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Autore: Teony    24/03/2024    2 recensioni
[Elden Ring]
Dominula, il villaggio dei mulini, è ormai devastata dallo Shattering ed i relativi abitanti sono condannati a danzare per sempre, fino alla morte.
Ma forse, non è sempre stato così.
E forse la famiglia reale ha fatto loro visita, almeno una volta.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Le Sacre du printemps
 
 
L’hanno sollevata di peso, pochi minuti prima che Miquella urlasse richieste d’aiuto.
Malenia è collassata a terra. Ad appena un mese dalla sua prima amputazione.
Erano insieme, camminavano nel giardino, niente di più, finché la sua gemella non si è arrestata sul posto, a seguito di un grido acuto.
L’ha sentita trattenere il pianto il più possibile, mentre i soccorritori l’hanno trasportata di fretta in camera sua ed adagiata sul letto. Ormai ha sviluppato la tendenza a nascondere i propri stati d’animo.
Non vuole più mostrarsi fragile. Non può, perché è un’indomita guerriera.
«Pretendo di rimanere!» ha esclamato, nello stringere con forza la mano della sorella. Neanche quell’intimidatorio machete, poggiato di fianco alla gamba nuda di lei, escoriata ormai fino alle ossa, era riuscito a dissuaderlo dal restarle vicino.
La pelle le pendeva a pezzi sul materasso in miseri filamenti sconnessi.
Ormai non c’è più tempo.
La marcescenza sta progredendo a gran velocità, sta consumando persino lei, una Semidea, un’Empirea.
«Ti prego… va’ via.»
L’ha guardato con gli occhi lucidi di lacrime e la supplica di lasciarla sola, nella sua debolezza. Gli ha sorriso appena, celando in esso il terrore di un dolore preannunciato, per quanto necessario e la perdita di un altro arto.
Solo fin sotto al ginocchio.
Non è ancora irrimediabile.
Può ancora salvarla.
«Ma ho bisogno di restare con te…» la voce gli si è spezzata in una misera supplica, mentre i medici hanno iniziato a tastarle quel poco che del polpaccio le restava.
Ma lei ha scosso la testa, nel carezzargli la guancia e Miquella non è riuscito a respingere il suo desiderio. È stato scortato fuori dalla stanza della gemella, il tempo di udire il suono di un taglio netto nelle carni ed un urlo straziato dal dolore.
 
Ed ora, sua sorella è monca del braccio destro e di metà gamba sinistra, mentre lui, ancora una volta, è piegato sulla scrivania, alla ricerca di anche solo una scoperta utile.
E se prima era in grado di consolare entrambi con l’idea che lei riuscisse ancora a combattere, seppur rallentata, ora non può più farlo.
La malattia la sta privando di tutto: le speranze, il sorriso, la fiducia nell’esistenza, probabilmente la sta anche privando della certezza che Miquella possa davvero salvarla.
Un incompetente. Ecco cos’è.
Ed è così frustrante che la sua conoscenza non sia sufficiente.
È inutile incaponirsi su questi maledettissimi libri! Lo scatto di rabbia lo induce a spintonarne un’intera fila, che rovina inesorabile sul pavimento.
È così stanco… eppure non basta. Ogni sua ricerca sta risultando vana ed è dilaniato tra il nervosismo per i suoi sforzi ancora vani ed il timore che lo sconforto possa indurlo ad interrompere ulteriori ricerche.
«Miquella…»
Intirizzisce di poco la schiena, ma non si volta, nel riconoscere la voce amica. Si limita a ricercare la calma e si finge preso dal raccogliere i vari tomi. «Sono impegnato, adesso.»
«Io credo che tu abbia già fatto abbastanza, per oggi.»
Quelle parole lo feriscono più di quanto desideri, perché si arresta e chiude gli occhi, pur di ricacciare via la propria esasperazione. «No, Godwyn. Non è ancora abbastanza.»
Il fratellastro gli si avvicina e gli poggia il palmo sulla spalla, chinandosi a lui di fianco. «ostinarsi non porterà a niente. Devi riposare. Per il bene tuo, mio e di Malenia.»
Ed il nome della sorella è sufficiente a spingerlo ad ascoltarlo, perché lo drena di ogni energia mentale. «Ha perso la gamba…» confessa a filo di voce, attribuendosene la responsabilità.
«Sì, ho sentito… è il primo motivo per cui sono tornato così in fretta.»
Miquella si morde le labbra. «È colpa mia, Godwyn… è solo colpa mia. Se solo mi fossi impegnato di più, se solo avessi cercato più a fondo…»
«Sai bene che stai facendo tutto il possibile e lo sa anche lei.» ma lui scuote il capo e si rialza, nel recuperare gli ultimi libri.
Sente il fratellastro sospirare appena. «Anzi, a volte penso che tu stia facendo troppo.» suo tono è velato dal rimprovero e l’Empireo corruga le sopracciglia, interrogativo.
Ora si guardano e Miquella ne ha la conferma: c’è uno specifico pensiero che lo turba e che esita a rivelare, perché ancora indeciso sul come intavolare la questione.
«Te l’ho detto e te lo ribadisco, Malenia è il primo motivo per cui sono già di ritorno.»
«Che vuoi dire?»
Godwyn si rialza, svia lo sguardo, si allontana. Scorre gli occhi distrattamente sui libri ordinati sugli scaffali. «Leyndell chiacchiera molto, lo sai benissimo. Ultimamente più del solito.»
