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Autore: Ranma789    05/03/2024    1 recensioni
E se Ranma arrivasse al Ryozampaku, il dojo dei folli Maestri di Kenichi, per addestrarsi?
Come la prenderebbe Kenichi, e che rapporto avrebbe Ranma con Miu, una persona con la quale ha molto in comune?
E perché Ranma, un anno dopo il matrimonio fallito, vive da solo con sua madre e non ha più rapporti con Genma, con i Tendo e, soprattutto, con Akane?
Cosa lo ha spinto a rinnegare la sua vita passata a Nerima?
Allenarsi al Ryozampaku potrebbe aiutarlo a crescere e ad assumersi quelle responsabilità che ha sempre rifuggito, accettando il suo destino di diventare un Maestro.
Ma quando Kenichi e l'Alleanza Shimpaku si troveranno in pericolo, sarà solo collaborando che potranno salvarsi tutti...sempre che il cuore non ci metta lo zampino, e che la gelosia non rovini tutto. Ancora una volta.
Nota: per Kenichi, la fiction si svolge circa tre mesi dopo la fine del manga, per Ranma un anno dopo il diploma
[CROSSOVER RANMA 1/2 e KENICHI THE MIGHTIEST DISCIPLE]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nodoka Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ranma si stava allenando con Kensei, il quale gli stava mostrando il modo corretto di eseguire dei colpi con i palmi delle mani, eseguendo una rotazione con tutto il corpo.


“Vedi Ranma-kun-iniziò a spiegare il Maestro cinese-questo è il modo corretto di ruotare il corpo. Abbiamo notato che anche tu tendi a colpire troppo spesso in modo frontale…in pratica, finisci col limitarti da solo, mentre dovresti esplorare diversi modi di muoverti”


“Va bene!” rispose Ranma, eseguendo la rotazione come aveva mostrato.


“Piuttosto…come nota a margine…ultimamente sembri più giulivo…ti è per caso capitato qualcosa di bello, Ranma-kun?”


“Uhm?” il ragazzo sembrò arrossire con violenza.


“Ma…no, non in particolare, perché me lo chiede?”


“Uhuhu…sei come un libro aperto, sai?-iniziò a canzonarlo il Maestro pervertito-Per essere un combattente Sei, devi imparare a nascondere le tue emozioni ed i tuoi sentimenti, quantomeno per evitare che i tuoi avversari possano leggerle ed approfittarsene”


Ranma rimase zitto guardando per terra.


“Allora? Non vuoi davvero dirmi cosa è successo?-continuò a chiedergli-e va bene, dopotutto sono affari tuoi. Ma lascia che ti dia un buon consiglio-aggiunse poi trasformando la sua smorfia in un sorriso di complicità più sincera-la vita per gente come noi è già abbastanza dura di base. Quindi, se ti capita di trovare qualcosa di bello, per cui valga la pena di lottare; od anche soltanto qualcosa che ti permetta di star bene e ti aiuti a distrarti dalle difficoltà della vita; beh, non fartelo scappare, se puoi”.


Ranma sembrò rilassarsi e la sua espressione, dopo un breve attimo di stupore, cambiò.
Assunse un sorriso accennato ma deciso, mentre guardava il suo Maestro con aria riconoscente.
“Grazie Kensei-shishou, lo farò”


Kensei ricambiò lo sguardo con un altro sorriso complice.


“Bene, ed ora continuiamo con l’allenamento. Come dicevo, i colpi con i palmi sono sottovalutati nelle altre arti marziali, ma sono molto frequenti nel Kung Fu.
Sfruttando il giusto modo di muoversi, puoi imprimere forza nel modo corretto, e lasciare che l’energia si trasferisca attraversa lo spostamento e l’allineamento del tuo corpo, anziché attraverso la forza muscolare.
Così il surplus di potenza generato, attraversa il nemico come un’onda d’urto, danneggiandolo internamente senza lasciare tracce all’esterno.
Sono questi i colpi nei quali sono specializzato, i colpi che sfruttano le onde d’urto e l’energia interna. Possono essere una preziosa aggiunta al tuo arsenale. Ma ricorda, tutto comincia dal movimento del corpo”.


“Capisco. E’ solo che…il modo in cui acceleriamo. Mi confonde. Mi sembra che l’accelerazione, durante la rotazione…inizi, poi rallenti, poi acceleri ancora”


“E’ così. Perché bisogna darsi una bella spinta iniziale, però poi bisogna trattenerla per evitare di muoversi con troppa foga, quindi riallineare il corpo e solo infine concludere il movimento. Il nemico, oltretutto, viene colto alla sprovvista dal cambio di ritmo perché non se lo aspetta e viene colpito più facilmente”


“Capisco, ma…mi sembrava quasi di vederla sparire, Maestro. Vedo quasi…una sua immagine residua mentre si muove”


“Ooh, sei stato bravo ad accorgertene-Kensei si girò, ridacchiando-sì, in effetti, questo è un procedimento simile a quello impiegato per generare delle immagini residue”


“Davvero? In effetti si tratta di una tecnica che avrei sempre voluto imparare”


“Uhm… rischiamo di mettere troppa carne al fuoco, ma dopotutto, perché no…immagina di accelerare in una direzione, poi di cambiare idea, frenare, quasi per andare in direzione opposta, ed infine, di lasciarti andare ed accelerare per davvero nella direzione iniziale, fino a sparire alla vista del nemico. Il risultato è che rimani per un po’ di più nel suo campo visivo in quel punto, ma in realtà sei già sparito in direzione opposta”


Ranma ci provò, ma accelerare in due direzioni opposte era più facile a dirsi che a farsi.


“Guarda, così” esclamò Kensei, ed iniziò a sparire ed a riapparire, lasciando dietro varie immagini residue di sé, per giunta impegnate in varie attività, come leggere una rivista porno, pescare trote nel laghetto, mangiare degli spuntini, stare sdraiato al sole o provare a fotografare Shigure con una fotocamera con mirino telescopico.


Wow…davvero incredibile…


“Comunque, credo di aver capito…è all’incirca…COSI’?”


Ranma concluse l’accelerazione e sparì alla vista, lasciando una copia di sé stesso che eseguiva l’esercizio, piegata sulle gambe.


“Molto bene ragazzo! Impari in fretta.


Ora, a livelli più alti, per ingannare i Maestri, si utilizza anche il proprio Ki, lasciandone una traccia nella copia, per sfruttare contro di loro la superiore percezione del nemico che hanno i tuoi avversari, trattenendoli con la finta una frazione di secondo in più.
Si parla in quel caso di << copia di Ki >>. Ma per ora, una cosa per volta. A proposito, esegui sempre la tua meditazione settimanale per raffinare l’uso del Ki?”


“Sì, sempre. A volte, anche più di una volta alla settimana”.


“E fai bene, perché da quello che ho visto, il tuo stile di combattimento fa largamente uso di mosse che sfruttano il Ki, specialmente quelle che non ci hai ancora mostrato”


Ranma non poté che essere sbalordito, ancora una volta, dalla capacità di intuizione-che sfiorava la preveggenza-dei Maestri del Ryozampaku.


A dire il vero, Kensei era uno di quelli con i quali si trovava meglio, dopo i bisticci che aveva avuti i primi tempi.
Ogni giorno passato con lui era una miniera d’oro di insegnamenti, aneddoti ed anche modi divertenti di passare il tempo.


“A proposito, Ranma-domandò Hayato, spuntando fuori da chissà dove-devo farti una domanda: tu per caso hai mai…creato nuove tecniche?”


“Creato nuove tecniche? A dire il vero…ho modificato pesantemente molte tecniche segrete che ho appreso dall’esterno, spesso sviluppandone al volo delle nuove versioni, durante il combattimento, per risolvere situazioni specifiche…e ad oggi, posseggo nel mio arsenale diverse varianti della stessa mossa…però non ne ho mai creata una io da zero, quello no”


“Mmh…lo immaginavo. Beh, dopotutto è ancora presto”


“Per che cosa, se posso chiedere?”


“Si dice che i praticanti di arti marziali attraversino tre fasi: l’Apprendimento passivo, nel quale si replicano pedissequamente i modelli proposti; la Rottura, nella quale si modificano gli insegnamenti ricevuti e li si adatta al proprio stile; infine la Liberazione, nella quale si ricercano e si inventano nuove strade, senza essere vincolati da nulla e da nessuno*.


Da quello che dici, tu sei nella fase della Rottura, che è più avanti di quanto la maggior parte dei praticanti, anche i Maestri, arriverà mai, ma non sei ancora nella fase della Liberazione.
Beh, comunque, non c’è bisogno di aver fretta, in tal senso. E’ un processo che deve venire naturale, non va forzato.
Però può essere utile iniziare a domandarti quali siano le tue caratteristiche come praticante di arti marziali, se c’è qualche mossa che ti manca, qualcuna che vorresti creare, o se esiste un principio od una situazione che potresti voler sfruttare in qualche modo”.


Il ragazzo col codino rimase per un po’ a riflettere.


Inventare una nuova tecnica…mi sentirei in alto mare, non saprei da dove cominciare. Però…AH! Ora che ci penso…


Mio Padre! Lo Yamasen Ken e lo Umisen Ken…sono tecniche che ha inventato lui, completamente originali…per di più basate su principi completamente opposti…davvero straordinario…è questo che significa…aver raggiunto il grado di Maestro?
Quindi, nonostante tutto…non sono ancora al suo livello?


Poi si riscosse dai suoi pensieri e scuoté la testa “Per il momento non ho idee, mi dispiace”.


