Arancia rosso fuoco

Sirius percorse in silenzio l’ingresso di Grimmauld Place. Il portone era aperto e due figure erano ferme sui gradini.

— Te l’ho detto, è sempre stato lui a piacere alle ragazze. Io non ho niente di interessante. 

Tonks si voltò verso Remus, si sbatté una mano in fronte, se la passò fra i capelli rosso fuoco e girò sui tacchi. Sirius la anticipò e si ritirò nella penombra del corridoio. La porta d’ingresso si chiuse dietro di lui, mentre Remus e Tonks rientravano a passi nervosi. 

•••

Remus sapeva di essersi spinto troppo oltre. Non era opportuno lasciarsi andare a confidenze del genere: non con un membro dell’Ordine, e soprattutto non con una ragazzina. Sei un vecchio licantropo bavoso. Controllati, cazzo.

Seguì Tonks in cucina: la riunione stava per cominciare e gli altri sarebbero arrivati a momenti. Si avvicinò alla credenza, prese un bicchiere e lo riempì di succo d’arancia, ma non fece in tempo a bere che due mani lo afferrarono per le spalle e lo tirarono giù, mentre il bicchiere cadeva a terra. La ragazzina impertinente si alzò in punta di piedi, lo trapassò con i suoi occhi troppo vivi, lo afferrò per il bavero con un gesto brusco degno di Malocchio e gli ficcò la lingua in gola.

Remus voleva morire. Il fiato abbandonò i suoi polmoni e si sentì precipitare nel vuoto, ma quelle labbra erano troppo calde e morbide per morire lì e fuori c’erano solo maghi oscuri e una vita da reietto, e quella ragazzina, pervertito che sei, era intollerabilmente figa senza nemmeno saperlo, in qualunque modo assurdo le saltasse in mente di alterare il suo aspetto.

Le dita di Tonks dovevano essersi mosse molto in fretta, perché Remus si ritrovò la camicia aperta e la mano di lei che armeggiava con la sua cintura, prima, e dentro ai pantaloni, poi. Remus sussultò.

— Ma sei impazzita?! — Farfugliò sgranando gli occhi. Tonks sorrise come una bambina che ha appena rubato un lecca lecca e continuò la sua opera.

— Smettila! — Remus la spinse via e riuscì a divincolarsi quel tanto che bastava per dare le spalle alla porta, specchiarsi nella credenza e richiudersi i vestiti alla meno peggio, tremando. Vide un riflesso muoversi sul vetro e desiderò di essere inghiottito dalla terra; si girò appena e sbirciò indietro.

In piedi contro lo stipite della porta, con un braccio alzato e le gambe incrociate mollemente, Sirius lo scrutava di sotto in su dal suo metro e novanta di bastardaggine. Gli rivolse un sorriso sghembo e scosse la testa. 

— Remus Lupin, sei un imbecille.