della Franciacorta sono eccessivi[1].
Apro e…. “Ah! Siete voi”, mi esce di bocca, con un tono di delusione che il mio elegante ospite finge certo di non notare, almeno, non fino in fondo.
“Sì, Madame, sono io: il Maggiore Victor Clément de Girodelle, per servirvi!”, dice con un inchino il secondo di Oscar.
Peeeeeeeerò, penso , mentre avanza in piena luce verso il divano: occcchèi, non è André, e pazienza (ma, in coscienza, vorresti tu, Dorabella, osare mettere i tuoi occhi su Monsieur Grandier, procurando dolore e, soprattutto ,gelosia alla sua amatissima e legittima compagna, nonché spadaccina fra le migliori di Francia? NOOOOOO, mi sento rispondere nella mia testa); e va bene, non è nemmeno Alain (ma, in tutta sincerità, mi chiedo, lo vorresti come ospite un orso bruno – simpaticissimo, eh, chi lo nega – che ti gira per casa svuotando sistematicamente tutte le bottiglie e scassando le fragili sedioline intagliate dal trisavolo? NOOOOOO, mi sento ancora rispondere nel cervello). E non parliamo poi di Fersen, che, per quanto fascinosissimo, alto (altezza è mezza bellezza, dicevano le nostre nonne, ma lui ha anche l’altra metà), con gli occhi pervinca, la voce di velluto, le belle mani delicate e i modi da gran signore, è anche una specie di idrovora, un black hole specializzato nel far sparire cioccolatini al liquore, Pocket Coffee, Ferrero Rocher, caramelle fondant di zucchero agli agrumi e chi sa che cos’altro. No no, signori miei: forse il Visconte de Girodelle, Maggiore delle Guardie Reali di Sua Maestà il Re di Francia Luigi XVI, è l’ospite ideale. Alto, indubbiamente prestante, dai lineamenti aristocratici, elegante, distinto, con un sorriso affabile e modi raffinatissimi (voglio dire: il baciamano! E chi l’ha mai ricevuto un baciamano così?): è davvero un bel vedere!  Anche la sua chioma leonina, per cui tanto è stato dileggiato – ma usiamo il termine appropriato, via, SFOTTUTO – nei gruppi FB di appassionati di RoV e nelle fanfiction, è tutt’altro che degna di risate, anzi: è ammirevole (appunto mentale: ricordarsi di chiedere che shampoo e balsamo usa; secondo me, impacchi di olio di semi di lino a gogo),  profumata e morbida, e insomma, si sa, no?, che ho sempre avuto un debole per gli uomini con i capelli lunghi.
“Desiderate, Visconte?”, gli chiedo dunque con la voce più flautata possibile, e facendogli strada verso il divano.
“Che località squallida, Madame, perdonate il commento”, dice Girodelle, indicando con un gesto aggraziato il fermo immagine dell’Overlook Hotel.
“Vi assicuro che il Castello di Meudon, sede della villeggiatura reale, era molto migliore di quell’ostello, così spoglio”, continua, scuotendo la testa con aria critica. A me verrebbe da dire: “’A bbello, guarda che quella è la Sala Colorado, mica cotiche!”, ma non vorrei sembrare di parte, oltre che un po’ greve, troppo grezza per il mio raffinato ospite, per cui annuisco e clicco sul tasto STOP. Schermo spento, paragoni finiti.
“E dunque”, chiedo, una volta sedutami di fronte a lui, “a che cosa devo l’onore di questa visita?”.
Madame, apprezzo incomparabilmente il vostro voler andare subito al nocciolo della questione. Ebbene, io e i miei due compagni..”
“Che compagni?!”, mi esce di bocca di getto, mentre nella testa si forma la speranza di vedermi ricomparire di fronte agli occhi André e Alain.
“Eccoli, Madame”, mi fa cenno Girodelle, indicando con la mano il vano della porta. Io mi giro, ed ecco apparire di fronte a me Bernard Châtelet, quel giornalista, anzi, quel gazzettiere da strapazzo, e poi, bello, esile, figo e micidiale, con la sua solita aria torva, niente meno che Saint - Just.
