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Autore: Padme92    02/03/2024    1 recensioni
[L\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\]
[L'uomo che sussurrava ai cavalli]
«“Al diavolo…!” imprecò gettando il cappello per terra, mentre gli occhi gli si velavano di lacrime.
Poi, buttandosi carponi come un uomo in preghiera, Tom urlò. Non a causa della mano sanguinante che pulsava di dolore, ma a causa di una ferita molto più profonda, provocata dall’amore sconfinato e bruciante che sentiva per Annie.»
Questa fanfiction mescola il finale del film e quello del libro de "L'uomo che sussurrava ai cavalli" per esplorare cosa succede ad Annie Graves e Tom Booker dopo la loro separazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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10.




“Tom!”
Annie si era ritrovata a parlare da sola, chiamando quel nome più volte, chiedendogli di aspettare. Si era accovacciata per terra lì dov’era, facendo scivolare la schiena contro l’anta della credenza, il ricevitore ancora stresso in mano, appoggiato alla spalla. Scoppiò in un pianto disperato che si sforzò di rendere il più silenzioso possibile, per non attirare l’attenzione di Grace. Da una parte non poteva credere a quello che era appena successo, si sentiva affranta, quell’improvvisa decisione di Tom arrivava come un colpo basso nel momento peggiore. Dall’altra, una parte di lei si vergognava terribilmente di quel suo nuovo modo di gestire le emozioni, lasciando che la travolgessero come un torrente in piena. Non era una persona emotiva, non si era particolarmente turbata nemmeno alla notizia della morte di Judith, o della perdita della gamba di Grace. In effetti, l’ultima volta che Annie si ricordava di aver pianto in quel modo – a parte dopo essere partita dal Montana – era stato quando era morto suo padre. Aveva più o meno l’età di Grace e quel giorno aveva provato così tanto dolore da decidere che mai più avrebbe permesso a qualcuno – o a qualcosa – di farla stare così male. Perciò si era creata una corazza. Ma il distacco emotivo che si era imposta per tutti quegli anni, sebbene efficace nelle situazioni difficili e un’ottima skill per affrontare le questioni lavorative più spinose, la rendeva anche meno sensibile a tutto il resto. Per questo motivo le veniva difficile empatizzare con gli altri, o anche solo esprimersi con sincerità; non sopportava di sentirsi vulnerabile. Solo durante l’estate in Montana era finalmente riuscita ad allentare il controllo sulle sue emozioni e, contemporaneamente, su Grace e su sul suo lavoro. Tom l’aveva invitata a rilassarsi, le aveva offerto un esempio di cosa significasse accettare le cose della vita con mitezza, godersi i piccoli momenti nella natura, o insieme alla famiglia, e vivere della fatica delle proprie mani, in armonia con tutto ciò che lo circondava. In quei grandi spazi verdi, Annie aveva provato, per la prima volta da quando era bambina, un immenso senso di pace. E in quel terreno fertile, arato a dovere nei mesi successivi, era sbocciato l’amore per Tom. Con lui era la persona che sentiva profondamente di essere. Non aveva bisogno di fingersi migliore di quello che era, perché lui accettava ogni lato di lei. Annie provava lo stesso nei suoi confronti: aveva visto cosa albergava nella profondità del suo cuore, la compassione che aveva verso tutti gli esseri viventi, la silenziosa generosità che lo caratterizzava. Nonostante il fisico spigoloso, temprato da anni di duro lavoro manuale, Tom era un uomo dolce, capace di estrema tenerezza. Sarebbe stato un padre meraviglioso anche per Grace, se solo lei lo avesse accettato. Ma era sbagliato chiederle di farlo, quando il suo vero padre, che lei adorava, era non solo vivo, ma sempre presente. Annie sapeva di non poterlo fare e Tom gli stava dicendo: “Arrenditi alle cose così come sono: se cadono, lasciale cadere, ma se restano in piedi, non buttarle giù a forza”. Era un saggio consiglio, degno di un monaco buddista. Il fatto, però, è che a Annie sembrava che il castello costruito con Robert fosse fatto di carta, sempre sull’orlo della distruzione, mentre lei cercava di incollare i pezzi man mano che questi volavano via. D’altra parte, se il rapporto con Robert non sembrava salvabile, il legame con Grace era diventato più forte: ora erano più affettuose l’una con l’altra, si capivano meglio. Come avrebbe reagito all’arrivo di un fratellino? Sarebbe stata felice, visto che l’aveva desiderato tanto, o avrebbe odiato lui così come avrebbe odiato lei, se fosse venuto fuori che il padre era un amico di cui si fidava e che li aveva tanto aiutati? Sicuramente Grace si sarebbe sentita tradita da entrambi, e si sarebbe attaccata a suo padre ancora di più. Per giunta Robert era un avvocato in gamba, e se fossero finiti in tribunale non avrebbe avuto dubbi sul fatto che Grace sarebbe stata affidata a lui. Non voleva diventare una persona deprecabile, abbandonare Grace avrebbe voluto dire fare la stessa scelta passata di Tom, quando non aveva seguito la moglie e il figlio a Chicago, di fatto scegliendo di perderli. Per lui il ranch, i cavalli, gli spazi aperti, contavano più di qualsiasi altra cosa al mondo. Anche più di Annie. Proprio come a lei importava di Grace più che di chiunque altro, probabilmente anche di Tom. Ora le sembrava quasi di capire le parole che aveva detto parlando della sua storia con Rachel, cioè che non era destino, semplicemente. Era così anche per loro due? Avrebbe davvero fatto qualche differenza scoprire che il bambino nel suo grembo era di Tom? No, si disse Annie. Lui aveva avuto un figlio da Rachel, ma questo non era bastato a tenerli insieme. Forse lui era fatto per quel tipo di solitudine, ma lei no. Annie non poteva rischiare di rimanere senza nessuno, da sola non ce l’avrebbe fatta ad andare avanti. In questo era diversa da Tom. E forse quella lettera che le aveva mandato, per quanto suonasse strana, conteneva due importanti verità: la prima era che Robert rappresentava davvero la scelta più ragionevole, la seconda era che, forse, Tom era davvero una persona terribilmente egoista.
 