Eccolo, il suo tipico metodo per informarlo di delicate questioni, a cui teme di giungere al punto: partire dal vago.
«E allora?»
«E allora…» si schiarisce la gola, si poggia sulla libreria ed incrocia le braccia. Ancora non lo guarda. «Gira voce di un certo sogno, che fa capolino nella mente di specifiche persone, maghi, in particolare.»
Miquella svia gli occhi. Adesso ha una mezza idea di dove Godwyn voglia andare a parare.
«Una figura eterea, giovanile, dai lineamenti confusi nella nebbia. Alcuni ne hanno intravisto il volto, lo descrivono come talmente bello, dal poter rivaleggiare con quello della regina Marika stessa. È una figura sfuggente, forse alla ricerca di qualcosa, eppure da una capacità attrattiva tanto incredibile, dall’indurre i più sensibili a venerarla e ricercarla nei sogni. Mi chiedevo se ne avessi sentito parlare.» la voce del fratellastro si assottiglia, velandosi di sarcasmo, ma il giovane Semidio si limita a dargli le spalle ed opta per la strategia più sicura. «No, ma è di sicuro un fenomeno peculiare.»
«Miquella… lo capisco che sei disperato. Lo siamo tutti, ma cercare conoscenze altrove, sperare di trovare risposte che forse neanche esistono, non è la strategia ottimale. Non puoi esporti a chiunque in questo modo, potrebbe essere controproducente, sia per te, che per coloro che ammali.»
«Godwyn» nel richiamarlo indurisce la voce, piegando il capo di lato. Tutto ciò lo sta innervosendo. Non sta a lui giudicare i suoi metodi. «Non so davvero di cosa stai parlando.» semplice sistema per indurlo a lasciar cadere la conversazione.
Ma il suo fratellastro non demorde, anzi. Si fa persino più aggressivo. «Ho avuto una singolare discussione con un mercante, un paio di giorni fa.»
Miquella rabbrividisce.
«Suonava uno specifico brano che ho riconosciuto. Gli ho chiesto dove l’avesse mai imparato. Sai cosa mi ha risposto? “Nei sogni”. Un’eterea figura gli ha fornito conforto, a lui, come a tutti i suoi simili.»
Ed a questo punto il giovane Semidio non sa più come svincolarsi dalla discussione, si limita ad incurvare la schiena.
«Sei stato nelle fogne, vero?»
 Miquella chiude gli occhi.
«Immagino che tu abbia visto ben più di quanto Marika vorrebbe.»
«Non posso restare impassibile di fronte ai crimini commessi da nostra madre.»
«Miquella, la tua disperata ricerca ti sta spingendo in questioni che è meglio lasciar perdere a priori.»
«Non sta a te stabilire cosa debba o non debba fare.»
«Io sono solo preoccupato per voi. Sia per te, che per Malenia. Siete le persone a me più care e come tu stai disperatamente cercando di salvare lei, io voglio salvarvi entrambi.»
«Cosa dovrei mai temere» gli chiede a filo di voce.
Godwyn gli si avvicina e guarda oltre la finestra, in direzione dell’imponente Albero Madre. «C’è qualcosa là sotto…»
E prima che lui possa informarlo di esserne consapevole, è obbligato a rivedere le proprie convinzioni. Ciò a cui il fratellastro si riferisce sembra qualcos’altro, che non coinvolge i poveri individui affetti dalla Fiamma della Frenesia, accatastati gli uni agli altri, oppressi nelle catacombe e lasciati morire di stenti.
«Ne ho sentito parlare una sola volta, durante una discussione tra Marika e mio padre. Mostruosità da sigillare nelle viscere del creato. La regina ha rifiutato di sporcarsi le mani e per sbarazzarsene e li ha rinchiusi nelle fogne di Leyndell.» lo guarda, ma per quanto gli sorrida appena, il suo sguardo è indecifrabile. «Cerca di non spingerti troppo a fondo nella faccenda, va bene?»
Miquella annuisce, senza convinzione. In realtà non teme pericoli, è disposto anche ad esporvisi, nel caso fra essi si celi una cura per Malenia. Ma Godwyn non ha bisogno di esserne al corrente.  
«In ogni caso» lo richiama, con un pizzico di sarcasmo. «Siccome so di quanto sei affamato di ogni tipo di pratica, che abbia poco o nulla a che vedere con l’Ordine Aureo ed io non aspetto altro che vederti prendere un po’ d’aria: volevo chiederti se ti andasse una piccola escursione ad Altus.»
Il giovane Semidio inarca un sopracciglio.
Mentre Malenia giace sul letto, impossibilitata dal muoversi per la malattia.
Mentre i sensi di colpa lo stanno dilaniando.
«È fuori discussione.»
«Neanche se ti dicessi che è proprio in questo periodo si svolge un particolare rito propiziatorio, che potrebbe interessarti?»
Miquella resta immobile ed osserva quell’inutile catasta di libri. Ricorda il volto di Malenia contrito dal dolore, lo sguardo intimorito da quel machete che con un colpo deciso l’ha strappata dal braccio destro.
Forse morirò gli ha detto una volta.
«Non puoi morire, noi siamo immortali.» ha sostenuto, ma nel vederla cadere sempre più a pezzi, ha iniziato a dubitare che sia vero.
Sono disgustosa.
A volte mi pento di esistere.
«D’accordo» lo dice senza pensarci, ignorando ogni implicazione della propria decisione. In fin dei conti, quando Godwyn stabilisce di voler fare qualcosa, è davvero difficile dissuaderlo.
 
