Tsukishima lo guardava fisso, con quei suoi occhi ambrati, così intelligenti e attenti, che non ti lasciavano alcuna possibilità di fuga, né di menzogna. Occhi che ti studiavano, scovavano nei tuoi pensieri. Che dietro una apparente indifferenza sapevano già tutto, e l’unica cosa che si aspettavano era una conferma ad una realtà che per loro era già chiara.

Prendersi gioco di quegli occhi era impossibile, oltre che del tutto inutile.

La domanda che gli aveva rivolto era semplice, dopotutto.

“Kuroo-san, cosa vuoi da me?”

Eppure Kuroo era rimasto spiazzato, inspiegabilmente in difficoltà, per la prima volta senza parole di fronte ad una domanda secca. Nel suo cervello si affollavano frotte di pensieri, e si accavallavano centinaia di parole che volevano uscire tutte insieme dalla sua bocca, in un groviglio sconnesso di emozioni.

Si prese quello che sembrò un’eternità, ma era solo una manciata di secondi, per riordinare le idee e dare una risposta sensata, imponendosi di resistere alla tentazione di abbassare gli occhi di fronte a quella lama affilata che era lo sguardo di Kei, tanto pungente da bucare le lenti degli occhiali.

“Mi chiedi cosa voglio da te. Mi vengono in mente tantissime cose. E tutte legate a quello che provo in tua presenza, e ancora prima alle emozioni che ho provato la prima volta che ti ho visto.

Non ero pronto, non ero minimamente preparato. Ero una persona diversa, prima che tu entrassi nel mio campo visivo. Ma tu mi hai fatto qualcosa. La prepotenza con cui hai fatto irruzione nei miei occhi, nei miei pensieri e nella mia anima ha stupito per primo me stesso, e mi ha sconvolto.

Non chiedermi come è successo, perché non lo so.

E adesso sono qui, e non riesco a frenare i miei pensieri, perché sgorgano in modo naturale, e mi fanno vedere chiaramente quello che voglio da te.

E’ semplice. Da te voglio tutto.

Voglio la tua presenza, accanto a me e in ogni angolo della mia vita. Voglio girarmi e non stupirmi di trovarti lì, esattamente dove mi aspetto che tu sia. Voglio esserci per te, e farmi trovare sempre, dove tu ti aspetti che io sia. Adoro che tu sia per me un’abitudine, voglio esserlo per te.

Voglio che al mattino resti a letto più di me, così posso svegliarmi e guardarti dormire nel posto accanto al mio, e toccarti, se solo allungo una mano.

E poi fare piano, per prepararti ogni giorno una sorpresa al tuo risveglio.

Voglio che tu insista per guardare le stelle anche in pieno inverno, così posso sistemarti una coperta calda sulle spalle e abbracciarti, e non mi importa se in realtà quello che sente più freddo sono io.

Quello che voglio è ricordare i nostri viaggi, annoiare tutti gli amici mostrando le nostre foto e raccontando a tutti, ancora una volta, di noi e di come tutto è iniziato.

Voglio prendermi cura di te, misurarti la febbre, e dosarti le medicine, se necessario. Ancora più bello, è farmi curare da te, e farmi prendere in giro, quando mi lamento troppo o quando ti accorgi che fingo di star male, solo per avere di più le tue attenzioni.

Voglio ripensare alle tante cose fatte insieme, parlare sempre al plurale e dimenticare quando, tanto tempo prima, “noi” eravamo solo “io” e “tu”.

Quello che voglio è fare progetti, pensare al futuro, anche quando avremo un’età in cui i ricordi supereranno di gran lunga le aspettative.

Non voglio smettere di flirtare, e di provarci con te, anche dopo anni, e voglio trovare sempre nuovi stratagemmi per farti cedere, per bucare la tua corazza, e conoscerti, sempre più a fondo, scoprendo ogni volta un nuovo segreto e lasciandomi ammaliare da sempre nuovi misteri.

Voglio darti ogni giorno il primo bacio e sentire se il sapore della tua bocca cambia con il cambiare delle stagioni, o dei tuoi umori, o degli anni.

Voglio conoscere a memoria la tua pelle, contare i tuoi nei, scovando anche quelli più nascosti, mappare le tue fasce muscolari, entrare in confidenza con i tuoi odori.

Voglio avere paura, di perderti e di non bastarti. E fare in modo che tu questa paura non la conosca mai, perché una cosa è certa: tu non mi perderai.

Voglio eccitarmi per te, e con te. Fare un amore solo nostro, contare i tuoi orgasmi per poi dimenticarne il numero e ricominciare, ogni volta come se fosse la prima, e lasciarmi travolgere da emozioni sempre nuove, e allo stesso tempo familiari, come la prima volta. Voglio perdermi nel tuo mondo e ritrovarmi, ogni volta un uomo nuovo.

Voglio amarti, ammirarti, stimarti. Voglio rispettarti per quello che sei, e per quello che siamo e potremo essere, insieme.

Ti voglio nella mia vita, per sempre.

Voglio questo, e tantissimo altro, da te, Kei”.

Era questo, che Kuroo avrebbe voluto dire.

Non era difficile, in fondo era esattamente quello che pensava, e per la prima volta nella sua vita sapeva con certezza di non aver bisogno di usare alcuna provocazione o battuta sarcastica per esprimere quello che provava.

Ma fu un attimo.

In fin dei conti, erano solo dei liceali adolescenti che si trovavano ad un ritiro sportivo, insieme alle rispettive squadre.

Per di più, conosceva appena quel quattrocchi e, sebbene gli avesse sconvolto il cervello e le budella come mai gli era accaduto in vita sua, questo “Tsukki” rimaneva pur sempre un ragazzino del primo anno.

“No, niente...” portò una mano dietro la nuca, e l’altra appoggiata ad un fianco. “Si dà il caso che Bokuto-san sia uno dei tre migliori assi della Nazione, e vorremmo allenarci a fare qualche muro” decise di dire. “Ci stai?”.