Kensei prese la parola “Beh, non è un grosso problema. Per ora continuiamo con l’addestramento ordinario e con l’insegnarti le nostre tecniche. Prima o poi qualche buona idea ti verrà di sicuro”


Ranma lo guardò con riconoscenza “Certo!”


Mentre, più tardi, faceva sparring col Maestro cinese, il ragazzo col codino gli domandò: “Kensei-shishou, ho una domanda”


“Dimmi pure, Ranma-kun”


“Voi Maestri del Ryozampaku…avete tutti creato da soli le vostre mosse definitive?”


“Naturalmente sì-rispose il piccolo Maestro-ed è per questo che a volte esse finiscono con l’essere un po’ diverse sia dall’arte marziale di partenza che dai nostri stili personali. In qualche caso, una mossa finale può essere uno sviluppo ulteriore di una mossa pre-esistente.
Oppure che porta all’estremo un concetto teorico già in uso.
Od un qualcosa che sfrutta a dovere le tue caratteristiche e gusti personali.
O tutte e tre le cose insieme”


“E per quanto riguarda il Mubyoshi di Kenichi…”


“Quella, come ti ha detto lui, è una Ougi** che ha creato da solo. In effetti, siamo molto fieri di lui per questo. Rappresenta la sintesi del suo percorso al Ryozampaku: un colpo che sfrutta i principi di quattro arti marziali diverse”


Persino Kenichi ha inventato una mossa solo sua…


“Mentre, il Ryusui Seikuken ed il Koroi Nuki…”


“Quelle sono tecniche speciali dell’Anziano che, nel corso degli anni, ha ritenuto di insegnare soltanto al nostro Primo Allievo”


“Ne ha molte altre?”


“Oh, si dice che il vecchio Hayato nel corso degli anni abbia creato un insieme di 108 tecniche segrete. Re e principi lo hanno implorato di insegnargliele, ma senza successo”


Ranma, senza smettere di attaccare e difendere, fece però tanto d’occhi.
Sembra che io abbia ancora un sacco di strada da fare…


“Comunque-concluse Kensei-quando si allena un allievo, specialmente, non è tanto importante insegnargli MOLTE tecniche, quanto scegliere QUALI tecniche insegnargli: esse si devono prima di tutto adattare alle sue caratteristiche personali, per esaltarle, e non il contrario”


Ranma rimase un momento a soppesare la cosa.
“E naturalmente questo me lo dice, come prima, per puro amor di chiacchiera, non perché abbia << avuto l’intuizione >> che possa servirmi saperlo per qualche altro motivo”


“Ranma, ragazzo mio-concluse Kensei col suo miglior sorriso, sardonico come non mai-che ragione avrei di farlo, altrimenti?”

◊◊◊◊◊

Nel pomeriggio Ranko andò con una consapevolezza nuova a trovare Kisara per allenarla.
Trovò la ragazza che la aspettava, di buon umore, ma che si illuminò ancora di più nel vederla.


“Wooah, Maestra! A qualcuno è capitato qualcosa di bello, durante le vacanze di Capodanno, non è vero?!”


“Ancora? Ma cos’avete tutti oggi? E poi, nel caso, sarebbe capitato la settimana scorsa…cioè, ehm, volevo dire…”


“A-ah! Lo sapevo! La Maestra ha per caso…trovato qualcuno?”


“KISARA! Cosa ti avevo detto quando avevamo cominciato? Fa’ conto che io non esista e sia sbucata fuori dalla terra”


La ragazza si schermì un po’, guardando da un lato ed arrossendo.
Nonostante la severità e la riservatezza che la Maestra adoperava sempre, la ragazza aveva avuto l’impressione, ultimamente, che la donna dai capelli rossi stesse cominciando ad aprirsi con lei e quindi aveva osato un po’.


“D’accordo, d’accordo, mi scusi. E’ solo che…beh, ero contenta.
Che almeno a qualcun altro le cose stessero andando bene, e…ultimamente mi sembrava che noi…no, niente. Lasci stare, ha ragione”


Ranma la guardò per un momento e si sentì un po’ in difetto. Poi sospirò.


“Oh, Kami…d’accordo.
Kisara, io…se hai un problema e vuoi parlare un po’, prima dell’allenamento…oppure dopo…possiamo farlo, se ti va. E’ solo che…non credo di essere molto in gamba nel dare supporto o consigli. Non sono la più frivola e femminile delle donne, come avrai notato”


A Kisara si illuminarono gli occhi, non poteva quasi crederci.


“Davvero? DAVVERO? Oh, grazie, Maestra, io…a dire il vero, non sono neanche sicura…di volerne parlare davvero” si voltò arrossendo di brutto.


Santo cielo. Prima fa tutta la sentimentale ed ora è troppo timida per parlare.
Non capirò mai le donne, mai.
Preferisco decisamente Kisara quando si comporta come il maschiaccio che è.


Ranma non sapeva come introdurre il discorso.
Poi ebbe un’illuminazione “Diamo la colpa a quell’altro, tanto le sta già sulle scatole…”


“Kisara-iniziò, esitante-a dire il vero…mio fratello me l’ha detto…”


La sua allieva cambiò espressione.
Ranko sembrò essere tremendamente imbarazzata.


“Beh…non è proprio che noi PARLIAMO di te, od altro…diciamo che…gli è capitato di incrociare per strada altre persone di quel gruppo…come hai detto si chiama? L’Alleanza Shimpaku? Ed ha notato che…quei due tizi, quello grosso con gli occhiali da sole, e la tua amica abbronzata che usa il bastone…”


Kisara fece un sorriso amaro. “Sì, Ukita e Kaname, il mio ex e la mia migliore amica escono insieme. E non posso neanche biasimarli”


“In fondo…per tanto tempo io ho rifiutato di uscire con Ukita…poi mi sono arresa alla sua insistenza, e l’ho frequentato per un po’…ma non so se lo ricambiassi davvero.
E non avevo idea…che Kaname, di tutte le persone…la mia migliore amica, la persona che ammiravo di più…fosse attratta da lui…ed è stata a guardare mentre lo frequentavo come niente fosse…


Però, in fondo…ho lasciato io Ukita…non volevo che ci restasse male, ma non potevo continuare a fingere…eppure ora…vederli insieme…mi fa uno strano effetto…”
La ragazza era sul punto di scoppiare in lacrime.


“Mi rendo conto che Ukita mi volesse bene…non so, non sono sicura…forse ho semplicemente rifiutato il suo amore, ma al tempo stesso, non sto facendo nulla per ottenere quello di chi vorrei davvero…se così fosse, cosa farebbe questo di me?
Avrei davvero diritto di ottenere la felicità, nel caso?”


Ranko non si aspettava tutto quello sfogo, e non sapeva davvero cosa dire.
Si sentiva in imbarazzo.


Kisara però concluse “Mi scusi. Non dovevo buttarle addosso i miei problemi. Comunque mi sento meglio. Mi ha fatto bene anche solo parlarne”


“Kisara, sappi solo questo, però-intervenne Ranko-io…non credo che ci siano alcuni che MERITINO o NON MERITINO la felicità.
Essa…è una déa capricciosa. Non concede i suoi doni in base al merito, questo è sicuro. Ma se così fosse…tu la meriteresti, stanne certa”


La sua allieva le rivolse uno sguardo…di incredulità mista a riconoscenza


Ranko si limitò ad annuire.
“Ed ora passiamo all’allenamento, ti va?”


“S-sì, certo”.


“Molto bene. A questo proposito-disse la giovane donna cambiando tono-ho riflettuto molto sul tuo addestramento. E mi sono resa conto…che finora ho proceduto un po’ a casaccio”


La sua allieva fece tanto d’occhi. La Maestra stava parlando con tono parecchio impenitente.


“Tuttavia-riprese, in modo cattedratico-questo era inevitabile, visto che non avevo esperienza di addestramento, come ti avevo avvisata.
Ma questi primi tempi mi hanno permesso da un lato di rafforzarti e renderti più versatile e dall'altro di farmi un’idea e gettare le basi di tutto.


Quindi ora ho sviluppato UN PROGETTO che si fonda sulle tue effettive esigenze. E procedo subito ad illustrartelo:

  1. Correggere i tuoi difetti dal punto di vista difensivo
  2. Insegnarti bene il combattimento aereo
  3. Tirare fuori il tuo Ki del Dou per potenziarti e per sfruttare al meglio la tua capacità di combattere come se fossi un gatto
  4. Farti sviluppare una tecnica segreta adatta alle tue caratteristiche
  5. Insegnarti bene come affrontare avversari armati
E questo più o meno è tutto, mi sembra”


Kisara non sapeva cosa dire.
“Beh…d’accordo, ma…sembra un mucchio di roba”


“Ed allora cominciamo subito”

◊◊◊◊◊

“Allora, Kisara, dal momento che hai appreso come muoverti sui tetti, sei pronta per imparare uno dei principi fondamentali della Scuola Saotome: il combattimento aereo”.


“Sì, Maestra”


Kisara non stava più nella pelle: era quello che aspettava da una vita


“Naturalmente-riprese Ranko-esistono più modi in cui puoi farlo: tu imiti già, da quanto mi ha detto mio fratello, i movimenti dello stile Furinji, usati dalla erede del Ryozampaku…lui me li ha più o meno descritti, e sono diversi dai nostri…e poi, anche quando combatti come un gatto, spicchi attacchi in salto.
Quindi, quello che dovrai fare prima o poi sarà integrare più metodi di combattimento aereo differenti.
Ma, prima di tutto, dovrai imparare il combattimento aereo dello stile Saotome, e poi potrai usarlo come base sulla quale aggiungere nuove mosse-la sua allieva annuì per far intendere che aveva capito-
In pratica, il nostro stile si basa sul…beh, diciamo, sul restare sospesi in aria, mentre si combatte”.