“E loro come sono entrati?”, chiedo stupita.
Madame, quando mi avete fatto strada sino a questo incantevole salottino, avete lasciato la porta aperta”, mi risponde Girodelle.
“Ma porc….”, mi viene da esclamare, pensando agli insetti, i pipistrelli e i  topolini di cui è ubertosa la campagna lombarda e che si intrufolano in villette e condomini (e sì, i topolini SANNO FARE LE SCALE, che si sappia!); ma  questa esclamazione suscita il garbato corruccio del nobile ospite.
Madame, mi pregio di rassicurarvi: il mio amico Bernard ha chiuso la porta una volta entrato; e comunque, se posso permettermi, certe esclamazioni stonano sulle labbra delicate di una soave signora”.
Ma vedi un po’ di andare dove sai tu … mi viene da pensare; fra l’altro credo che la “SOAVE SIGNORA” di cui ti eri invaghito, chiedendola in matrimonio e stalkerandola con tanto di appostamento fuori dal posto di lavoro, per rimediare una romantica passeggiata al tramonto con vista mulini, e con due di picche incorporato, fosse adusa a far fiorire sulle sue belle labbra severe ben altro che queste esclamazioni da educande.
E comunque… che devo fare? Faccio segno ai due ospiti a sorpresa di sedersi sulle poltrone davanti al divano, e così sia Bernard che Saint-Just si accomodano. In particolare, quest’ultimo continua a giocherellare con un pugnale, lanciandolo in aria, facendolo roteare, e riprendendolo sempre al volo per l’impugnatura. Mica male, penso, prima di tornare a bomba con Girodelle.
“Dicevate, Visconte, che la vostra visita ha uno scopo, giusto?”.
“Giustamente, Madame Dorabella. Vedete, ci rendiamo conto di non essere esattamente fra i personaggi più amati di RoV…”
“E ci credo!”, rispondo di getto.
“Certo, conviene Bernard, “il fatto che io abbia dato quel colpo di spada ad André non ha ben deposto ai fini della mia popolarità presso le fan..:”
Eh no, caro il mio Robin Hood in salsa parigina, che ti credi? Con quel colpo di spada ti sei giocato ogni possibilità di essere anche solo minimamente perdonato, e men che meno preso in considerazione dall’ ”André Grandier fan club” – organizzazione foltissima e transnazionale, che travalica ogni differenza di età, condizione sociale, grado di istruzione, etc, in pratica una sorta di setta segreta, di culto esoterico trasversale al mondo femminile nella sua interezza. Ma, ovviamente, queste cose non mi sogno nemmeno di dirle, e mi limito ad annuire con aria grave, in attesa (non particolarmente trepidante, va detto) di ascoltare le ulteriori giustificazioni di Bernard.
“Vedete, Madame”, continua il gazzettiere dei miei stivali, “vi ricordo che è stato André stesso a determinare il precipitare della sua condizione, non rispettando le prescrizioni del Dottor Lassonne.
“E certo”, rispondo, giusto con quella punta di acidità che sempre mi contraddistingue, “ma l’ha fatto per andare a salvare Oscar, che TU, insieme coi tuoi complici, avevi rapito, segregandola nei sotterranei di Palais Royal, se ben ricordi!”. E che diamine! Far sembrare André un normale esagitato, un incosciente, disobbediente alle prescrizioni mediche no, eh!
“Ma non avremmo fatto nulla di male a Oscar, che diamine! Al di là delle minacce e della richiesta di riscatto, siamo gentiluomini, vivaddio! Non avremmo torto un capello a una donna!”.
“E lei come faceva a saperlo, scusate? E André? Pensate a come doveva sentirsi, al solo pensiero di che cosa sarebbe potuto teoricamente accadere a una donna in balìa di un gruppo di malviventi…!”
“Malviventi! Che parolona!”, cerca di minimizzare Bernard-
“Ma scusami”, insisto io, “come ti definiresti? Sentiamo! Chi ruba che cosa è? Un malvivente! O forse parleresti di esproprio proletario ante litteram?”
“Comunque”, taglia corto Bernard, con l’evidente intento di stroncare ogni discussione, “quale che sia la vostra convinzione, Madame, André mi ha perdonato. Dunque non vedo quale ostilità possa perdurare nei miei confronti!”.
