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Autore: El303    15/03/2024    0 recensioni
[DOC Nelle Tue Mani ]
Andrea Fanti, detto Doc, se ne stava in piedi, guardando gli operatori del suo reparto di medicina interna mentre si rimettevano in moto. Il primario era reduce di una lunga mattinata. Aveva appena salvato la vita ad una donna in travaglio, chiusi in ascensore, durante un terremoto. La donna sembrava non avere speranze, ma Doc non si è arreso e le ha tenuto la mano tutto il tempo mentre le prometteva che ce l’avrebbero fatta: lei e il bambino. Che cosa sarebbe successo se la botta alla testa gli avesse provocato una commozione?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una volta che i soccorsi riuscirono a scardinare e staccare la porta, Giulia e Andrea cominciarono ad attraversare la pila di detriti che li separava dall’uscita. La ragazza camminava sorreggendo Doc, tenendo il suo braccio destro dietro il collo. Anche se non erano più tanto sicuri di chi stava sorreggendo chi. La più giovane era arrivata al punto di chiudere gli occhi tutte le volte che facevano una pausa tra un passo e l’altro, per cercare di recuperare qualche energia. Il primario, invece, cercava di pensare a tutte le cose belle che gli venivano in mente per riuscire a camminare fino alla porta della stanza. Erano entrambi estremamente distrutti. Arrivati alla porta c’era un ostacolo formato da alcuni pezzi di muro e soffitto da passare e Andrea tolse il braccio intorno a Giulia e le fece cenno di andare.

- No. Prima tu - gli rispose la strutturata con sguardo serio - sembri sul punto di svenire, vai tu.
- Guarda che anche tu non scherzi - rispose lui sorridendo e poi stringendo i denti - tanto non mi muovo finché non passi, posso star qui anche tutto il giorno.

Giulia si arrese subito questa volta. Non aveva la forza per controbattere, quindi imprecò, maledì il primario e cominciò a scavalcare. Riccardo Bonvegna si trovava dall’altra parte e le allungava le braccia per aiutarla nell’impresa. Nel frattempo Doc, che ce la stava mettendo tutta per non svenire, cercò di sostenersi alla parete più vicina per far smettere alla stanza di girare.

- Ok Doc, ci siamo. Tocca a te - disse lo specializzando, ma non arrivò risposta dall’altro lato. Giulia, che stava abbracciando Teresa, accorse al fianco di Riccardo.

- Sapevo che sarebbe dovuto passare prima lui - disse la ragazza ad alta voce, forse più a se stessa che agli altri.

Mentre Riccardo aveva cominciato ad arrampicarsi, la figura di Doc apparve sulla cima dei detriti. Si fermò e prese fiato.

- Donna di poca fede - disse lui, poi si poggiò una mano sul fianco ferito, aveva il fiatone - non riuscivo a rispondere.

Bonvegna gli andò incontro e lo aiutò a scendere la pila di resti di soffitto, che finiva verso il corridoio del reparto. Anche Giulia si era arrampicata per aiutarli. Non fecero in tempo a scendere che le gambe di Doc cedettero sotto di lui. E mentre gli altri due lo sollevavano si lasciò sfuggire diversi gemiti di dolore.

- Quest’inferno è quasi finito, te lo prometto, Doc - Bonvegna cercava di rassicurarlo.

- Scusate - il primario si sentiva in colpa per star facendo sorreggere ai due medici il peso del suo corpo - sto bene, potete lasciarmi, sto in piedi.

Le gambe gli tremavano visibilmente e il pallore del suo viso era sempre più evidente, ma si liberò dalla presa dei ragazzi e ringraziò i soccorsi dell’aiuto. Poi il primario strinse Teresa in un abbraccio e le sue gambe sembrarono cedere per alcuni secondi. Giulia non sapeva da dove stesse tirando tutta quella forza per combattere l’urgenza di sdraiarsi a terra. Ormai l’adrenalina stava abbandonando anche il corpo della strutturata che cominciò a sentire tutte le ossa scosse da tremiti. La ragazza si appoggiò alla presa di Riccardo mentre le sue gambe la stavano abbandonando.

- No Giulia, resisti, non ancora - disse lo specializzando sorreggendola - dobbiamo uscire dall’edificio prima.

Giulia annuì, ma era davvero esausta. Guardò Doc e davvero non riusciva a capacitarsi di come lui riuscisse a reggersi in piedi. Nell’arco di poche ore, oltre allo stress psicologico, aveva ottenuto come premio anche una commozione cerebrale e qualche costola rotta. Aveva un aspetto orribile, eppure il suo serbatoio di adrenalina non l’aveva ancora abbandonato.

