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Autore: orientexpressify    28/02/2024    0 recensioni
[STORIA IN REVISIONE 2024]
Questa è la storia di Laila , una studentessa alle superiori che incontra Justin un ragazzo misterioso e gentile, nonostante le avversità, i due si innamorano e iniziano una relazione romantica.. Tuttavia, la loro felicità verrà messa alla prova da una serie di eventi tragici e difficoltà che devono affrontare insieme come la perdita e la resilienza.
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❀trailer coming soon❀
Genere: Drammatico, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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11.

 

 

 

L'odore era sgradevole, c'era umidità dappertutto. Mi sentivo sporca, sporca come questo posto, e le mani di tre uomini che mi toccavano, e scoprivano nudità che non voglio mostrare a nessuno. Stavo piangendo e gridando con tutta la voce che avevo sperando che qualcuno mi senta, così che potrò tornare a casa mia. Mi salì l'angoscia, quando qualcuno mi chiuse la bocca, non volevo morire, non volevo essere lì. Qualcosa di umido mi sfiorò una coscia, il mio corpo era paralizzato, pregai che questo incubo finisse presto, perché non potevo sopportare questo dolore. Non feci che piangere e gridare ma non servì a niente. Le loro risatine mi fecero salire il vomito, così come la puzza di sudore, che l'adrenalina espelleva dai pori. Era tutto una sofferenza, non pensavo ad altro che morire, perché questa situazione era peggio della morte. Il tempo passava e perdevo sempre più forza, che usavo per liberarmi invano, piangevo non facevo altro che piangere. Click, click. Tra i gridolini e le risate, sentivo il rumore del cellulare rubarmi la mia nudità. Tre contro una, tutta questa storia è assurda, voglio finirla qui.

 

Un colpo. Due colpi. Seguiti da altri rumori interrotti. La porta vibrò.

 

-Laila! Laila! - la voce proveniente dalla porta sul fondo, risuonava nell'ambiente circostante. La riconobbi all'istante, così morsi la mano del mio aggressore tentando di liberarmi.

-JUSTIN! - strillai più che potevo. Dopo vari colpi la porta sigillata si spalancò.

Justin irruppe nella stanza, con un grande salto superò le scale facendo peso sul corrimano. Ero sorpresa e allo stesso tempo sollevata che fosse qui.

-Laila! - la sua voce feroce mi cercava, quando sembrò avermi notata, il suo sguardo si posò alle mani del delinquente sul mio corpo. La sua espressione cambiò, era arrabbiato.. Ci corse addosso.

-Voi, bastardi figli di puttana! - scaraventò con un calcio quello che mi teneva il collo che cadde al suolo a peso morto.

Tornai a respirare, con fiato lungo e affannoso, come avessi corso, ed ero terrorizzata a morte. Guardai Justin prendere per la camicia, il ragazzo che mi teneva le ginocchia intorno alla vita.

-Come osi toccarla?!- e gli sganciò un pugno ribaltandolo.

Un'altra delle mille facce che non gli avevo mai visto in volto, era spaventoso. Non sapevo cosa provare in quel momento, stava rischiando la sua vita per me, ero io quella che si era messa nei guai ed ora temevo per entrambi. Ecco l'altro ragazzo scaraventarsi su di lui, prendendolo per la schiena. Mi portai le mani alla bocca per fermare il grido di sussulto. Justin gridò. L'adrenalina li salì fino alla gola. Prese la mano dell'aggressore sulla sua spalla e se lo tolse di dosso spingendolo. Si rialzò pieno di energia.

-Ultimo desiderio? - gli domandò fuori di sé, il violentatore rispose:

-S... sì, mi piacerebbe tanto vedere come sono venute le foto della tua amichetta- ghignò con impertinenza.

Temessi che Justin avesse reagito d'impulso. Il ragazzo si precipitò, Justin gli bloccò le braccia e con una ginocchiata lo colpì allo stomaco, il ragazzo si accovacciò tossendo, ancora con grande forza Justin lo spinse, cadde sulla schiena e rabbioso gli tirò un calcio sul fianco, per il dolore strinse la pancia con le braccia, piagnucolando. Dopo alcuni secondi Justin si chinò per strappargli il cellulare ancora nella mano. Scavalcò il suo corpo e lanciò il telefono a terra. I due fuggirono senza tentare più nulla.

-Bastardi! - disse impetuoso.

