Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: ArrowVI    29/03/2024    0 recensioni
Gli umani regnano su Gaia, ma le pietre di questo continente trasudano memorie di creature ben più antiche e potenti.
Sono passati circa diciassette anni da quando l'imperatore dei Dodici Generali Demoniaci è stato imprigionato nel mezzo di questo e un altro mondo... Ma, ormai, il sigillo che lo teneva rinchiuso sta cominciando a spezzarsi.
Cosa accadrà quando Bael sarà libero? Verrà fermato o porterà a termine il piano che, diciassette anni fa, gli è stato strappato dalle mani?
Quattro nazioni faranno da sfondo a questa storia:
Mistral, Savia, Asgard ed Avalon.
Io vi racconterò di quest'ultima......
Come? Chi sono io? Non ha importanza, per adesso...
Umani contro Demoni... Chi sarà ad uscirne vincitore?
Se volete scoprirlo allora seguitemi... Vi assicuro che non rimarrete delusi dal mio racconto.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 19-4: Sconosciuto [2-2]



 

Dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, la giovane Isabelle tirò un profondo sospiro. Nonostante non avesse l'esperienza del padre, o una istruzione, fu perfettamente in grado di comprendere che in quell' "Adam" ci fosse qualcosa di sospetto.

Non la stupì quando, dall'altro lato del corridoio, vide suo padre in piedi davanti a lei con le braccia conserte davanti al petto e uno sguardo minaccioso in faccia.
Pur avendo superato i sessant'anni, l'uomo aveva una forza fisica e mentale che perfino ventenni avrebbero invidiato... Inoltre poteva vantare un intuito che raramente si rivelava errato.

<< Si è svegliato? >>
Domandò alla figlia. La sua barba grigia e folta, identica ai suoi lunghi capelli, era accompagnata da occhi scuri e occhiali grossi, rossi: nonostante tutto, la sua vista aveva cominciato già da un pezzo a peggiorare.

<< Si, padre... >>
Rispose la ragazza. Insieme all'uomo entrarono all'interno della cucina, quindi afferrò una caffettiera verde e cominciò a versare del caffè sia per se stessa che per il padre dentro delle tazzine metalliche.

<< Cosa ti è sembrato? Come ha detto di chiamarsi? >>
Le domandò, mentre Isabelle gli versò il caffè.

<< Spaesato... Un po' aggressivo e confuso... Adam. >>
Quelle parole non rassicurarono il padre, che le rispose con un grugnito innervosito.

<< Ti ho detto che non avremmo dovuto portarlo qui. Ho buon naso per i problemi, Belle. >>
Disse l'uomo, con un tono cupo e preoccupato.

<< Non voglio avere questa discussione di nuovo, padre... >>
Fu la risposta di Isabelle, che sbuffò.

<< Non sei più una ragazzina, ormai. Hai trent'anni, ti ho insegnato a riconoscere i pericoli, Belle. >>
Continuò l'uomo, sorseggiando il suo drink.


Le mani di Isabelle tremarono, mentre afferrò la sua tazzina. Per quanto non volesse sentire le parole di quell'uomo, sapeva che non avesse torto.
Sospirò ancora una volta, quindi appoggiò il suo caffè sul tavolo in legno davanti a se, perdendosi tra i suoi pensieri.

<< Padre, sono una dottoressa... Non posso abbandonare qualcuno che necessita del mio aiuto: va contro ogni cosa che desidero fare. >>
Rispose la ragazza, causando nel padre un secondo grugnito.

<< Belle: non esiste bevanda alcolica in Gaia che possa mettere KO un uomo per due giorni di fila. >>
Disse il padre.
Isabelle non gli rispose, continuando invece a fissare il tavolo in legno con lo sguardo perso nel vuoto.

<< Hai visto anche tu quelle ferite rimarginarsi a una velocità terrificante. Non esiste magia umana in questo mondo in grado di fare qualcosa del genere, altrimenti saremo già immortali. >>
Continuò.
Isabelle si portò le mani sulle tempie, sospirando ed evitando gli occhi del padre.


<< Dovremmo avvertire le guardie. >>
Propose l'uomo.
Il sangue di Isabelle si congelò.

<< Ho sentito che Sarah Ravier Andromeda sono alla ricerca di qualcuno, e che hanno un accampamento non troppo lontano da qui. Dovremmo avvertirli: nel migliore dei casi, ci sbagliamo e questo "Adam" non è l'uomo che cercano. >>
Disse finalmente l'uomo, dopo aver finito di bere il suo caffè.

<< ...E, invece, quale sarebbe il caso peggiore...? >>
Domandò Belle al padre.
Nonostante non sollevò lo sguardo verso di lui, sentì perfettamente lo sguardo cupo con cui continuò a fissarla.