“Pfui! E tu saresti un giornalista, uno che indaga con tutto il suo acume e mette in vista il marcio del potere? Ma se non capisci nulla!”. Questo vorrei dirgli, e, a volume ancor più alto e assertivo: “Vuoi renderti conto, una buona volta, che nessuna donna ti perdonerà mai quello che hai fatto ad André??!”
Soprattutto, vorrei dire: “E guarda che il fatto che Rosalie ti abbia sposato non cambia certo le cose, non ti illudere: perché ricordati che ti sei solo la brutta copia di André (peraltro senza occhi verdi!)”
Però mi astengo, perché, insomma, sono pur sempre una signora e aggredire così un ospite non sarebbe per nulla educata. Sto ancora cercando le parole giuste, magari una bella perifrasi di quelle pungenti, che lasciano l’ascoltatore col fiato sospeso per capire dove mai andrà a parare il parlante con l’insulto (sempre che l’ascoltatore arrivi a capirlo, l’insulto!)
E invece no: non dico proprio nulla, non a Bernard, almeno, perché con la coda dell’occhio intravedo un baluginio che non mi piace affatto: Saint-Just giocherella ancora col suo pugnale, lanciandolo e prendendolo al volo, se non che una volta la mano è troppo lenta, e l’arma cade in perfetta verticale, conficcandosi nel bracciolo della poltrona di pelle.
CITTADINO SAINT-JUST!, sta’ più attento!”, lo rimprovero ad alta voce, bene attenta a usare il corretto appellativo rivoluzionario, e, soprattutto, a evitare il “voi”, in favore di un “tu”, più democratico, quantunque decisamente perentorio: “Si può sapere che cosa stai facendo?!”
“Non ti scaldare tanto, Cittadina D.”, ribatte col suo tono gelido, e con quel sorrisetto che gli increspa appena i lineamenti delicati, tanto perfetti chi lo aveva visto scrisse che “portava la testa sulle spalle come se recasse il Santissimo”, “in fondo, questi che ci circondano sono solo oggetti!”.
“SOLO oggetti lo dirai a tua nonna, Cittadino Saint-Just! Anche se credo proprio che nemmeno lei avrebbe avuto pietà di fronte a un bracciolo di poltrona squarciato!”
“Saint-Just, Bernard”, interviene Girodelle, prima che il distruttore di salotti abbia tempo di rispondere, “per favore, lasciate parlare me”. E con un gesto della mano, elegante, ma deciso, li riduce al silenzio.
Madame”, inizia, con la sua bella voce pacata, la voce di chi sa che ogni cosa che chiederà gli sarà dovuta (beh, diciamo, non tutto, perché una certa proposta ha ricevuto picche decise e immediate, ma comunque non stiamo a bizantineggiare), “voi sapete bene che non tutti possono ambire alla statura di protagonisti, nella Storia; tuttavia, anche i tritagonisti” (accidenti!, penso, fra me e me, Girodelle sì che si esprime forbitamente! Deve avere studiato seriamente con i suoi precettori! Lui sì che sembra uscito dalle pagine de “Gli ultimi libertini” della Craveri!), “per quanto personaggi minori, se anche non possono ambire allo status di chi percorre le serie e i capitoli con le luci di scena  costantemente puntate addosso, ebbene, devono poter essere messi nelle condizioni di brillare, per quel poco che le loro peculiarità e capacità consentono loro. Ne convenite?”.
E che posso fare, davanti a un oratore di tal fatta, se non sorridere partecipe e annuire? E devo dire che sono assolutamente convinta, a dispetto delle battute che mi sono sfuggite a proposito di limoni per pulire le unghie, piegaciglia e arricciaboccoli, che Girodelle ha un suo fascino, che non si dimentica tanto facilmente.
“Ma certo, Visconte de Girodelle”, convengo con aria grave, e insieme sollevo un vassoio di peltro colmo di cioccolatini al liquore e di fondant allo zucchero per offrirgliene: “Volete favorire, nel frattempo?”. Non ho modo di gridare: “Cameriera!”, come Oscar nell’episodio 29, ma, insomma, la profferta di ospitalità è altrettanto calorosa, se non di più.