Cominciarono a scendere per le scale e, arrivati al piano terra, Giulia cominciò a contare i passi che mancavano all’uscita. Aspettava di potersi sdraiare per terra. Il suo corpo non aveva subito traumi importanti, aveva solo qualche livido per cadute varie, ma niente di grave. Eppure si sentiva a pezzi. Forse è  più il trauma emotivo a cercare di spegnere il suo cervello.

Arrivati fuori, la ragazza si girò verso Doc che per le scale aveva avuto bisogno del sostegno di Teresa e alcuni soccorritori. Lo psichiatra Enrico Sandri gli corse incontro per stringerlo in un abbraccio. “Come stai?” Gli sentì chiedere al primario. C’erano luci blu e rosse dovute a diverse ambulanze: alcune stavano trasferendo i pazienti in altri ospedale, altre stavano soccorrendo i nuovi feriti. Giulia si sedette per terra. Anzi, si buttò per terra perché finalmente poteva sedersi.

- Stai bene? - le chiese lo specializzando, che l’aveva aiutata nella traversata e aveva ancora poggiata una mano sulla sua schiena, come supporto.

La ragazza annuì. Stava bene in fin dei conti, era stata una lunga giornata, ma erano vivi. Sia lei che…

- Dov’è Doc? - chiese Giulia guardandosi allarmata intorno

- È lì con… Merda - si sentirono dei sussulti tra la folla e lo specializzando corse mentre si formava una cerchia attorno a qualcosa, attorno a qualcuno.

Giulia non riusciva a trovare le forze per alzarsi, era come se il suo cervello le dicesse di fare una cosa, ma il suo corpo non lo voleva assecondare.

Quando finalmente ci riuscì, raggiunse il gruppo di medici accerchiato. Al centro c’era Doc, pallido come un lenzuolo, ricoperto da perle di sudore, ematomi sparsi per tutto il corpo. Adrenalina terminata, pensò Giulia mentre si inginocchiava al suo fianco. Prese il suo stetoscopio e controllò che con la botta qualche costola non gli stesse danneggiando i polmoni, ma sembrava tutto ok. Gli poggiò una mano sulla fronte e notò che la temperatura era salita. Controllò la reattività delle pupille per essere sicura che la commozione cerebrale non si fosse estesa e poi si permise di lasciar andare un respiro di sollievo.

- Che ha detto prima di crollare? - chiese la ragazza al dottor Sandri - Non ha sbattuto di nuovo la testa, vero?

- Nono, in realtà è stato piuttosto preciso - rispose lo psichiatra che sorreggeva Doc da dietro - ha detto proprio “sto per svenire, accompagnami a terra”

- Wow, ammettere di star male deve essere stato difficile per lui - ribbatté  ironicamente Giulia.

- Non sai quanto… - la risposta arrivò dalla voce rauca di Andrea, che cercava di mettersi seduto, senza molti risultati - Penso che me ne starò sdraiato per un po’.

Gli altri medici sorrisero nel vedere che stava bene. Giulia chiese a Bonvegna di portargli delle garze da fasciatura, per evitare che l’ematoma sul costato si espandesse ancora e poi tornò a guardarlo.

- Non sai quanto ti odio per avermi fatto spaventare così tanto oggi - gli disse.

- Scusa. - rispose lui ad occhi chiusi - Odio farti preoccupare.

- Non ti divertiva l’espressione preoccupata sul mio volto? - chiese lei sarcastica.

Andrea sorrise e il movimento gli causò un colpo di tosse. Giulia e Enrico si guardarono e si capirono in un secondo. Giulia cercò di alzarsi per andare a prendere una barella, ma una mano la fermò.

- Non te ne andare - le disse Doc - resta qui.

- Vado a prendere una barella, non puoi restare sdraiato per terra - rispose lei cercando di districarsi dalla sua presa.

- No, ti prego - la guardò con aria di supplica - i pazienti stanno tutti bene? - Giulia si guardò intorno, mentre Bonvegna annuì - Allora voglio solo tornare a casa - concluse il primario.

Enrico e Teresa si guardarono, ogni medico o paziente in quella cerchia di persone era segnato dal trauma di quella lunga giornata. Anche gli specializzandi più giovani sembravano invecchiati di diversi anni. Quel giorno, la paura ha corso nel reparto come mai aveva fatto prima di allora. Un trauma unisce o separa, ma i medici di quel reparto non erano mai sembrati uniti come in quel momento.