<< ... Nel peggiore dei casi, è il demone che ha ucciso Arthur Pendragon. >>


Isabelle cominciò a tremare.
La sola idea che, nella loro casa, ci fosse un demone così pericoloso bastò a farle congelare il sangue nelle vene.

"Non è possibile, vero...?"
Pensò, cercando di convincere se stessa.


<< Padre... >>
Disse, finalmente, dopo aver preso un grosso respiro e riacquistando la sua compostezza.

<< Non c'è bisogno di fare nulla di avventato. >>
Continuò.

<< E' un mio paziente, io sono la sua dottoressa. >>
Disse, fissando il padre con uno sguardo deciso.

<< Ha bisogno del mio aiuto... Non posso abbandonarlo, non è ciò che sono. >>


Suo padre continuò a fissarla con uno sguardo cupo, le mani incrociate davanti al viso.
Digrignando tra se e se, l'uomo pensò se avrebbe dovuto, o meno, accettare la determinazione della figlia.

<< Sei esattamente come tua madre, Belle. Sconsiderata. >>
Ruggì l'uomo.

<< Non voglio che tu muoia esattamente come lei. Fai attenzione alle tue scelte. >>
Non appena disse quelle parole, l'uomo si alzò dal tavolo e diede le spalle alla figlia, uscendo dalla stanza.


La ragazza tirò un profondo sospiro, quindi si afflosciò sul tavolo in legno.


Dodici anni prima, Isabelle lavorò insieme ai suoi genitori nella clinica del loro villaggio, che non era quello in cui ora vivevano.
Un giorno trovarono un uomo completamente martoriato in mezzo alla foresta, sembrava che qualche mostruosa creatura avesse provato a mangiarlo vivo.
Ciononostante, intorno a loro non videro nulla.
Pur facendo del loro meglio, i tre dottori non furono in grado di salvare l'uomo che morì poche ore dopo, dissanguato.

Sfortunatamente per loro, quello sarebbe stato solamente l'inizio di un inferno dal quale non sarebbero riusciti a proteggersi.
Quella stessa notte un demone attaccò il villaggio, sterminando morte e distruzione intorno a se. Le strade erano colme di sangue e resti di persone mangiate e sputate via da un mostro indescrivibile.
Fuggirono dal villaggio insieme ad alcuni sopravvissuti, rifugiandosi all'interno di una caverna... Ma la creatura li raggiunse poche ore dopo.
Poteva segnare le sue vittime con la sua saliva e rincorrerle.
I feriti che salvarono, si rivelarono essere la loro condanna.

Prima di essere soccorsi dai soldati che scacciarono la bestia nei meandri della foresta, riuscì a divorare la metà di loro... Inclusa Clarice, sua madre.


Suo padre, da quel giorno, cominciò a dire la stessa cosa.
"Se Clarice non avesse salvato i feriti, quel mostro non ci avrebbe mai trovati."

"A volte... Fare la cosa giusta non è la cosa giusta da fare."



Non era possibile che questa fosse una situazione come quella... Pensò la giovane dottoressa.
Si rifiutò di credere che un incubo come quello potesse avverarsi ancora una volta.


Poco dopo tornò nella stanza di "Adam", non solo per tenerlo d'occhio, ma anche per finire d'innaffiare le piantine che teneva all'interno della sua sala.
Non sapeva, però, che Belzebub avesse sentito tutto quello di cui parlò con il padre.

Nonostante le sue energie fossero quasi totalmente esaurite, alcune capacità innate del demone gli permettevano di avere un udito ben superiore a quello di un classico essere umano.
Sapeva che non ci avrebbero messo molto a scoprire la sua vera identità... Ma provare a fuggire, nello stato in cui si trovava, non era fattibile.
Quasi totalmente privo di mana, poteva a malapena sostenere la forma antropomorfa a cui era abituato. Fuggire e rischiare d'imbattersi in soldati sarebbe stata una condanna a morte.


Era la prima volta che si trovò in una situazione precaria come quella.

"Questi sono gli effetti della mia maledizione, vero...?"
Pensò, disteso su quel letto, fissando il soffitto sopra di se.




Nonostante le immagini di quel giorno fossero offuscate, nella sua mente, ricordava perfettamente le parole che Mikhael gli disse.

*Belzebub.*
Disse l'angelo. Il suo aspetto brillante, con ali candide come la neve, molte facce dalle varie espressioni e occhi sparsi in tutto il suo corpo, accompagnato da una gigantesca aureola dorata alle sue spalle.