Ma, con mio grande stupore, e soddisfazione, Girodelle fa un gesto fermo, ma aggraziato, della mano sinistra, accompagnato da un gentile diniego: “Oh, no, Madame, grazie davvero per la vostra squisita offerta, ma il vostro sorriso è per me più ristoratore di qualsiasi rinfresco, ristoro o bene materiale”. Ah, peeeerò!!!! Altro che Fersen-il-divoratore-seriale-di-cioccolatini-al-liquore[2]! Qui siamo di fronte a un gentiluomo vero, a un campione del vivere squisito di fine Ancien Régime!
Nel frattempo, incoraggiato dal mio silenzio, e dalla mia espressione rapita, Girodelle continua: “E dunque, Madame, vedete, ho tenuto il conto di tutte le fan fiction in cui io e i miei due amici qui presenti compaiono, e il fatto che il nostro personaggio abbia tratti positivi o negativi”. E, ciò detto, dal taschino interno del giustacuore trae un libriccino foderato in marocchino azzurro, con fregi d’oro, e inizia a leggere: titoli di racconti, autori, date di pubblicazione su efp, e la valutazione degli utenti e dei protagonisti a proposito delle figure di Girodelle stesso, di Bernard e Saint-Just. Se, per Girodelle, il bilancio non è poi malaccio (ma non sempre l’intenzione dello scrivente è positiva), per gli altri due è davvero sconsolante.
Fra l’altro, nonostante non si tratti di un elenco propriamente infinito, e benché l’ultimo dei miei desideri sia quello di sfigurare di fronte al Visconte, mi sfuggono anche due o tre sbadigli. Vorrei giustificarmi, ma Girodelle mi previene: “Madame, sono desolato di sottrarre tempo prezioso al vostro riposo, né mi permetterei, se non solo non fossi spinto dalla necessità, ma anche sostenuto dalla convinzione che soltanto voi potrete porre rimedio a questa situazione incresciosa”.
“Io?!”, chiedo, al colmo dello stupore, “Ma perché io?! E che cosa dovrei fare?”.
Madame”, si sbilancia ora Girodelle, chinandosi in avanti verso di me e prendendomi le mani fra le sue, “Io lo so che, sotto sotto, in voi c’è della simpatia per noi! Pensate a che cosa potrebbe fare la vostra penna in nostro favore!”.
“La mia … penna?”, chiedo stranita.
“Ma sì, ma sì, la vostra penna, sostenuta dal vostro ingegno!”, continua Girodelle, lirico e infervorato più che mai, “La vostra penna, e le vostre parole alate, unitamente alla vostra fantasia illimitata, potrebbero redimerci! Pensate! Una storia, una fan fiction in…. 98 comodi episodi!”
“Ma che dite, Visconte! “Comode” sono le rate di pagamento dei materassi che si vendono in TV. Non mi dite che anche voi guardate le televendite?”
“Ehm, Madame, vi prego! Non infierite!”, si giustifica Girodelle, lasciando le mie mani e coprendosi gli occhi e la fronte con la sinistra, le dita aperte che fremono, come le sue belle labbra rosse e delicate, “Se solo voi sapeste, Madame, come sono lunghi e solitari i turni nel bureau da Comandante delle Guardie Reali, da quando Madamigella Oscar se n’è andata a comandare quegli zoticoni della Compagnia B! Come occupare tanto vuoto, del tempo e dello spirito? Un po’ di acquisiti, fatti in totale discrezione, non hanno mai ucciso nessuno! E poi, QVC propone tante cose interessanti ed eleganti!”
“Anche voi guardate QVC?!”, chiedo, incredula e sorridente, “anche io! E allora, non mi direte che siete stato voi a comprare l’ultima sciarpina in angora azzurra, martedì scorso, eh!”
