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Autore: Autumn Wind    14/03/2024    0 recensioni
Mary Moon è una venticinquenne bostoniana che si è fatta da sola: nata nei sobborghi cittadini, è solo grazie alla perseveranza, al lavoro ed allo studio che è riuscita ad affermarsi come scrittrice ed a conseguire una certa indipendenza. Il suo fragile mondo le crolla addosso quando il temibile Preston Lodge II della National Trust la pone di fronte ad un gelido aut aut: o accetta di vedere suo zio e se stessa in bancarotta ed in prigione o acconsente a sposare l’ultimogenito dei Lodge ed a trasferirsi in Colorado.
Aiutare l’uomo che più detesta al mondo è l’ultima cosa che Mary vorrebbe, ma, se desidera onorare la promessa fatta a sua madre sul letto di morte come ha giurato, non ha scelta.
Trapiantata a Colorado Springs, in un mondo sconosciuto e sotto un cielo che le sembra tremendamente sbagliato, Mary scoprirà la brutalità della vita, ma anche l’amicizia e l’amore.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.
Chattery

Se Colorado Springs appariva aspra dalla stazione, addentrandovisi la sensazione veniva decisamente acuita.
Mary non dovette fare molti passi in quelle strade sterrate e rurali, tra edifici in legno ed alberi che sembravano dita nodose ricoperte di muschio, prima che le banca le apparisse dinanzi.
A vederla, ebbe subito l’impressione di uno dei tanti istituti bancari di Boston: mattoni, vetro, orologio, porta scura e massiccia, targhe scintillanti sotto il sole e persino un pinetto mezzo secco.
“Ecco qui: non è un granché, ma per il momento dovrà farselo bastare.” presentò Preston, tradendo un lieve imbarazzo, rapidamente coperto da un colpo di tosse. Mary evitò di guardarlo: non intendeva acuire i loro problemi con domande inutili. Il tempo le avrebbe risposto, forse.
“Gli appartamenti sono al piano superiore. Si può accedervi solo dalla banca, mi spiace.” proseguì il banchiere. “Non è un problema.” sospirò Mary, seguendolo sino alla porta d’ingresso ed attendendo pazientemente che le venisse aperta. “Prego.” la invitò Preston, scostandosi per lasciarla passare. Mary gli rivolse un sorriso forzato prima di intrufolarvisi.
La banca era … beh, una banca come tante: bancone d’ingresso, più dietro una scrivania e varie cassette di sicurezza.
“Non è come quelle di Boston, né com’era originariamente.” commentò Preston, facendola voltare, senza, tuttavia, incontrare il suo sguardo: improvvisamente, il pavimento era diventato interessantissimo.
“È per la crisi dell’anno scorso?” indovinò Mary. Il banchiere le rivolse un’occhiata stupita prima di annuire. “Mio padre glielo avrà sicuramente detto: prima possedevo una banca ben avviata, un hotel e parte di un giornale locale, ma ho dovuto vendere tutto per ripagare i debiti ed ora ho ricominciato in piccolo riaprendo la banca da zero, con tutto quel che comporta. Prego, mi segua di sopra.”
Mary lo fissò, lievemente stupita, prima di accodarsi: per tutto il viaggio, oltre a preoccuparsi, non aveva fatto che chiedersi perché mai il vecchio Lodge fosse così intenzionato ad affibbiare una moglie al suo ultimogenito. Aveva spesso sentito parlare di Preston Lodge III e vi si era informata con discrezione nei mesi precedenti la sua partenza da Boston, scoprendo poco e niente: aveva studiato ad Harvard e si era laureato con i voti migliori per poi iniziare subito a lavorare nella banca del padre prima di decidere di mettersi in proprio nel West. Immaginava che la crisi l’avesse colpito, ma non credeva così tanto. E, in ogni caso, non era un buon motivo per sposarsi con una nullatenente. Per scoprire la verità, però, avrebbe dovuto aspettare ancora un po’, se mai fosse riuscita a scoprirla.
Seguì Preston oltre una porta e lungo delle scale buie e ripide che, oltrepassata un altro uscio, la condussero direttamente nella casa dove avrebbe vissuto.
Era decisamente dimensionata rispetto alle tipiche case bostoniane in cui era sicuramente cresciuto Lodge, ma, per gli standard di Mary, era un appartamento di tutto rispetto: composto da un grande soggiorno sul verde, bianco e lilla sviluppato attorno ad un caminetto, da una cucina e da un’ulteriore porta.
“Lì c’è uno studio, ma potrà usare la stanza come preferisce, eventualmente anche come guardaroba o ...”
“Lo manterrò volentieri come studio, La ringrazio. Scrivo e mi servirà un appoggio.” annuì Mary, affaccianodosi: la stanza era vuota, ma c’era una bella scrivania d’ebano e due libreria semivuote che avrebbe potuto riempire come preferiva. La finestra, celata da tende leggere, dava sulla strada principale: avrebbe potuto essere un’ottima fonte di ispirazione.
“Scrive?” ripeté Preston, facendole rammentare solo in quel momento di non essere sola. Si volse, incontrando l’espressione perplessa dell’uomo. “Sì: a Boston lo facevo per augadagnarmi da vivere. Scrivevo romanzi d’appendice per svariati giornali, anche sotto pseudonimi, sovente. Non vengo certo dalla borghesia.”
