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Autore: BabaYagaIsBack    07/03/2024    0 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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"Don't know what's going on
Don't know what went wrong
Feels like a hundred years
I still can't believe you're gone
So I'll stay up all night
With these bloodshot eyes"

Gone Forever, Three Days Grace

 

 

Colette si era appropriata del sedile anteriore senza curarsi di nessuno. Per logica aveva dovuto intuire che se lei si fosse seduta lì, al suo fianco ci sarebbero potuti essere solo Zenas o Noah, ma non quella peste del fratellino. Così vi si era piazzata e svelta aveva allacciato la cintura per assicurarsi il posto ed evitare una possibile usurpazione. Quando l'Hagufah le si era messo accanto, indeciso se proferir parola o meno, lei gli aveva lanciato un'occhiataccia che aveva dissipato ogni dubbio. Dal canto suo, Akràv aveva invece fatto diverse battute sul fatto che dietro stesse particolarmente stretto. Tra i sedili bassi e lo spazio angusto, le ginocchia gli arrivavano quasi al petto e, di certo, il tentativo di Noah di evitargli ulteriori fastidi alla gamba si rivelò inutile. Nikolaij, ancora imbronciato, tirò fuori il volume di Nathan Never che doveva aver recuperato in edicola e copiando lo stesso mutismo della sorella vi si immerse proprio come avrebbe fatto un qualsiasi ragazzino - e, in onestà, all'Hagufah tutte e tre le Chimere parvero dei bambinoni capricciosi degni di qualche film tragicomico alla Wes Anderson, cosa che, inaspettatamente, gli strappò un sorriso. Li avrebbe visti bene in un remake de "I Tenenbaum".