***
 
La piccola escursione viene organizzata quattro giorni dopo, all’insaputa di chiunque. «Non è il caso che mio padre lo venga a sapere» ha suggerito Miquella. «Farebbe di sicuro resistenza».
«Ancora ossessionato da te? Vedo che lasciare l’Ordine non è stato sufficiente a svincolarti da questa disastrata famiglia.»
«Leyndell ha ancora bisogno di me… che io lo voglia o meno e finché Malenia non può muoversi, Marika ha controllo su entrambi.»
Decidono di sfruttare le tenebre per viaggiare e giungere così a Dominula durante le prime ore del mattino, in modo tale che Miquella abbia l’occasione di assistere al rito promesso. Dovrebbero essere in grado di rientrare verso il tardo pomeriggio, così che Radagon non abbia troppo di cui lamentarsi ed il giovane Semidio sia in grado di inventare menzogne sufficientemente credibili.
Ciò che più gli pesa è il lasciare indietro Malenia, anche solo per qualche ora.
A seguito della seconda amputazione, le è stata fornita una protesi in acciaio, così dal permetterle almeno di camminare, anche se con impaccio, ma lei si è comunque rifiutata di lasciare la camera, a malapena ha permesso Miquella e Godwyn di farle visita e non ha voluto alcun tipo di aiuto.
Il gemello l’ha vista guardare l’esterno con insistenza, non ha osato degnarlo di uno sguardo. Ha desiderato avvisarla della piccola escursione segreta. Le è sempre piaciuto seguirlo nelle sue piccole trasgressioni, del resto, ma nel vederla così rigida, seriosa, seduta sul letto di fianco alla finestra, con l’unica gamba integra stretta al petto, ha dubitato di conoscere davvero i suoi bisogni e desideri.
Forse, sino ad ora, non ha fatto altro che imporle la sua volontà.
Non è riuscito ad informarla, perché Miquella non si è sentito autorizzato a chiederle nulla e perché probabilmente la gemella non sarebbe stata in grado di assecondarlo.  
Si è limitato ad avvicinarsi, col forte desiderio di abbracciarla, baciarla e rassicurarla ancora con effimere promesse. Lei non ha reagito neanche alla sua vicinanza e ciò gli è bastato per dissuaderlo.
Ti amo. Lo ha solo pensato, nell’osservare con rammarico quelle macchie livide appena abbozzate sulla sua fronte. L’ultima volta non erano così evidenti…
Ti prego, Mal, resisti.
E lo ripensa, quando, nell’attuare il piano per fuggire via dalla reggia, non è riuscito a desistere dal salutare la gemella.
Ha atteso che Radagon dormisse, così come la maggior parte di inservienti e soldati, ha recuperato il Velo Mimetico dagli alloggi della madre, ormai assente e se n’è servito per sfuggire ad ogni tipo di controllo.
Avrebbe dovuto tirare dritto, raggiungere le stalle immediatamente, così come accordato, eppure all’ultimo ha deciso di deviare e dirigersi spedito nella camera di Malenia.
Si avvicina alla sorella, col cuore di piombo, nel rimuovere il Velo Mimetico e calare il cappuccio sulle spalle.
Lei dorme, ma Miquella sa bene che il suo non è un sonno quieto e non solo perché ha il viso contrito nella sofferenza ed il respiro affannoso, ma lui può vederlo.
Più volte, pur di purificare i suoi incubi, il giovane Semidio è filtrato nella sua mente e le ha offerto conforto, connettendo i sogni di entrambi.
I sensi di colpa lo attanagliano di nuovo e l’idea che la sua ricerca disperata abbia il solo fine di salvarla, non è sufficiente.
Non dovrebbe svegliarla, eppure si ritrova spontaneo ad accarezzarle appena lo zigomo, discostandole i riccioli bagnati dalla fronte sudata. La sente mugugnare appena e dischiudere gli occhi. Lo riconosce, nonostante la dormiveglia e lo chiama a voce fioca. Le si avvicina al volto e le sorride con dolcezza.
«Sarò via solo per un po’, tu riposa. Ne hai bisogno.» è la sua unica confessione e non le lascia il tempo di elaborare le sue parole o formulare alcuna domanda. La bacia con dolcezza, sfiorandole le labbra appena. Le dedica il gesto con tutto l’affetto che riesce a dimostrarle.
La sente rilassarsi sotto il suo tocco. «Dormi, sorella mia.» le sfiora di nuovo il viso, nel richiamare la magia del sonno e lei annuisce passiva.
Non serve che poco per riaddormentarla e finalmente Malenia distende il viso e scivola in un riposo sereno.
Miquella la contempla ancora per pochi secondi, ammorbato dai rimpianti e riconfermando la propria intenzione di salvarla a qualunque costo. Così risolleva il cappuccio, poggia di nuovo il Velo sul capo e va via, scivolando lesto tra i corridoi.
Le stalle sono appena fuori dal palazzo e non ci sono particolari ostacoli lungo il tragitto. Ritrova Godwyn esattamente dove stabilito. «Fortissax ci aspetta fuori dalle mura, dovremo cavalcare sino a lì.»
Miquella annuisce passivo, nell’avvicinarsi a Torrent che, nel riconoscerlo, nonostante il travestimento, ha preso a scalpitare energico. Gli accarezza la criniera e frega il muso, prima di poggiarvi al di sopra la fronte «Stavolta non puoi venire con noi, noterebbero subito la mia assenza. Cerca di essere paziente, d’accordo?»
Godwyn si limita a  preparare il cavallo scelto per il breve tragitto ed invita Miquella ad avvicinarsi. Ha appena il tempo di aiutarlo a mettersi in sella, che i due sono obbligati a trasalire.
«Lord Godwyn! Allora eravate voi.»
Questo forza subito un sorriso di cortesia e si volta, mentre il giovane Empireo curva la schiena e piega il viso dal lato opposto, avvolgendosi maggiormente nel mantello bianco. È certo che il Velo Mimetico sia sufficiente ad ingannare chiunque, ma l’istinto gli ha imposto di dubitarne. Intanto elabora una possibile giustificazione, nel caso la loro partenza sia ormai compromessa.
Ad aver sorpreso i due fratelli è una delle sentinelle notturne. Probabilmente deve aver notato i movimenti di Miquella nella reggia. Ne ha la certezza, nel momento in cui il soldato riprende a parlare. «Vi ho visto vagare fra i corridoi, fortunatamente ho voluto investigare, prima di lanciare l’allarme…» probabilmente guarda il fratellastro costernato. «Non penserete di partire a quest’ora…»
«Invero, mio caro compagno» non è detto sapere se conosca il soldato per davvero, oppure è un modo per inibirlo «È proprio ciò che ho intenzione di fare.»
Tipico di Godwyn. Lo pensa Miquella e di sicuro lo pensa anche la sentinella.
Il primogenito della stirpe aurea è un indomabile e caotico ribelle, che non ha da chiedere permessi a nessuno e riesce a trascinare nelle sue folli avventure chiunque desideri. Ma ciò che più sconvolge il giovane Semidio è la giustificazione che elabora, pur di troncare la conversazione sul nascere ed evitare così controlli più stringenti. Giustificazione che lo pone in imbarazzo, per quanto ne colga l’ilarità.
«Ho una dolce compagnia con me, che non può attendere oltre…» le implicazioni sono ben chiare, perché Godwyn si permette persino di prendere la mano del fratello e sfiorarla con le labbra, così dal rafforzare la bugia.
Miquella si limita al silenzio. Riderebbe, se potesse, perché il soldato gli crede nell’immediato.  
Gli crede, perché anche questo è tipico di Godwyn: gettarsi in avventure romantiche, che si concludono sul nascere, o almeno, queste sono le dicerie sul suo conto, che il fratellastro non ha mai potuto confermare o smentire.
«Sarò di ritorno al più presto» dichiara, nel salire in sella, subito dietro al fratellastro. «Anzi… mi faresti un favore se evitassi di diffondere la notizia del mio breve allontanamento.»
«M-ma signore…»
Però Godwyn agita le redini e parte a galoppo senza ulteriori indugi.
«Ma come ti è venuto in mente di dire qualcosa del genere?» chiede Miquella, sarcastico e Godwyn gli risponde col medesimo tono. «È sempre bello interpretare la parte dell’irresponsabile ed indisciplinato primogenito, non ho potuto non sfruttare l’ennesima occasione.»
Miquella ride.
«Ed è sempre bello offrire ai miei fratelli uno scorcio di quella libertà che meritano» si sente cinto dal suo braccio destro, avvertendo il delicato affetto fraterno e sbiadisce il sorriso. Si volta appena indietro ed intravede la finestra che dà sulla camera di Malenia, ora buia.
Solo qualche ora.
Deve resistere senza di loro, solo per poche ore.
La loro amata sorella.
 