Kisara fece tanto d’occhi e si scordò una delle sue regole
“Ma…Maestra, ma questo…è impossibile!”


Ranko sembrò contrariata.


Poi chiuse gli occhi un secondo e nel riaprirli, le disse
“Kisara, se vuoi superare i tuoi limiti, devi capire una cosa: NON HA ALCUNA IMPORTANZA CIO’ CHE E’ POSSIBILE E CIO’ CHE E’ IMPOSSIBILE. ESISTE SOLO CIO’ CHE SCEGLI DI FARE QUI ED ORA”


E per dimostrare il concetto, prese un sacco di sabbia, lo lanciò in alto come se fosse una pallina da baseball, poi spiccò un balzo a propria volta e raggiunto l’oggetto, a dieci metri d’altezza…iniziò a tempestarlo di calci.


Nel fare questo, però, iniziò a girargli intorno a mezz’aria, come se galleggiasse, tempestandolo da ogni direzione, e nel frattempo diceva


“Vedi, Kisara? Se colpisci un oggetto, od un avversario, il contraccolpo che ricevi genera  due forze contrapposte, e l’impulso del moto, annullandosi, fa’ sì che, finché non smetti di colpire…i due corpi rimangono sospesi in aria, come respingendosi a vicenda.


Kisara Nanjo era esterrefatta


Non riesco a credere ai miei occhi. Non può essere vero. Eppure, lo sto vedendo


“E quando infine smetti…”


Ranko ed il sacco precipitarono al suolo.
Lei atterrò con la grazia di una ginnasta, il sacco era crivellato da ogni parte.


Kisara tremava dalla sorpresa e dall’eccitazione.
Allungò la mano sul sacco e guardò la sua Maestra come se avesse appena visto un unicorno.


“E…questo principio…si può davvero imparare? Io…potrei farcela?”


Ranko abbassò la testa di lato, con un sorriso sardonico

◊◊◊◊◊

“Per quanto riguarda la difesa, invece-fece Ranko un altro giorno, prendendo la sua allieva e chiedendole di infilare i piedi in un vaso di terra, come fosse una pianta-il tuo problema è che non esegui abbastanza rotazioni col busto per eseguire delle parate con le braccia, ma preferisci muoverti con tutto il corpo per schivare.
Ma cosa succede se non puoi o non riesci a farlo? Che le prendi di sicuro”


Kisara era parecchio dubbiosa sull’essere stata trasformata in un vegetale ornamentale.


“Così, invece, sarai obbligata a parare, se non vuoi farti male, perché NON PUOI spostarti.
Inoltre, ruotando il busto per intercettare i colpi con gli avambracci, anziché solo alzando le braccia, bloccherai i colpi con maggiore efficacia.
Preparati, perché ti attaccherò sul serio”


“Ehi, un momento, ma…”


Non ci fu nessun << ma>>. Ranko iniziò a girarle intorno in cerchio a supervelocità, tempestandola di colpi dall’alto, dal basso, da destra, da sinistra.
Kisara si ritrovò a doversi voltare freneticamente, di volta in volta, dal lato dal quale veniva attaccata, per provare a sopravvivere.
Era una cosa molto simile all’allenamento al quale Hayato aveva sottoposto Ranma.

◊◊◊◊◊

Ranma si stava allenando con Sakaki al Ryozampaku.


Era un Mercoledì mattina e stava facendo sparring con lui.
Si scambiavano colpi ad alta velocità, muovendosi di continuo sul prato.


“Bene, così-lo istruì il karateka con la cicatrice sul volto-non avere fretta, ricordati di cercare di rendere ogni colpo un colpo potenzialmente decisivo”.


Ranma accelerò un po’ il ritmo, ed il karateka iniziò, oltre che a parare, anche a contrattaccare.


“Molto bene! Mettiamo un po’ di pepe in questo allenamento!”


Ad un certo punto si resero conto che si stavano allenando vicino a dove Akisame e Mousse stavano seduti, in centro al giardino, impegnati nella loro partita a shogi.


“Ops! Scusate ragazzi, disturbiamo?” domandò Sakaki, distogliendo lo sguardo, ma continuando a duellare con Ranma come niente fosse.


“NO!” risposero i due secchioni, all’unisono.


Ma in quella, una delle pareti della camera di Shigure esplose verso l’esterno.


Due furie ne uscirono fuori, muovendosi a grande velocità sul prato e scambiandosi ferocemente colpi con le spade.
Erano Kuno e la Maestra di Spade e tutte le Armi.


“Questa sarà la volta buona che il Tuono Blu ti batterà, dolce Shigure!” dichiarò il kendoka con il ciuffo.


Shigure, però, non sembrava farci troppo caso, dal momento che parava agevolmente tutti i suoi attacchi usando solamente la mano sinistra, usando una spada corta.
Ranma notò che la donna voltò lo sguardo verso il tavolo di Akisame e Mousse.


Poi, con nonchalanche e l’aria birichina, Shigure estrasse una seconda spada corta con la mano destra ed attaccò il ragazzo cinese, seduto a giocare.


Mousse, impassibile, tirò fuori dalla manica un largo coltello di foggia cinese e si mise a parare tutti gli attacchi con la propria mano destra, alla cieca, mentre continuava a tenere lo sguardo concentrato sulla partita.


Ranma non avrebbe saputo dire cosa fosse più incredibile, se il fatto che il cinese ci riuscisse, o che Shigure stesse duellando separatamente con entrambi i ragazzi.


“Woah!-riconobbe il ragazzo col codino-bisogna dire che si stanno tutti impegnando, eh?”


“Puoi dirlo-concesse Sakaki-per questo non bisogna rimanere indietro”


Ranma si rese conto solo dopo un po’ che sia lui che Sakaki stavano continuando a scambiarsi colpi alla cieca, mentre erano girati con la testa ad osservare gli altri.


In quella, si sentì un urlo disperato, e qualcuno venne fatto volare via da dietro il muretto, finendo a terra, a poca distanza dal muro di cinta. Era Ryoga.


“Apachai è in gran forma stamattina” osservò Sakaki.


Il ragazzo con la bandana si rialzò a fatica, con la determinazione nello sguardo, mentre il suo Maestro si affrettava a vedere come stesse.


“A…ancora!” dichiarò, con uno sguardo determinato.


“Però, forse…quei due sono fatti l’uno per l’altro” osservò il ragazzo col codino.


“Sì, ma non come pensi tu. Ryoga ha praticamente il problema OPPOSTO al tuo: tira pochi colpi, potenti ma lenti. Deve imparare a dosare la forza ed a sferrare più attacchi, migliorando la rapidità, se non vuole venire visto lontano un miglio.
Ed Apachai, per quanto usi una potenza esagerata, è comunque perfetto per insegnarglielo, perché, come Gran Maestro, è anche molto veloce e tecnico”


Ranma osservò come Ryoga si sforzasse di tirare raffiche di colpi, rapidi e meno potenti, ad Apachai, che ci danzava intorno e contrattaccava.


“Io tiravo troppi colpi e devo sferrarne di meno, ma più potenti, lui invece deve migliorare velocità e precisione-riassunse il ragazzo col codino-sarebbe come a dire che, una volta corretti i nostri difetti…ci incontreremo a metà strada? I nostri stili finiranno con l’assomigliarsi un po’?”


“Uhm! E chi lo sa? I praticanti di alto livello tendono ad assomigliarsi un po’ tutti. Al tempo stesso, quello che li differenzia è altrettanto importante. Il loro stile personale, le loro tecniche segrete…”

◊◊◊◊◊

Ranko stava costringendo Kisara ad infilare rapidamente le mani dentro dei cesti pieni di ghiaietta.
Poco prima l’aveva obbligata a fare la stessa cosa tenendo contratte le dita dei piedi nudi.


“Avanti, coraggio! Non fermarti! Il CONDIZIONAMENTO di mani e piedi era un elemento essenziale nel Karate di Okinawa, ed anche se il tuo stile primario è il TaeKwonDo, dovresti rendere gli arti con i quali colpisci il più possibile robusti, per far male al nemico, senza farti male tu”


“Ma…Maestra-uff!-posso chiedere-anf!-una cosa? Posso capire…le mani, i gomiti, le ginocchia, gli stinchi…ma perché far indurire-uff!-le DITA di mani e piedi, nello specifico?”


“Per le peculiarità del tuo stile-le spiegò la rossa-come abbiamo visto, tu tendi a fare due cose: colpire il nemico con i calci e poco coi pugni, e combattere come posseduta, convincendoti di essere un gatto.
Ma quando  fai la prima cosa, i tuoi pugni non sono abbastanza pesanti, mentre con la seconda, invece che colpire, graffi. Se graffi, devi rafforzare le dita, per evitare di farti ancora più male di quanto tu ne infligga all’avversario”


“D’accordo, ho capito, ma…le dita dei piedi?”


“Questo è per la prossima tecnica che ti insegnerò”


Qualche minuto dopo, Kisara stava a piedi nudi di fronte a Ranko che mostrava una tavola di legno ed un grosso cartoncino simile ad un Calendario dell’Avvento, con un centinaio di foglietti adesivi rossi appiccicati sopra.


