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Autore: Lisbeth Salander    23/03/2024    4 recensioni
Raccolta poco ordinata di brevi storie su alcuni dei legami familiari più sofferti della saga.
1. Andromeda, Bellatrix, Ninfadora, Teddy
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Sangue


I. Andromeda, Bellatrix, Ninfadora, Teddy

«I legami di sangue sono affilati, recidono qualsiasi altra cosa»
- V. D'Urbano, Tre gocce d'acqua
 
«Perché non diamo un fratellino o una sorellina a Dora?». 
Le parole di Ted sono un sussurro, si ripetono spesso — si ripeteranno ancora, per molte notti. Suo marito vuole una casa popolata, ma Andromeda è ferma nella sua idea di non avere altri figli.
Come spiegare che quel legame di fratellanza che sarebbe dovuto essere indistruttibile è divenuto oggi il suo timore più grande?
Quando si è lasciata alle spalle la sua vecchia vita, Andromeda ha lasciato indietro anche Bellatrix e Narcissa.
Le lacrime di Narcissa e l’accusa gridata di averla abbandonata sono state un tormento per molti anni a venire, poi c’è stato solo il silenzio. 
Da Bellatrix, invece, sono arrivati da subito rabbia e disprezzo.
L’ha incontrata una sola volta, prima di Azkaban, quando ancora aspettava Dora, e da quella volta non riesce a non pensare a lei, se non tremando di terrore.
Per Andromeda guardare il viso di Bellatrix, per molto tempo, per tutta la vita di prima, ha significato quasi specchiarsi, riconoscere nel viso della sorella il proprio. Da bambina era un pensiero rassicurante, la prova tangibile del loro legame di sangue, la confortante sensazione di una persona tanto simile in cui potersi ritrovare per sempre.
Da quando l’ha incontrata, da quando negli occhi della maggiore ha letto quel disprezzo e quella rabbia, la somiglianza che le ha sempre legate vorrebbe essere in grado di eliminarla una volta per sempre — poco importa se è comunque possibile vedere le differenze, se i lineamenti di Andromeda sono più dolci, se i suoi capelli sono leggermente più chiari.
Il legame di sangue è sempre lì, è immediato, evidente, incancellabile.
Non si sono dette nulla, quando si sono incontrate.
Andromeda ha stretto le mani intorno al ventre, quando Bellatrix le si è avvicinata, sfacciata e spavalda come la ricordava, sussurrandole «ti giuro, cara sorella, che eliminerò qualsiasi traccia del tuo tradimento; per ogni figlio che farai, sappi che prima o poi arriverò io a cancellare la sua esistenza».
A Ted non aveva mai avuto il coraggio di raccontarlo.