*Per i peccati da Te commessi, sarai esiliato nel Regno degli Umani.*
Furono le sue parole, mentre allungò semplicemente una mano verso di lui.
Un portale si aprì alle sue spalle, risucchiandolo al suo interno con una forza alla quale Belzebub non fu in grado di opporsi.

*Tu che hai corrotto i Tuoi Fratelli, sarai punito con l'Abbandono. Rimarrai isolato e incompreso fino a quando non realizzerai gli errori da Te commessi, Fratello.*



< "Abbandono"... Eh? >

Pensò il demone, sospirando.

Non verrà nessuno a salvarmi... >
Realizzò.

< Lucifer mi ha abbandonato... Il resto dei miei compagni sono scomparsi nel nulla, o mi detestano... >
Improvvisamente, ridacchiò: non perché fosse divertito, ma perché non sapeva come comportarsi in quella situazione.

< E non ho le forze per salvare me stesso... >


Gli sembrò di sentire ancora una volta l'abisso aprirsi sotto di se, mentre le mani insanguinate delle sue vittime provarono ancora una volta a trascinarlo nell'inferno insieme a loro.


<< Va tutto bene? >>
La domanda di Isabelle fece tornare Belzebub con i piedi per terra.
Con uno sguardo preoccupato e pallida in volto, la giovane dottoressa stava fissando il suo paziente dall'altro lato della stanza che, per qualche motivo a lei ignoto, aveva cominciato a ridacchiare tra se e se con fare isterico.

Per qualche istante, Belzebub la fissò in silenzio con una espressione confusa.

<< Cosa te ne importa a te? >>
Le domandò.
Quella domanda colse Belle alla sprovvista.

<< E' un mio paziente, Mister Adam. >>
Gli rispose, quindi, appoggiando la brocca che stava usando per innaffiare le piantine.


Belzebub ridacchiò, sentendo quelle parole.

<< Ah, ma certo. Perché voi umani siete così gentili con tutti, non ho forse ragione? >>
Le domandò, con tono ironico.

Isabelle esitò per qualche secondo, cominciando a sudare freddo.

<< Non credo di seguire il suo ragionamento, Mister Adam... >>
Gli disse.

<< Per quale motivo non dovrei aiutare qualcuno che necessita di aiuto? >>
Quella domanda mandò Belzebub su tutte le furie.
Il demone si alzò di scatto dal letto, le vene nel suo corpo cominciarono a pulsare e alcune ferite che si stavano rimarginando cominciarono ad aprirsi, rilasciando un liquido viscoso e nero al posto del sangue rosso.

<< Non farmi ridere! >>
Esclamò.

<< L'uomo con cui hai parlato non sembra pensarla nel tuo stesso modo! >>
Ruggì.
Sorpresa da quelle parole, Isabelle sobbalzò.

<< Ci... Ha sentito...? >>
Gli chiese.

<< Voi umani siete tutti uguali... Per questo vi detesto... >>
Dicendo quelle parole, il liquido nero cominciò a uscire dalla bocca del demone. Il suo sguardo era furioso, privo di compassione e colmo di una rabbia che non riusciva a controllare.


<< Giocate a fare gli eroi... >>
Le disse, mentre l'immagine di Arthur gli tornò in mente.

<< Fate finta di essere così buoni... >>
Continuò, mentre l'abisso si aprì ancora una volta ai suoi piedi.

<< Quando in verità... Distruggete ogni cosa intorno a voi che non comprendete o che vi spaventa! >>
Subito dopo aver detto quelle parole, il demone cadde al suolo.
Cominciò a tossire violentemente, mentre sangue rosso vivo misto a quel liquido viscoso rapidamente intasarono le sue vie respiratorie.

<< Adam! >>
Esclamò la ragazza, lasciando andare la brocca e correndo prontamente verso il suo paziente.
Belzebub provò a mandarla via, ma non aveva abbastanza forze in corpo per opporsi.


Dei bisbigli cominciarono a riecheggiare nelle sue orecchie, mentre la sua vista si fece rapidamente rossa come il sangue. 
Dall'abisso nero sotto di lui una infinità di braccia insanguinate e scheletriche lo raggiunsero, afferrandolo e stringendolo con forza.

A fianco della ragazza che lo mise in una posizione laterale di sicurezza, il demone vide uno scheletro oscuro che continuò a fissarlo con un sorriso infernale in volto.


Quindi, il demone perse ancora una volta i sensi.




"Sono sensi di colpa, quelli che provi?"
Disse quella voce che, un tempo, avrebbe giurato appartenesse ad Arthur, in mezzo a quell'abisso cupo e umido.