“Per quanto riguarda i piedi, come facevano gli antichi Maestri, bisognerebbe essere in grado di attaccare un nemico con le dita del piede per penetrare nel corpo, come fosse una lancia” e per dimostrare il concetto, lanciò via una scarpa, contrasse le dita di un piede e sferrò un calcio alla tavola di legno, lasciandoci un foro di netto.


“Pazzesco…se quello fosse un corpo umano…”


“Esatto. Questo metodo può servire perché il dito di un piede ha una superficie più piccola della pianta, del collo del piede o dello stinco, ed è più difficile da parare. Inoltre, si può puntare a colpire il nemico in punti vitali, per sconfiggerlo rapidamente con pochi colpi.


Per allenarti a fare questo, voglio che tu esegua questo esercizio. Ogni volta che tirerò via un adesivo-ed iniziò a tirare via gli adesivi rossi a supervelocità, rivelando che sotto avevano dei quadratini gialli-voglio che tu colpisca con precisione soltanto i quadratini gialli, hai capito?”


“Io…sì, lo farò”


“Mi raccomando, Kisara. Io credo che tu ce la possa fare…a realizzare una nuova variante di quella tecnica”


“Quale tecnica?”


“Ad eseguire una certa Tecnica Leggendaria…usando i piedi!”

◊◊◊◊◊

Per diverse settimane, Ranma si infilò in camera di Miu dalle due alle tre volte alla settimana.
Conosceva perfettamente l’ubicazione di trappole, antifurti e del campo minato, perché Akisame non aveva motivo di tenerglieli nascosti, o di non aggiornarlo sulle novità, quindi non ebbe mai difficoltà ad entrare di nascosto e senza lasciare tracce, evitando di essere ripreso dalle videocamere.


Aspettava generalmente che sua madre dormisse, per fare rapidamente tutta la strada verso il Ryozampaku, ma era più probabile che Nodoka subdorasse qualcosa e fosse felice che il suo Ranma si stesse dando da fare, “come un vero uomo” con la ragazza del mistero…della quale oltretutto sospettava l’identità.


Il ragazzo col codino e l’ultima del clan Furinji erano insaziabili. Si desideravano, si volevano, si assaporavano.
Passavano tantissimo tempo a fare l’amore, ma anche a scambiarsi semplicemente tenerezze.
In genere non ne parlavano non razionalizzavano il perché ed il percome dei loro sentimenti, e si comportavano l’indomani come niente fosse.


Una sorta di tacito accordo che stava bene ad entrambi.
Era come se, istintivamente, si cercassero, sentendo di avere una chimica naturale, ma fossero consapevoli che, parlandone o rendendone partecipe qualcun altro, l’incantesimo si sarebbe rotto.
Nessun altro avrebbe capito. E tra loro non c’era bisogno di parole.


A Miu in particolare, quella segretezza sembrava stare benissimo.
Non voleva dover spiegare la cosa a nessuno.
Non voleva giustificare la sua vita od averla sotto i riflettori, ancora una volta.


Stessa cosa valeva per Ranma.
Aveva avuto una sola relazione nella sua vita, con una dozzina di persone costantemente impegnate a ficcare il naso.


Ad entrambi pareva perfetto avere finalmente qualcosa che appartenesse soltanto a loro.
C’erano loro due, una stanza, ed il mondo intero rimaneva fuori…

◊◊◊◊◊
 

Ad allenamento terminato, Ranko e Kisara accesero un fuocherello nel cortile e ci arrostirono sopra delle patate dolci, per fare uno spuntino.


“Non pensavo che avresti retto così bene, dico la verità”


“Eheh, te l’avevo detto che sono una tosta-ridacchiò Kisara, soddisfatta-E poi…l’allenamento non mi ha mai spaventato-anche se ammetto che questo è particolarmente pesante-perché quantomeno…è semplice. Lineare. Fai una cosa, ottieni un risultato”.


“Non è come…i rapporti umani, intendi dire?”


“Già, quelli…sono molto più complicati” ammise la ragazza, amaramente.


“E’ importante avere la mente sgombra, quando ci si allena…anche se non è sempre facile, lo ammetto.
Le relazioni sentimentali…beh, non posso dire di capirci poi molto. Sono sempre state un gran casino anche per me”


Kisara voltò la testa verso la sua maestra con tono ammiccante. Forse poteva permettersi di osare un po’.


“Beh, comunque avrà avuto sempre un mucchio di uomini che le ronzavano intorno, Maestra…o di donne, non conosco i suoi gusti”


Ranko sembrò imbarazzata in modo persino eccessivo e cominciò a balbettare.


“Che domande…io…sono assolutamente eterosessuale, anche se…in effetti, devo ammettere che ho avuto parecchi pretendenti di entrambi i sessi”


“Ahah, lo sapevo!” gongolò la ragazza.


“Non c’è un bel niente da esultare. La maggior parte delle persone che mi venivano dietro, lo facevano contro la mia volontà, ed in modo particolarmente insistente e fastidioso. E se credi che le donne siano meno peggio degli uomini, ti sbagli di grosso: ce ne sono alcune che sono davvero assatanate”


“Questo non mi stupisce. I tempi sono cambiati. Io stessa non sono una ragazza molto tradizionale…beh, in realtà, nella nostra piccola cerchia di fanatici di arti marziali, quasi nessuna lo è”.


“Ma c’è una bella differenza tra essere anticonvenzionali ed essere degli stalker!-riprese Ranko, seccata-quasi tutte le persone, uomini e donne che erano…brrr…interessate a me, erano convinte di avere dei diritti su di me. Volevano saltare direttamente all’altare!”


“Pazzesco”


“Sì, ed inoltre io stessa…in tutto quel marasma…non ho potuto avere…una vita sentimentale normale…che non fosse sotto gli occhi di tutti…potermi concentrare su chi avrei voluto davvero, senza interferenze…”


Gli occhi di Kisara si illuminarono.
Non sembrava tipo da gossip, ma evidentemente non c’era verso.
Magari era davvero una cosa intrinseca alle ragazze, si disse Ranma.


“Ed ora…c’è qualcuno nella sua vita, Maestra?”


Ranko, arrossita, si voltò a guardare da un’altra parte con una mancanza di compostezza che una combattente Sei non avrebbe dovuto avere.


“Può darsi, chissà…”


Kisara si illuminò in viso, raggiante. La sua Maestra si comportava sempre come un robot, ma per una volta sembrava decisamente umana.


“Ma…anche se fosse…non so esattamente come definire il rapporto…e forse…sia io che quella persona…riteniamo che tutto funzionerà meglio se rimarrà riservato”


“Una relazione segreta! Com’è romantico!”


Lo sarà davvero?
Non credo di provare per Miu le stesse cose che provavo per Akane.
Né credo che lei provi qualcosa di altrettanto profondo per me.
Almeno penso, valle a capire le donne.
Però…non è neppure una cosa solamente fisica. Cioè, è anche quello, ma non solo…


“Oh! E per quanto riguarda Ranma?”


“Come? Ranma? Perché? Ancora? Cioè, volevo dire…cosa c’entra mio fratello, adesso?”


“Oh, non la capisca nel modo sbagliato: non mi piace suo fratello”


E meno male, ci mancherebbe solo questa!


“Anzi, a dirla tutta…penso che…mi interessino un po' di più le ragazze…forse è per questo che con Ukita, nonostante tutto…non poteva funzionare”


UH? Aspetta un momento.Quindi forse non era gelosa di Ukita perché usciva con Kaname.
Eppure ha parlato di << una persona >> che le interessa davvero, e nei confronti della quale non si sta impegnando abbastanza…

Oooh, e se la realtà fosse che a lei interessa proprio


“Tuttavia-riprese Kisara, arrossita come un peperone ed ansiosa di cambiare discorso-devo riconoscere che suo fratello è un bel ragazzo, Maestra. In effetti, vi assomigliate moltissimo.
Oh, ma con questo, sia chiaro, non mi sto facendo strane idee su di lei.


Né su di lui…che non mi sta neanche molto simpatico.
Anche se…in effetti voi due vi comportate anche esattamente nello stesso modo…
Ah, ma con questo non intendo dire che lei anche sia antipatica, io…”


Kisara si era cacciata in un ginepraio da sola ed agitava le mani, a mulinello, imbarazzatissima, sprizzando stille di sudore da tutte le parti e rossa come la giubba di Ranma.


“Kisara, TAGLIA CORTO!”


“Sì, sì, quello che intendevo, è…immagino che anche lui avrà un sacco di ragazze che gli ronzano intorno. O di ragazzi, quello che è. Quindi ero curiosa. Volevo fare un po’ di gossip, tutto qui”


Ranko sembrò scandalizzata all’idea dei “ragazzi”.


Kisara si stupì del suo stupore.


“PRIMO; mio fratello Ranma è INDISCUTIBILMENTE eterosessuale.
SECONDO, a dire il vero…beh, ha molte meno pretendenti di quanto pensi. Meno di un tempo, perlomeno.
TERZO…beh, no, in effetti, in passato ha avuto a sua volta parecchie pretendenti…non ci si può stupire, è talmente un bel ragazzo, forte e soprattutto virile…e QUARTO…”


Kisara, che all’inizio era solo attenta, diventava sempre più perplessa ad ogni contraddizione, adulazione per il gemello e segno d’imbarazzo della giovane donna, ma quando arrivò questa pausa divenne curiosa marcia.


“E quarto…beh…non so se si sia mai ripreso dalla rottura che ha avuto un anno fa” concluse Ranko.


Il suo sguardo si fece lontano e vagamente triste, come se stesse pensando ai fantasmi di epoche passate e futuri mai realizzati.