***
 
Non si è mai spinto così lontano dalla capitale prima d’ora. Marika non gliel’ha mai permesso, perché convinta che ingabbiarlo fosse sufficiente a vincolarlo all’Ordine Aureo, alla famiglia reale, a ciò che lui avrebbe dovuto ereditare, nel caso avesse ubbidito al volere di sua madre.
Miquella sarebbe dovuto essere il perfetto risultato di un lungo processo traboccante d’oro e prosperità. Sarebbe divenuto la perfezione assoluta.
Ma ora, che la sua deformità è confermata, che la sua aspirazione non è l’Albero Madre, né il trono, ma è il poter salvare l’impura gemella dalla Marcescenza, l’Empireo non è altro che il miglior prigioniero nella gabbia d’oro di Marika.
Miquella è un risultato sufficiente, ma è importante che si continui a limitarlo e trattenerlo.
Perché ha intenzione di voltare le spalle alla regina il prima possibile e potrebbe rivelarsi persino pericoloso.
E quale metodo di controllo più efficace, se non applicare diretto controllo sulla persona a lui più cara, nonché povera figlia malata?
Pensa a tutto ciò, mentre il vasto altopiano si estende a perdita d’occhio sotto di loro, mentre Fortissax sorvola i cieli tinti dei primi colori dell’alba.
Si domanda a come potrebbe mai spezzare quelle salde catene, che lo vincolano a Leyndell e Marika, nell’assaporare quel piccolo scorcio di libertà, che Godwyn ha voluto concedergli.
Se solo potesse, se solo Malenia fosse lì con loro… forse non tornerebbe più indietro.
Ma dove potrebbe mai vivere un Empireo, perseguitato dalla Volontà Superiore?
E come potrebbe mai garantire la salvezza a colei che ama più di chiunque altro?
«Vedi quei mulini laggiù?» indica d’un tratto il fratellastro. «È lì che stiamo andando. Dominula, il villaggio dei mulini, nonché primi produttori di grano della capitale.»
Lasciano Fortissax a debita distanza dall’insediamento cittadino, con la promessa di rivedersi nel medesimo punto all’imbrunire e proseguono a piedi.
Nessuna scorta, nessuna corte a fiancheggiarli, solo loro due, mentre i loro passi scricchiolano su sterpi di grano e forse per la prima volta è Miquella a chiedersi se non stia vivendo altro che un sogno. Lascia che lo sguardo scorra libero sull’ameno paesaggio rurale, tinto dai primi e deboli colori del mattino, mentre avverte soffusi canti in lontananza e voci spensierate.
Ammira la potenza della natura nella sua forma più pura e ne percepisce la magia.
Oh Marika, perché ostinarti a creare la perfezione, se essa è proprio nella diversità ed in ogni forma distinta?
Perché ostinarti a limitare qualcosa che desidera solo poter esprimere se stessa?
Poi dedica una rapida occhiata al fratellastro: procede in avanti, mentre sorride sereno. Miquella, inizia sempre di più a comprendere il perché Godwyn abbia così tanto insistito a coinvolgerlo in quest’escursione improvvisata.
Forse vuole istigarlo a concepirsi come libero in ogni caso. Esattamente come loro due in questo momento: due Semidei, che senza alcuno al proprio seguito, si dirigono ovunque desiderano.
 
Libero.
Un concetto che, pur nella sua vita immortale, non riesce a concepire.
 
«In quanto Empireo, hai diritto ad un Anello, sacra testimonianza del legame imprescindibile tra te ed il tuo Elden Lord, alla tua ascesa come Dio ed origine di una nuova era.»
 
Al loro arrivo, i festeggiamenti sono già avviati, le larghe tavolate già imbandite, i banconi allestiti ed un vociare energico, traboccante di allegria echeggia fra le rustiche case di campagna. Godwyn non perde tempo a farsi riconoscere – è chiaro che non sia la sua prima volta qui – e viene subito accolto con oneri e grande entusiasmo. Sicuramente Miquella si sarebbe ritrovato braccato da curiosi e coperto di ammirazione e complimenti, non fosse per il travestimento e ringrazia di poter passare inosservato.
Gli viene comunque posta qualche domanda; è inevitabile che accada, ma il Velo Mimetico permette che chiunque, che si ritrova a guardarlo o con cui interagisce, si dimentichi dei suoi lineamenti, delle sue parole, della sua voce, persino del semplice fatto dell’esserci stato. E la presenza importante del fratellastro, contribuisce al processo di dimenticanza.
Infatti non ci vuole che poco, perché Godwyn venga circondato dal gruppo di conoscenti e non, mentre viene assalito da domande su Leyndell, la nobiltà, o semplicemente su come stia.
Le giovani più audaci domandano per vie traverse se sia impegnato durante le prossime notti, perché terrebbero davvero a rivederlo.
Ed è con una di loro che Miquella si ritrova a conversare: una giovane coi capelli corvini, raccolti in una treccia arrangiata e gli spigliati occhi verdi. «I festeggiamenti proseguono per tutta la prima settimana della primavera. Durante il giorno si auspica al buon raccolto e l’intero villaggio si riunisce per pranzare insieme, mentre all’imbrunire si alimentano i falò e si danza e canta sino a tarda notte.»
L’Empireo approfitta della sua loquacità per invitarla a sedergli al fianco e chiederle riguardo il rito odierno e finalmente ha una risposta esaustiva.
È un atto di autolesionismo propiziatorio.
Glielo riferisce serena ed anzi si solleva le maniche e gli mostra evidenti solchi sui polsi, come se fiera delle proprie cicatrici. «Il sangue giovane contribuisce ad una prospera stagione. Ogni giovane del villaggio sceglie una frasca, su cui verserà il proprio sangue, prima di seppellirla. È il primo passo verso una fiorente primavera.»
Magia.
Miquella ne riconosce la struttura e la forma, per quanto sia ben diversa dal rigore psicotico dell’Ordine Aureo. È una conoscenza che gli manca e lo affama. Lo dice senza pensarci: «Mi piacerebbe contribuire, se possibile.»
La giovane lo osserva indecisa, per quanto non spegne il sorriso. Chissà quale dei tanti visi gli sta attribuendo ora o quale sesso. Una cosa è certa, lo vede giovane, perché Miquella ha desiderato così e perché lei non declina subito l’offerta.
«In realtà mai nessun forestiero si è proposto prima d’ora… Quindi, non saprei dirti.»
«Ma terrei davvero a partecipare…» le sfiora la mano, la fissa diretta negli occhi, le si avvicina appena al viso. E neanche il Velo Mimetico riesce a contrastare il suo potere persuasivo, perché lei distoglie a fatica lo sguardo, biascica assenso e si alza. «Informerò la capo villaggio della vostra richiesta.»
L’Empireo le sorride gioviale e la ringrazia, per poi notare che Godwyn l’ha osservato per tutto il tempo, con un ghigno appena accennato, prima di rivolgergli un piccolo brindisi.
Lo sapeva benissimo, che tutto ciò lo avrebbe interessato sin troppo.
 