"O è pura e semplice paura?"
Continuò a domandargli quella voce, senza però ricevere alcuna risposta.
Intorno a lui poteva sentire infiniti bisbigli e il rumore di mosche che sembravano quasi attendere di prendere parte a un succulento pasto.


Belzebub non gli rispose.


"Ahh, quanto sei caduto in basso Belzebub, Peccato della Cupidigia. Così fragile che è bastato un singolo umano a mandarti in frantumi?"
Domandò la figura, ricevendo ancora una volta nessun tipo di risposta.

"Come biasimarti, d'altronde. E' difficile convivere con i tuoi peccati dopo aver compreso di non essere nel giusto, eh?"
Ridacchiò lo scheletro, usando la voce di Arthur a suo vantaggio.
Quindi lo afferrò per i capelli, sollevandolo con uno strattone dal terreno e avvicinandolo al suo viso scheletrico.

"Magari dovresti morire, non pensi?"
Rise quella figura.

"Un debole e insicuro fallito che si nasconde dietro una maschera forte, pragmatica e decisa. Ehehahah..."

"E' questo che sei, lo sei sempre stato... Ed è il motivo per cui Lucifer non ti voleva come membro dei Dodici."
Continuò a infierire su di lui senza pietà, sapendo perfettamente dove colpire.
La sua voce con ogni parola si fece sempre più contorta e disturbata, accompagnata da infernali lamenti e bisbigli.

"Volevi tornare nel Giardino e invece eccoci qui. Dopo la tua morte l'unica cosa che ti aspetta, Peccato della Cupidigia, è l'Inferno."


"Abbandonato dai tuoi compagni. Abbandonato dagli umani. Abbandonato dai Tuoi Fratelli nel Giardino..."
Lo lasciò finalmente andare: Belzebub cadde all'interno di un oceano oscuro e non poté fare altro se non fissare lo scheletro nero scomparire lentamente dietro le bolle di quelle acque aliene e fredde.

La sua voce, però, non aveva alcuna intenzione di abbandonarlo.

"Non temere: noi, invece, saremo sempre qui pronti ad accoglierti ogni volta... Fino all'ultima."



Ancora una volta, quando Belzebub riaprì gli occhi si ritrovò all'interno di quella clinica.
Il suo sguardo terrorizzato rimase fisso sul soffitto in legno scuro di quella stanza, per minuti durante i quali non proferì neanche una parola.
Quando Isabelle notò che si fosse svegliato, corse rapidamente verso di lui e attirò la sua attenzione su di se.

<< Va tutto bene, Mister Adam? >>
Gli domandò.

Belzebub non si voltò verso di lei.

<< Per quale motivo... Sono ancora qui? >>
Le domandò il demone, con una voce debole e devastata.
Una espressione scioccata si fece rapidamente largo nel volto della donna.

<< Stavi soffocando a causa di una strana sostanza nera e viscosa... Sta bene? Ha ingerito qualcosa di strano, per caso? >>
Gli domandò la dottoressa.
Belzebub ridacchiò.

<< Smetti di fingere. Sappiamo entrambi che non sono umano, nonostante il mio aspetto. >>
Quelle parole colsero la ragazza alla sprovvista.
Per qualche istante non gli rispose nulla, fissando il suo paziente con bocca e occhi spalancati.

<< Non... Non ha importanza. >>
Fu la risposta dell'umana, questa volta, a sorprendere Belzebub.

<< Non m'interessa chi sei o cosa hai fatto... Lei è un mio paziente e, fino a quando non si sarà rimesso, la sua salute è la mia priorità Mister Adam. >>
Con la coda dell'occhio, Belzebub vide l'uomo barbuto dall'altro lato della stanza che continuò a fissare la figlia con uno sguardo attendo ma preoccupato.
In mano aveva un bastone di legno chiaro che lo aiutava a reggersi in piedi: gli mancava una gamba.


<< Perché...? >>
Domandò il demone, evitando lo sguardo di quegli umani e fissando il soffitto.

<< Per quale motivo... Non c'erano umani come voi, durante il Disastro...? >>
Chiese a nessuno.

<< Questa è la tua vendetta, non ho forse ragione Arthur...? >>
Per quanto avesse voluto sapere la risposta a quella domanda, sapeva che non l'avrebbe mai trovata.


<< Mister Adam? >>
Domandò Isabelle.
Belzebub sbuffò.

<< Non è il mio nome. Smetti di usarlo. >>
Le disse, girandosi di lato e fissando il muro in pietra della stanza.


<< Il mio nome è Belzebub. >>
Si presentò, finalmente.

<< ...Colui che ha ucciso Arthur. >>



_________________________________________________________________________________________________________________________________

Qui si conclude il capitolo 19-4, grazie di avermi seguito e alla prossima!

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: ArrowVI