Kisara le mise una mano sulla spalla.
“Mi dispiace, Maestra. Non è obbligata a parlare di questo”


“Non ha importanza, il fatto è che…beh, trovo così ingiusto il MODO in cui sia finita. Uno scherzo del destino così crudele.
Non era mai davvero riuscito a frequentare in santa pace la ragazza che gli piaceva davvero…che a sua volta era una dannatissima testona, se vuoi il mio parere…ed allo stesso tempo, la sua vita veniva complicata dalle altre pretendenti che credevano a loro volta di avere dei diritti su di lui…e proprio quando sembrava che la cosa andasse meglio…è andato tutto a catafascio”


“Mi dispiace”


“Non importa. Si vede che non era destino”


“Voi due sembrate molto legati”


“Oh, non sai quanto. Praticamente siamo un’unica persona


“Dev’essere bello avere qualcuno con cui condividere tutto. Io sono figlia unica, sono abituata a stare da sola”


Ranma si riscosse un momento: copertura a parte, si rese conto che era la stessa cosa per lui.


Già…forse sarebbe stato bello avere per davvero qualcuno con cui condividere tutto, eh?


“E questa ragazza…come l’aveva conosciuta?”


Ranko fece uno sbuffo. “Umph! Questa è la parte migliore della storia. Quell’idiota di nostro padre aveva combinato un matrimonio per lui-nel ventesimo secolo, ci crederesti?-con la figlia del suo migliore amico, per fargli ereditare il dojo della famiglia di lei”


“COOOSA? Ma è assurdo!”


“Già, una cosa fuori di testa. Infatti all’inizio, i loro rapporti erano un disastro. Non andavano d’accordo, forse temevano che…se avessero mostrato una qualunque simpatia, quei pazzi dei loro genitori avrebbero affrettato le nozze”


“Incredibile. Però diceva che anche lui aveva delle altre pretendenti, giusto?”


“Sì, una serie di ragazze più o meno squilibrate”


“E lui non ha mai…approfittato per divertirsi e basta con qualcuna di loro?”


“MA NO; COSA DICI?


Beh…a dire il vero…credo non gli sia mai passato per l’anticamera del cervello.
Dopotutto…a lui piaceva la sua promessa…a modo suo…ed anche se così non fosse…il fatto che le altre avessero tutte delle…aspettative matrimoniali, gli ha impedito di…anche solo ipotizzare di farlo”


Ranma si rese conto che non ci aveva mai pensato prima.
Riprese a parlare, assorto nei suoi pensieri, come se parlasse a sé stesso prima che alla sua allieva.


“Forse…dopotutto, avrebbe dovuto? Semplicemente divertirsi, come fanno molti ragazzi della stessa età?
Ma non è il tipo…non lo farebbe se non sentisse comunque, non dico amore, ma una qualche connessione, credo…


E poi…come ti dicevo, le aspettative...il dojo, il matrimonio...non lo so.
C’era sempre di mezzo una pesantezza…una responsabilità…che è più di quanto un ragazzo dovrebbe provare a 16 anni”.


Kisara rimase un po’ in silenzio.
“La responsabilità, eh…”


“Sì, è un concetto al quale penso spesso, ultimamente. Ereditare la scuola, assumersi il ruolo di Maestra…sono tutte cose che entrambi abbiamo a lungo evitato.
Da un lato, è vero che non si può scappare per sempre. Dall’altro…


Non credo neanche si debbano fare le cose solo per compiacere gli altri.
Non credo si abbiano degli obblighi nei confronti di qualcuno solo perché gli piaci.
Non bisogna annullarsi per il prossimo.
E questo vale nei rapporti umani, con il lavoro, o…”


“Con tutto, certo. E’ un concetto interessante. In effetti è vero, per quanto mi sentissi in colpa ad aver lasciato Ukita…alla fine è stato per il meglio. Per me ed anche per lui. Entrambi eravamo destinati a qualcosa di diverso”


“Sì, invece Ranma…magari avrebbe potuto accettare di ereditare quella scuola…sposare quella ragazza…beh, in quest’ultimo caso…magari l'avrebbe voluto, un giorno…se non avessero corso tanto…se l’avesse incontrata in altre circostanze…e se l’avessero fatto solo per sé stessi e non per gli altri”


“Quindi, alla fine, si è ribellato, in un certo senso. Ha ribadito la sua individualità”


“Credo che…gli mettesse ansia. Sapere che il futuro…fosse già deciso. Da qualcun altro.
Che la sua opinione non contasse nulla.
Lui ha…cioè, noi abbiamo sempre accettato di dedicare la vita alle arti marziali, ma…”


A Kisara venne il magone. Fece una tale faccia da funerale che Ranko si preoccupò.


“Kisara, cosa c’è?”


“No, mi scusi, non è niente, è solo che…a dire il vero, mi sono resa conto che…la mia vita è molto simile a quella di suo fratello”


“In che senso?”


“I miei genitori…beh, li vede. Sono ricchi, hanno solo me…mi hanno sempre un po’ viziata, e chiuso tutti e due gli occhi su quello che facevo…le arti marziali, gli scontri tra bande di teppisti…però loro si aspettano che io prenda in mano tutta l’azienda, un giorno. Ed io…non so se voglio farlo davvero”


“Ma…non ti interessa come professione, oppure pensi di non…esserne in grado? O ti spaventa la responsabilità che comporta?”


“Io…non lo so. Forse un po’ tutte e tre, non ci ho mai davvero pensato.
Però…sì, forse la responsabilità mi preoccupa.
Forse perché…credo che con essa, perderei la mia libertà.
Io…ho sempre voluto vivere libera…come un gatto.
Invece…temo soprattutto che…perderei tutto questo.


Ma al tempo stesso, mi sento in colpa, perché…beh, dovrò pur fare qualcosa nella vita, no? Non posso continuare a farmi mantenere per sempre. Ma non saprei davvero cosa vorrei fare, per guadagnarmi il pane”.


Non sai quanto ti capisca…hai ragione, è proprio come la mia storia col dojo Tendo…


“Così, per il momento, abbiamo raggiunto un compromesso. Ho preso un anno sabbatico, ed al mattino studio per provare l’ingresso in Università l’anno prossimo…Economia e Commercio…ed in cambio, posso continuare le mie altre attività e ricevere un mensile.


Ma…forse arriverà il punto in cui dovrò scegliere? Dovrò smettere con le arti marziali? Non potrò più combattere a fianco dei miei amici? Questo…mi spaventa”.


Ranko rimase un po’ a riflettere, prima di risponderle.


“Non credo che tu debba necessariamente smettere.
La maggior parte della gente pratica le arti marziali come passatempo.
Il capo di un’azienda di sicuro può organizzare il suo tempo in un certo modo, a costo di assumere qualcuno che gestisca tutto al posto suo e fare un po’ di profitti in meno.


Oppure, potresti investire il denaro per fare qualcosa d’altro che ti piace.
Vendere l’azienda, una volta ereditata.


O trovare qualcosa di diverso che preferisci fare, mentre i tuoi mandano avanti l’azienda, e la venderanno quando andranno in pensione.
La cosa migliore è avere diverse opzioni, credo. Chi nasce in una famiglia ricca ha più fortuna degli altri, quindi dovrebbe metterla a frutto”.


“Lo so, mi vergogno un po’ di lamentarmi in questo modo. Forse sto davvero solo fuggendo dalle responsabilità. Loro ci tengono, ed io…non odio del tutto la prospettiva. Sono solo insicura, credo”.


“Sì, la responsabilità…è un concetto interessante. Qual è il confine, la differenza tra fuggire dalle responsabilità…ed affermare la propria individualità?
Forse nel secondo caso, sei disposta ad accettarle, purché sia tu a sceglierle, e non qualcun altro?”


“Forse”


“Ma nel tuo caso specifico…una persona di recente mi ha fatto riflettere su una cosa diversa.
Le arti marziali…vengono costantemente tramandate alle generazioni successive. Altrimenti sparirebbero.


Le arti marziali sono…parole che ci vengono dette da persone morte da centinaia o migliaia di anni. Un dialogo che intratteniamo con loro. Una prova della loro esistenza.


Così come ogni nuova invenzione od aggiunta che faremo nella nostra vita sarà a sua volta una prova della nostra esistenza che lasceremo alle generazioni future.


Forse…è la stessa cosa con tutto quello che si voglia trasmettere a qualcuno.


I tuoi genitori ci tengono a tramandarti la ditta di famiglia perché continui ad esistere e perché…beh, è una cosa vostra, in un certo senso.


Aaah, comunque, lascia stare. Ho parlato troppo. E’ ovvio che tu possa fare quello che vuoi”.


La ragazza fece tanto d’occhi.
Era strano sentire la sua Maestra fare discorsi così profondi, ed a giudicare dal suo sguardo, ne sembrava stupita lei per prima.
Come se stesse maturando come persona in seguito a numerose esperienze, ma non se ne rendesse ancora bene conto. 


“Sì, certo-disse Kisara-ma…è comunque una prospettiva interessante”.


“Ricordati una cosa, però, Kisara. Esistono tante strade diverse per raggiungere un obiettivo.
Non porti mai da sola dei limiti. Non ragionare in termini di bianco o nero.


Se ti fissi a pensare che solo uno specifico obiettivo, solo una certa persona, solo un determinato modo di fare le cose possano condurti alla felicità…beh, o sei estremamente fortunata, o non sarai mai felice.


Invece ragiona con la prospettiva che esistono diverse opzioni…che l’unico limite è la tua immaginazione…allora non potrai mai essere fermata da nessuno”.