“Beh, è … sorprendente.” dissimulò il banchiere, affrettandosi a cambiare argomento. “Al piano di sopra, in mansarda, ci sono il bagno e due camere. In città, dall’anno scorso abbiamo anche un sistema fognario ed un telefono, ma non ne possiedo uno in casa, solo in banca. Se necessiterà di usarlo, però, è a sua disposizione.” riprese ad illustrare Preston, ancora fermo sull’uscio. “Fino a domenica potrà occupare la camera degli ospiti.” mormorò, schiarendosi nuovamente la voce. Mary gli rivolse un’occhiata dubbiosa. “Domenica?” ripeté. “Ho fissato la cerimonia. Il tempo sta per scadere e prima …”
“Sì, certo: ha fatto bene. Non ha senso rimandare l’irrimandabile.” sospirò Mary, guardandosi le dita intrecciate e le nocche bianche. “E, dato che siamo fidanzati, sarà meglio darci del tu, non crede?” azzardò, riprendendo la sua anima pragmatica. “Senz’altro. E credo sia consigliabile fissare fin da subito le condizioni del nostro … accordo.”
“Su questo siamo d’accordo. Per quanto mi riguarda, ti ho già detto che non intendo essere comandata a bacchetta: non so che genere di uomo tu sia, dal momento che non ti conosco, ma ho sopportato per troppo tempo gli ordini altrui. Vivremo assieme e non avrò problemi ad occuparmi della casa ed a cucinare, ma …”
Preston la rivolse un altro dei suoi sarcastici sorrisi a trentadue denti che Mary già detestava. “Strane condizioni, per una sposa per corrispondenza. Credevo foste istruite a tutt’altro ...” considerò. “E pensi davvero che io abbia scelto di venire qui e di sposarti?” ribatté subito la ragazza, zittendolo con la sua sola espressione furibonda. “Se sono qui è solo e solamente perché tuo padre mi ha ricattato: o così o sarei finita in bancarotta a causa dei debiti di mio zio e del vecchio conto che condividiamo. Non avrei alcun interesse a sposarmi, altrimenti.”
“Non preoccuparti: non ce l’ho neanch’io. A dire il vero, non so neanche perché mio padre me l’abbia proposto …”
“Avresti anche potuto rifiutare: sei un uomo, hai molte più opzioni.”
“A che pro? Per far infuriare mio padre? Dopo la crisi il suo sostegno è stato indispensabile per ricominciare daccapo.”
“Ed immagino lo sia ancora per un figlio che segue le stesse orme del padre …”
Preston la fissò duramente. “Lo è.” sibilò. “Le tue condizioni mi stanno bene. Per quanto mi riguarda, invece, anche dopo il matrimonio dormiremo in due stanze separate. Non ho alcun interesse a dormire con te.”
Mary sollevò le sopracciglia. “La cosa è reciproca. Stavo per dirlo prima che mi interrompessi.” reagì senza neanche pensarci. “Naturalmente, vale anche il contrario: non intendo essere comandato in nessun caso. Potrai anche essere mia moglie sulla carta, ma non nella realtà.”
“E se tuo padre dovesse reclamare discendenti?” azzardò Mary, ben sapendo che il vecchio Lodge avrebbe potuto benissimo farlo. “Troverò una scusa plausibile che ti riguardi.”
Mi riguardi?”
“Beh, non potrà certo essere colpa mia, dal momento che le spiegazioni andranno date alla mia famiglia, no?”
“Ovviamente no.” commentò Mary, sospirando per trattenere la rabbia. “Hai detto tu che non t’importa di questo matrimonio.” sottolineò Preston, rivolgendole un altro sorriso falso. “No di certo. Ora, se vuoi scusarmi, vorrei sistemare i miei bagagli.”
“Certamente: sono stati sistemati nella camera libera di sopra. La tua è quella sulla destra. Io oggi pomeriggio sarò in banca.”
“Bene.”
“Bene. Benvenuta a Colorado Springs.”
Il banchiere si toccò il cappello in cenno di saluto prima di voltarsi ed attraversare rapidamente la casa per poi sparire oltre la porta d’ingresso.
Rimasta sola, Mary sospirò, guardandosi attorno: la casa era piuttosto parca, ma non era priva di gusto, per essere abitata da un uomo solo. Le tende e l’arredamento erano curati e c’era pulizia, ma mancava un accenno di vita ad animare le stanze. Tutto sommato, avrebbe potuto abituarvisi e, forse, apporre qualche modifica a suo piacimento.
Salì le scale lignee che portavano al piano mansardato e trovò facilmente, la camera, arredata con un grande letto matrimoniale, un armadio ed un toeletta. Leggere e lunghe tende bianche a fiori rosa coprivano le ampie finestre che davano sulla ferrovia. Mary osservò i binari ed il viavai di gente: ci sarebbe stato un po’ di rumore, ma niente a cui non fosse abituata. Dopotutto, nei condomini di Boston dov’era cresciuta era anche peggio.
Trascorse due ore a disfare i bagagli, sistemando i suoi abiti ed i gioielli in camera e tutti i suoi libri ed il suo materiale nello studio. Dopo una veloce ispezione della casa, scrisse una lista di alimenti e materiale che le sarebbero serviti e si decise ad avventurarsi in paese per comprarli dopo essersi rapidamente cambiata sciolta i capelli come li portava di solito.
Quando scese per uscire, Preston non alzò quasi gli occhi dal proprio lavoro e si limitò a bofonchiare un assenso ed un rapido: “Fa’ mettere tutto sul mio conto.” prima che uscisse.
Solo una volta fuori dalla banca, quando incontrò gli sguardi attoniti e diffidenti del paese, Mary si rese conto di essere completamente sola dall’altra parte del continente.

