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Autore: Autumn Wind    12/03/2024    0 recensioni
Mary Moon è una venticinquenne bostoniana che si è fatta da sola: nata nei sobborghi cittadini, è solo grazie alla perseveranza, al lavoro ed allo studio che è riuscita ad affermarsi come scrittrice ed a conseguire una certa indipendenza. Il suo fragile mondo le crolla addosso quando il temibile Preston Lodge II della National Trust la pone di fronte ad un gelido aut aut: o accetta di vedere suo zio e se stessa in bancarotta ed in prigione o acconsente a sposare l’ultimogenito dei Lodge ed a trasferirsi in Colorado.
Aiutare l’uomo che più detesta al mondo è l’ultima cosa che Mary vorrebbe, ma, se desidera onorare la promessa fatta a sua madre sul letto di morte come ha giurato, non ha scelta.
Trapiantata a Colorado Springs, in un mondo sconosciuto e sotto un cielo che le sembra tremendamente sbagliato, Mary scoprirà la brutalità della vita, ma anche l’amicizia e l’amore.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
Blackmail

Lo scossone del treno risvegliò brutalmente Mary dai propri pensieri. Con un sospiro frustrato, si guardò attorno: nello scompartimento dagli interni scarlatti c’erano soltanto lei e due uomini che discutevano animatamente d’affari masticando tabacco. Non che vi fosse di che stupirsi, considerata l’afa di quella fine di agosto e la meta inusuale: chi mai avrebbe scelto di trascorrere gli ultimi giorni dell’estate in posti così sperduti, a meno che non vi fosse costretto?
Mary sospirò, guardando fuori dal finestrino: da quando aveva lasciato Boston non aveva mai smesso di stupirsi del caleidoscopio di paesaggi che offriva il continente americano. Il contrasto tra la fine città affacciata sull’Atlantico che aveva lasciato e quella terra aspra e rossastra cosparsa di polvere, montagne rocciose ed alberi era quasi disturbante. Si lisciò nervosamente il bordo del tailleur da viaggio blu scuro, composto da giacca e gonna di lino, dentro cui rischiava oramai di soffocare: aveva scelto l’abbigliamento del giorno con scaramanzia più che con apprensione, avendo cura dei pendenti di perle di sua madre, ma già detestava la treccia in cui aveva imprigionato i capelli castani da quel mattino e che sapeva essere ben diversa dalle intricate acconciature che ci si aspettava da una giovane di Boston.