Allungando il braccio e continuando a sogghignare Noah avviò il motore, inserì la retro e a metà della manovra si rese conto di non sapere da che parte svoltare dopo, così osservò Zenas per qualche secondo, l'imbarazzo sulle guance a tradirlo e l'ilarità di prima in fuga.
«A sinistra, poi sempre dritto fino al secondo incrocio. Lì giri ancora a sinistra. Sei sicuro di voler guidare tu?»
L'altro riprese a far muovere l'auto per concludere l'uscita dal parcheggio e, prima di inserire la marcia, annuì in direzione dello specchietto retrovisore, certo che Akràv lo avrebbe visto. Non gli avrebbe permesso di sforzarsi più del necessario. Doveva guarire in fretta e finché lui non fosse stato in grado di aiutarlo con l'Ars lo avrebbe quantomeno fatto con quelle premure.
Colette abbassò lo sguardo sui pedali: «Ti avviso, non voglio morire oggi.»
«Guarda che guido da quando avevo diciannove anni!» Il divertimento sulle sue labbra tornò, come se dovesse chiamare tana durante una partita a "un due tre, stella!". C'era qualcosa di rassicurante nel modo in cui le Chimere tendevano a punzecchiarlo, qualcosa che diventava ogni volta sempre più confidenziale, facendogli davvero credere di non aver avuto alcuna famiglia o gruppo di amici prima di loro.
«E adesso quanti ne hai?»
«Ventiquattro.»
Lei si volse verso Zenas sedutole alle spalle: «Stiamo scherzando, vero?»
Noah sgranò gli occhi. Stava davvero mettendo in dubbio le sue capacità? Non aveva mai preso una multa, men che meno i suoi genitori avevano mai ritrovato un'ammaccatura sulla carrozzeria della macchina. Era bravo e si era sempre considerato tale, non avrebbe permesso a Wòréb di mettere in discussione le sue capacità. Inconsciamente allungò le dita e le pizzicò la coscia più vicina, ma al posto di un sobbalzo o un verso dolorante, la Chimera fece una smorfia a metà tra lo stupore e l'orrore. E Noah fu sopraffatto dal pensiero di aver fatto la scelta sbagliata. 
«Mi hai pizzicata?» gli chiese.
«P-per g-gio-gioco...» il timore che potesse vendicarsi gli fece traballare le parole fuori dalla bocca e il fatto che non potesse soffermarsi su di lei per controllare la strada lo mise ancor più in allerta. E se lo avesse picchiato?
Colette assottigliò lo sguardo: «Hai del coraggio, adon (sire)»
Il groppo che gli si formò in gola fu difficile da deglutire. L'Hagufah lo sentì incastrarsi a metà della trachea mentre svoltava nel punto indicatogli da Zenas. Improvvisamente rivalutò la decisione di essersi messo alla guida. Forse stare accanto a Nikolaij sui sedili posteriori sarebbe stato per lui il punto più sicuro.
«Dolcezza,» precedute da un tono profondo e calmo, le mani di Akràv le si posarono sulle spalle per tranquillizzarla, anche se ciò che Noah scorse con la coda dell'occhio apparve più come un modo per trattenerla in previsione di un possibile scatto: «sai cosa pensavo di preparare stasera?» Le sopracciglia di lei si corrugarono di fronte a quel cambio di discorso tanto repentino. «La ratatouille!» Svelò Zenas più entusiasta di qualsiasi persona presente in auto. Dallo specchietto retrovisore l'Hagufah vide i suoi occhi brillare d'entusiasmo e le labbra tendersi in mezzo alla barba.
Con un tic della testa l'espressione e il tono di Colette mutarono: «Pensi davvero di distrarmi così?»
«Beh, un tentativo dovevo pur farlo, no?» la Chimera fece spallucce, poi mollò la presa: «Ora svolta verso destra» aggiunse rivolgendosi a Noah. Nemmeno lo stava guardando, ma egli eseguì, ritrovandosi magicamente fuori dal paese. Un sollievo leggero sciolse la tensione che inconsciamente l'Hagufah aveva accumulato, un mix di ansia da prestazione e paura che Colette potesse in qualche modo aggredirlo. Oltrepassare il confine tra le ultime case e la strada verso il ritorno si era trasformato in una specie di rito di passaggio, il superamento di una prova. 
Wòréb sbuffò: «Dovevi proporre il sanguinaccio, quello sì che mi avrebbe distratta.»
«Che acquolina!» Squittì Nikolaij senza distogliere l'attenzione dal fumetto, quasi già sapesse che la sorella non gli avrebbe concesso alcuna grazia. Lo ignorò come se fosse un fantasma e quando Akràv prese parola non fu chiaro se si stesse rivolgendo a entrambi o solo a lei: «Non è così facile trovare gli ingredienti!» Dal canto suo, Noah nemmeno sapeva di cosa stessero parlando. Il suono di quella pietanza era per lui sconosciuto e, anche sforzandosi, non riusciva a ricollegarlo ad alcuna ricetta già sentita. La curiosità lo spinse quindi ad allungare il collo cercando il volto di Zenas nella porzione di specchio: «Di che si tratta?»
Ma Colette gli parlò sopra, zittendo la domanda e involontariamente dandogli i primi, macabri dettagli: «E che ci vuole? Ti compro un porco e poi lo sgozzi! Non sarà certo il primo!»
Noah inorridì. Non era più certo di voler sapere altro.
«E come lo trasporti un maiale? In groppa?»
«Non dirmi che tu non hai più agganci loschi!? Eddai, akh, non ci crede nessuno.» Anche Wòréb si sporse e una ciocca scura ondeggiò accanto al viso dell'Hagufah, sfiorandogli appena la guancia. Lo stomaco gli si strinse. Non si trattava di una sensazione sgradevole, quanto più insolita. Se si fosse voltato, probabilmente avrebbe trovato il viso di lei a meno di una spanna dal suo - così volse il capo verso il finestrino, facendo cadere lo sguardo sullo specchietto laterale. Il profilo del  paese diventava sempre più sottile e, ogni tanto, l'auto dietro di loro lo oscurava completamente.