- Possiamo anche andare tutti a casa mia se volete - disse Federico guardando per terra. Tutti si girarono a guardarlo sorpresi - Si, insomma, non so chi di voi abiti da solo, ma io non vorrei trovarmi solo dopo questa giornata. Da me c’è già Lin, quindi sono apposto eh… Lo dicevo per voi ecco.

Vedere Federico sentirsi finalmente parte, non solo del reparto, ma anche del team di medicina interna, riempì i cuori dei medici più adulti. Anche Lin sorrise alle spalle del ragazzo impacciato, aveva visto del buono in lui ed era felice di poter dire di non essersi sbagliata.

- Comunque hanno liberato il reparto e trasferito tutti i pazienti più gravi in altri ospedali, quindi a prescindere non potremmo essere d’aiuto qui - Aggiunse Damiano

- Io devo tornare dalle mie figlie, stanno tutte bene, ma non mi va di lasciarle sole questa notte - disse Teresa. Il dottor Sandri ovviamente annuì, appoggiando le parole della compagna.

Doc sorrise, era distrutto. Forse avrebbe voluto solo passare la notte da solo. No, anzi, non da solo. Forse avrebbe voluto solo passarla con Giulia, magari a guardarla negli occhi. In effetti, tempo prima si promise che non sarebbe mai più rimasto solo. Non conosceva quella versione di sé di cui tutti parlano, quel Fanti spaventoso, non se lo ricorda. Ma di una cosa era certo, non voleva tornare ad essere quell’uomo.

- Ho sempre voluto fare un pigiama party, sempre che li chiamate ancora così… - disse guardando Giulia - E sempre che la dottoressa Giordano mi lasci andare.

Giulia alzò gli occhi al cielo. Fosse stato un qualsiasi paziente, probabilmente gli avrebbe ordinato assoluto riposo. Ma era Andrea Fanti ed era certa che qualunque suo ordine da “medico” sarebbe stato ignorato, quindi forse stargli vicino come “Giulia” e non come “dottoressa Giordano” era la cosa migliore. Almeno nel caso fosse successo qualcosa, sarebbe stato circondato da medici. Quindi annuì.

- Allora vado a prendere la macchina, così aiutiamo Doc a salire - disse Federico prima di incamminarsi.

 

Al di là di ogni aspettativa, quella giornata sembrava davvero finita. Dopo aver fatto mangiare qualcosa ad Andrea e avergli dato degli antidolorifici, il primario sembrava anche stare meglio. Giulia pensò che da specializzanda avrebbe voluto che Doc si comportasse come in quel momento. Ridendo con i ragazzi e dandogli un abbraccio in caso di bisogno. Si chiese di quale versione di Andrea Fanti lei fosse innamorata.

- Sei pensierosa - le disse Doc. Era sdraiato sul divano del soggiorno di casa di Federico, mentre lei era seduta a terra, gambe incrociate, proprio davanti a lui. Gli altri chiacchieravano di sottofondo - un euro per i tuoi pensieri?

- Ti chiedi mai… - si fermò, non sapeva come continuare la domanda - Tu vuoi indietro i tuoi ricordi. Ma ti sei mai chiesto che cosa succederebbe nel caso in cui ti ricordassi quel “qualcosa” che ti ha cambiato in passato?

Doc rimase a pensarci un attimo. Ovviamente l’aveva messo in conto, e forse aveva anche già una risposta a quella domanda.

- Io odio quella versione di me. Quella versione di me che si è fatta sparare in testa perché ha dato l’impressione ad un genitore preoccupato che a me non interessasse davvero della vita di suo figlio. Io non voglio dimenticare come essere umano e ti dirò di più. Io non posso farlo. Prima di essere quella versione di me, io ero sempre e solo Andrea Fanti. Ero Andrea Fanti prima e sono rimasto Andrea Fanti dopo. Ma ora sono Doc. E mi piace questa versione di me e, cadesse il mondo, posso integrare le due versioni l’una all’altra, ma non posso più smettere di essere Doc. Io ora sorrido, ora respiro, ora vivo. Giulia, ora io amo… Prima ho amato, ma sono convinto di aver completamente dimenticato come si faceva in questi anni. E ora io amo.

Giulia era rimasta ad ascoltare ogni singola parola. Non aveva staccato gli occhi dai suoi neanche per un solo secondo. Prima si domandava di quale versione di Andrea Fanti lei fosse innamorata. Ora aveva la risposta: tutte.

   
 
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