Quando Dora le confessa le sue paure, Andromeda non batte ciglio — in fin dei conti, è come se lo avesse sempre saputo. 
Gli anni in cui Bellatrix è stata ad Azkaban le avevano dato l’illusione che quel giuramento fattole anni prima non avrebbe avuto seguito, che l’avevano scampata, che erano salve.
Le stringe le mani, le sussurra raccomandazioni, la implora di scappare, pur sapendo che non scapperà mai perché Dora, diversamente da lei, è fatta per restare, per combattere, per rimanere accanto a tutti quelli che ama.
A Ted non dice nulla, non ha il coraggio di dirgli che quella minaccia incombe su di loro dal momento in cui ha lasciato casa Black, che ha sempre saputo che la tara di quella famiglia (la sua) sarebbe arrivata a cercarli e a perseguitarli.
D’altronde, lo sa già, che anche a dirglielo, Ted non capirebbe perché non conosce Bella, non sa quello di cui è realmente capace. Le direbbe che, sì, è un’assassina, è brutale ma che davanti alla figlia di sua sorella si fermerebbe.
Solo lei sa quanto quel legame di sangue sia incancellabile, anche se hanno entrambe da tempo altri cognomi, anche se non si sono mai più ritrovate nel volto dell’altra. 
Andromeda lo sa — lo ha sempre saputo — che nessuno può sfuggire alla Nobile e Antichissima Casata dei Black.
«Devi stare attenta, Dora, sempre attenta» 
«Sono attenta, mamma, ma lei…»
«Io lo so, per questo devi stare attenta. Lei non è come gli altri, tu non sei come gli altri. Avete u-un legame, non devi dimenticarlo mai».
Quando Dora le affida Teddy la notte della battaglia, sorda a qualsiasi preghiera, Andromeda lo sa (lo sente) che da quella notte cambierà tutto, che è arrivata la resa dei conti.
Non ha bisogno che le spieghino cos’è accaduto quando i sopravvissuti dell’Ordine bussano alla sua porta all’alba del 2 maggio, ha sempre saputo che prima o poi avrebbe pagato per tutti quegli anni di felicità.
Riesce solo a bisbigliare «è colpa mia» — lo ripeterà ogni giorno per tutto il resto della sua vita.  
Conta poco che anche Bellatrix sia morta, perché Dora non tornerà indietro e perché nello specchio c’è ancora la traccia di quel legame di sangue che ha portato alla rovina di tutto. 
È stata quella la colpa di Andromeda, osare pensare di poterne scappare. 
Da quando Dora è morta, guardarsi allo specchio è diventato straziante, in certi giorni insopportabile — c’è l’assassina di sua figlia riflessa nello specchio, anche se un po’ più vecchia, anche se i capelli sono un tono più chiaro, anche se negli occhi non ci sono rabbia e disprezzo.
Qualcuno che la suggerito di parlare con un esperto, ma Andromeda si è sempre chiesta come fare, come riuscire a tradurre in parole, discorsi l’inconcepibile: «mia sorella ha ucciso mia figlia ed io ho sempre pensato che sarebbe successo».


Quando Teddy ha undici anni, le sue domande diventano più incalzanti ed Andromeda non riesce più a tergiversare, non adesso che andrà ad Hogwarts, non adesso che vedrà il luogo esatto in cui Dora è stata uccisa, non adesso che potrà scoprire la verità da altri.
«Devi essere tu a dirglielo, Andromeda. Se lo scopre da solo, non te lo perdonerà mai».
È quello che le ripetono tutti e alla fine Andromeda racconta tutta la storia. 
Cede davanti agli occhi grandi di suo nipote, senza celare nulla, raccontando di quella sorta di maledizione, del modo in cui la famiglia di prima ha distrutto quella di dopo.
Teddy non piange, ascolta una storia che aspetta di conoscere da tutta la vita, non chiude gli occhi neanche quando lei racconta l’inconcepibile.
«Ma perché lo ha fatto, nonna? Perché ti voleva punire?»
«Perché me ne sono andata, immagino. Perché lei e tutte le stupide idee con cui siamo state cresciute, me le ero lasciate alle spalle e perché il modo più semplice di punire una persona è toglierle ciò che più ami al mondo»
Teddy socchiude gli occhi e i capelli cambiano colore — diventano scuri, almeno quanto i suoi pensieri.
«Ma era tua sorella» 
«Ed è stato questo il problema, Teddy. È da tanto tempo che provo a darmi una spiegazione, vorrei poterti dire di più, vorrei riuscire a dirti che per tutto questo male esiste una ragione. Nel nostro caso, la ragione è banale ed è il sangue: avere lo stesso sangue di Bellatrix ha fatto a pezzi tutto il resto».


Ci sono giorni in cui Andromeda non riesce ancora a guardasi allo specchio perché vede ancora l’assassina di sua figlia oltre i capelli ingrigiti ed oltre le rughe, in cui si chiede se esista un modo, uno qualsiasi, per poter dimenticare che in fin dei conti tutto quel dolore è legato alla sua stessa esistenza.

 
 
   
 
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