“Ahimé, Madame, devo confessare la mia colpa!”, ammette dolente Girodelle, “ma converrete che l’azzurro va un casino[3] quest’anno, e dato che la mia divisa azzurra non prevede una sciarpa in dotazione, e il vento di gennaio e febbraio è implacabilmente freddo sulla Piazza d’Armi delle nostre esercitazioni …”
“Oh, certo certo”, annuisco, “tanto più che io ho pochi capi azzurri, e di solito ci metto una sciarpa nera, in tinta con scarpe e borsetta, perché il nero va su tutto!”.
“Certo che sì, Madame! Tanto più che con la vostra sfumatura di capelli fra il cioccolato e il mogano, con questi fili biondi a dare luminosità alla chioma, il nero degli accessori vi rende severa con brio!”-
“Adulatore!”, butto là.
“Ma che dite! Non è che la pura verità!”, ribatte Girodelle. E subito dopo: “Ebbene, Madame, visto che ci troviamo in sintonia su tanti punti, ecco che la mia richiesta non giunge come un seme che cada sulla sterile roccia, ma sono sicura che, al contrario, troverà terreno fertile…:”
TA-DAAAH. FREGATA!, penso fra me. Certo che Girodelle è davvero diabolico.
“Ebbene”, sospiro, “che cosa vorreste che facessi, dunque?”
Madame, per prima cosa lasciatevi ringraziare per la vostra squisita gentilezza e disponibilità!”, inizia il mio infido e fascinoso interlocutore, “e poi, come vi dicevo, non vi chiediamo molto: solo una piccola ff, di una novantina-cento episodi, dove possiamo brillare, io con i miei due compagni qui presenti, come protagonisti assoluti!”.
“Visconte”, obietto debolmente, “ma voi capirete certo che per prima cosa io non sono tipo da lunghe serialità, quindici-diciassette capitoli è il massimo che io riesca a fare…”
“Sciocchezze”, minimizza Girodelle, “Voi siete perfettamente in grado!”.
“E poi”, continuo io, “ecco, siete tre personaggi così diversi, che io … non avrei idea di come ideare una trama che tenesse insieme tutti e tre…”
“Oh, Madame, ma che dite! Avete dato prova di tanta e tale inventiva che non vi sarà difficile! Solo, vi chiederei”, e qui Girodelle si china verso di me, con fare confidenziale, “io, se fossi in voi, terrei fuori da questa storia quel villano ripulito, quell’André Grandier…”
“Ah sì? E come mai?”
“Questioni artistiche, convenite?”
Come no! Una trama senza André, ma con il trio Dorombo. Voglio proprio vedere quanti lettori totalizzerebbe.
“E Madamigella Oscar, che dite, la posso coinvolgere?”, chiedo, animata da un leggerissimo sospetto.
“Ehm, no, perché distoglierla dalla sua dovuta e necessaria felicità con il vill….ehm, con Monsieur Grandier?”, si affretta a correggersi Girodelle quando vede che inarco un sopracciglio di fronte all’epiteto che gli stava sfuggendo, per la seconda volta, all’indirizzo di André.
“Allora, fatemi capire”, dico, rassegnata, prendendo dal tavolino di fronte a me bloc notes e matita, e disponendomi ad appuntare i desiderata di Girodelle, manco fossi Michelangelo che riceve la commissione per il soffitto della Sistina da Giulio II.
“Dicevamo, Visconte: protagonisti voi tre”.
“Ovviamente”.
“Senza André”
“Avete perfettamente inteso, Madame!”.
“E senza Oscar”.
“Ehm, no, sarebbe meglio di no da questa avventura. Fra l’altro quella questione della proposta di matrimonio rifiutata mi brucia ancora un po’, ve lo dico in confidenza, sapendo di poter contare sulla vostra proverbiale discrezione”.
“Ma se durante il non-ballo in onore di Oscar avete fatto il gran signore, il superiore…”, gli ricordo.
“Eh, via, Madame: si era in pubblico! Che dovevo fare? Poi, a casa, però, vi assicuro che ho strappato con i denti lenzuola, tendaggi e cortine del mio baldacchino!”
E va beh, penso: anche Girodelle è umano, in fondo. E continuo a chiedere;
“Capitoli? Quanti?”
“98, 100, 108, 118, 128 … a vostra discrezione”.
“E chi altro dovrei coinvolgere? I soldati della Guardia?”