E con il piede pestò l'apparecchio fino a che non rimasero che piccoli pezzi. Poi con le mani alle ginocchia si chinò per prender fiato, era esausto... se ne passò una sui capelli sgocciolanti e sporchi. Il cuore mi batteva forte da quando avevo messo piede in questa specie di inferno, ma ammirando Justin così determinato nel proteggermi, un briciolo di serenità mi calmò. Ero ancora stesa, con i muscoli tutti doloranti, e il viso rigato dalle lacrime, che cominciarono a scorrere.

-Laila! - venne verso di me.

-J..J..Justin- sussurrai tremolante.

Si accovacciò accanto, una riga di sangue gli usciva dalla narice fino al mento, mi alzò la testa delicatamente, e se la portò al petto per consolarmi, oscillando come la madre fa con il suo bambino.

-Sono qui. È tutto finito ora. Sono qui- mi strinse.

-Come hai fatto a trovarmi? - alzai il volto in cerca del suo, serrando i pugni nel tessuto della sua giacca.

-È stato il potere del mio amore- disse porgendo una mano nella mia gota, asciugando con il pollice le lacrime.

 

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Con la forza che ancora mi era rimasta sorrisi alla cosa carina che aveva detto. Dai suoi occhi così premurosi e il calore delle sue mani sulla mia pelle, mi soffermai sul resto.

-Sei stato ferito? - gli chiesi sfiorando la sua bocca con le punte delle dita, bagnate dal suo sangue.

-Non è niente. - mi prese la mano -È solo fatica. - si sforzò a sorridermi.

-Te l'ho detto che ho imparato a difendermi e.… ho fatto lo stesso con te- i suoi occhi stanchi e il suo fiato corto mi spinsero ad abbracciarlo più forte.

Mi sentivo protetta tra quelle braccia. Non so cosa mi avrebbero fatto se non fosse arrivato lui. Volevo non finisse mai questo momento.

-Mi dispiace- piagnucolai, vedendolo in quello stato… per colpa mia.

Ma poi Justin sussurrò -Io… gliela farò pagare alla persona che ti ha fatto questo! - strinse i denti e deglutì.

-Cè la fai ad alzarti? - sciolse il nostro abbraccio.

-Credo di sì- dissi incerta, non volevo farlo preoccupare di più sulle mie condizioni.

-Chiamo mia sorella per farci venire a prendere, aspetta qui- si assicurò.

Lo osservai, gesticolava mentre spiegava cosa fosse successo, era molto serio al telefono. Mi sembrava di assistere a un déjà-vu, come se noi... io e lui, avessimo passato molti momenti assieme. Quando tornò, puntai lo sguardo al pavimento giocherellando con le dita in segno di finta attesa. Con attenzione, mi aiutò ad alzare, feci un passo, ne feci una altro, ma mi curvai alle ginocchia. Non mi reggevo in piedi.

-Aspetta non ti sforzare, ho un’idea. - disse.

Mi precedette, e allungando le braccia all'indietro, si abbassò e disse -Coraggio, sali- esitai prima di aggrapparmi alle sue spalle, con una piccola spinta, riuscì a salire sulla sua schiena. Sbuffò un po’ per poi tenermi le gambe strette a sé per non farmi scivolare. Ero vicinissima al suo viso, il suo mento poggiava comodamente sulle mie braccia che tenevo incrociate intorno al suo collo. Sentivo il suo respiro irregolare sulla pelle, i suoi capelli emanavano il suo profumo e la sua presa alle mie gambe, era forte e decisa. Devo ammettere che mi metteva a disagio il suo tocco. E non potevo fare a meno di ricordare il nostro primo bacio, ancora impresso come vernice fresca. Ma ero troppo scossa per darci peso, così stanca chiusi gli occhi. Mi sentivo a contatto con il suo corpo come non mai. Per tutto il tragitto lui non disse nulla, manteneva lo sguardo dritto avanti a sé. La sua espressione era tesa e la mascella contratta.

Arrivati alla strada, fuori del magazzino, attendemmo nella campagna solitaria, in compagnia di versi di qualche insetto notturno. Nell'oscurità della notte, luci di fanali irruppero l'attesa. La macchina s'arrestò, una donna scese e accorse verso di noi. L'avevo già vista... ma dove?

-Jay... che è successo a questa ragazza? - disse scioccata scrutandomi per bene.

-Zitta e apri lo sportello. - disse scontroso ma con tono fermo.