«Mica mi portano un maiale! Al massimo mi danno informazioni» Zenas si aggrappò al sedile della sorella, tirandosi in avanti. Lei tornò a sedersi composta, le braccia incrociate sotto al seno.
«Vuol dire che non li paghi abbastanza» sentenziò con quel suo fare sfacciato e saccente che la rendeva ancor più affascinante.
La testa di Akràv spuntò tra lei e Noah. Stavolta furono i suoi dreadlock a cadergli addosso: «Scusami, ma che vorresti dire? A te portano animali da ammazzare?»
«No, ovvio! Mica mi metto a fare quei lavoracci! Hai idea di quanto sia poroso il pavimento del garage?» accanto alla discussione, l'Hagufah si chiese se l'aver accettato di seguire Zenas in quel giro di commissioni fosse stata davvero una buona decisione. Da quando era uscito di casa si era trovato in diversi bisticci, una confessione e il trasporto di frutta e verdura; Levi, invece, doveva essersene bellamente rimasto sul divano o in giardino a leggere e fumare, magari sprecando giusto una mezz'oretta a capire se Alexandria fosse ancora in spiaggia o meno. «Il sangue non viene via come sulle  piastrelle!»
Stavolta Nikolaij abbassò il volume che teneva tra le mani: «Allora faglielo sgozzare in cucina, almeno si pulisce meglio. A me il sanguinaccio va moltissimo!» peccato che il suo commento, dalla sorella, fu percepito per l'ennesima volta come una sfida.
«L'unico sangue che non mi infastidirà versare in casa sarà il tuo, Akhbar!»
Il sospiro rassegnato che Noah riversò fuori dalle labbra fu seguito dal botta e risposta delle due Chimere, intervallato sporadicamente dai tentativi di Zenas di calmarle. Era in parte divertente sentirli animarsi a quel modo, davano davvero l'idea di essere due fratelli, ma esattamente come in una qualsiasi famiglia diventava quasi estenuante doverli sentire in continuazione. Ancora una volta lo sguardo dell'Hagufah cadde sul panorama dietro di loro e, ancora una volta, nel riflesso sfalsato dello specchietto scorse l'auto di prima. Ci si soffermò un attimo. Era una vettura imponente, di un blu elegante e con i vetri parzialmente oscurati. Faticava a vedere la persona alla guida, ma aveva mani pallide e ben strette intorno al volante. Targa francese. Stava loro vicino, abbastanza da far dubitare stesse rispettando le distanze di sicurezza, ma non a sufficienza da far pensare ad un imminente sorpasso.
La voce di Zenas emerse dal battibeccare, una nota stonata in mezzo al coro di insulti e lamenti: «Allo stop gira a destra, poi è dritta per almeno sette chilometri» Noah si limitò ad annuire. Rallentò appena l'andamento della Thema e si fece vicino alla linea bianca sull'asfalto.  Davanti a loro la segnaletica indicava da un lato Saintes Maries de la Mer e dall'altro BeauducMarseille e l'autostrada, destinazioni che per un istante pizzicarono la mente di Noah facendolo stranire. Non avrebbe mai creduto, solo due mesi prima, di poter arrivare sin lì, circondato da persone che gli erano più care di quelle con cui aveva passato gli ultimi anni della sua vita. Senza premurarsi di mettere la freccia e concedendosi un'ultima frettolosa occhiata, l'Hagufah si beò di quei pensieri, seguendo con estrema naturalezza le indicazioni che gli erano state date e immettendosi nella nuova corsia, accompagnato dagli incessanti insulti tra Colette e Niko. Di tutto quello che si dicevano carpiva poco, ma per la  maggior parte del tempo i loro commenti sembravano voler mettere a repentaglio il suo tentativo di restar serio e l'incolumità minacciata dagli artigli di Wòréb. Il loro era un susseguirsi di domande taglienti e risposte ancor più affilate, paragoni improbabili e altri così veritieri da invogliare la sua immaginazione a figurare le scene peggiori. Dietro di lui, Zenas andava via via rassegnandosi, e notare il suo sconforto dallo specchietto retrovisore fu l'apice del divertimento. Il sorriso si allargò sul viso di Noah fin quasi a dolergli e per un istante, uno solo, avvertì la sensazione di déjà-vu farsi largo tra tutto. In qualche vita passata, non molto prima, aveva assistito a quella medesima scena; aveva scorto sul viso della Seconda Chimera quella stessa espressione, udito quei commenti e pensato a quanto, in fondo, amasse la sua famiglia.