Mon Dieu! Madame, non ditelo nemmeno per scherzo! Mi ci vedete in compagnia di quei rozzi trogloditi? Oh, no!”
“Robespierre?”.
“Beh, sarebbe meglio di no!”.
“La regina Maria Antonietta?”
“Ebbene, non credo proprio che con Saint-Just nelle vicinanze sarebbe troppo al sicuro”, mi dice con fare confidenziale Girodelle, mentre all’amico di Robespierre nasce un sorrisetto maligno sul volto.
“E allora, chi? Jeanne Valois e Nicolas de La Motte?”
Madame!”, salta su sdegnato dal divano Girodelle, “Ma che dite! Vi sembro il tipo di uomo che se la intende con dei criminali?!.
“E va bene, allora, di grazia, con CHI dovrei fare interagire voi e i vostri due amici?”, chiedo esasperata. E continuo: “André Grandier, no, Oscar no, Robespierre no, Sua Maestà la Regina Maria Antonietta men che meno, i soldati della Guardia Metropolitana no, ci mancherebbe, Jeanne Valois e gentile consorte, Dio liberi… voi capite che le opzioni si assottigliano decisamente. Il Conte di Fersen? Quello vi va a genio?”.
“Certo che no!” (ci avrei scommesso, penso fra me e me). “Non nego che abbia dimostrato in più casi indubbie doti cavalleresche, e che abbia oltremodo apprezzato la sua scelta di combattere, unitamente con il contingente francese, contro l’Inghilterra oltreoceano, ma non posso certo approvare quanto ha fatto, sia pure perché sorretto da caldi e appassionati sentimenti di devozione nei confronti della nostra beneamata Sovrana: ne ha, infatti, compromesso irrimediabilmente la reputazione!”.
Ebbene, penso, potevo anche risparmiarmi questa domanda (e la relativa filippica antiferseniana): dovevo immaginarlo. Dunque, chi mi resta? Ah, sì, certo: proviamo con questo: “E il Generale Jarjayes, Visconte? Che ne dite dii una fan fiction in cui insieme ai Vostri due amici entri in scena il Generale?”
“Oh, mi piacerebbe molto!”, interviene Saint-Just, con un tono che non mi piace affatto.
“Ehm, no, il Generale meglio di no!”, mi stoppa subito Girodelle, e io annuisco, con aria convinta.
Madame”, scatta Bernard, “posso garantire che il mio amico si asterrà da ogni violenza e da ogni atto subdolo, nel caso dovessimo interagire con il Generale de Jarjayes”.
Adesso però la mia pazienza, che già, di base, come sa chiunque mi conosca, è pochina, è decisamente agli sgoccioli. Per cui dico, con fare risoluto e autorevole (e forse anche un filino autoritario, lo ammetto): “Va bene, va bene. Direi che adesso è solo lavoro per me. Vedrò io come condurre questa fan fiction: vi farò sapere, e vi prometto che farò del mio meglio. Ora però, gentilissimi amici di RoV, vi pregherei caldamente di lasciarmi al mio …ehm… processo creativo”.
Forse consapevoli di aver tirato troppo la corda, e – sospetto – con l’unica autrice che abbia dato loro la proverbiale corda, i tre si alzano. Il primo a congedarsi è Saint-Just, con un asciutto cenno del capo (non si spreca mai, lui! Chi sa se va a dormire su qualche panca di qualche chiesa, come succede nella mitica riunione con Robespierre e Bernard); segue Bernard, con una stretta di mano cordiale ed energica (almeno quella!); da ultimo, mi saluta quel gentiluomo di Girodelle, con un baciamano quale ogni donna dovrebbe ricevere almeno una volta nella vita.  Sospiro, rapita e insieme avvilita dal confronto fra l’educazione nobiliare del Settecento e la maleducazione, travestita da disinvolta mancanza di cerimonie, dei tempi presenti: nel frattempo, i tre si sono avviati dal salottino verso il corridoio, e stanno per imboccare la porta, quando, guardandomi languorosamente la mano appena baciata da Girodelle – e il polso! –, noto qualcosa, anzi: noto LA MANCANZA di qualcosa. Tre falcate e raggiungo Bernard, prendendolo per la spalla mentre sta per imboccare la porta. “Ciccio, l’orologio!”, gli sibilo senza troppe cerimonie.
