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Autore: Little Firestar84    15/03/2024    0 recensioni
Naida era nata col mondo, creatura magica e fatata senza età, spirito che non conosceva dolore e sofferenza.
Ma dal momento in cui aveva aperto gli occhi sul cielo per la prima volta, Naida era stata perseguitata da un viso: un viso che sapeva che, un giorno, avrebbe incontrato sul suo cammino...
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era nata col mondo, nel momento in cui le acque avevano graziato il pianeta con la loro presenza, una fra tante, ma parte del tutto. Senza nome e senza padroni, aveva giocato con le sue sorelle e i suoi fratelli, rincorso le creature che bramavano di uscire dal mare per sfidare la terraferma, e le aveva viste trasformarsi, nel corso di secoli, millenni - milioni di anni. 

Un tempo che per lei era passato veloce, rapido - come il battito delle pinne delle creature che popolavano la sua casa. 

Non conosceva paura, preoccupazioni, amore - puro istinto, questo era lei, e null’altro. 

Poi, la terraferma era mutata, ed erano giunte quelle creature a cui lei vagamente somigliava, dotati come lei e le sue sorelle dell’intelletto, della capacità di comunicare, e lei, la notte, aveva preso ad alzare il capo oltre la superficie delle acque, curiosa e giocosa, e a guardarli sulla riva delle sue acque, che accendevano fuochi e banchettavano coi frutti del loro duro lavoro, danzando alla luce delle fiammelle, intonando canti e melodie dedicate a lei - e alle sue sorelle, alla sua casa e al mondo e tutto quello che li circondava. 

Fu in una di quelle notti che incontrò uno dei cuccioli degli umani, una piccola femmina. Giocarono e si rincorsero nelle acque, e lei invocò i suoi doni, creando figure d’acqua che catturarono ed affascinarono la fanciullina, che allo spuntare dei primi raggi del sole allungò la mano verso di lei, la sfiorò con una dolce carezza e sussurrò una sola parola. 

Naida. 

Nessuno della gente aveva mai avuto un nome prima di allora: Naida era la prima, e da quella mattina di sole cambiò la sua stessa natura. Dimenticati i giochi con le sorelle e i fratelli, la ninfa delle acque passava il suo tempo a fantasticare su quelle creature, chiedendosi se fossero tutti come la piccola con cui, per una notte sola, aveva giocato. 

Quella stessa notte, iniziarono i sogni, le visioni - nemmeno lei era certa di cosa fossero esattamente. Ogni notte vedeva lo stesso bel viso, baciato dal sole e dal vento, i capelli neri come la notte, morbidi come la seta, in cui faceva scorrere le sue dita, labbra rosse come frutti maturi, e un sorriso abbagliante come i raggi del sole. 

Naida non sapeva dire quanto a lungo lo sognò, ogni singola notte, senza mai sapere chi fosse, come si chiamasse, ma di una cosa era certa, lo sentiva nel suo animo: esisteva. Un giorno, lo avrebbe incontrato. 

Passarono gli anni- decenni, secoli, forse millenni. Naida aveva continuato a giocare con le sue sorelle e i suoi fratelli, molti dei quali avevano ricevuto, col tempo, nomi, ma non aveva mai smesso di scrutare l’orizzonte delle acque alla ricerca di quel mortale dal sorriso ammaliante. 

Se non esisteva, si ripeteva, sarebbe esistito, e un giorno si sarebbero incontrati - e così fu. Era una notte scura, tempestosa, in cui il suo mare ruggiva, invocando vendetta per il male che gli era stato fatto dai mortali. Lui era su una piccola nave, da solo, e tentava disperatamente di mantenere la rotta e non scontrarsi con altri vascelli o con relitti, di resistere alla furia di quella natura che lui chiamava matrigna, ma che era solo disperata, e chiedeva vendetta. 

Un’onda che le parve enorme si alzò sulla superficie delle acque, e lo colpì con tutta la forza che possedeva, facendo ribaltare l’imbarcazione. Il giovane cadde dalla nave, e i flutti dispettosi mossero le sue deboli forme, sbattendolo ripetutamente contro il suo piccolo vascello. Lui perse i sensi, mentre il suo corpo, rapido, veniva trascinato verso i fondali del mare, per sparire una volta per tutte. 

Il volto di Naida tradì il suo stupore, mentre lacrime di gioia e di paura si mischiavano sulle sue gote, confondendosi con la stessa acqua di cui lei era fatta.

Nuotò verso di lui, rapida come i suoi fratelli pesci, incurante delle correnti che la sfidavano, che cercavano di impedirle di salvare il suo amato; era lì, ad un passo da lui, ed allungò la mano, sfiorandolo. 