“Tanto vale che capisca subito con chi ha a che fare …” considerò tra sé e sé, guardandosi riflessa nel finestrino: era una donna che sembrava una ragazzina, bassa, tremendamente pallida, con lunghi capelli castani e scalati che le ricadevano in due ciuffi laterali sulla fronte ed enormi occhi nocciola solitamente decisi, ma in cui, quel giorno, un occhio esperto avrebbe saputo leggere paura.
Quando il treno cominciò a rallentare, il cuore di Mary iniziò a rimbombarle nelle orecchie, tanto che, per un istante, temette quasi che sarebbe svenuta sul sedile. “Non essere ridicola: l’hai accettato tu. Non sei la prima e non sarai certamente l’ultima …” si ripeté come faceva da giorni, inspirando a fondo mentre iniziava a raccattare i suoi bagagli, costituiti da due valigie e da un baule pesante per cui avrebbe dovuto senz’altro chiedere l’aiuto del capotreno.
Mentre il treno attraversava una galleria di sempreverdi, Mary ripensò a Boston, alla brezza dell’oceano, alle strade lastricate, ai parchi, alla biblioteca ed al giornale dove faceva pubblicare i suoi romanzi d’appendice. Solo a loro ed a Miss Jane era dispiaciuto davvero quando aveva comunicato che si sarebbe trasferita ad ovest, ma, del resto, erano le uniche persone che considerasse amiche. Miss Jane in particolare …
Sospirò a fondo: era giunta nella sua pensione sotto ad un ristorante una sera d’inverno in cui la neve ed il gelo soffocavano Boston nella loro morsa. Era appena scappata da un sobborgo operaio, oltre che da una vita di stenti: sua madre era morta da forse un mese e suo zio beveva tanto da fare paura e voleva farla lavorare come ballerina per racimolare i soldi per arrivare a fine mese. Anche se Mary aveva solo tredici anni, conosceva l’implicazione di quella professione che le si proponeva e non l’aveva potuto accettare. Era scappata, lasciandosi tutto alle spalle ed era giunta alla porta di Miss Jane in un vestito troppo leggero e le lacrime agli occhi che si congelavano, tanto era infreddolita. Quella donna anziana e cicciotta l’aveva accolta come avrebbe accolto una figlia sua: in cambio di una mano al ristorante la sera, le aveva fornito una camera con caminetto, un letto caldo, cibo, acqua, abiti nuovi, le aveva insegnato come ci si comportava in società e, soprattutto, le aveva dato ciò che Mary aveva sempre agognato: la possibilità di andare a scuola. Era arrivata persino a conseguire una laurea in letteratura, pagandola con i suoi racconti per vari giornali di Boston. E Miss Jane era stata così orgogliosa di lei …
Quando una lacrima le ticchettò sul bordo della mano, Mary si riscosse: al solo ripensare a quando aveva dovuto dirle addio, le veniva da piangere. Ma doveva essere forte: gliel’aveva promesso. E, poi, non stava certo andando al patibolo: avrebbe potuto andare a trovarla quando voleva.
Prese fiato, alzandosi mentre dinanzi agli occhi le apparve l’insegna metallica su cui scintillava la scritta dorata ‘Colorado Springs’. All’apparenza, sembrava una qualunque cittadina del West: polvere, vecchi edifici di legno e mattoni, carri, cavalli e gente semplice. Peccato che l’apparenza, molto spesso, ingannasse.
Il treno si fermò con uno scossone, sollevando una nuvola di vapore. Mary prese le due valigie e si avviò con decisione verso il capotreno, pregandolo di scaricare il baule con i suoi libri ed il materiale per scrivere. Attese appositamente che gli altri due passeggeri scendessero prima di lei prima di fare un bel respiro ed avviarsi con decisione all’uscita: aspettare e rimanda l’inevitabile non avrebbe avuto alcun senso, dopotutto. Via il dente, via il dolore, come diceva sempre Miss Jane.
La banchina era semivuota, assolata e polverosa, come ci si aspettava e Mary, una volta scesa, attese pazientemente che il capotreno scaricasse il suo bagaglio cogliendo l’occasione per guardarsi attorno: proprio come aveva intuito, la città era un grande patchwork di gente e costruzioni in diversi materiali in piena espansione, tremendamente diversa da Boston. Senza contare che non lì c’era neanche l’ombra dell’oceano.
Persa com’era in quelle riflessioni, Mary era quasi riuscita a scordare il vero motivo del suo viaggio, ma, vedendo un solo uomo fermo sulla banchina con un mazzo di fiori colorati, le sopracciglia le si aggrottarono istintivamente e le labbra si chiusero in una linea sottile e ferma. Notando di essere stato visto, l’uomo si avvicinò a passo fermo.
Era strano pensare che quello stesso sconosciuto che si stava avvicinando passo dopo passo sarebbe stato suo marito, strano, vetusto e piuttosto orribile, ma, sfortunatamente per lei, era la pura e semplice realtà.
Quando, mesi fa, si era presentata all’appuntamento che le aveva fissato Preston Lodge II, presidente della National Trust, una delle maggiori banche di Boston, di certo non immaginava di essere posta dinanzi ad un rigido aut aut. Ricordava ancora perfettamente il volto duro e le basette candide di quell’uomo impeccabile e freddo che le aveva spiegato in termini comprensibili e senza troppi giri di parole che suo zio Anthony aveva dilapidato il patrimonio di suo madre, a cui aveva attinto dopo la sua morte e che, per metà e del tutto a sua insaputa, considerato che era scappata di casa a tredici anni, era di Mary. Lodge non si era fatto problemi a sottolineare che si sarebbe ritrovata presto sommersa dai debiti e dalle richieste dei creditori di suo zio e che anche nel caso in cui Anthony avesse fatto un favore al mondo e fosse morto si sarebbe ritrovata a pagare debiti per il resto della vita, probabilmente finendo per strada o in fabbrica. Neanche vendere quella terra incolta del Massachusetts che aveva ereditato da suo padre e che ancora Anthony non aveva intaccato sarebbe servito, a meno che non avesse accettato la sua generosa offerta: Lodge avrebbe chiuso un occhio sugli spaventosi debiti di suo zio, fatti anche in nome di Mary e di sua madre, tra l’altro, limitandosi a spogliarlo della casa e chiudendo definitivamente quel conto, se Mary avesse accettato di sposare il suo ultimogenito.