Le pire vengono accese già ai primi colori del pomeriggio, per tutto il villaggio, ma è sull’apice della collina che accade il cuore della celebrazione: il gruppo di giovani è disposto in cerchio a cui si aggiunge anche Miquella, senza destare alcuna particolare reazione, come se invisibile agli occhi degli altri.
Avverte una sensazione non dissimile da quella che gli forniscono i sogni da lui veicolati.
È spettatore e agente.
Appena percettibile agli occhi di coloro che sognano, eppure padrone totale di ogni sua azione, così come delle loro.
È nel medesimo modo che scivola di fianco al gruppo di giovani, mentre i passi leggeri accarezzano i fili d’erba, ancora secchi d’autunno. Come potrebbero mai immaginare che al loro fianco vi è proprio Miquella il Puro, in procinto di imitare la loro caratteristica pratica?
Si ferma di fronte alla frasca, si scopre il polso sinistro, in concomitanza con gli altri. Lo osserva, freme, nel poggiare la fredda lama all’altezza della vena.
Eppure esita.
Di cosa ha paura? Non riesce a definirlo. Forse sono i gemiti emessi dagli altri, il suono della carne lacerata, l’acre odore di sangue che si avverte appena nell’aria. È un sacrificio che sono disposti a compiere per la prosperità del villaggio.
Ed è questo che lo istiga a procedere.
Sarebbe disposto a scomparire dall’esistenza, se ciò permettesse a Malenia di sopravvivere.
Si solca il polso con un gesto preciso ed un grido gli sfugge dalle labbra incontrollato.
Fa male.
La carne pulsa, la ferita brucia ed il sangue defluisce abbondante: è di un rosso vivido, cristallino e cola abbondante. Si morde le labbra e dischiude gli occhi. La mano che regge il coltello trema, ma i giovani del villaggio si solcano ancora la pelle e così li imita, ferendosi subito sotto il primo taglio. Stavolta il dolore è persino più intenso, perché se l’aspettava. Strizza le palpebre, lascia la presa sul coltello, preme il braccio, speranzoso che basti per arginare il dolore e lo distende verso la frasca, rivolgendo la ferita verso di essa.
Le anziane del villaggio mormorano un canto propiziatorio, glorificano l’Albero Madre per il suo ciclo, che rende ogni cosa perfetta ed immutabile, invocano il sacro nome di Marika, di Radagon, persino dei due gemelli, mentre Miquella avverte le fitte affievolirsi ed in quella realtà, che lui stesso percepisce come surreale, assiste ad un miracolo a cui lui stesso stenta a crederci.
Gli occhi annebbiati dal dolore osservano la frasca, macchiata del suo sangue, assumere sempre più colore: le foglie secche, spruzzate di sangue, si tingono d’oro,  il legno marcio rinvigorisce ed estende i propri rami, carico di nuova vita. L’Empireo batte le palpebre più volte, ma il ramo è ancora lì. Vi si china di fronte, titubante e lo sfiora appena.
 
E poi vede.
 
Vede un albero fiorente, estendersi verso il cielo, in aperto contrasto con l’Albero Madre.
Vede dell’oro denso colargli dalle mani.
Vede il sangue sgorgargli a fiotti dai polsi sfregiati.
Avverte le stelle richiamarlo e mormorargli la sorte, in una lingua che ancora non è pronto a comprendere.
Sente dei singhiozzi, in una buia notte d’inverno e non sa dire se siano i suoi.
Godwyn è disteso sul pavimento, immobile, gravemente sfregiato sul dorso.
Vede delle mani mostruose afferrarlo, tirarlo con violenza, privarlo di vita.
 
E poi vede Malenia.
Ha gli occhi chiusi, sta sognando. Eppure ha il volto sfigurato dalla marcescenza, contrito nel dolore, nel rammarico. Sembra abbandonata a se stessa, senza di lui, senza nessuno in grado di aiutarla.
Lui è altrove e può avvicinarla solo tramite i sogni.
Sono stati separati. Forse per sempre.
 
Gli sfugge una lacrima incontrollata, se ne rende conto solo quando il palmo amico gli si poggia sulla spalla e lo scuote appena. Sussulta, si scopre in piedi, con le mani strette saldamente in preghiera sul ramo, ora di un bianco luminoso.
Gli altri giovani si sono già allontanati ed una musica rurale echeggia nel cuore del villaggio.
Godwyn gli è al fianco. «Tutto bene?»
Miquella riesce solo a fissarlo amareggiato. Sente l’impulso di abbandonarsi ad un pianto liberatorio. Non è in grado di decifrare ogni sua visione, ma avverte la chiara e velenosa sensazione che qualcosa sta per cambiare e che potrebbe privarlo di quel poco di caro che possiede.
 
A meno che non decida di ubbidire alla Volontà Superiore.
 
Lascia la presa sul ramo ed abbraccia il fratello in un gesto istintivo, senza curarsi del sangue che ancora defluisce dalle ferite ed anzi, nell’avvertire Godwyn irrigidirsi, lo stringe con più forza.
«Miquella, che succede?» ora corrisponde il gesto, accarezzandogli i capelli con dolcezza, ma lui esita ancora a rispondergli. «Ho bisogno di tempo per pensare…» mormora.
«Va bene… allora aspettiamo un po’, prima di ripartire. E… direi che per prima cosa sia il opportuno fasciarti i polsi.»
Lui assente appena, nel lasciarsi stringere con più vigore.
 
 
Ci sono sei falò al centro della piazza. Il legno fresco crepita fra le fiamme, perfetto sottofondo ai ritmi della danza rurale, fra sorrisi, risa, e piccoli gesti d’amore ed amicizia.
Miquella li osserva a distanza, ma non per davvero. La sua mente è altrove. Forse sono le stesse pire, vivide, alte, protese verso il cielo terso, su cui sono visibili le prime stelle, a stimolargli i pensieri confusi.
C’è una giovane, su cui i suoi occhi decidono di posarsi. È confusa tra le sagome dei suoi compaesani, ne intravede a stento i lineamenti. Stringe il lembo della gonna fra le dita, rotea spensierata tra le fiamme. Sembra che persino i giochi di luce sulla sua pelle, danzino con lei.
E ride. Ha una risata così gioviale e cristallina. Trasmette una piacevole sensazione di energia vitale.
È così felice.
La osserva rapito, mentre lo sguardo gli si bagna di lacrime.
Ed ora la risata diventa una eco di un ricordo lontano.
È Malenia a ridere.
Ora c’è solo lei, fra quelle pire. Felice, libera, sana. Anche lei regge il lembo della gonna, volteggia sulle proprie gambe mentre la gonna leggera ed i folti ricci rossi assecondano i suoi movimenti con grazia. Forse lo richiama, lo invita ad aggiungersi alla danza, abbandonarsi a quella magica frenesia, che sembra indurla a proseguire, forse per sempre, finché il corpo non sarà drenato di forze.
Gli sorride, lo osserva. Forse gli mormora qualcosa, ma non riesce a sentirla.
 