Un altro movimento, un’altro scatto: Naida riuscì ad afferrarlo, e lo strinse forte a sé, con tutta la forza di cui la piccola ninfa era capace. I flutti, adirati per l’offesa ricevuta- perchè lei aveva osato opporsi al loro volere - presero a scorrere, prepotenti, nella direzione opposta, cercando di impedirle di salvare uno di quei mortali che insozzavano le loro acque un tempo cristalline e colme di vita.

A Naida non importava; lo aveva finalmente trovato, dopo una vita passata a rincorrerlo nei suoi sogni, e nessuno le avrebbe mai impedito di portarla in salvo, poco le importava se nella fatica essa stessa si sarebbe consumata. 

Lottò strenuamente, opponendosi alle forze di quelle entità che erano state la sua casa fin dal giorno in cui era stata generata, e ormai priva di forza, riuscì a posare il corpo esanime su uno scoglio, sfregiato dai venti gelidi. 

Naida gli fece scudo con il suo corpo, proteggendolo dalla furia delle intemperie. Chinatasi su di lui, vide il pallore del suo incarnato, il colore bluastro delle labbra, ed avvertì la freddezza del suo intero essere, l’opposto di colui che tanto a lungo l’aveva accompagnata nei suoi sogni. 

Strappò la camicia, già lacera, e posò la mano sul petto del giovane, all’altezza del cuore, immobile nel petto, e poggiò la bocca su quella di lui. Socchiuse gli occhi, ed invocò i suoi doni, e l’aiuto delle dee e degli dei che erano venuti prima e dopo e con lei. Il suo intero corpo risplese di luce e calore, riscaldando il giovane, e l’acque che aveva riempito i suoi polmoni, rimpiazzando l’aria, ubbidì ai suoi ordini, lasciando quel corpo, mentre il cuore ricominciava a battere.

Occhi ancora chiusi, il giovane prese a tossire, sputare acqua, mentre il colore ritornava sulle sue gote e sulle sue labbra. Naida fece un passo indietro, pronta a gettarsi nelle acque ed affrontare le conseguenze di ciò che aveva fatto, quando sentì tre mani sfiorarle la schiena. 

Si voltò, impaurita come mai prima di allora, e raggelò: le tre streghe delle acque- le Tre Sorelle, figlie del signore delle fate, la guardavano con una luce maliziosa negli occhi, quasi avessero voluto schernirla. Naida si raggomitolò su sé stessa, schermando l’umano che aveva salvato col suo corpo, pregando che non riprendesse del tutto i sensi proprio in quel momento: le sorelle non perdonavano chi posava lo sguardo su di loro.

“Oh, piccola Ninfa, non devi temerci…” Iniziò la prima, signora della Grazia. 

“...Siamo giunte qui oggi per offrirti un patto…" Continuò la seconda, che incarnava il Destino. 

“...Ma sappi che le nostre azioni non sono prive di conseguenze, e ci sarà un prezzo da pagare.” Terminò la terza, con sguardo truce e labbra serrate, colei che era la Vendetta personificata. 

“Ti doneremo un corpo umano…” Disse Grazia. 

“... ma sappi che sarà solo per dodici giorni. Se allo scoccare della mezzanotte del dodicesimo giorno non sarai stata in grado di far innamorare il tuo giovane…” Continuò Destino.

“...tornerai ad essere una creatura delle acque, e ti sarà impedito per sempre di varcare la soglia che divide il nostro mondo dal loro.” Terminò Vendetta.

“Allora piccola ninfa, cosa hai intenzione di fare? Accetti la nostra proposta?” Le chiesero, tutte e tre insieme, le loro voci accavallate a formare un’unica e sola melodia che la incantava, la stregava. Il giovane continuava a tossire alle sue spalle, e Naida lo guardò di sfuggita, desiderosa di perdersi nel suo abbraccio. 

Chiuse gli occhi, e senza che nemmeno se ne potesse accorgere una singola sillaba uscì dalle sue labbra. 

Sì. 

Le tre sorelle scoppiarono a ridere, e Naida sentì il suo corpo sollevarsi nell’aria, danzare tra i venti, mentre luce ed acqua la avvolgevano. Cadde riversa sullo scoglio, vestita di stracci laceri, incapace di reggersi su quei deboli arti, i polmoni che le bruciavano, assaporando l’aria la prima volta, e la gola secca, e per la prima volta comprese quanto dura fosse la vita degli esseri umani, che sembravano essere nati solo per soffrire e morire. 

Il suo bel giovane aprì gli occhi, e posò lo sguardo su di lei; sorridendole, grato, allungò una mano fredda, fino a sfiorare il viso della giovane fanciulla, che la coprì con la sua, stringendola.

In lontananza, la ninfa udì il rumore della sirena di una nave, vide una luce fare capolino  nelle uggiose tenebre, e strinse tra le braccia colui che per tanti secoli aveva rincorso nei suoi sogni : presto sarebbero arrivati i soccorsi. 

   
 
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