Sul momento, la scrittrice gli aveva rivolto un’occhiata ferita e sprezzante e si era prodigata nell’informarlo che mai e poi mai avrebbe ceduto ad un simile ricatto ed era uscita dalla banca talmente indemoniata che tutti i clienti ed i dipendenti, al suo passaggio, si erano spostati, impauriti.
Vi aveva riflettutto e rimuginato su per giorni e giorni, a mente fredda, ma la conclusione a cui era giunta era stata sempre la stessa: doveva accettare il compromesso di Lodge, che le piacesse o meno. Non era nelle posizione di scegliere e non poteva scappare dal proprio passato.
Non aveva comunicato la notizia al vecchio banchiere di persona, limitandosi ad un telegramma urgente e Lodge le aveva fatto pervenire tutte le istruzioni necessarie ed i documenti con cui si impegnava a celebrare il matrimonio entro un mese.
Quando l’aveva confessato a Miss Jane a cose fatte, dopo settimane di angoscia e pensieri, la donna l’aveva fissata con un’espressione talmente rammaricata da far scoppiare Mary a piangere per la prima volta da quando aveva realizzato cosa significava quanto aveva appena accettato. “Su, bambina …” le aveva sussurrato, stringendola al petto. “I matrimoni combinati ci sono sempre stati e sempre ci saranno: non è la fine del mondo, né della tua storia. Anzi: forse, ne è solo l’inizio, chissà!”
Quelle stesse parole rimbombavano come tamburi nella testa di Mary in quell’esatto istante, mentre si ritrovava a guardare l’uomo che in poche settimane sarebbe diventato suo marito.
Preston Lodge III assomigliava fin troppo al rigido padre, eppure certamente non si poteva definirlo un brutto uomo, anzi: alto e con le spalle larghe, aveva un sorriso smagliante e capelli tra il castano chiaro ed il biondo scuro. Indossava un impeccabile completo borgogna ed un cilindro ed era piuttosto sicura che i fiori aveva tra le mani fossero freschi di campo.
“Miss Moon?” domandò, esitante, quando l’ebbe raggiunta e la gola di Mary si seccò improvvisamente nel constatare che gli arrivasse solo alle spalle. “Preston Lodge III.” si presentò, facendo per porgerle i fiori, ma venne stroncato sul nascere da Mary stessa.
“Era piuttosto ovvio.” si ritrovò a dire senza neanche pensarci, pentendosene quasi subito nel vedere la sua espressione indurirsi. “Non essere sempre te stessa, sulla difensiva, Mary: per una volta, prova ad essere gentile, quando lo incontrerai.” le aveva ricordato Miss Jane, ma, come al solito, era stata troppo testarda per darle retta.
“Davvero? Dal momento che non ci conosciamo, non l’avrei detto. Questi sono per lei.” replicò lui a denti stretti, porgendole i fiori. “La ringrazio.” mormorò la scrittrice, prendendoli con un’espressione che sapeva essere esitante. “Bene. Benvenuta a Colorado Springs, allora: vedrà, la città le piacerà, è in costante espasione, presenta molti negozi e …”
“Senta, questa non è una gita di piacere, lo sappiamo benissimo entrambi.” sottolineò Mary, evidentemente infastidita dalla falsa cortesia dell’uomo: se c’era una cosa che detestava erano le bugie ed era meglio metterlo subito in chiaro. “Quindi sarebbe il caso di smetterla con questa farsa e di chiarire: saremo sposati, è vero, ma entrambi non abbiamo nessun desiderio di esserlo, a quanto vedo. Terremo fede al nostro accordo celebrando le nozze, ma niente di più: io non sono sua amica, né mai sarò mai pienamente sua moglie e di certo non farò tutto ciò che dice. Non sono una proprietà della famiglia Lodge, a prescindere da quale cognome assumerò.”
Aveva parlato senza prendere fiato e senza rifletterci troppo, vomitando un odio che non si era neanche resa conto di aver covato ed ora si ritrovava di fronte ad uno sconosciuto la cui espressione da stranita era passata a visibilmente irritata. “Io non desidero questo matrimonio più di lei!” ribatté Preston. “Se non l’aveva intuito, ora lo sa. Ma, in ogni caso, non merito di essere trattato in questo modo dinanzi a tutti e perdipiù …”
“Mi scusi!” lo frenò Mary, alzando le mani per bloccare sul nascere la sua risposta rabbiosa: decisamente non stavano partendo con il piede giusto. “Non intendevo certo turbarla. Mi dispiace. Ha ragione, ovviamente, ma deve scusarmi … io … è stato un lungo viaggio. Mi scuso per il mio tono, ma non per il contenuto di quanto ho detto, perché lo penso … ed io dico sempre quello che penso.”
“Questo l’avevo notato.” sottolineò l’uomo in un tono sarcastico che non piacque affatto a Mary. Rimasero a fissarsi per un po’ prima che Preston si schiarisse la voce. “Farò portare i suoi bagagli alla banca, dove ho provveduto a prepararle una stanza. Se lo desidera, possiamo andarci subito.”
Mary annuì, afferrandogli con reticenza il braccio che le offriva mentre s’incamminavano verso la cittadina sotto il sole cocente, entrambi rossi di rabbia ed orgoglio ferito: di certo non era un buon inizio per un matrimonio nato da un ricatto.

Angolo Autrice:
Benveuti,
Non so in quanti leggeranno questa storia, visto la poca popolarità del fandom e della serie, ma, per chi dovesse bazzicarvi, spero sia di vostro gradimento! Era da parecchio che non scrivevo e quest'idea mi è balenata durante una delle tante repliche della Signora del West. Il protagonista principale sarà Preston, oltre al nuovo personaggio di mia invenzione Mary, ma già dal prossimo capitolo compariranno anche tutti gli altri e verranno chiariti dubbi e dettagli. Idealmente, la storia si colloca subito dopo la fine della serie.
Grazie a chiunque passi di qui e buona lettura!
E.



 

  
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