Lanciando un'altra occhiata in direzione di Akràv, e continuando a sogghignare, Noah si accorse di un insolito cambiamento nella sua espressione. La giocosa rassegnazione si era trasformata in altro, un cipiglio cupo e allarmato. Fu scontato per Noah chiedersi se si fosse perso una vessazione più cattiva delle altre, qualcosa che lo avesse toccato nel profondo, eppure in cuor suo sapeva che non doveva essere quello il problema. Non era sufficiente nulla di tutto ciò per alterare Zenas fino a quel punto, così l'Hagufah provò a studiarne il profilo, o quel che di esso riusciva a vedere tra un'occhiata alla strada e una al riflesso della Chimera. Sembrava che avesse l'attenzione persa altrove, fuori dell'abitacolo, ma nessuno, oltre a lui, pareva essersene accorto. Tra di loro volavano ancora i botta e risposta dei due fratelli minori, ogni tanto qualche piccola goccia di saliva spinta dal fiato e dalla foga, una mano che gesticolava per l'esasperazione, ma nulla più; e a Zenas di tutto ciò non pareva nemmeno importare qualcosa. I muscoli del collo e delle spalle gli si tesero e quasi in simbiosi lo fecero anche quelli di Noah. Gli parve di avvertire la sua medesima ansia - peccato non fosse così. Benché provasse a concentrarsi, l'Hagufah non riusciva a percepire con chiarezza il reale stato d'animo della Chimera. Nel marasma creato da Wòréb e Akhbar definire  chi-stesse-provando-cosa diventava per lui una sfida eccessivamente ardua.
Mentre i chilometri si consumavano sotto i copertoni della Thema, le supposizioni si facevano sempre più stravaganti e all'idea di togliersi ogni dubbio Noah si sentiva la lingua incollare al palato. Esattamente come per la storia di Flamel si rese conto di non desiderare realmente conoscere ciò che a Zenas passava per la mente, quasi l'inconscio sapesse già qualcosa che alla sua parte vigile sfuggiva.
Poi, fulmineo, Akràv tornò a guardare la strada con un'espressione ancora più torva: «A sinistra» ringhiò «Ora!» Il cuore di Noah balzò in gola, le braccia si irrigidirono e le mani strinsero con inspiegabile tensione il volante. Svoltò bruscamente, costringendo Colette ad aggrapparsi al sedile e  Nikolaij a lasciare il fumetto per proteggersi dall'urto contro la spalla del fratello.
«Cosa cazzo ti salta in mente?!» urlò Wòréb appena conclusa la manovra. Non era chiaro a chi si stesse riferendo, ma in ogni caso fu Zenas a parlare.
«Segui la strada e non azzardarti a rallentare.» Che stava succedendo? Perché tutta quella fretta?
Colette si volse con tutto il corpo, la cintura di sicurezza a stringerla: «Tedaber! (parla!)» ma anche il fratello stava voltato, ignorandola completamente.
«Dove stiamo andando? Akh, che ti prende?» Con le sue manine da bambino, Akhbar tirava un lembo della giacca di Akràv nel tentativo di farsi dare una risposta, ma lui continuava a tacere e la cosa fece aumentare il battito dell'Hagufah. Perché non dava alcun tipo di informazione? Perché continuava a ignorarli? Troppo impegnato a spiare cosa stesse succedendo dallo specchietto retrovisore, involontariamente con il piede diminuì la pressione sull'acceleratore e, esattamente come un soldato in trincea, fece esplodere la mina sopra cui era finito.