«In quanto Empireo, puoi trascendere a nuova divinità e cominciare una nuova Era, affiancato dal tuo Elden Lord.»
 
Sarà qualcuno adatto a detenere il trono, qualcuno benvoluto dalla Volontà Superiore.
Com’è stato per Marika.
Così sarà per te.
Ma ogni riflessione è spezzata, perché Godwyn gli si siede accanto. «Stai meglio?»
Annuisce, premendosi le bende. «Non è stato tanto doloroso.» gli viene porto un semplice bicchiere d’acqua, lo accetta e beve.
Ora entrambi guardano in avanti, dove Dominula è ancora intenta a danzare e cantare. «Lo sapevo che non ti saresti tirato indietro…» ammette il fratellastro. «Per quanto, un lato di me avrebbe preferito che lo facessi.»
«È stata un’esperienza senza dubbio costruttiva e interessante… Quindi ti sono grato per avermela fatta conoscere.»
Restano in silenzio per qualche attimo, nel quale Miquella spera che la conversazione venga accantonata.
«Hai visto qualcosa, vero?» gli viene chiesto, invece e lui abbassa lo sguardo.
Per sua sorpresa, tuttavia, Godwyn rifiuta di indagare oltre, si limita a distendersi sull’erba, reggersi sugli avambracci. «Perché non invitiamo anche Malenia?»
Miquella s’irrigidisce e lo squadra scettico. Lo vede sorridere sardonico, ma senza guardarlo. «Voglio dire, abbiamo una settimana di tempo per convincerla. Ha diritto di divertirsi anche lei.»
«Godwyn…» ma prima che possa recriminare in qualsiasi modo, il fratellastro si fa persino più insolente.
Pericolosamente insolente.
«Vuoi dire che non ti piacerebbe ballare in sua compagnia?»
Avverte il volto riscaldarsi, ma gli risponde fermo. «Forse dimentichi un piccolo dettaglio: ha appena perso la gamba.»
«Ha pur sempre una protesi.»
«Godwyn, per favore…» svia gli occhi.
«Oppure, se lei si rifiutasse, potresti pur sempre compiacerla, ballando per entrambi.»
Sente il petto esagitarsi, perché per un istante ha concepito la scena, immaginato lo sguardo di lei, mentre lo contempla ammaliata, gli sorride, forse lo desidera. E, a suo malgrado, l’idea lo alletta. «Quanto sei sciocco…» ha comunque la forza di ribattere ed il fratellastro ghigna, ponendolo persino più in imbarazzo.
«So che ti piacerebbe.» ha persino l’arroganza di dirgli, ma senza alcuna malizia. È semplice constatazione dell’ovvio
«Potrebbe comunque non piacere a lei» e si accorge troppo tardi di non aver negato la pericolosa dichiarazione precedente.
Godwyn ora lo osserva: le labbra piegate in chiaro sarcasmo ed il sopracciglio inarcato. «Prova a chiederglielo allora, per quanto dubito che sappia dirti no.»
E quest’ultima dichiarazione lo ferisce, più di quanto ammetta. Si stringe tra le ginocchia e finge di focalizzarsi di nuovo sulla rustica danza ed i convulsi falò.
È proprio questo il problema: Il timore che la sua premura, il suo desiderio di stargli vicino, gli sguardi, le piccole carezze lascive, le loro segrete effusioni, sono risultato di una sua inconscia imposizione e non ciò che Malenia desidera per davvero.
«Non posso, Godwyn…»
«Allora posso provare a chiederglielo io.»
E chissà quale tipo di impulso lo forza a dissentire immediatamente, per poi avvertire le gote farsi roventi. S’impone di ignorare l’espressione sarcastica del fratellastro.
«Io temo piuttosto che potrebbe risentirsi, se non la informiamo di questa piccola avventura. Magari potrebbe essere la giusta distrazione da tutto ciò che sta passando ultimamente, non credi?»
Vorrebbe crederci. Vorrebbe davvero che fosse così.
Esita ancora per qualche attimo. «Va bene, ci proverò…» si arrende, infine.
E Godwyn gli sorride, soddisfatto, per poi dirgli qualcosa che lo obbliga a fremere e sbarrare gli occhi.
 
«Un mondo governato da voi due, non suona poi così male.»
 
Torna a squadrarlo, scettico.  
Forse non si rende conto della gravità delle sue parole, ma Godwyn non spegne il sorriso.
«Non è forse questo che speri di ottenere?»
Si fissano, ma solo per un istante, il tempo che Miquella sappia come ribattere.
«È la Volontà Superiore a decidere per me, Godwyn. Non ho possibilità di scelta.»
«È vero, La Volontà Superiore deciderebbe per te, se la ascoltassi.»
Che tono insinuante, eppure vibra in una tale maniera, dal farlo sentire esposto.
«Ma lo sappiamo entrambi che non accetteresti mai di sottostare ad un Ordine incapace di considerare Malenia.»
Non risponde e lo sente sospirare appena. «Che fratellino ribelle.»
«Al mio posto, ti comporteresti nel medesimo modo.»
«Non saprei, Miquella. Non sono un Empireo, ma so per certo che essere in aperta ostilità con la Volontà Superiore, non rientrerebbe tra le mie priorità.» e di nuovo è in grado di zittirlo, perché il giovane Semidio ripensa a quelle confuse visioni, prima di raggelare.
 
«Sei molto più simile a Marika di quanto tu creda.»
 
 Tutto si sarebbe aspettato di sentirsi dire, fuorché una tale affermazione e la consapevolezza che sia stato proprio Godwyn a formularla, lo obbliga a fremere persino maggiormente.
Simile a sua madre? Spera davvero che non sia così, per il bene dell’Interregno.
«Pensaci bene, a suo modo, anche lei si è ribellata alla Volontà Superiore. È stata capace di esiliare mio padre, pur di liberarsi della loro unione forzata. Ed è stata persino capace di indurre Radagon a rompere il matrimonio con Rennala, pur di obbligarlo a Leyndell, come suo consorte.»
«Nostra madre ha una ristretta visione del mondo, che non potrei mai appoggiare.»
«Non fraintendermi, non sto insinuando che tu possa condividere le sue intenzioni… o i suoi metodi» smussa il tono. «Anche perché… il regno di Marika è dilagante di rancore, insicurezze, repulsione verso i diversi. È un mondo carico d’odio.» Godwyn gli sorride un’altra volta, nel guardarlo. «Tu cerchi un mondo in cui sia possibile amare, anche nelle differenze, sbaglio?»
Miquella avverte un groppo in gola, mentre forti e confuse emozioni lo scuotono sin nelle viscere, poi guarda il cielo, ormai scuro.
Non ha la forza di continuare questa conversazione. «Torniamo a casa, Malenia sarà preoccupata.» mormora.
E Godwyn torna a sedere. «Va bene.»
 