Non riuscivo a vedere i loro movimenti nel buio. La donna aprì lo sportello del sedile anteriore dove Justin mi aiutò a sedere accuratamente. Mi ero abituata al mio corpo contro il suo e quando mi lasciò sospirai quasi a non voler staccarmene.

-Justin...- mugolai. Temevo di rimanere da sola.

Justin con tremolii mi allacciò la cintura, e scostandomi i capelli dietro le orecchie disse -Tranquilla. Ti porterà a casa mia- sorrise, mentre osservava con accuratezza la ciocca di capelli che stava toccando, senza porre nemmeno uno sguardo al mio.

-Tu… tu dove vai? - mi affrettai di chiedere.

-Devo fare una cosa...- facendo cenno alla sorella.

-Jazz tornerò presto- la ragazza mi guardò con gentilezza. Justin, mi strofinò con le dita il mento, era il suo addio. Poi montò sulla moto, parcheggiata dal suo arrivo, e sfrecciò in direzione di una meta nascosta, che per qualche ragione non voleva che sapessi.

 

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Casa di Justin.

 

Sentivo ancora la stretta ai polsi, mentre delicatamente la sorella maggiore di Justin mi cedeva dei suoi vestiti puliti in cambio dei miei sporchi, vissuti di un'esperienza che non auguro a nessuna ragazza su questa terra. Scese dalla macchina, Jaz mi aveva aiutata a entrare in casa, vuota, se i genitori di Justin erano qui... come facevo a spiegare la mia presenza in casa loro in queste condizioni? Non volevo per nessuna ragione che i miei venissero a sapere di questa storia. Così mi trovavo in camera di Justin.

Le pareti blu emanavano un profumo di freschezza estiva, il letto, su cui mi poggiavo, riprendeva i colori della stanza, alquanto in disordine.

E quella doveva essere la finestra dalla quale c'eravamo scambiati un gioco di sguardi al nostro secondo incontro. C'erano mensole con foto di alcuni giocatori dell’NBA, a me poco conosciuti, e altri oggetti che riguardavano sport. La cosa che mi ha catturato, è stata una tastiera elettronica con degli spartiti raggruppati in confusione, segno di giornate intere passate a comporre. Pensai a quel giorno in aula, quando lo vidi strimpellare quella melodia con le corde, la sua bella immagine in quella mattinata afosa ben a mente.

Sorrisi.

A vedere l'arredamento della camera, Justin era effettivamente un ragazzo normale. Tutto parlava di lui, dalle pareti al suo videogioco preferito. Una figura femminile entrò nella stanza. Stavo trattenendo insicura le ginocchia ancora doloranti al petto.

-Io sono Jazmyn a proposito... la sorella maggiore- si appoggiò alla soglia. Era una bella ragazza, giovane, probabilmente aveva passato i venticinque anni. I capelli erano biondi, ma più massicci di quelli del fratello, così come la corporatura poco femminile, adatta al lavoro di meccanico. Deduco che il padre abbia voluto che i figli mantenessero la officina di famiglia, ma Justin è più uno spirito libero per questo tipo di sacralità, così ha passato tutta la responsabilità alla sorella più grande.

 

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Dopo pochi chilometri in periferia, Justin si scontrò in una baracca in pessime condizioni, con una macchina parcheggiata fuori.

Devono essere loro, pensò.

Bussò ferocemente alla porta, quando un ragazzo poco più grande di lui e mal ridotto aprì, e si buttò impulsivamente addosso afferrandogli il collo.

-Cosa credevate di fare, eh? - chiese brusco.

-Chi vi ha dato il permesso di sfiorarla solamente con un dito???- gridò contro il ragazzo, così vicino al suo volto.

-Non... – l’uomo cercò di parlare, la stretta di Justin quasi lo uccideva.

-Non siamo...stati...noi! - emise dolorante. -C'è stato chiesto! - disse un altro alle sue spalle. Justin mollò la presa, e il ragazzo tossì con foga, cadendo a terra. Justin lo tirò su per la giacca di pelle nera.

-Da chi? Siete stati pagati? - si ostinò a chiedere, ma dall’uomo usciva aria a fatica per la forza usata da Justin. La rabbia lo mostrava feroce, i suoi occhi infuocati, il respiro affannoso, e i denti stretti per evitare di spaccargli il naso.

-Così tu sei Bieber...- un altro ragazzo, più grosso e alto, con delle fasciature alle nocche ed espressione gagliarda, entrò all'ingresso. Sosteneva una grossa tanica di plastica bianca con al suo interno una qualche sostanza, e la buttò a terra in tutta la sua pesantezza. Un personaggio che gli sembrò subito quello che comandava.