«Ho detto di non rallentare, adon!» Fu come in una scena dei film, il sussulto che seguì quel comando lo costrinse a premere con più forza e il motore dell'auto ruggì in modo poco rassicurante. Fu a quel punto che le espressioni di Colette e Nikolaij parvero rilassarsi, passando dalla rabbia alla comprensione.
«Tagid li sheatah tsokheq... (dimmi che stai scherzando)» il tono di Wòréb fece stringere lo stomaco di Noah. Sarebbe bastato davvero poco per farlo vomitare. Era certo, ora, che qualsiasi cosa stesse preoccupando Zenas fosse in realtà una questione di vita o di morte.
Alle sue spalle Akhbar squittì: «Lo yakhol liqerot shuv (non può succedere di nuovo)» Non riusciva a vederlo, ma era certo che i suoi occhi fossero grandi di preoccupazione e il suo viso esangue. Lo sentiva, così come poteva percepire l'Ars agitarsi intorno a loro freneticamente.
Akràv tornò seduto. Con la testa fece più volte no, poi si sporse tra i sedili anteriori: «Non succederà di nuovo. Ma l'importante, Noah,» i loro sguardi si incrociarono, la fermezza della Chimera cercò di sostenere il peso della sua ansia: «è non condurli da Levi e Alex.»
«Chi ti dice che non siano già là?» Nikolaij si premette contro il fratello più grande nel tentativo di attirare la sua attenzione. Colette di tutta risposta soffocò un urlò rabbioso.
«Non si sarebbero presi la briga di seguirci, ci avrebbero aspettati a casa.»
Wòréb fu assalita dal suo solito tic: «Potrebbero star facendo entrambe le cose, akh.»
«Chiama Levi allora. Dobbiamo avvisarli.»
Con un groppo in gola, probabilmente ancora il suo cuore, l'Hagufah osò una domanda: «C-chi vi dice che si tratti del Cultus? Non potrebbe-»
«No. Sono loro.» Zenas si girò ancora verso il lunotto: «Infatti eccoli che arrivano.» Gli occhi di Noah corsero al riflesso dell'auto dietro di loro. Era la stessa di poco prima, i vetri semi oscurati, la velocità maggiore. Effettivamente diede anche a lui l'impressione che stesse provando a raggiungerli - ma poteva anche essere una coincidenza, no?
Umettandosi le labbra e ingoiando la tensione, l'Hagufah tentò un nuovo approccio: «O-okay, ma... come fai a esserne sicuro?»
Akràv sembrò imitarlo: «Non lo sono, adon, ma preferisco non rischiare con te presente.» Una sensazione amara gli riempì la bocca. Non solo non era in grado di guarire le sue stesse creature, ma per loro non era altro che un peso. Forse, se non ci fosse stato, avrebbero accostato e aspettato che la vettura dietro di loro li sorpassasse, oppure che si fermasse per dare il via allo scontro. In entrambi i casi avrebbero ottenuto la risposta desiderata, ma con lui lì fermarsi avrebbe potuto significare mandarli tutti e sei a morire.
«Cosa facciamo allora?»