***
 
È Malenia a scorgerli per prima. Li ha attesi all’ingresso, poggiata allo stipite della porta, per poi aggrapparsi al corrimano, discendere le scale il più rapida possibile, per quanto ostacolata dalla protesi e Miquella la raggiunge in fretta, il tempo di rimuovere il velo mimentico e discendere dalla sella, col necessario aiuto di Godwyn.
Si ritrovano stretti l’un l’altra, nel momento in cui Malenia incespica sull’arto di acciaio e lui è pronto a sorreggerla, per quanto possibile. Si stringono con più vigore, appena la gemella gli chiede ansiosa dove fossero andati, cosa fosse accaduto, se stesse bene e Miquella indirizza gli occhi verso l’ingresso ed affila lo sguardo, nello scorgere Radagon sulla soglia, all’apparenza impassibile. Ha riflettuto a lungo su cosa riferirgli, per giustificare la propria assenza ed è giunto ad una valida conclusione.
Non avrebbe mentito.
Per quanto avrebbe tralasciato la motivazione delle fresche ferite ai polsi, che Malenia ha subito notato.
«Ti spiegherò tutto più tardi» le mormora, nel tornare a guardarla.
Non c’è modo di dirsi altro, perché Radagon non perde tempo a richiamarlo ed a giudicare dal tono, è tutto fuorché sereno.
Miquella non vorrebbe coinvolgere anche Godwyn nella discussione, ma il fratellastro lo segue in ogni caso e Malenia decide di assistervi a sua volta, probabilmente perché intenzionata a sostenere le posizioni del gemello, a prescindere dalle sue motivazioni.
In ogni caso, l’Empireo riesce a sostenere la discussione in completa autonomia e per quanto Radagon lo vessi con domande ed affilati rimproveri, riesce a dar voce alle proprie ragioni, nonché desideri: il bisogno di dover estendere conoscenze al di fuori dalla capitale, di quanto sia oltraggioso che oltre quelle mura, la gente si fidi più di Godwyn che della stessa Marika, del Secondo Elden lord e di lui.
E poi, parla di Malenia.
Forse non avrebbe dovuto, non era quello il corretto sistema per chiedere indirettamente alla gemella di concedersi un piccolo sprazzo di leggerezza, ma non ha trovato metodo migliore per farlo.
Lei è subito alle sue spalle, quindi non può osservare la sua reazione, ma è certo di averla sentita irrigidirsi. «Tutto sommato è una bella esperienza e penso che possa giovare anche a Malenia»
 
In fondo non sei molto diverso da Marika.
Sei egoista.
Sei possessivo.
E sai di avere più controllo, di quanto tu ammetta.
 
È ciò che pensa di se stesso, ma mai avrà sufficiente forza di ammetterlo.
«Desidero solo che una piacevole esperienza la aiuti a distrarsi dalla malattia…» la sua è quasi una supplica, rivolta a Radagon. «Non posso sopportare di vederla rinchiusa, preda del solo dolore…»
Non c’è niente che possa rendermi più felice della sua felicità.
Per un attimo non c’è stata alcuna reazione, se non incredulità leggibile sul volto del Secondo Elden lord, ma prima di ulteriori proteste e rimproveri, è Malenia a parlare per se stessa, richiamando l’attenzione dei presenti.
«Dovresti ascoltarlo, padre.
Miquella è destinato ad un futuro che le mura di Leyndell non sono capaci di contenere.»
E lui rabbrividisce.
Si volta. La guarda.
E sul suo viso riconosce l’indomita guerriera che tanto adora: ferma, risoluta, capace di sostenerlo laddove lui non riesce a reggersi da solo.
 
È di una forza straordinaria, la sua amata Malenia.
 
«E non nego che prendere un po’ d’aria non potrebbe che farmi bene. Ti sarei grata se accogliessi la sua richiesta.» nel dire ciò si mostra leggermente incerta ed abbassa gli occhi, forse perché incapace di sostenere lo sguardo meravigliato di Radagon.
Ma alla fine, il Secondo Elden Lord si dimostra clemente «Solo per mezza giornata e viaggerete sotto scorta…»
Miquella non può astenersi dal sorridere, specialmente nel vedere Malenia fare altrettanto.
Non la sta forzando. È una sua scelta.
E ciò lo rende persino più sollevato della consapevolezza di aver arginato limiti più stringenti da parte di Radagon, almeno per il momento.
«Ma al vostro ritorno, tengo a mettere in chiaro i vostri compiti… anche i suoi, Godwyn.»
Il primogenito di Marika piega le labbra in un sorriso tinto dal sarcasmo. «Non ho intenzione di ignorare le mie responsabilità, stia tranquillo Elden Lord.»
 
***
 
Che Malenia abbia contatti esterni, se non per rapide sfide, è cosa assai rara, ma forse i due gemelli hanno sempre rifiutato di comprenderne la reale motivazione: la marcescenza.
La gente la teme, come giusto che sia. È terrorizzata dalla Semidea, perché è ormai simbolo di malattia, orrore, morte.
E nel tornare a Dominula, stavolta in sua compagnia, quella triste realtà si fa ancora una volta concreta.
I tre fratelli sono partiti durante il pomeriggio seguente, sotto scorta, come è stato loro imposto.
Il loro arrivo è stato sontuoso, dato il drappello di soldati al loro fronte e seguito. L’intero villaggio si è riunito per accogliere la famiglia reale, con i dovuti omaggi, senza mascherare sorpresa e meraviglia. Godwyn, questa volta, ha mantenuto le dovute distanze, ma non ha mancato di mostrarsi sempre solidale, disponibile, familiare nei loro confronti.
Di contro, Miquella ha appena avuto il tempo di scendere dalla propria cavalcatura, per ritrovarsi al centro dell’interesse. Cosa non imprevista, ma a cui ha saputo far fronte con la consueta cortesia, per quanto aiutato dalla scorta.
E poi è stata la volta di Malenia.
Il piede di metallo poggiato sull’erba, il braccio monco coperto dal lungo mantello dorato, su cui vi è ricamato l’Albero Madre. La scarmigliata chioma fulva che le cela la fronte, su cui è possibile intravedere già le prime macchie di marcescenza.
Miquella non perde tempo ad avvicinarsi, grato per aver implicitamente accettato il suo invito, ma il sorriso si spegne subito, nel notare la reazione dei paesani, nel vederla.
La gemella ha appena il tempo di sollevare lo sguardo, perché essi ammutoliscano.
Sono terrificati.
Anzi si fanno appena più indietro, come a volersi proteggere da una grave minaccia, ma troppo intimoriti da lei, per abbandonarsi a reazioni più eccessive e l’Empireo li squadra costernato, prima di avvertire rabbia. Perché Malenia, nell’essere così freddamente accolta, arcua la schiena, si stringe su se stessa ed abbassa di poco il capo.
Si vergogna ancora una volta di se stessa.
E Miquella affila lo sguardo nell’osservare i presenti, i quali, quasi abbiano recepito il muto rimprovero, accennano un inchino o guardano altrove, poi si accosta ancora di più a lei, la prende per mano. «Seguimi, sorella mia.»
Lei annuisce e si limita ad assecondarlo.
 