Kisara la guardava come se fosse il Buddha.


“Sono…parole sue, Maestra?”


“Non proprio. Diciamo che potrebbe avermele dette di recente un vecchio saggio***.


Ma ti dirò un’altra cosa e questa è tutta farina del mio sacco.
Lungi da me voler dare consigli sulla famiglia. La mia è un disastro.
Ma proprio non ne ho quasi mai avuta una, capisco che valore abbia una famiglia unita.
Io…ne ho sempre sentito la mancanza, credo, senza neanche rendermene conto.


E quando sono venuta a contatto con le famiglie degli altri…ho provato calore. Ed anche invidia. E tristezza.


Ed ora la mia famiglia non è più unita di nuovo…


Però mi sembra di capire che tu ed i tuoi abbiate un buon rapporto, nonostante tutto.
Quindi, nella vita fai quello che ti senti, qualunque cosa, eredita l’azienda oppure no, pratica arti marziali oppure no, diamine, unisciti ad un circo se ti va di farlo, ma…se è possibile, non rovinare il rapporto che hai con loro.


Perché credimi, quando le cose andranno male, e prima o poi capiterà, vorrai avere quel porto sicuro al quale tornare.


Io sono stata una ribelle, per buona parte della mia vita.
E se conoscessi la mia famiglia, capiresti anche il perché.
Però…se qualcuno ti vuole bene ed andate d’accordo…che gusto c’è a ribellarsi?”

◊◊◊◊◊

  

Era da qualche settimana che al Ryozampaku non accadevano novità particolari.


Da quando Ranma aveva fatto pace con Ryoga, e Miu aveva smesso di comportarsi in modo strano, e di mostrarsi fredda sia con Ranma che con lui, Kenichi pensava che niente potesse turbare la loro quiete.


I rapporti fra loro quattro (includeva ormai anche Renka) erano ottimi, anche se potevano vedersi soprattutto nel fine settimana, quando uscivano come persone normali.


Il ragazzo si rese anche conto anche di aver sempre sottovalutato Renka, e che dopotutto, era davvero una brava ragazza, ed una persona piacevole con la quale passare il tempo.
Ultimamente il loro lavoro di squadra era migliorato e si domandava come sarebbero andati i prossimi scontri mensili 2 contro 1 programmati dall’Anziano.
Kenichi però si trovò a pensare che forse lui e Renka potessero riuscire a sorprendere Ranma, la prossima volta, tanto stavano cominciando a cooperare bene.
Infatti, già nello scontro di Dicembre (finito senza vincitori), il ragazzo col codino aveva fatto un po’ di fatica a combattere contro due avversari, anche se pareva divertirsi un mondo, specialmente da quando Renka aveva suggerito di mandarsi segnali col Ki per coordinare le loro mosse.


La loro collaborazione era stata nettamente migliore di quella delle due ragazze, il mese precedente.
Kenichi non poteva fare a meno di chiedersi quanto bene sarebbe riuscito a combattere insieme a Miu, a fine Gennaio.


Allenamenti a parte, Kenichi, aperto di natura, aveva legato abbastanza con i compagni di Ranma, soprattutto con Ryoga, che sembrava dispiaciuto di tutto e pronto a ricominciare, un’opportunità che Shirahama, sempre disposto al perdono, era pronto a dargli.
Era anche lieto che lo stesso Ranma fosse arrivato a far pace con lui, nonostante tutto.
Il Discepolo Più Forte ed il giovane senza senso dell’orientamento avevano diverse cose in comune, tra cui una certa natura timida e sognante e Ryoga si era persino offerto di leggere le bozze del libro che Kenichi stava scrivendo, per dargli un parere.


Anche con Kuno i rapporti erano abbastanza buoni (per quanto lo vedessero poco e riuscissero a capirlo ancor meno), tranne quando provava a dare mazzi di fiori a Miu e Renka chiedendo loro di uscire: entrambe rifiutavano, Miu imbarazzatissima e Renka lusingata, ma ferma (però si teneva comunque i fiori).


Kenichi si rese conto di essere seccato…forse persino geloso…in entrambi i casi?
Kuno era anche il più superficialmente socievole dei tre nuovi allievi del Ryozampaku, e spesso partecipava alle uscite con l’Alleanza Shimpaku: oltre a parlare molto di sé, ed a cercare di impressionare tutti con i suoi soldi (ma a tutti andava bene, per farsi offrire un giro di bibite gratis), l’aspirante samurai aveva ovviamente messo lo sguardo su TUTTE le belle ragazze che componevano il gruppo…e non erano poche.


Naturalmente, Takeda ed Ukita provvedevano a non farlo avvicinare troppo a Freya (non che non sapesse contenerlo da sola), ma soprattutto, Kenichi si stupì di come il ragazzo si trovasse bene con Thor, il lottatore di sumo (a causa del loro comune amore per il romanticismo e le tradizioni giapponesi) e di come, tutto sommato, venisse tollerato dalle stesse otto Valkyrie.
E’ vero che Tatewaki probabilmente si era convinto che le avrebbe rese membri di un suo personale harem, ma le ragazze, fatte della stessa pasta degli altri, erano contente che si fosse aggiunto al gruppo un altro utilizzatore di armi ed in qualche occasione Shigure lo portò con sé il Giovedì pomeriggio alla sede dello Shimpaku per allenarsi con loro. Non c'era neanche da escludere che qualcuna di loro lo trovasse carino. O fosse affascinata dai suoi modi, o dal suo portafoglio.


Mousse era infine quello che rimaneva più misterioso di tutti e che, nonostante i suoi sforzi, Kenichi non era mai riuscito a far partecipare ad una delle uscite settimanali con tutti gli altri: sembrava sempre avere altro da fare e se da un lato rifiutava in modo educato, al Primo Discepolo i suoi modi calcolatori, freddi e scostanti parevano persino sospetti.
Come se avesse qualcosa di molto importante per la testa che non potesse raccontare a nessuno.
Tuttavia, Ranma sembrava non curarsene…come se si fidasse comunque di lui, o soltanto perché conoscesse meglio il suo carattere e non ci trovasse, in fondo, nulla di strano.


Quanto a Ryoga…il ragazzo col codino non esagerava nel dire che aveva un pessimo senso dell’orientamento: trascorreva più di metà settimana perso da qualche parte, a cercare di ritrovare la strada per il Ryozampaku…e questo nonostante avesse piantato la sua tenda nel prato principale del dojo!


Di conseguenza, finiva con l’allenarsi con Apachai soltanto tre giorni a settimana.
Tuttavia quei tre giorni parevano sufficienti per fargli conseguire rapidi progressi-per quanto facesse fatica ad adattarsi-confermando che qualcuno in grado da fare da rivale a Ranma, doveva essere davvero forte.


Quanto a Ranma, l’unica cosa di lui che turbava Shirahama erano le sue sparizioni pomeridiane che si ripetevano ormai da qualche mese.


Perché non poteva dire loro che lavoro stesse facendo?
Era invischiato in qualcosa di losco?
Oppure era solo una scusa per vedere una ragazza?


Eppure da quel che aveva raccontato non sembrava essersi ripreso dalla rottura con quella Akane, quindi Kenichi ne dubitava.
E non riteneva Ranma capace di commettere dei crimini (sarebbe stato anche stupido, con tutto il tempo che passava con Sakaki), principalmente perché ne intuiva la natura, in fondo buona.
Dopo quell’unico litigio che avevano avuto, subito dopo il loro scontro, andavano d’accordo a meraviglia.


Senonché le parole che Ranma gli aveva rivolto quella volta continuavano, di tanto in tanto, a turbarlo.


 <<Tu non ami davvero le arti marziali, le usi soltanto>>.


E non solo per il significato (ci stava in effetti riflettendo sopra), ma per il modo con cui gliel’aveva detto. Quasi con disprezzo.
E questo gli fece ricordare un'altra cosa. Le stesse parole gli erano già state dette in passato da un nemico come Kajima Satomi, il capo dello Yomi.


Non è bizzarro che Ranma mi abbia detto le stesse cose di un nemico mortale?


“Naa, ma cosa vado a pensare? Lui è un bravo ragazzo. Non potrebbe fare mai del male a me od a qualcuno di noi”

◊◊◊◊◊

Proprio in quei giorni il “bravo ragazzo” aveva deciso di allenare Kisara per farle acquisire il Ki del Dou.


E’ una delle cose che mi aveva incuriosito su di lei…è in grado di combattere in uno stato di trance simile al Neko Ken…però lei riesce ad entrarci ed uscirci di proposito…è a causa della sua ossessione per i gatti? Ed io che pensavo di conoscere gente strana


“Allora, Kisara-esordì Ranko-come dicevamo, tu riesci a combattere identificandoti con un gatto. Come se fossi sotto ipnosi.
Ho già-ehm!-visto una condizione simile, ma l'altra persona non poteva entrare di proposito in quello stato, né controllarsi come fai tu.


Ora, combattere così ferocemente è una manifestazione del Ki del Dou, ma tu non riesci a controllare la tua aura in maniera cosciente.
Dal momento che io stessa uso il Ki del Sei, sarà un po’ più difficile addestrarti, ma la prenderò come una sfida…”


“Va bene Maestra” ma Kisara aveva praticamente un punto interrogativo in testa


“Per abituarti a combattere come un gatto, ti chiedo di comportarti come un gatto per tre interi giorni. Ed ho portato qualcosa che può aiutarti.
Per cominciare…”


E le rovesciò addosso un sacco pieno di erba gatta****


“Ma che cosa fa?”