Accanto a loro arrivò uno sbuffo, seguito da un altro tic. Colette stava iniziando a innervosirsi, era ovvio da fin troppi segni. Ai lati dei suoi immensi occhi scuri e sulle guance rosee le prime, piccole piume osavano fare la loro comparsa: «Non risponde quella stupida serpe!» e con un pugno colpì la portiera prima di rimettersi a pigiare sulla tastiera di un cellulare che, probabilmente, nemmeno sapeva cosa fosse una connessione internet. Sbirciando frettolosamente, Noah lesse il nome di Levi sulla schermata verde. Chissà quanti tentativi sarebbero serviti prima di ottenere risposta. 
«Torniamo in un centro abitato e proviamo a disperderci tra la folla» suggerì Nikolaij. Aveva un tono talmente maturo che per un momento sembrò non appartenergli, un po' come i primi giorni che aveva passato con loro. Noah quasi si convinse che, se si fosse girato, avrebbe incrociato una persona diversa, un uomo ben più grande di lui e con addosso i segni di una vita infima.
«È un'arma a doppio taglio, akh.»
«Beh, ma è anche l'unica che abbiamo, o sbaglio?»
«Possiamo continuare a guidare per capire se mi stia sbagliando o meno, anche se lo dubito... e nel mentre valutiamo il da farsi.»
L'Hagufah deglutì. Non gli sembrava affatto una buona idea, ma fortunatamente a esprimere la sua stessa riluttanza per quel piano fu di nuovo Niko: «Con il serbatoio di questo catorcio quanto pensi di poter andar lontano? Eh?»
Anche Zenas, improvvisamente, sembrò sul punto di colpire qualche parte della vettura, ma a dispetto della sorella si trattenne, limitandosi a mordere con ferocia il labbro inferiore. «Okay, allora facciamo inversione e torniamo in città» sentenziò stringendosi nelle spalle. Nonostante avesse appena concordato con Akhbar pareva non convinto di quella decisione. Noah continuò a guardarlo dallo specchietto retrovisore. Cercava sul suo volto l'approvazione per compiere quella manovra o qualsiasi altra cosa, ma non vi trovò nulla che potesse assicurargli di star facendo la cosa giusta. Con i muscoli sempre più tesi e dolenti spostò la propria attenzione dalla Chimera al veicolo che li stava seguendo, scongiurando il peggio. Deglutì con forza la saliva accumulatasi in bocca, inspirò rendendosi conto di non ricordare l'ultima volta che lo aveva fatto e, quasi sul punto di pregare un Dio che aveva sempre trovato inutile, per non dire inesistente, sterzò.
Il fischio degli pneumatici sull'asfalto fece storcere il naso a tutti. Il cellulare scivolò dalle mani di Colette cadendole tra i piedi e costringendola a chinarsi tra una bestemmia e l'altra. Stava ancora provando a rintracciare Levi, palesemente senza esiti positivi.
Noah sentì il proprio stomaco svuotarsi, il cuore saltare un battito. Per un momento ebbe anche il dubbio di poter perdere il controllo della Thema e finire fuoristrada, ribaltato in mezzo a uno dei tanti campi lì attorno - eppure non accadde. Appena riuscì a rendersene conto, pigiò con forza il piede sui pedali, un gioco veloce tra freno, frizione e poi acceleratore. Se ogni tanto aveva avuto il dubbio di essere il protagonista di un qualche libro per ragazzi, d'un tratto si convinse davvero di esserlo in un film d'azione e, come tale, nell'istante in cui la loro auto iniziò ad avvicinarsi a quella che li aveva seguiti il tempo per l'Hagufah si dilatò. L'incrociarsi avvenne quindi con una lentezza mostruosa, una lentezza che troppo tardi gli fece realizzare quanto stupido fosse stato quel gesto.
Volgendo leggermente lo sguardo sulla corsia opposta si rese conto che il finestrino del veicolo accanto era già abbassato, le due persone sui sedili anteriori girate a loro volta a guardarli. Il braccio del passeggero era teso davanti a quello del guidatore, la mano a mimare una pistola e qualcosa di informe a scivolargli lungo le dita. 

Sgranando gli occhi, Noah riuscì a pensare solo una cosa: Zenas aveva avuto ragione sin dal principio.

Con uno scatto rapidissimo del polso, seguito da una sorta di scossa che fece credere all'Hagufah di perdere coscienza del proprio corpo, il membro del Cultus sparò. Il rumore del vetro in frantumi arrivò dopo la sensazione di essere sfiorato, i cocci gli caddero addosso come gocce di pioggia e, colto dalla paura, Noah inchiodò.
 


 

 

Sanguinaccio: Dolce tipico della cultura contadina italiana a base di sangue di maiale. Il sanguinaccio si presenta come una crema al cioccolato molto setosa. Si preparava (è infatti una ricetta in "via d'estinzione a causa della difficoltà nel reperire l'ingrediente principale, oltre a vari limiti imposti dalla legge) con il sangue del maiale raccolto in un recipiente al momento della macellazione. Il sangue ancora caldo  doveva subito essere mescolato per evitare la coagulazione e poi veniva conservato in un luogo fresco e asciutto. Dopo qualche giorno era necessario colarlo e filtrarlo per eliminare eventuali coaguli che potevano essersi formati durante il riposo.

 

 
 
   
 
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