Justin stanco, si voltò verso di lui, non lo temeva sperava solo fosse più utile degli altri idioti.

-DIMMI CHI VI HA FATTO FARE QUESTO A LAILA! –

 

 

 

-Sei sicura di non voler andare all’ospedale? - mi domandò preoccupata Jazmyn.

-No. Non vorrei che poi i miei lo venissero a sapere- dissi, passandomi le mani su e giù freneticamente tra le gambe.

-Devi aver avuto molta paura, quando è così, non tenere tutto dentro, piangi pure se devi- si avvicinò al letto, e si sedette al mio fianco.

-Successe anche a me la stessa cosa. - confessò, ruotando costantemente l'anello che aveva al dito, in segno del ricordo ancora indelebile.

-Dissi a me stessa, che dovevo diventare forte- raccontò -Ma tu, hai mio fratello- mi sorrise dolcemente.

Posò un braccio sulla mia spalla. Vidi i segni sulle mani consumate dall’uso degli attrezzi da meccanica. Era proprio una bella donna, non sapevo cosa avesse passato esattamente ma doveva averla resa molto forte.

-Laila, ascoltami attentamente. - sostenne il mio sguardo.

-Justin è già stato con diverse altre ragazze...- sospirò.

-Ma tu, non so come, sei la prima con cui lo vedo così- poggiò la sua mano sopra la mia gamba sinistra delicatamente -Credo che per lui, tu sia la sua prima storia vera. – mi sentii i lobi prendere fuoco, all'udire di quella frase. Ero consapevole di come avevo poco considerato i sentimenti di Justin in precedenza, e come sia stata rigida con lui. Senza sapere nulla di chi fosse davvero.

-Qualsiasi cosa accadrà d'ora in avanti, lui ti proteggerà- Jazz sorrise con sincerità, strofinandomi con il palmo della mano la spalla, e dandomi un piccolo colpetto fronte su fronte.

-Quindi puoi stare tranquilla- disse affettuosamente.

Il suo sorriso, e la brillantezza nei suoi occhi mi suscitarono sicurezza. Impressionante come in questa famiglia la calorosità ti avvolga facendoti dimenticare tutto ciò che è andato storto. Ma ormai era più di un'ora che Justin non faceva ritorno, e cominciavo a essere in pensiero su dove fosse e cosa stessa facendo.

Mentre contemplavo la vista dalla finestra di Justin, cominciai a sentire un brivido lungo la schiena, era quasi l'alba, e mille pensieri cercavano di navigare contro la tempesta che avevo in testa. La porta principale si era aperta, udì degli schiamazzi provenire dal soggiorno, e dei grandi colpi, come se qualcuno stesse spostando i mobili, sentii dei lamenti di una donna e una voce maschile le gridava minacciosa donna di salire al secondo piano contro la sua volontà. Mi avvicinai alla porta della camera. Non riconobbi all'istante chi fossero a causa dell’agitazione, ma più avanzavano e più le voci si fecero nitide:

-Lasciami andare! - frignò la ragazza -Fermati! - e la porta scorrevole della camera di Justin si aprì.

I miei occhi si spalancarono, un sospiro netto mi avvolse ma trattenni lo stupore. Strinsi la mandibola contro la mascella.

 

Era Becky. Ma come...?

 

Retrocessi verso la finestra, afferrando il cornicione e guardai cosa stava succedendo immobile: Justin teneva per la nuca Becky, con presa decisa e sguardo perso, il volto spettinato di lei era contorto di dolore, mi meravigliai come fosse possibile che prima stessero insieme perché a guardarli adesso erano due sconosciuti, nemici… come se si fosse cancellata la loro storia. Becky era donna ma nonostante ciò Justin la stava trattando come sua pari e con brutalità.

-Muoviti e cammina! - disse a denti stretti. E con uno spintone la buttò verso il letto, Becky piagnucolando perse l'equilibrio e cadde sul pavimento. Io non fiatai, non capivo cosa stesse succedendo, stavo tremando.

-C'era lei dietro tutto questo- disse volgendosi a me.

D'istinto presi coraggio e mi avvicinai a osservarla lì per terra, scompigliata e umiliata. Non sapevo cosa dire, dovevo essere arrabbiata? Justin aveva portato qui davanti a me l’artefice dell’aggressione, guardai di nuovo Justin era spaesato ma con la rabbia così evidente in volto, deve averlo molto scosso aver scoperto che era stata lei, e l'aveva portata qui da me, per scegliere il suo destino. Sua sorella era corsa subito in stanza poco dopo, era turbata ma furiosa dell'idea che sia stata una donna fare questo a un'altra donna.