“Diciamo che…ti servirà per immedesimarti…e per stimolare gli animali che sono in quel sacco”


“Sento odore di selvatico…dentro quel sacco ci sono dei mici?”


“Non esattamente” disse Ranko aprendo il sacco con un gesto rapido, come un prestigiatore che tiri via una tovaglia da un tavolo, senza far cadere i piatti


“Ma quelli…sono cani?!”


“Esatto, i nemici naturali dei gatti. Ho immaginato, che, nonostante tutto, avessi bisogno…di un piccolo incentivo!”


I cani, aperte le gabbie, sentendo l’odore di erba gatta, scambiarono Kisara per un felino, e cominciarono a rincorrerla


“Ma…MAESTRA! Questo è un po’ troppo!”


“Silenzio! E ricorda, sei un gatto! Non ti sto vedendo muovere nel modo giusto, mi sembra!”


Imprecando, Kisara iniziò a correre a quattro zampe, cercando comunque di distanziare i cani, poi, vedendo che non ci riusciva, iniziò, sempre a quattro zampe, a saltare su muretti, tetti, lampioni, siepi, qualunque cosa pur di seminarli.


Ok…dovrebbe andare. Cioè, spero di non aver esagerato…voglio dire, quello che ho fatto, non è la stessa cosa che mio padre ha fatto a me…vero? Kami, perdonatemi…


Tre giorni dopo, Ranko si inoltrò in un boschetto cittadino.


Fu là che la vide, accovacciata dietro un cespuglio, che spolpava un pesce.
Sembrava fiammeggiante. Di sicuro, quello che Ranma percepiva era Ki del Dou.
Nel vedere l'intrusa, Kisara si tenne stretta la lisca, come se volessero soffiargliela, e soffiò, con ferocia.
Ranko deglutì. Si era davvero identificata in un gatto. Poco più in là, c'era solo la licantropia.


Si abbassò in ginocchio e cominciò a fare: “mch, mch, mch…vieni, gattino bello…”


(per non rimanere spaventato dall’atteggiamento di Kisara, Ranma aveva dovuto fare un allenamento speciale: si era messo davanti ad uno specchio con una foto di Kisara ed una di uno dei gatti di Miu, e le alzava a turno, dicendo: “questa è Kisara…e questo è un gatto” e dandosi uno schiaffo da solo ogni volta che, riflessa nello specchio, si vedeva fare una smorfia. Alla fine aveva una guancia rossa come un peperone, ma era convinto che non si sarebbe spaventato neanche se l’avesse sentita miagolare)


“Vieni, qui, bel gattino…guarda cosa ho per te”…e tirò fuori due piattini, uno con del pesce arrosto ed un altro con del latte.


Kisara balzò in avanti tutta felice e le si accovacciò sulle ginocchia, facendo le fusa.


“Brava, micina. Prendi il tuo latte adesso”

◊◊◊◊◊

Mentre assisteva ad uno dei duelli del Sabato tra gli Allievi (nello specifico, tra Renka e Kenichi), Ranma si ritrovò a pensare a come ormai considerasse il Ryozampaku la sua casa.


La sua vita era stata sconvolta più di un anno prima, ed aveva perso tutto quello che aveva…era stata dura ricominciare da zero e dire addio a tutte le persone che conosceva (anche se ora ne aveva ritrovate alcune), ma ora gli sembrava di aver raggiunto un nuovo equilibrio.
Aveva di nuovo persone importanti nella sua vita, viveva con sua madre, faceva quello che gli piaceva di più.
Gli piaceva allenarsi lì, gli piaceva allenare Kisara (si stupì a pensare che non gli seccava neppure troppo trasformarsi in donna per farlo), gli piaceva frequentare Kenichi, Miu, Renka ed i ragazzi nello Shimpaku nel weekend, come persone normali…e gli piaceva quello che aveva con Miu, qualunque cosa fosse.


Fu riscosso da quei pensieri da una parata particolarmente efficace di Kenichi.


Il Primo Discepolo del Ryozampaku, si rese conto, aveva fatto passi da gigante da quando lo aveva visto la prima volta e da quando ci aveva combattuto contro.
Si muoveva in modo più fluido, subiva molti meno colpi, ragionava di più sulle mosse da usare, le concatenava con efficacia e fondeva molto bene insieme le varie arti marziali.
Si iniziava ad intravedere alla lontana l’elemento dell’ “arte” nelle arti marziali…uno stile personale, diciamo.


Si sorprese a domandarsi se fosse stato anche merito suo, del modo nel quale gli aveva riorganizzato gli allenamenti.
All’epoca già fare quello gli era sembrato un passo incredibile, non avrebbe immaginato, solo pochi mesi dopo, che avrebbe preso direttamente un’Allieva.


Allenare qualcuno, si rese conto Ranma, aveva dei risvolti non banali, persino interessanti.
Per chi fosse già capace di fare le cose, sia che ci fosse sempre riuscito e sia che avesse faticosamente imparato, spiegarle a qualcun altro non era affatto scontato.
In alcuni casi, era possibile incontrare difficoltà nell’esporle perché le si davano per scontate od, all’opposto, immaginare che l’allievo avrebbe incontrato le stesse difficoltà che avevi avuto tu…e magari non era così, oppure ne trovava delle altre che non avresti mai immaginato.


I Maestri sono imprevedibili di proposito, i Principianti sono imprevedibili per sbaglio*****


Era un vecchio detto delle arti marziali che a volte gli ripeteva suo padre.


Già, suo padre. Ranma si rese conto che il vecchio Genma…a volte gli mancava.


Non era stato troppo triste che Nodoka l’avesse cacciato di casa, ma in fin dei conti si sentiva in colpa.
Quando era avvenuto quel disastro con Akane e Ryoga, Ranma era sbottato ed aveva detto a tutti quanti ogni cosa che pensava di loro.
Questo aveva avuto molte conseguenze un po' su tutti, ma l’essersi fatto sfuggire che Genma gli aveva tenuto nascosta l’esistenza di Nodoka per tanti anni aveva causato la rottura tra i suoi genitori.


Il vecchio bastardo se lo merita, non c’è dubbio. Ho sofferto tanto il non avere una madre.


Però…ora che alleno Kisara, mi trovo spesso a ragionare come farebbe lui.
A rispettarlo di più, come praticante marziale, anche se non come uomo.
A capire quanto profondamente mi abbia influenzato.
Di sicuro…gran parte della mia forza è merito suo.


Allenare Kisara, si rese conto Ranma, aveva anche delle altre conseguenze.


Dovendo spiegare a qualcun altro delle cose che per lui erano ovvie lo obbligava a rifletterci sopra.
E si rendeva conto di sapere un sacco di cose, anche se non sapeva di saperle.
E nello spiegarle a qualcuno, le capiva meglio lui stesso.


Avrebbe giurato di essere migliorato come praticante solo per aver fatto lavorare il cervello per allenare la ragazza.


Inoltre, e questo ebbe conseguenze significative su molte altre persone, allenare direttamente qualcuno fece capire a Ranma una cosa.
Far fare allenamento fisico, coi pesi od in altro modo ALL’INIZIO della lezione, come facevano al Ryozampaku, era un errore.
Era piuttosto meglio allenare prima la flessibilità, un po’ di resistenza cardiovascolare e poi la tecnica per la maggior parte del tempo ed allenare la forza solo per ultima.
In questo modo, il praticante non era stanco ed era più lucido quando allenava la tecnica, poi allenava la forza, concludendo sì l’allenamento sfinito, ma rafforzando gli stessi muscoli che aveva allenato per la tecnica, rendendola ancora più efficiente.


Ranko fece perciò questa modifica nella routine di Kisara e, notandone l’efficacia, scelse di implementarla per sé.
Propose ai Maestri del Ryozampaku di fare in questo modo per lui e questi, dopo aver riconosciuto che si trattava di un metodo più vantaggioso, fecero ben di più: adottarono tale soluzione per TUTTI i loro allievi. Kenichi, Miu, Renka, Ryoga, Mousse, Kuno e tutti i ragazzi dello Shimpaku si ritrovarono così ad essere leggermente influenzati da un’idea di Ranma, anche se allenati da altri.


I Maestri subdoravano che Ranma stesse allenando qualcuno in segreto, ma, ancora una volta, rispettarono la sua privacy e non dissero nulla.
Sembravano però molto soddisfatti.
Una tale conseguenza imprevista aveva fatto evolvere, almeno un po’, il mondo delle arti marziali.


Hayato l’aveva detto: A volte I Maestri imparano persino dai loro Allievi
Chissà quante altre volte è già successo e chissà quante altre volte capiterà in futuro.

◊◊◊◊◊

Qualche settimana dopo, finalmente, Kisara ci riuscì.


Lei e Ranko spiccarono un balzo verso l’alto nello stesso momento ed iniziarono a sferrare una raffica di calci superveloci una contro l’altra.


Entrambe colpivano l’una i piedi dell’altra, e nel farlo…rimanevano sospese in aria sul posto, girando anzi su sé stesse, attratte dal movimento di centrifuga, come un girotondo impazzito.


Infine, dopo una dozzina di secondi, Kisara perse le forze, e si lasciò cadere, atterrando comunque in ginocchio a terra.


“Io..io…CE L’HO FATTA! Ce l’ho fatta davvero! Sono rimasta sospesa per aria! Non è così, Maestra?”


Ranko aveva in viso un’espressione del tutto nuova


“Sì…sei stata brava, Kisara”

◊◊◊◊◊

Più tardi, Kisara era così stanca per l’allenamento e spossata per le emozioni provate, che crollò mezza addormentata su uno dei muretti del campo d’allenamento.