***

“Di passaggio con il treno?”
Mary sollevò lo sguardo dai tessuti che stava esaminando, incontrando il sorriso di un anziano che pareva saperla lunga. L’emporio era stato il primo negozio in cui era entrata dopo aver chiesto indicazioni allo sceriffo locale, un uomo alto, biondo e molto gentile di nome Daniel. Affollato com’era a quell’ora, Mary non si era disturbata a chiedere ed aveva cercato la merce che le serviva, riempiendo in poco tempo il cesto che si era portata dietro di frutta, verdura, farina e qualche spezia. Stava dando un’occhiata ai centrini ed a qualche oggetto d’arredamento con cui ravvivare casa quando il signor Bray, come aveva intuito, l’aveva apostrofata.
“No: mi sono appena trasferita.” rispose Mary con un sorriso di circostanza, riprendendo ad osservare le stoffe. “Ah! Da dove viene?”
“Boston.”
“Anche lei?”
All’occhiata perplessa della ragazza, rispose con un sorrisetto. “Scusi, è che qua c’è tantissima gente che viene da Boston … il dottor Mike, il nostro medico, il nostro banchiere, il dottor Cook … siete tutti attirati dal selvaggio Colorado, eh?”
“Non proprio: sono qui per motivi personali, signor …?” rispose cordialmente Mary. “Bray, Loren Bray. E con chi ho il piacere di parlare?”
“Mary Moon, il piacere è tutto mio. Posso chiederle dove è possibile trovare materiale per scrivere?”
“Oh, sicuro, quel che c’è è tutto qui! Allora, signorina Moon, dove alloggia, all’hotel, forse?”
“A dire il vero, alla banca.”
Resasi improvvisamente conto del silenzio di Loren, Mary sollevò lo sguardo dalla carta per incontrare quello sconvolto dell’anziano. “Cosa?” esclamò, esibendo una smorfia. “Io ed il signor Lodge ci sposiamo domenica.” spiegò la giovane. Se possibile, l’espressione di Loren divenne ancor più sconvolta “Cosa?” ripeté. “Una bella ragazza come lei con … Preston?”
“Sì: è stata una cosa improvvisa.” mentì, sfoggiando un sorriso poco convinto. “Oh, se vuole un consiglio, fugga finché è ancora in tempo. Anche un indiano sarebbe meglio di Preston Lodge, mi dia retta.” sospirò Loren, scuotendo il capo prima di tornare dietro il bancone. Mary gli rivolse un’occhiata dubbiosa, ma vista la presenza di altri clienti, non indagò oltre, sebbene incuriosita dalla sua uscita. Fece mettere rapidamente la merce sul conto di Preston ed uscì dall’emporio a testa bassa, evitando d’incontrare lo sguardo della gente.
Passeggiò lungo i portici dei negozi della città, stupendosi di quanto fosse fornita: aveva tutto, persino una specie di pensione-saloon chiamata Pepita D’Oro ed un giornale. Mary rimase stupita nel vedere l’insegna della clinica della dottoressa Michaela Quinn: non aveva immaginato che il medico della città fosse una donna. Era insolito persino per Boston, figurarsi per una città sperduta del Colorado. Subito dopo c’era il giornale locale, il Gazette, da cui Mary fu subito attirata come una farfalla dalla fiammella. Ne prese una copia e se lo mise sottobraccio, decidendo di sedersi ai tavolini del Grace’s Cafè per leggerlo.
Era tardo pomeriggio quando prese posto e, lisciando la tovaglia a scacchi, osservò quanto fosse curato quel locale, con i fiorellini ai tavoli ed il paesaggio incontaminato oltre gli alberi e la staccionata. Ordinò un tè e Grace glielo servì con uno dei suoi caratteristici sorrisi. “Benvenuta nella nostra città, è qui per restare?” azzardò subito. Mary sfoggiò un sorriso di circostanza, ritrovandosi a pensare che, in fondo, Boston o Colorado Springs non facesse poi tanta differenza: tutti sapevano tutto di tutti. “Sì.” annuì. “Si è trasferita con la sua famiglia, signorina …?”
“Moon, Mary Moon. E no, sono … sono qui per sposarmi.”
“Davvero? E con chi? Oh, scusi la curiosità, ma in città gli uomini sono quasi tutti già sposati …”
“Preston Lodge. Ci sposiamo domenica.”
La reazione di Grace fu esattamente la stessa di Loren: gli occhi si sgranarono ed il sorriso svanì. “Oh!” commentò. “Oh. E … ed è da molto che siete fidanzati?”
“No: è stata una cosa improvvisa. Volontà delle famiglie.” sviò Mary. “Oh!” ripeté Grace. “Sembra che tutti, in città, abbiano la medesima reazione, quando lo dico, sa? È quasi divertente …”
“Oh, no, non intendevo offenderla, assolutamente, è solo che …”
“Immagino che il signor Lodge non goda esattamente di popolarità in città, o sbaglio?”
Grace sospirò, guardandosi attorno prima di protendersi verso di lei. “Detto tra noi, no: ha abbattuto l’albero degli innamorati appena arrivato per farci una casa, ha sempre fatto i suoi interessi senza badare a quelli degli altri ed ha perso tutti i soldi della gente l’anno scorso. Dire che è odiato è riduttivo, mi creda. E posso garantirle che non è una brava persona, anzi: è falso, avido e senza scrupoli. Se può, fugga da questo matrimonio, prima che sia troppo tardi.”
Mentre Grace si allontanava al pianto di suo figlio, appollaiato su un tavolino, Mary sospirò, fissando il suo tè: avrebbe davvero voluto poter fuggire.