Anche io ero sconvolta, avrei potuto vendicarmi di Becky per aver sparlato di me a tutta la scuola e avermi traumatizzata pianificando una cosa imperdonabile. Per cosa? Invidia perché il suo ex ragazzo dava attenzioni a un’altra? Allora dovevo dare la colpa Justin per aver flirtato con me in queste settimane… Non posso odiarlo, pensai. Non riesco a ignorare questi nuovi sentimenti, non riesco a odiare Becky per quanto fosse orribile. La guardai, così impotente, così fragile, non era poi così tanto bella con il mascara colato e i ricci fuori posto, con la paura in volto, mi faceva pena.

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-Non sembri sorpresa. - disse Justin con la voce aggrottata -La mia ex ragazza ti ha fatto questo! - alzò la voce delirando.

 

Adesso conoscevo la verità, e come uno specchio vidi il mio volto ardere.

 

Egli avanzò verso di lei ancora a terra, che lo supplicava. Le strattonò il braccio verso di lui e Becky alzo il capo scrutandomi con occhi penitenti.

-Laila, cosa vuoi che le faccia? - si rivolse a me -Una tua parola...- emise -E la uccido, cazzo! – Jazmyn non intervenne, mi guardò scuotendo la testa. -No vi prego! – grido Becky in lacrime.

Non volevo vedere Justin comportarsi in modo così violento. Mi limitai a osservare Becky vagire, in quel momento mi sentii superiore a lei, la sua vita ora dipendeva da una mia parola e avrebbe pagato. Ma questo significava diventare come lei. Quegli occhi che prima mi disprezzavano ora chiedevano pietà. Quelle labbra piene di veleno mi suggerivano di lasciarla andare. Tutto dentro di me si fece buio, strinsi gli occhi desiderando di scomparire.

 

"Devi lasciare Justin" "Non toccarlo" "Non stargli vicina" la sua sagoma rimbombava nella mia mente.

 

Sentì il cuore battere all’impazzata, la voce assordante di Becky si indebolì appena sentii lo scorrere dell’acqua. Il battito si calmò e mi comparve Justin pormi la mano dolcemente, ci trovavamo sulla riva del fiume, il mio corpo rigido si rilassò a quell’immagine a me tanto preziosa. Aprii gli occhi.

 

-Non voglio! - gridai

-Come? - Justin lasciò la presa dal braccio di Becky, si raddrizzò scrutandomi meravigliato.

-Non voglio separarmi da te Justin! – dissi fermamente a pugni chiusi lungo i fianchi.

Lui si guardò intorno stordito, volse lo sguardo teso ripetutamente a ogni persona nella stanza, poi scattò in preda all’ira con la mano in direzione del volto di Becky, che si alzò terrorizzata dallo schiaffo imminente quando Jazmyn si precipita a bloccarlo.

-Ora basta! Ci penso io, tu vai da lei. - disse al fratello indicandomi con un cenno del capo. Becky per un momento sbuffò di sollievo.

Ero atterrita con lo sguardo fisso al muro. Justin si affretto a raggiungermi, mi tirò a sé per i polsi stringendomi con un caldo abbraccio. Le sue mani dolcemente premevano sulla testa. Come la gatta madre protegge il suo cucciolo ringhiando a Becky.

Jazmyn assomigliava molto fratello per la sua fisicità mascolina. Becky tentava di nuovo a porre resistenza, la ferocia di Jazmyn era potente, la prese per i capelli e la scaravento alla porta, tenendole la testa ben salda. Lei pianse più di prima.

-Sai già come finirà tutto questo? Non è vero?!- disse minacciandola.

Justin mi accostò verso il letto, c’era molta tensione, il mio cuore aveva ripreso a pulsare velocemente perché ero così vicina a lui, sentivo il suo respiro tiepido spostarmi i capelli. Mi domandai cosa sarebbe successo da quel momento, ma mi trovavo al sicuro tra le braccia di colui che voleva proteggermi più di ogni altra cosa.

Jazmyn si avvicinò alla scrivania per cercare qualcosa quando prese delle forbici e cominciò a tagliare ogni centimetro sulla testa di Becky, che gridava di fermarsi. Il tappeto si riempì di ciocche bionde, Jazmyn continuò fino a che non si creò un mucchietto e la povera Becky perse ogni singolo capello. Aveva perso la sua identità, Jazmyn aveva trovato la sua debolezza. Nessuno avrebbe più guardato Becky Woosebore.

