La donna in nero sembrava una vedova appena tornata dal funerale del consorte. Il ricco abito carico di merletti, il parasole ricamato e l’ampio cappello la identificavano come una nobildonna, forse una delle poche che non era fuggita dalla nazione in rivolta.
Aveva uno strano ciondolo al collo, una croce ansata stranamente esotica e visibilmente antica. Scivolava leggera fra i cadaveri, i feriti, le persone in lacrime ad ogni angolo di strada. I cannoni rimbombavano ancora ma lei attraversava piazze e vicoli come se fosse indifferente e uno strano e dolce sorriso si intravedeva sotto il velo nero che le copriva il volto.
Non era stanca, sebbene quel giorno il suo lavoro fosse stato particolarmente pesante. Aveva già vissuto giornate simili in passato.
La seguiva nel suo vagabondare un ufficiale biondo che si era voltato solo un’ultima volta ad osservare il capannello di gente raccolto intorno a un corpo ormai privo di vita.
Quando raggiunsero la chiesa, l’ufficiale si fece istintivamente il segno della croce e seguì la dama all’interno quando questa sussurrò “Vieni, mia cara”. Mute statue di santi le osservavano, la dama in nero e la donna in uniforme, quando raggiunsero uno dei corpi composti con cura nella navata, quello di un soldato semplice dai capelli neri e dall’espressione serena, circondato di fiori. Sembrava semplicemente addormentato.
“È bellissimo, vero?” chiese l’ufficiale alla dama accarezzando quel viso cereo e immobile. “Grazie per avermi concesso di salutarlo.”
La dama in nero le porse la mano ricoperta da un guanto di velluto. “Ora dobbiamo andare, mia cara Oscar. Hai avuto una vita piena. E sei morta come volevi.”
“Sì. Sono abbastanza stanca da volerti seguire, ora. Mi sai dire se potrò rivederlo? Cosa troverò dall’altra parte?”
La dama le sorrise, comprensiva. “Andiamo a scoprirlo” disse alla donna in uniforme. Poi nella chiesa restò solo un denso profumo di fiori e incenso.