***

“Ho fatto un giro in città, oggi pomeriggio.” commentò Mary a metà di una cena che, più che silenziosa, era stata muta. Preston era rientrato tardi dalla banca e si era seduto, limitandosi a ringraziarla per la cena che aveva preparato. Quello, per lui, era senz’altro un lato positivo del matrimonio …
“Ha incontrato la tua approvazione?” replicò il banchiere, laconico e vagamente sarcastico. La ragazza annuì. “Diciamo che è ben fornita, nonostante sia piccola.”
“Lo è.”
“Molti mi hanno chiesto cosa ci faccia qui e non ho mentito, anche se non neanche ho detto tutta la verità.”
“Non vedo perché avresti dovuto: prima o poi, sarà noto a tutti.”
“Appunto.”
Dopo qualche minuto di silenzio, Preston azzardò una domanda. “E cos’altro ti hanno detto?”
Mary gli rivolse un’occhiata piccata. “Che farei meglio a scappare prima del matrimonio.”
Preston sfoggiò un sorriso beffardo. “Hanno ragione: se avessi scelta, scapperei anch’io.”
“Beh, ce l’hai: potresti sempre tornare a casa.” commentò la ragazza, alzandosi per pulire i piatti. Si sorprese non poco quando il banchiere la fermò con un gesto ed iniziò ad occuparsene personalmente.
“Ed a che pro? Per farmi mantenere da mio padre?” riprese dopo un po’. “Beh, non vedo la differenza rispetto a stare qui …”
“Non la vedi perché non sai e, quando non si sa, è meglio tacere, invece di dar aria alla bocca per niente.”
Mary sobbalzò, stupita dal tono gelido con cui le si era rivolto. “Hai ragione.” commentò, alzandosi, stizzita. “Ed hanno ragione anche i cittadini di Colorado Springs. Ma, sfortunatamente per me, sono costretta a restare qui con te, quindi voglio chiarire subito una cosa: tu non mi conosci, ma stai sicuro che raramente do ‘aria alla bocca’, come dici. Se dico qualcosa, è solo perché lo penso davvero.”
Detto ciò si volse e si diresse a passo sicuro in camera, ricacciando indietro le lacrime: decisamente quella realtà non era quella che aveva immaginato da ragazzina quando, leggendo Shakespeare, sognava il principe azzurro ed un futuro radioso.

 

  
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