 

I miei capelli fluttuavano nell'aria fresca, era quasi mattino mentre Justin guidava la sua moto sulla strada di ritorno a casa, gli strinsi timidamente la schiena. Mi aveva promesso dopo aver passato tutta la notte fuori che voleva prendersi lui la responsabilità e scusarsi personalmente con i miei genitori, raccontando una versione della storia che avevamo deciso assieme. Avevo molto sonno ed ero stremata, così curvai la testa sulla spalla di Justin, la mia guancia percepii il freddo del giacchetto di pelle nero, -Ahi! – emetti. Tolse qualche secondo lo sguardo dalla strada per girarsi verso me con un grande sorriso, che io ricambiai subito per poi crollare.

Quando riaprì gli occhi, mi accorsi che eravamo fermi. Gentilmente Justin scese dopo aver messo il cavalletto in terra, mi slacciò il casco con un altro sorriso questa volta notai che era stanco e senza più forze, quanto me. Mi prese per mano e mi aiutò a scendere -Grazie- sussurrai sostenendo il suo sguardo.

Appoggiò il suo casco sopra lo specchietto, e prese il mio per metterlo nel sotto sella. Ci incamminammo insieme alla porta di casa mia, lo osservai e notai il suo abbigliamento: jeans strappati un po’ sporchi di rosso, e una maglietta azzurra stropicciata con sopra la giacca nera di una taglia in meno, ben aderente alle spalle, nonostante la stanchezza era molto bello, mi sentivo in imbarazzo quando mi guardava negli occhi.

Bussai tre volte, perché non avevo più le chiavi di casa. Dopo un minuto, le luci si accesero e alla soglia si precipitò mia madre che stava attendendo preoccupata la figlia scomparsa da ore.

-Sei torn...- si bloccò

-Sono a casa- avanzai verso di lei tremando, le gambe mi facevano ancora male. Justin era fermo alla soglia.

-Laila! – mi strinse mamma, poi controllò il viso più da vicino. Dietro di lei, si affacciò mio padre anche lui molto preoccupato. Non notò da subito Justin che colse l'occasione -Mi deve scusare Signore, siamo caduti dalla moto- disse calmo. Mio padre e mia madre scrutarono lo sconosciuto.

-Ma lei sta bene le ho dato le cure, non si deve preoccupare, io e Laila...- mio padre lo interruppe avanzando verso di lui.

-E tu chi sei? - chiese in modo austero.

-Mi chiamo Justin, sono un compagno di scuola- si fermò titubante -ed esco con sua figlia- concluse con tono di rispetto verso mio padre.

-Che cosa? - emise mia madre guardandomi esterrefatta mentre mio padre anche lui stupito, batté le palpebre più volte. Da questa reazione temetti che pensassero che la causa del mio squilibrio comportamentale dell’ultimo periodo fosse questo ragazzo irresponsabile. Non potevo dargli torto.

-Hai tutti quei tatuaggi? - osservò mio padre -È meglio che vai a casa, ragazzo! – disse severo. Justin annuì e indietreggiò senza fiatare.

Mia madre accompagnò verso le scale, costringendomi a salire, mi voltai verso la porta per incrociare i nostri sguardi un’ultima volta, l'uno in cerca dell'altra quando la porta si chiuse freddamente. Il ricordo dei suoi occhi tristi intrisi di senso di colpa. Entrambi sapevamo cosa sarebbe accaduto dopo.

Non ci saremmo più frequentati.

 

 

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E dopo 9 anni, sono tornata con un nuovo capitolo :}
   Perfavore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento
 

 

 

Eccomi! I'm back con un nuovissimo capitolo♥ 
Mi siete mancati tantissimo, come scrivere questa storia!
                     Chiedo scusa dell'assenza, spero che ci sia ancora qualcuno la fuori       disposto a leggere questa storia. Mi impegnerò a concluderla, promesso!
I link di tutte le ambientazioni della storia le trovate 
qui
Le cose stanno iniziando a farsi drammatiche, ed è solo l'inizio, fidatevi ;)
Un GRAZIE a coloro che leggono, e recensiscono.
Justin e Laila non si vedranno più?
Continua a leggere♡♡♡ ne vedrete delle belle!☻ 
 -il trailer uscirà presto-

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ 

  
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