Nei giorni che seguirono Annie fece appello a tutta la sua forza interiore per evitare di rimanere a letto tutto il giorno. Non aveva appetito, si sentiva stanca, ma ogni volta che Robert o Grace facevano un’osservazione a proposito, lei li liquidava dicendo che forse le sarebbe bastata la vacanza imminente per tirare un po’ il fiato. Passò tutto il giorno di capodanno stesa sul divano con qualche lineetta di febbre.
“Vuoi che annullo il viaggio?” le chiese Robert, preoccupato che non si riprendesse in tempo.
“No, vedrai che domani mi sarà passato,” fece Annie, avvoltolandosi meglio nella coperta.
“Non siamo obbligati,” insistette lui “Posso chiedere il rimborso dei biglietti.”
“Non te lo faranno mai a due giorni dalla partenza.”
“Me ne faranno uno parziale, almeno.”
“No, senti Rob, non mi va proprio starmene qui fino alla fine delle vacanze di Grace. Preferisco andare via per un po’. Davvero. Sono sicura che mi farà bene.”
Il viso di Robert si aprì in un dolce sorriso.
“Sono sicuro che farà bene a entrambi,” disse, poi andò in cucina a prepararle una tisana.
Nel mentre Annie aveva acceso la TV, nel tentativo di distrarsi un pochino. Quando Robert tornò con un vassoio, le si sedette a poca distanza.
“Grazie,” fece Annie, prendendo in mano la tazza bollente.
“Figurati. Vuoi che resto qui stasera?”
“No, no… non serve” disse scuotendo la testa “Vai con Grace, sai quanto ci tiene a vedere i fuochi d’artificio.”
“Va bene,” acconsentì lui docile.
Un’ora più tardi Annie rimase sola col suo muto dolore e mille pensieri per la testa che non poteva mettere a tacere impegnandosi in qualche attività come al solito. Mentre si avvicinava la mezzanotte, riusciva solo a constatare quanto fosse cambiata la vita di tutti loro nel giro di soli trecentosessantacinque giorni. Mai si sarebbe aspettata di ritrovarsi in una situazione del genere. C’erano sì dei dubbi riguardo come sarebbe proseguito il rapporto tra lei e Robert, ma nessuno dei due avrebbe avuto il coraggio di parlarne apertamente se una terza persona non si fosse messa in mezzo, obbligandoli ad affrontare la verità. Tom aveva ragione: saperlo era facile, ma dirlo ad alta voce era più che difficile, sembrava impossibile, almeno per Annie. Doveva ammettere che non ci stava riuscendo. Al contrario, dopo l’ultima telefonata con Tom si stava convincendo sempre di più che doveva sfruttare l’occasione della vacanza per vedere se riusciva, una volta per tutte, a far funzionare le cose con Robert. Forse in Italia si sarebbe ricordata di tutti i motivi per cui era stata attratta da lui anni addietro, forse sarebbero riusciti a ritrovare quella complicità persa da tempo e, forse, avrebbe deciso che non importava di chi fosse il bambino, lei e Robert avrebbero potuto crescerlo insieme, magari li avrebbe addirittura aiutati a sanare le ferite che si portavano dietro. “Sì,” si ripeteva nel tentativo di convincersi “Devo dimenticarmi di Tom per un po’, devo dare a Robert una chance per poter rimettere le cose a posto.” E in certi momenti riusciva quasi a credere che potesse succedere davvero. Almeno fino a che, la notte, nei suoi sogni compariva un uomo a cavallo, che la fissava da lontano, e che lei, disperata, tentava di raggiungere, senza tuttavia mai riuscirci.
Quando la mezzanotte suonò, Annie udì in lontananza rumore di scoppi e di spari che la fecero sussultare. Poi si accarezzò il ventre e con dolcezza sussurrò: “Non è niente, dormi. È solo il futuro che bussa alla porta.”
   
 
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