Due soldati li seguono. Miquella pretende che non ci siano, nel mostrare alla sorella il rustico villaggio e le spiega quel poco che ha potuto apprendere sulle loro usanze, il giorno precedente, ma tralascia ancora quel peculiare elemento di autolesionismo. Non trova necessario metterla al corrente di avervi partecipato e di averlo trovato persino interessante.
E soprattutto, non vuole pensare a quell’oscura visione di cui è stato vittima.
Vuole solo rimanere con lei, adesso e pretendere che ogni cosa vada bene.
Vuole dirle quanto la ama, per esserci sempre, perché non si è mai arresa, nonostante la vita sembra non far altro che vessarla.
Perché ama vederla correre libera, combattere e dedicargli ogni vittoria.
Perché ama vederla sorridere.
Ed ama il suo modo di amarlo.
Sono prossimi alla mulattiera che conduce all’apice della collina.
Miquella si volta d’improvviso, sorride affabile alla loro scorta e chiede loro la cortesia di fermarsi, non seguirli ed anzi, di offrire un aiuto ai paesani negli ultimi allestimenti, prima della danza serale. «Terrei davvero lo faceste e ve ne sarei immensamente grato.»
Forse i due soldati, in condizioni differenti, avrebbero dissentito o quantomeno protestato e riconfermato i propri doveri, ma l’Empireo li sta ancora fissando e con una insistenza crescente, che non ammette alcuna replica, quindi, dopo un profondo inchino, si limitano a voltarsi e tornare indietro.
Lui attende, immobile, teso, incerto che l’incanto regga a tal punto, ma appena la scorta è sufficientemente lontana, stringe la mano di Malenia. «Te la senti di camminare un po’ più veloce?»
Lei è sbigottita, lo è sempre, quando Miquella manifesta il suo potere di persuasione, forse lo teme persino, però assente e lui la conduce per la mulattiera in salita. «Non dovrebbero seguirci per un po’, ma dobbiamo essere rapidi, se non vogliamo essere trascinati indietro di peso.»
Percorrono il sentiero a passo fermo, nonostante la gemella sia talvolta obbligata a rallentare.
Sono ormai prossimi al vertice del colle, quando si odono i primi canti serali, il crepitio delle sterpaglie consunte dal fuoco, la rustica musica che Miquella ha già potuto apprezzare e nel momento in cui lo raggiungono, sono nel cuore dei festeggiamenti.
L’Empireo la precede, si siede fra i fili d’erba ancora ingialliti dall’inverno. La veduta da questo punto è piacevole, si rende conto di non averla potuto apprezzare a sufficienza, durante il giorno precedente e di nuovo si volta a guardare la sorella, le sorride e le fa cenno di sedergli a fianco.
Ora sono in due di fronte al belvedere, più precisamente: Malenia osserva il panorama, indecifrabile. Forse è incredula, forse tutto ciò le suona di già visto, ma Miquella guarda lei. Ne ammira i lineamenti, il profilo affilato, i tratti decisi, poi studia quelle crudeli macchie nere all’altezza delle sue tempie, sempre più prossime ai suoi occhi.
 
Ed il terrore che possa perdere persino la vista, che un giorno non possa neanche più contemplare il mondo che la circonda, in tutte le sue sfaccettature, lo dilania.
Lo dilania il pensiero che non possa più guardarlo e ribadirgli ancora una volta, di quanto lo trova desiderabile, mentre confessa ogni suo desiderio fra le loro labbra.
 
È istintivo nel farlo, ma delicato, le poggia il capo sulla spalla e le prende di nuovo la mano, intrecciando le dita alle sue.
È in questo contesto che lo percepisce ancora una volta: quanto non possano vivere l’uno senza l’altra, che siano destinati ad essere una cosa sola, scissa crudelmente in due corpi distinti.
Malenia ricambia il gesto, accostandosi più a lui, baciandogli i capelli.
Godwyn ha ragione, pensa l’Empireo, nel perdersi ancora con gli occhi tra la massa ormai indistinta dei paesani, intenti a festeggiare: gli sarebbe piaciuto molto ballare con la sua gemella, unirsi a loro, pretendere con arroganza che lei non stia perdendo gli arti, uno dopo l’altro e che se una cura non sarà trovata in tempi brevi, potrebbe perderla del tutto.
Vorrebbe congiungere la mano alla sua, mentre danzano in circolo e scambiarsi sguardi che lasciano intuire il reciproco affetto.
Ma per il momento…
 
«Mal?»
 
«Mh?»
 
Si guardano, Miquella si avvicina alle sue labbra. Forse questo è l’unico modo che pensa di avere, per ringraziarla ancora e spronarla a vivere.
E la bacia di nuovo, lasciandosi strappare il fiato dalla bocca.
Mentre il mondo seguita a cantare e danzare, fabbricante di gioia.
Un mondo che l’Empireo desidera riprodurre, per chiunque.


 

N.A.
Non nego che l'idea per questa os risale a giugno dell'anno scorso e nell'ascoltare uno specifico brano che ha appunto il tema della danza, oltre al balletto da cui il titolo è tratto "le sacre du printemps" che ha un focus su di un particolare rito propiziatorio russo per l'arrivo della primavera (in quel caso immolavano una ragazzina -____-, colei che per prima smetteva di danzare) in questo caso ho deciso di far vertere il fenomeno attorno all'autolesionismo. In breve mi sono chiesta quando e come Miquella avesse intuito il potere di nascita e rigenerazione del suo sangue e la mia testolina malata ha elaborato questo miscuglio di elementi. 

Per quanto riguarda Dominula, sono convinta che pre shattering, essa fosse molto diversa da quella che ora vediamo, complice la presenza dei ratti e quindi del grano infetto, elementi che mi hanno ricordato maggiormente la famosa "piaga del ballo" del 1518 a strasburgo, più che interpretazioni astruse e macabre che circolano nella community. 

Per quanto riguarda la parte iniziale e la discussione fra Godwyn e Miquella, sono riferimenti voluti a cut contents su Miq/Trina, a cui mi sono sentita di dare il giusto spazio. 

In conclusione... questa è una storiella senza pretese, per quanto sia stata ardua da portare alla luce... 

 
   
 
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