Ranko la vide, con un breve sorriso, le si avvicinò e la coprì con una coperta, ma mentre faceva questo, la Valkiria le si accoccolò sulle ginocchia con la testa, nel dormiveglia, e farfugliò qualcosa come “Mmmh…Maestra…grazie…di tutto…” e poi si mise a dormire con espressione beata.


Ranma rimase un po’ imbarazzato per quella posizione, come fosse un genitore, od un fratello maggiore (beh, una sorella).
Poi, però, sospirò e sorrise, rassegnato.


Si ritrovò ad osservare con atteggiamento di cura il respiro lento e regolare della sua allieva nella luce arancione del tramonto.


E’ questo che vuol dire…essere dei Maestri?
Sarà questo che provano loro di solito al Ryozampaku con Kenichi, Miu, Renka…e con me?
Questa…tenerezza? Questo…orgoglio?
Beh…devo ammettere…che non è poi tanto male

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<< NOTTE FONDA; IN UN LUOGO SCONOSCIUTO >>

 

Due figure appaiono nell’ombra. Una ha una voce maschile, l’altra femminile.


M: L’operazione è andata bene, mi sembra


F: Sì, anche se è stata più complessa e lunga del previsto


M: Ma l’importante è che quelli del Katsujinken non sospettino nulla. Ora…abbiamo tutto quello che ci serve.


F: Sì, infiltrarci nell’operazione di contrabbando di armi per far arrivare la nostra merce in Giappone…senza che nessuno se ne accorgesse, è stata un’ottima idea.
Né le autorità governative né i membri del Ryozampaku potevano immaginare la verità. Diamine, gli stessi contrabbandieri non sanno di essere stati sfruttati da noi


M: E’ valsa la pena assumere quei due per proteggere il carico. Da quando lo Yami si è diviso, ed i traditori hanno collaborato coi nostri nemici per fermare l’Eternal Sunset, non combattiamo più insieme, è vero…ma ci serviamo ancora degli stessi intermediari per trovare lavoro come mercenari. Influenzare la scelta di quei due come Guardiani è stato facile, e persino loro non sospettano nulla


F: Ma alla fine il vecchio Sogetsu non ha partecipato allo scontro. Abbiamo rischiato che se ne accorgesse


M: Per fortuna non è accaduto. Certo, le armi sono state sequestrate…casse comprese. Ed è proprio nei doppi fondi delle casse che abbiamo nascosto quelle particolari sostanze chimiche che ci servono per l’operazione. Ci è voluto del tempo per creare gli scomparti segreti nei quali nasconderle…le navi dall’Indonesia hanno dovuto lavorare notte e giorno per realizzare il tutto.


Perciò era importante che le casse venissero fisicamente sbarcate, a qualunque costo, al punto da dare quel preciso incarico ai Guardiani…che i contrabbandieri siano stati arrestati è un dettaglio secondario. Per lo Yami non cambia nulla dover recuperare il contenuto dalla Yakuza o dai magazzini della polizia…abbiamo abbastanza gente sul nostro libro paga anche lì


F: Abbiamo fatto bene ad inventare una doppia storia di copertura; una per la Guardia Costiera ed una da raccontare ai nostri complici, in caso li avessero beccati. Così nessuno sospetterà mai quale fosse il vero motivo di quella lunga sosta in alto mare


Piuttosto, è un peccato che Noyamura si sia fatto beccare da quelli del Ryozampaku. I suoi talenti avrebbero potuto esserci ancora utili


M: troveremo una soluzione diversa per quando dovremo ripartire con il prossimo carico, visto che non possiamo contare su di lui per preparare documenti falsi per l’imbarco. Certo, l’operazione potrebbe rallentare, ma non di molto


F: Sì, e con l’esperienza accumulata, abbiamo un’idea molto precisa delle misure di sicurezza marittima giapponesi.
Ora possiamo far entrare ed uscire cose e persone dal paese senza che nessuno se ne accorga


M: Quindi l’ultima e più importante parte del piano può cominciare


F: al tempo. I nostri scienziati non hanno ancora replicato la formula esatta, neppure con gli appunti che hai procurato loro. Potrebbero volerci dei mesi: non capita tutti i giorni di attraversare i confini tra scienza e magia


M: Pazienza, nel frattempo continueremo la sorveglianza sugli obiettivi ed agiremo soltanto quando saremo pronti…e per maggior sicurezza, faremo entrare nel paese quelle persone soltanto all’ultimo momento


F: Entrambe le opzioni presentano dei rischi: farli arrivare un po’ alla volta nel corso del tempo aumenta la possibilità che qualcuno se ne accorga…d’altro canto, farli arrivare tutti insieme rende assolutamente impossibile non lasciare tracce, ma darà anche meno tempo ai nostri avversari di preparare delle contromosse…riflettiamoci sopra.
Il vero problema…riguarda la sorveglianza degli obiettivi…se qualcuna delle nostre spie venisse a sua volta notata da uno dei bersagli…o da qualcun altro…


M: Temi…che LUI possa accorgersene?


F: Lo sai, ha vissuto in entrambi i mondi, sa come ragioniamo…Potrebbe intuire il nostro scopo, ed ha passato molto tempo a metterci i bastoni fra le ruote. Per ora, non può farsi un’idea del nostro piano, però se LI contattasse, potrebbe metterci in difficoltà


M: Non ce la faranno…agiremo tanto in fretta, che non si renderanno neanche conto di cosa li abbia colpiti


F: Umph…tuttavia questa volta ci sono delle incognite…dei nuovi giocatori parteciperanno alla partita


M: Sì, sembrano degli interessanti oggetti di studio…preferirei lasciarli crescere con la dovuta calma, per provare a servircene in futuro…ma se dovessero mettersi in mezzo…finiranno schiacciati!


L’OPERAZIONE PIGMALIONE non deve incontrare ostacoli!

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Nota dell'Autore:

Da un lato mi sembrava necessario tornare qui, sugli allenamenti che Ranma fa fare alla sua allieva, perché mi pareva di trascurarla un po', dall'altro c'era bisogno di staccare dagli avvenimenti "intensi" degli ultimi tempi.


Instaurare un rapporto con Kisara, farle da mentore, confrontarsi con la sua vita e provare a consigliarla, sono dei passaggi importanti della crescita di Ranma come persona.


Le riflessioni che faccio alla fine sull'insegnamento derivano dalla mia esperienza personale come istruttore di Karate, tra parentesi ;)


Questa poi è una fanfiction dove l'azione è molto importante, come avete visto, quindi il fatto che tutti si allenino e che si descriva un po' il come facciano non è secondario


Gli amici di Ranma devono riuscire, non dico a raggiungerlo, ma a stare al passo con lui.
Mi piaceva anche che Ranma diventasse sempre più amico degli Shimpaku, anche se non li faccio spesso agire direttamente


Infine, le riflessioni sulla vita, sulla responsabilità e sulle scelte tra Ranko e Kisara sono universali: e non credo che vadano per forza in una direzione od in un'altra.


Kisara si comporta in maniera un po' più docile con la sua terribile Maestra di quanto faccia abitualmente con tutti, ma volevo proprio che si affezionassero a vicenda, alla fine.


Ho un pizzico citato la scena di Akane che riece a far calmare Ranma durante il Neko Ken, ma alla rovescia: solo che qui non ci sono sottotesti sentimentali


Al tempo stesso, Ranma solleva qualche dubbio in Kenichi e si rende conto di usare metodi simili al vecchio Genma, a volte....nessuno è solo bianco o nero.


Infine, andava ripresa la trama parallela: capisco che l'auto-spiegone da parte dei nemici sia abbastanza trito, ma occorreva lanciare qualche sasso nello stagno (e poi nascondere la mano subito) prima delle vere e proprie rivelazioni sui loro piani. Il nome del piano è però un indizio. Passerà parecchio prima che possiate scoprire se avete indovinato.


Quanto a Ranma e Miu, è sempre stata mia intenzione (anche se correttamente notato nelle recensioni) mantenere una certa ambiguità di fondo sul loro rapporto: è sesso? E' Amore? E' passione? E' bisogno di stare con qualcuno che ti capisca? E' qualcosa di più di niente, ma meno di qualcosa?


Non ho mai voluto che fosse al 100% romantico, ma sono il tipo di persone da divertirsi e basta?


Il prossimo capitolo vedrà Ranma affrontare una prova molto importante per il suo futuro, e capire qualcosa su di sé.
Aspettate e vedrete!


Legenda

*: più precisamente, nelle arti marziali giapponesi queste tre fasi sono chiamate Shu-Ha-Ri, dove Shu è la prima fase (significa “obbedire”), Ha è la seconda (“distacco”) e Ri è la terza (“Separazione”)


Ougi**: Mossa Finale o Definitiva. E’ un termine che si usa spesso anche nei videogiochi


***: infatti, se vi ricordate, gliele ha dette, più o meno, Hayato nel capitolo 13


Erba Gatta****: in italiano Gattaia o Gattaria, come scientifico Nepeta Cataria, pianta della famiglia delle Lamiacee, diffusa anche in Italia, contiene una sostanza che è analoga ai feromoni dei gatti (o dei felini in generale) che ha una funzione stimolante su di loro, spingendoli a strusciarsi, leccare e rotolarsi su di essa. Gli effetti neuroattivi di questa pianta sui gatti vengono spesso esagerati in molti manga


*****: questo detto esiste realmente nelle arti marziali giapponesi


 

Mini-Guida per il manga di Kenichi:

Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
 

   
 
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