“Uh! Oh!”, balbetta quello, colto in flagrante, “Che sbadato! Sapete, ehm, la forza dell’abitudine!”, si giustifica, mentre si ficca la mano in tasca e ne toglie l’orologio d’oro del nonno, sotto lo sguardo divertito di Saint-Just e sotto gli occhi, decisamente critici, di Girodelle. Me lo porge, con aria contrita, e mentre lo afferro senza tanti complimenti strappandoglielo dal palmo, aggiungo, con un sorriso acido; “E anche il bracciale con le tormaline e le perle, grazie!”.
“Ah! Sì, sì! C’è anche quello, è vero!”, si giustifica ancor più debolmente Bernard, cacciandosi la mano questa volta in un taschino della redingote nera, e togliendone il MIO braccialetto.
“Grazie”, dico secca, mentre glielo prendo – anzi, glielo strappo – dalle dita, bene attenta che i miei anelli restino al loro posto dopo quel fuggevole contatto con le mani del fu-Cavaliere Nero. Saint-Just ridacchia, con la sua voce bassa e sinistra, mentre Girodelle, scuotendo la testa, mette una mano sulla spalla di Bernard e inizia, con il suo tono basso e dolente, a rimproverarlo: “Ma dico io, è mai possibile? Con che faccia chiediamo a Madame Dorabella una fan fiction che ci metta in buona luce, e un attimo dopo vi viene la bella alzata d’ingegno di depredarla? No, no, in attesa di quelle 98, e forse 118, puntate della nostra prossima avventura, vi dovrò fare un corso accelerato di galateo….”.
Lo sento ancora parlare mentre scendono le scale … e quando le parole si spengono nel buio, chiudo la porta, e me torno in salotto.
Riprendo in mano il bloc notes e leggo i miei appunti: almeno 98 episodi (follia!), con questi tre protagonisti, il trio Dorombo, male assortito quanto mai; ma non ci hanno detto fin dalle elementari che non si sommano le mele con le patate e con le rape? Che cosa posso inventare con questi tre come protagonisti?
Scuoto la testa. Per giunta, niente André, niente Oscar, niente Robespierre, niente Alain, niente Maria Antonietta, niente Fersen, niente Jeanne né Nicolas de La Motte, e, a quanto pare, niente Generale Jarjayes: e che cavolo! E chi ci metto con questi tre? Il Coniglietto Pasquale? Ah! Che follia!
Scuoto ancora la testa: se non altro, i cioccolatini al liquore sono salvi! In questo, Girodelle si è comportato nettamente meglio di Fersen! E magari, cioccolatino dopo cioccolatino, chi lo sa, un po’ di ispirazione arriverà!

 
 
E così, siamo arrivati alla fine della terza visita notturni dei personaggi di RoV, che mi frullava in testa da un bel po’: questa volta, ho voluto dare voce ai personaggi che raramente sono protagonisti (per fortuna, in qualche caso però troviamo Girodelle in prima fila fra gli attori dei racconti ispirati a Berubara). Sono personaggi secondari, a volte bistrattati, e spesso, come nel caso di Saint-Just, decisamente antipatici, o bersaglio di antipatia, per ovvi motivi, come nel caso di Bernard. A loro, come a tutti coloro che nella vita occupano la seconda fila, e non si sentono mai davvero protagonisti, dedico questo racconto, sperando che vi abbia strappato, se non una risata, almeno un sorriso.
E se vi venisse qualche idea brillante per farli contenti con una trama che li veda tutti e tre in azione, beh, fate un fischio, mi raccomando, perché temo di essermi cacciata in un bel ginepraio!
Con affetto e amicizia,
D
 
[1] Cfr. il proposito espresso in Don’t worry, be happy. Il cast si rifiuta.
 
[2] Cfr. Sunt lacrimae rerum – Fersen si rifiuta, oltre che il già citato Don’t worry be happy – Il cast si rifiuta.
[3] Immaginatelo detto con il tono di Will Ferrell in “Zoolander”.
   
 
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